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Autore: oneisnone    07/07/2015    2 recensioni
{ Kurtbastian }
«Uhm, Trent» si schiarisce la gola, «Avevamo detto che parlare spettava a me.» E poi eccolo lì, in piedi davanti a tutti e nessuna idea all’orizzonte. Quindi fa l’unica cosa che il suo cervello riesce ad elaborare.
Asseconda. Asseconda quella gabbia di matti.
Sorride con più decisione mentre unisce le mani e domanda: «Tutti favorevoli ad aiutare Blaine?»
Se il detto “tieniti stretti gli amici, ma ancor di più i nemici” è vero, questo è il momento esatto per scoprirlo.
«Sì!» Un mucchio di mani si alzano mentre tutti gridano in assenso e applaudono.
Il secondo dopo si ritrova stretto nell'abbraccio di Blaine, immobile e impacciato.
«Grazie, Sebastian.» sussurra.
In che guaio si sta cacciando?

Ovvero quando Kurt Hummel disse no... ma non per Sebastian Smythe.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kurt Hummel, Sebastian Smythe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Okay, questa storia l'ho scritta il 21/07/2014 e la sto pubblicando solo ora. Okay, non c'è nulla di strano. Quasi un anno. WOW. Già mi rivedo, delirante dopo aver visto la 5x01 e subito dopo aver partorito questa OS. Bei ricordi! Addio.


Quando Kurt Hummel disse no

L’ultima persona che Sebastian si aspetta di vedere alla Dalton, nella sala degli Usignoli, è proprio Blaine Anderson insieme a… beh, un mucchio di altre persone che non conosce. Storce leggermente il naso, infastidito da quell’invasione inaspettata. Blaine gli sorride da lontano e il secondo dopo Sebastian si ritrova trascinato in mezzo alla stanza, circondato dai ragazzi che ballano e cantano sulle note di Help dei Beatles. Sinceramente, non ha la più pallida idea di cosa stia accadendo e soprattutto perché Anderson sia lì. Non è nemmeno tanto sicuro di volerlo scoprire, a dire la verità. 
La canzone finisce, lasciando la stanza in un silenzio quasi religioso. Sebastian se ne sta in disparte, lontano dal gruppo di Usignoli in piedi di fronte a Blaine e il capellone biondo con i labbroni… Sam Evans? Non importa, comunque. Si sforza di sorridere, di tendere le labbra e magari piegarle all’insù, perché è così che dovrebbe essere un sorriso, no? Ma Sebastian è abbastanza sicuro di avere le labbra imbronciate in una smorfia per niente allegra. 
Se ne sta ancora in silenzio con gli occhi fissi su Blaine - che sembra essersi vestito decidendo di sembrare un albero, con quella maglia verde e i pantaloni marroni -, semplicemente per evitare di sfogare la propria frustrazione. Odia come l’intero gruppo degli Usignoli cada ai piedi di Blaine ogni volta che lo vedono. È insopportabile, una piaga, una specie di ombra attaccata perennemente al suo culo. Perché non passa giorno alla Dalton senza un Blaine di qua, Blaine di là, quando c’era Blaine, quanto mi manca Blaine, Blaine era troppo bravo, con Blaine avremmo vinto, e ancora Blaine Blaine Blaine e Blaine.    
La voce di Trent lo riporta velocemente al mondo reale e Sebastian deve pensare velocemente.
«Serve una votazione ufficiale,» dice Trent, il sorriso sulle labbra, «Ma nello spirito della fratellanza e per reinstaurare la nostra reputazione intaccata, penso saremo tutti felici di dare una mano.»
Quasi come se fosse stato colpito da una scossa elettrica, Sebastian si inserisce velocemente in mezzo a Trent e Blaine, senza avere la più pallida idea di cosa dire o fare. «Uhm, Trent» si schiarisce la gola, «Avevamo detto che parlare spettava a me.» E poi eccolo lì, in piedi davanti a tutti e nessuna idea all’orizzonte. Quindi fa l’unica cosa che il suo cervello riesce ad elaborare.
Asseconda. Asseconda quella gabbia di matti.  
Sorride con più decisione mentre unisce le mani e domanda: «Tutti favorevoli ad aiutare Blaine?»
Se il detto “tieniti stretti gli amici, ma ancor di più i nemici” è vero, questo è il momento esatto per scoprirlo.
«Sì!» Un mucchio di mani si alzano mentre tutti gridano in assenso e applaudono.
Il secondo dopo si ritrova stretto nell’abbraccio di Blaine, immobile e impacciato.
«Grazie, Sebastian.» sussurra.
In che guaio si sta cacciando?

