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Autore: nana13    04/07/2015    2 recensioni
Erano ancora in acqua, uno di fronte all'altra. Luke non parlava, Gwen a malapena riusciva a tenere lo sguardo fisso su di lui, senza cedere e guardare verso il basso.
«Come mai sei così?» le chiese, dopo un lungo momento di silenzio. «Cioè, non è che uno dei tuoi genitori è un pesce, vero?».
C'era innocenza nella sua voce, un'innocenza che la fece ridere. «No» disse, con voce così bassa che Luke dovette avvicinarsi per sentire. «Sono stata maledetta».
Genere: Comico, Erotico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
 
Gwen Duncan era una normale diciassettenne che viveva in una città marittima che si trovava nell'angolo più remoto dell'Australia. In quel luogo ci abitavano soltanto poche migliaia di persone, se si era nell'anno buono, la popolazione accresceva fino ai 2500 abitanti, ma non era frequente che qualcuno si trasferisse proprio lì. Ciò che di buono si poteva percepire in quella piccola zona di mare, era l'incredibile legame che si era formato tra tutti i cittadini. Certo, non tutti si conoscevano, ma era noto che se uno di loro avesse mai un problema, chiunque si trovasse in zona, non esitava ad aiutarlo.
Purtroppo per Gwen le cose si erano messe male quando aveva undici anni, l'età in cui era stata maledetta a diventare un ibrido mezza donna e mezzo pesce per un periodo part time da una svitata che se l'era presa con sua madre quando ancora non era nata. Ovviamente ne lei ne il padre di Gwen avevano mai creduto a tutta questa faccenda, fino a quando, compiuti gli undici anni, alla sua festa di compleanno, Gwen si era trasformata davanti a tutti in una vera e propria sirena.
Da quel momento, nessuno aveva più voluto avere a che fare con lei, perchè tutti avevano paura che quella "malattia", come molti l'avevano definita, potesse essere contagiosa. Gwen era cresciuta da sola, a scuola nessuno le parlava e si sedeva da sola a mensa, giorno dopo giorno.
Il fatto che fosse in verità una ragazza molto simpatica e solare, non importava a nessuno; l'essere considerata "quella strana" da tutti, la portava ad avere un totale di un amico.
Il suo unico amico si chiamava Jordan, ed era uno di quei ragazzi così belli che alla sola vista un qualsiasi essere con degli occhi funzionanti avrebbe pensato "perché non sono nato così", ma a lui questo non importava. Sapeva di essere bello, ma non dava troppo peso alla cosa, e soprattutto, non dava troppo peso alle parole delle persone. Era diventato amico di Gwen perché non la giudicava un mostro, bensì una creatura fantastica. E questo aveva aiutato molto la ragazza a non crollare, durante la sua fase adolescenziale. In Jordan aveva visto un amico fedele e lei apprezzava il rapporto che avevano.
 
«Gwenny, esci dall'acqua dai».
Gwen era proprio con Jordan quella sera, ammollo nella piscina della casa dell'amico, con la sua lunga coda color acquamarina in bella vista.
«Lo sai che non posso, devo starci almeno mezz'ora altrimenti la coda non si ritrae e sono dentro da solo quindici minuti, quindi aspetta ancora un pochino dai» rispose lei, schizzandolo leggermente. Non era esattamente l'orario adatto per il bagno, ma Gwen non soffriva il freddo quando era in acqua.
«Si, lo so. Ogni giorno per almeno quattro volte al giorno. E' la medicina della tua esistenza» ribattè lui, sarcastico fino al midollo. C'erano volte in cui le esigenze obbligatorie dell'amica lo mettevano in imbarazzo. Quando la coda svaniva, ad esempio, lei si ritrovava sempre senza vestiti, in acqua, e lui doveva girarsi dall'altra parte mentre le porgeva l'asciugamano, cosa che non gli pesava, ma che lo metteva a disagio. Con questo non voleva certo dire che gli dispiacesse vederla nella sua naturalezza, era successo qualche volta che si fosse girato troppo presto e che l'avesse colta mentre ancora si avvolgeva nell'asciugamano, ma Jordan preferiva evitare queste situazioni.
«Guarda nel mio telefono quanti minuti mancano» gli chiese. Non vedeva l'ora di tornare ad avere le sue gambe.
«Quattro minuti» rispose lui, controllando il suo telefono come lei gli aveva chiesto.
Gwen annuì e si sommerse. Quando entrava in apnea, si sentiva al culmine della felicità. Chiudeva gli occhi e semplicemente si rilassava nei suoi ultimi cinque minuti, fino a che piano piano sentiva la coda dividersi e le sue gambe formarsi.
Una volta uscita dall'acqua e asciugata, si infilò i suoi vestiti e scese con Jordan sulla spiaggia. Dove si sedevano sulla sabbia e si raccontavano gli aneddoti più curiosi.
«Una volta ho pensato di vedere un canguro per strada» disse Gwen, guardando il mare. Poi ridacchiò e aggiunse: «Ma in realtà era solo Brandon».
Jordan rise, Brandon era un coetaneo di Gwen, uno di quei palloni gonfiati che se la tirano come se non ci fosse un domani solo perché il padre è famoso tra gli abitanti del paese. Ed effettivamente il padre di Brandon era a capo del consiglio cittadino che si teneva ogni due domeniche ed era conosciuto da tutti per la sua ottima capacità di gestire i problemi e per il suo carisma. Peccato che il figlio fosse uscito male.
«Brandon me lo vedo più come uno scorpione, che come un canguro. Magari si punge da solo, si sgonfia e vola verso l'isola che non c'è» disse Jordan.
«Questi sono sogni che non si avvereranno mai, mio caro amico» ribatté Gwen.
La mattina successiva, si svegliò che erano le dieci e mezzo. A Gwen piaceva l'estate, il non dover andare a scuola e il potersi alzare all'ora che più le gradiva.
Sua madre bene o male le faceva fare quello che voleva, perché si sentiva in colpa che la figlia dovesse vivere con quel peso enorme sulle spalle a causa sua. Mentre il padre di Gwen lavorava fuori città, qualche volta a Sydney, altre volte in città più piccole.
Fece colazione tranquilla, mentre la radio in cucina esponeva le ultime notizie. Quando si viveva in una piccola città, le notizie più sensazionali potevano essere un matrimonio o una festa sulla spiaggia o uno dei tanti festival che si organizzavano in quel posto. Ma quella mattina, non c'era niente di tutto quello in vista, ma le solite previsioni del tempo e le notizie banali giornaliere.
«Pensi che verrà mai qualcuno in vacanza qui?» chiesi a mia madre, ridacchiando per la mole di cavolate che uscivano fuori dalla bocca di Grant Hoking, il conduttore radiofonico.
 