***
Più tardi, quella stessa sera, Sebastian se ne sta sdraiato sul letto della sua stanza, con il cellulare in una mano e l’indice che scorre sul display mentre passa in rassegna i numerosi nomi della rubrica. È da quando è tornato a casa – dopo la lunga e noiosa spiegazione del geniale piano di Blaine - che il pensiero continua a tormentarlo, continua a picchiettare insistentemente nella sua testa e a non mollarlo nemmeno per mezzo istante. E non è un caso quando ferma lo scorrere dello schermo alla lettera ‘K’, fissa quel nome per qualche minuto, indeciso sul da farsi. Alza gli occhi al soffitto, il cervello che elabora velocemente nuove idee. Quando abbassa lo sguardo, quel nome è ancora lì in attesa. Fa vagare indeciso l’indice sulla cornetta verde, poi sull’icona del messaggio, e poi ancora da capo.
Sbuffa e senza pensarci oltre preme sull’icona del messaggio. È breve e diretto, e non si preoccupa nemmeno di firmarsi alla fine.
Chiude gli occhi, sospira e preme invio.

A: Kurt Hummel (19:37)
Devo parlarti.

Si aspetta di ricevere un “chi sei?” come risposta - perché è abbastanza sicuro che Kurt non abbia il suo numero di cellulare – o di non riceverne nessuna. Non vuole ammetterlo, ma è impaziente e anche un po’ agitato – a dimostrarlo sono le continue occhiatine che lancia al cellulare ancora muto. Non sa perché ha contattato Kurt, non sa cosa lo ha spinto a farlo e per quale motivo ci sta pensando tanto. Si rigira il cellulare fra le mani e si mette seduto sul letto, la schiena poggiata contra la testiera e le gambe distese. I minuti scorrono, il cellulare tace.
Chiude gli occhi e si concentra sul proprio respiro e sul vociferare proveniente dal piano inferiore. Sebastian sa che Kurt non risponderà.   
Inaspettatamente quindici ed interminabili minuti dopo, quando sta per chiudere gli occhi e addormentarsi, il cellulare s’illumina fra le sue mani mentre il nome di Kurt appare sullo schermo. Aspetta un secondo prima di sbloccarlo e aprire il messaggio. Se ne sta lì, immobile, mentre fissa quella piccola notifica con fare minaccioso. 
Quando poi si decide a leggerlo, rimane immobile. Deglutisce a vuoto un paio di volte, le domande che iniziano ad ammassarsi una sopra l’altra. 
Il messaggio di risposta di Kurt è breve almeno quanto il suo. Una sola parola.

Da: Kurt Hummel (19:52)
Sebastian.

Sebastian non sa cosa fare né che dire. L’insicurezza non è una caratteristica che lo ha rappresentato in passato e mai lo rappresenterà, non sa come affrontarla perché improvvisamente sembra tutto più confuso. In realtà, ci sono fin troppe cose che rendono Sebastian confuso, ora come ora. Non sa come interpretare il messaggio di Hummel. Non è una domanda, non è una risposta, né un insulto. È solo il suo nome, lì immobile e permanente.
E poi, finalmente, se ne rende conto: Kurt sa chi è, ha il suo numero di cellulare.
Aggrotta la fronte, pensieroso.

A: Kurt Hummel (19:58)
Hai impiegato 15 minuti per scrivere il mio nome?

Questa volta la risposta arriva più in fretta.

Da: Kurt Hummel (20:00)
Sarà perché non ti digerisco nemmeno per messaggio.

Sebastian sorride e velocemente invia una nuova risposta.     

A: Kurt Hummel (20:01)
Noto con piacere che New York non ti ha cambiato molto. Rimani sempre il solito provincialotto.

Da: Kurt Hummel (20:02)
E tu sempre il solito stronzo marchettaro.

Sebastian non fa in tempo a rispondere, il cellulare segnala un altro messaggio in arrivo.

Da: Kurt Hummel (20:02)
Perché hai il mio numero? Di cosa volevi parlarmi? Cosa vuoi?

Ora che il momento è arrivato, Sebastian non sa se è la cosa giusta da fare. E se stesse sbagliando tutto? Alla fine dei conti lui stesso non ha la più pallida idea di quello che sta facendo. Non ha idea di dove lo porterà tutta questa storia ma… deve fare qualcosa.

A: Kurt Hummel (20:04)
Piano con le domande, principessa.
1) Rimarresti sconvolto dai mille talenti che ho; 2) Della proposta di matrimonio che ti farà  quella specie di nano da giardino che ti ritrovi come fidanzato… E preferirei parlarne faccia a faccia.


Sebastian esita qualche secondo, indeciso se rispondere o meno alla terza domanda. Non sta andando come aveva pianificato, aveva previsto di incontrare Kurt magari quella stessa sera per parlargli con calma. Sospira, si passa una mano sul volto e preme invio. 

Da: Kurt Hummel (20:11)
Beh, ti ringrazio per avermi rovinato la sorpresa, e anche la giornata. Sono stanco dei tuoi insulti, di te e della tua faccia. Non ti sopporto, Sebastian. Rompi tutto ciò che tocchi e non cambierai mai. E un giorno ti ritrovarai solo, solo con te stesso e con la tua cattiveria. Sono stufo di te e dei tuoi stupidi giochetti. Non prenderò parte a questa buffonata, non ancora. Quindi te lo ripeto: Cosa vuoi?

Sebastian legge il messaggio di Kurt, e forse qualcosa vicino al suo cuore si frantuma in mille pezzi. La verità è che ha paura di quelle parole, ha paura che siano vere e che un giorno si ritroverà solo, senza più nessuno al proprio fianco. Stringe le dita attorno al cellulare e scrive una breve risposta. Perché per una volta, Sebastian Smythe vuole essere sincero.

A: Kurt Hummel (20:11)
Te.

Il cuore scalpita forte nel petto, le mani sono appiccicaticce e sudate. Sebastian continua ad umettarsi le labbra perché la saliva sembra essersela data a gambe insieme alla sfacciataggine e alla sicurezza. Improvvisamente stare seduto non sembra possibile. Cammina avanti e indietro lungo tutta la stanza, lo sguardo ancora fisso sull’ultimo messaggio inviato.
Te. Ma come diamine gli è venuto in mente di scriverlo davvero? Respira affannosamente. 

Da: Kurt Hummel (20:16)
Cosa?

È il momento della verità, può dire di aver sbagliato a scrivere o che Kurt ha interpretato male la sua risposta. O magari che ha sbagliato destinatario. Più ci pensa, più Sebastian si rende conto di quanto siano ridicole quelle scuse. E forse la verità è che non vuole tirarsi indietro. Non oggi, si ripete. Il cuore sembra fermarsi di colpo quando invia il messaggio.

A: Kurt Hummel (20:17)
Voglio te, Kurt.

E come si aspetta, Kurt non risponde al messaggio.