* * *

Ashton guardava titubante la cartina della loro terra madre, l'idea di tirare a caso la location della vacanza che progettavano da praticamente una vita non lo entusiasmava più di molto, ma Luke era fermamente convinto era bisognasse fare così, per godersi veramente quello che si faceva.
«Dai coraggio, quanto mai potrà essere difficile?» chiese appunto Luke, guardando l'amico con un'espressione mista tra l'annoiato e l'emozionato. «Okay che sei il più grande e vuoi il diritto di tirare a sorte e bla bla bla, ma se non ti dai una spicciata, ti frego la matitona e lo decido io»
Così fece un respiro profondo, chiuse gli occhi e puntò. Quello che uscì stupì entrambi. Non sapevano nemmeno dell'esistenza di quel puntino sulla cartina, ma quello era il volere della grande matita e non potevano fare altro che seguirlo.
«D'accordo allora, il tempo di organizzare tutto e si parte» disse Ashton all'amico, che non stava più nella pelle. «Ah! E bisogna avvertire gli altri, affinchè ci raggiungano non appena hanno finito con quello che dovevano fare. Approposito, tu hai capito di cosa si trattasse?»
Luke scosse la testa e disse: «Credo che lo sapessero solo loro».
 
Il giorno della partenza, Ashton e Luke si ritrovarono all'aeroporto, con la loro valigia, diretti in quel piccolo paese in cui accadevano cose strane, o almeno così avevano letto prima di partire. Tenersi informati sulla località era un passatempo che trovavano divertente e le storie che avevano letto su quel piccolo centro marittimo sulla costa dell'Australia, li aveva convinti sempre di più che era stata una mano fortunata.
«Secondo internet, dovremmo metterci circa un'ora e mezza ad arrivare» disse Luke, con in mano la cartina. «Non sappiamo dove alloggiare, ma sarà divertente»
«Ci penseremo quando saremo lì» rispose Ashton.
Come predetto da Luke, il viaggio in aereo durò circa un'ora e trenta minuti. L'aeroporto più vicino era ad altri trenta minuti di macchina dalla cittadina, quindi affittarono un auto e guidarono fino là.
Giunti a destinazione, i due ragazzi si guardarono un po' intorno. Erano stupiti dalla tranquillità di quel posto, calmo e silenzioso.  
Quando parcheggiarono l'auto e presero le loro valigie, si trovarono sommersi in una piccola cerchia di persone nel giro di pochi minuti.
«Buona giornata turisti!» disse un uomo, guardandoli sorridente. «Qual buon vento vi porta da queste parti?»
Ashton e Luke si guardarono un po' sorpresi, poi Luke disse: «Il caso».
«Mh, non sono sicuro sia un vento» ridacchiò l'uomo, poi aggiunse: «Ma benvenuti! Avete già un posto dove alloggiare?»
I due scossero la testa all'unisono e l'uomo indicò loro un piccolo alloggio in fondo alla strada. «Quello è un albergo» disse, fiero. «Altrimenti c'è il Bed and Breakfast di Lue, vicino alla spiaggia»
«La ringrazio, signore» disse Ashton educatamente, sperando che con quella frase riuscisse a toglierseli di dosso. «Penso che sceglieremo l'albergo però, è più comodo» sorrise e l'uomo se ne andò soddisfatto.
Quello dava ufficialmente inizio alla loro vacanza da sogno. Ciò che i due ragazzi ancora non sapevano, era che il vero sogno si sarebbe mostrato molto presto. 


Buonsalve :)
Ho iniziato da poco a scrivere questa fan fic, a casa, mentre non ho niente da fare. 
Ma è una cosa un po' sperimentale, perchè non mi sono mai cimentata nello scrivere storie su personaggi famosi. Preferisco i cartoni, o i personaggi dei libri :)
Ho voluto però provare perchè mi ispirava l'idea di qualcosa di fantasy, mischiato a qualcosa di piccante. 
Insomma, non sarà un granchè di storia, ma ci provo. 
Se volete spendere una decina di minuti per recensire, e dirmi cosa ne pensate, sappiate che mi farete molto piacere. Altrimenti va bene lo stesso, vi ringrazio comunque per essere arrivate fino qui.
Buon pomeriggio, 
Nia :)
  
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