***

Sebastian si rigira nel letto, nervoso. Chiude gli occhi con forza e respira con calma studiata. È stanco e vorrebbe solo dormire, gli occhi bruciano e le palpebre sono pesanti, ma ogni volta che chiude gli occhi qualcosa gli impedisce di addormentarsi. Continua a pensare a Kurt, alla loro breve conversazione e a come sia riuscito a rovinare tutto così facilmente. Forse è questo il punto, Sebastian è bravo a rovinare le cose e nessuno può fare qualcosa per cambiare le cose. 
Sospira e prende il cellulare sul comodino, sblocca lo schermo e si copre la vista quando la luce lo colpisce dritto negli occhi. Guarda l’ora; l’una e quarantasei del mattino.  Si rigira ancora nel letto e apre la cartella dei messaggi, il nome di Kurt in alto in bella vista. Ancora nessuna risposta. C’è qualcosa in lui che sembra funzionare male quando si parla di Kurt, perché improvvisamente decide di aprire la conversazione e iniziare a leggere quei pochi messaggi che si sono scambiati. 
Dio solo sa quanto desiderava parlarne faccia a faccia con Kurt. Ma oramai è successo, e non può fare nulla per cambiare le cose. A voce, con un messaggio o con una chiamata, alla fine fa male comunque.
Prova a immaginare come deve essersi sentito Kurt venendo a sapere che quello che credeva essere il suo peggior nemico, è in realtà cotto perso di lui. Deve essere strano, sicuramente destabilizzante e impossibile da credere. Non deve essere una situazione molto piacevole, insomma, Sebastian non ha fatto altro che insultarlo per mesi. Come potrebbe, Kurt, prenderlo sul serio adesso?
In realtà Sebastian sente come se avesse lasciato le cose a metà, perché non ha avuto la possibilità di spiegare o… fare qualcosa per rimediare ai propri errori.
Così, senza neanche pensarci, scrive un nuovo messaggio.
E un altro ancora, e ancora e ancora e ancora. Scrive finché le parole sono impresse nella sua mente, scrive veloce. Scrive finché nella sua testa non rimane altro oltre al confortevole silenzio, perché non ci sono più parole da scrivere. Chiude gli occhi e si addormenta, il cellulare ancora stretto nella mano.

A: Kurt Hummel (01:54)
Non so cosa dire. Immagino dovrei chiederti scusa, ma non sento di doverlo fare.

A: Kurt Hummel (02:08)
Ho detto la verità, Kurt. Voglio te, mi piaci… mi piaci da tanto, in realtà. È imbarazzante, ma tutto quello che ho fatto negli anni scorsi, insultarti e provare a rubarti il fidanzato, l’ho fatto solo con la speranza che fra te e quello stronzo di Blaine andasse male. E che magari tu ti accorgessi di me. Non sono bravo in queste cose, credo tu l’abbia capito. E, Dio!, mi rendo conto solo adesso di come tutto questo suoni così stupido e infantile. Ma c’è qualcosa in te, Kurt, che mi fa sentire in un modo che non riesco a spiegare nemmeno a me stesso. Sei coraggioso, impertinente, e sincero. E sei bellissimo. E non so nemmeno perché ti sto dicendo tutto questo, perché ti sto dicendo della mia stupida cotta per te. Sono imbarazzante, lo so. Ma sai cosa? Non me ne frega nulla. Vorrei solo che tu non accettassi la proposta di Blaine. È davvero lui quello che vuoi, quello che hai sempre desiderato?
Ti ha tradito, Kurt. E chi tradisce una volta, tradisce sempre. Ti ha tradito e ha dato la colpa a te. Non ti ha mai rispettato. Ti tratta come se fossi inferiore, fatto di cartapesta: debole, fragile e delicato. Ma non si rende conto di quanto tu sia forte. Più forte di lui, di me e di ogni essere umano che respira l’aria di questa terra. Non ti ha mai apprezzato a pieno e… Cristo! Con questo non voglio dire che devi scegliere me invece che Blaine, voglio solo che tu rifletta bene su ciò che farai. È il tuo futuro, è un passo importante quello che state per fare e… io ti rispetto, Kurt. Sei una persona intelligente e credo tu meriti molto più di questo. Meriti il meglio.
Ho passato così tanto tempo ad insultarti; all’inizio per divertimento, perché eri – e sei ancora – l’unico che riesce a tenermi testa, poi ho continuato con l’intenzione e la speranza di farvi lasciare… e alla fine tutto questo giochetto si è trasformato in qualcosa che non riesco più a gestire, mi sono trovato nel mezzo di qualcosa molto più grande di me. Ed ero arrabbiato, Kurt, arrabbiato perché tutto quello che faccio non è mai abbastanza. Perché nonostante gli sforzi, non riesco ad essere una persona migliore. Ero arrabbiato per questi sentimenti.
Non voglio una storia da 20 minuti, non voglio stupide storie da una sola notte. Voglio te, Kurt. E forse quello che fa più male è la consapevolezza che non potrò mai averti. 


A: Kurt Hummel (02:19)
Vorrei solo avertene parlato prima, invece di fare lo stronzo con te.

A: Kurt Hummel (02:23)
È solo che con questa storia della proposta di matrimonio ho finalmente realizzato che sto per perderti definitivamente.

A: Kurt Hummel (02:23)
E la verità è che non voglio, non sono pronto. 

A: Kurt Hummel (02:30)
Mi piaci.

A: Kurt Hummel (02:33)
E lo so che è strano, ma mi piaci Kurt.

A: Kurt Hummel (02:40)
Non accettare, per favore.

***
 
Kurt si rigira il cellulare fra le mani, lo ripone nella tasca dei pantaloni e guarda fuori dal finestrino della macchina. I messaggi di Sebastian sono ancora lì e non fa altro che pensare alle sue parole e a come non fosse riuscito a dormire quella notte. E sinceramente non sa perché, dopo una settimana, ancora non è riuscito a cancellarli. Ogni tanto Kurt torna a leggerli come a voler ricordare parola per parola ogni messaggio… se ne vergogna perché, stranamente, qualcosa in lui sembra essersi mosso. Ancora peggio, l’idea che Sebastian sia cotto di lui lo rende stranamente… felice? Non sa bene cos’è quella sensazione che sente nel petto, ma non è sicuro si tratti di felicità. Forse vittoria, appagamento magari. Perché il grande e invincibile Sebastian Smythe ha finalmente sperimentato l’emozione di provare dei sentimenti veri. Si è stranamente sentito lusingato dalle parole dell’altro, parole che sinceramente da un tipo come lui non si sarebbe mai aspettato. E nonostante le apparenze, deve ammetterlo, nei mesi passati ad insultarsi a vicenda, Kurt si era divertito un mondo in quella specie di gara a botta e risposta con Smythe. La trovava divertente.
Kurt appoggia il gomito sullo sportello e chiude gli occhi. Sebastian, comunque, non poteva scegliere momento peggiore per decidere di spiattellare tutto. Su una cosa, però, Smythe ha ragione. Lui e Blaine stanno facendo il passo più lungo della gamba. Non è sicuro che una proposta di matrimonio sia la cosa più giusta per loro due, ora come ora.   
«Senti, so che di solito prendiamo l’autostrada per l’aeroporto,» il padre lo riporta bruscamente alla realtà, «Ma mi hanno parlato di una scorciatoia attraverso le strade laterali.»
Kurt ruota gli occhi e scuote la testa. «Papà, non c’è bisogno.» dice mentre un piccolo sorriso si allarga sul suo volto. Quando nota l’occhiata scettica del padre, Kurt si preoccupa di chiarire ogni dubbio, «So che mi stai accompagnando alla mia proposta di matrimonio a sorpresa.»
Burt alza le sopracciglia, sorpreso. «Avrei dovuto immaginarlo che lo sapevi.» sorride mentre sembra ricordare qualcosa, «Ti sei progettato da solo la festa a sorpresa per i dieci anni.»
«Quella piñata di Justin Timberlake era la perfezione assoluta.» 
Burt lo guarda per un’istante, il sorriso sulle sue labbra si piega leggermente, diventando più serio. «Stai bene?» domanda, «Sembra che ti stia accompagnando al patibolo.»
Kurt alza le spalle, «Non lo so.» dice sinceramente, «Cioè, amo Blaine e mi fa sentire così unito a lui, al sicuro e amato. E non penso troverò mai qualcun altro che mi faccia sentire così.» evita completamente di rivelare al padre i mille dubbi sorti nell’ultima settimana, di Sebastian e le insicurezze che lo rendono così nervoso. Non sa se riuscirà mai a fidarsi di nuovo di Blaine, in realtà non sa nemmeno se lo ama più come una volta. Qualcosa, dentro di lui, ha paura di rimanere da solo, di non riuscire a trovare un’altra persona che lo amerà veramente. Quindi una piccola parte di lui si rifiuta di lasciar andare Blaine. «Ma siamo così giovani.» sussurra Kurt, la testa persa in mille pensieri contrastanti. Guarda di nuovo fuori dal finestrino, si stanno avvicinando alla Dalton.
«Io e tua madre ci siamo conosciuti a ventidue anni, e le ho chiesto di sposarmi sei mesi dopo. Eravamo solo ragazzi.» Burt sorride, i ricordi di una vita diversa e distante si affacciano di nuovo nella sua mente. «Sì, all’inizio è stato difficile. Sai, inizi con tutte queste fantasie su come sarà la vostra vita assieme: nient’altro che risate, balli frenetici in mutande e sesso. Tanto sesso.» Kurt ridacchia mentre l’automobile si ferma ed entrambi gli Hummel scendono dal veicolo. Burt lo guarda con comprensione e si ferma dall’altro lato della macchina, le mani sepolte nelle tasche e gli occhi fissi sul figlio. «Ma essere sposati è difficile, ed è già abbastanza difficile avere vent’anni.»
«Vorresti aver aspettato?» domanda, Kurt.
«Non un solo secondo di più.» Burt sorride mesto, «Vorrei averla incontrata dieci anni prima. Non sapevo che il mio tempo con lei fosse così limitato, sai? Che ci avrebbe lasciati così presto. Sceglierei altri cinquant’anni di litigi notturni su, sai, i miei orari di lavoro, le bollette o che lasciasse sempre andare a male il latte solo per avere altri dieci minuti con lei.» ridono insieme, gli occhi lucidi per il sottile velo di lacrime che li inumidisce. «Ci spettano solo pochi giorni a conti fatti, Kurt. Lo sai meglio di chiunque altro.»
Quando Burt nota ancora quello sguardo di pura angoscia e panico negli occhi del figlio, si avvicina velocemente a lui. «Senti, sarò del tutto sincero…» sospira, «Blaine mi ha chiesto cosa ne pensassi, e gli ho dato la mia opinione.»
Kurt è sorpreso e non riesce a trattenersi dal domandare: «Che era?» Se c’è una cosa che per lui è importante, quella è l’opinione di suo padre.
Burt sorride, appoggia una mano sulla spalla del figlio e la stringe fra le dita, «La mia opinione non conta. Sei un uomo, ora. Ma darti la scelta significa che devi prenderne una, perciò rilassati e senti cos’ha da dirti. Insomma, devi solo dire sì, no o forse.»
Kurt prova a sorridere, il cuore sembra volergli uscire dalla gola.
«Non c’è un’altra opzione?» ridacchia nervoso insieme al padre.
Guarda alle proprie spalle, la Dalton è lì e aspetta solo lui. 
Un gruppo di ragazzi armati di strumenti musicali esce dalla porta principale, le note di All You Need Is Love dei Beatles che riempiono le sue orecchie. Si guarda meravigliato attorno, il cuore gli batte forte, tanto da credere che stia per uscirgli e creare un buco nel petto. Alza lo sguardo e sulla balconata superiore vede gli Usignoli sistemarsi ordinatamente in fila. Si sorprendere a cercare con gli occhi – in quel mucchio di blazer e cravatte – la figura alta e snella di Sebastian. Quando non lo vede, non è sicuro se quello che sente nello stomaco sia delusione o sollievo.
Infila le mani nei pantaloni del completo azzurro che ha indossato quella mattina e cammina lentamente. Blaine esce dalla porta e gli va incontro, un sorriso luminoso sulle labbra e la sua voce ad accompagnarlo.
Blaine si ferma lì, a qualche passo da lui mentre sorride e canta, gli occhi luminosi più che mai. Gli fa un cenno con la testa, invitandolo ad entrare e seguirlo.
Sorride quando vede Santana, Mercedes e Rachel, lo abbracciano forte e sorridono con gli occhi pieni di lacrime. Dio!, sembra che Blaine si sia davvero impegnato per mettere in atto tutto ciò… e Kurt ancora non sa cosa farà quando arriverà il momento, quando Blaine farà la domanda da un milione di dollari.
Rachel gli lascia un dolce bacio sulla guancia e Kurt si volta e… oh, eccolo lì. Sebastian. Kurt trattiene il respiro in modo brusco e sgrana gli occhi. Sebastian è lì, proprio davanti ai suoi occhi e sta cantando e ballando insieme agli altri Usignoli. E Kurt vorrebbe solo porgli tante di quelle domande - che si è tenuto dentro per una settima - che probabilmente ne rimarrebbe sommerso. Lo fissa probabilmente più del dovuto, forse perché dopo quei messaggi, si aspettava di non vederlo lì a cantare e ballare come se nulla fosse. Sebastian lo guarda e sorride, e Kurt non può fare a meno di sorridere in risposta. Un sorriso sincero e strano. 
E poi Sebastian non c’è più, perché stanno continuando il loro percorso e si lasciano quella stanza alle spalle. Continua a guardarsi intorno spaesato mentre Sam, Tina, Artie e addirittura i nuovi ragazzi delle Nuove Direzioni si avvicinano per salutarlo.
È tutto così frenetico e veloce, e il secondo dopo si ritrova trascinato via da Rachel e una ragazza dei Vocal Adrenaline, il vestitino azzurro che ondeggia mentre cammina.
Rachel continua a tenerlo per mano, superano un’altra stanza e si preparano a scendere le scale che, quel giorno di qualche anno fa, lo hanno portato fra le braccia di Blaine Anderson. 
Ci sono proprio tutti; le Nuove Direzioni al completo, gli Usignoli, i Vocal Adrenaline e addirittura il coro della scuola per sordi Haverbrook.
Rachel lo abbraccia ancora una volta e lo lascia andare mentre muove i primi passi per scendere le scale.
E Sebastian è di nuovi lì, alla fine delle scale, insieme a tutti gli altri. Sorride e… Kurt vorrebbe solo prenderlo a pugni, perché quel sorriso lo infastidisce. Gli lancia una veloce occhiata e poi torna a guardare Blaine, lì in piedi che lo aspetta. La canzone termina e tutti applaudono, emozionati e felici. 
Blaine inizia a parlare e quello è l’esatto momento in cui capisce di non essere pronto. Perché non è pronto per il matrimonio, non è pronto a ricominciare con Blaine. Non sa nemmeno se vuole ricominciare una nuova storia con lui, in realtà. L’unica cosa che sa con certezza, è che vorrebbe solo non essere lì e magari fuggire in qualche isola deserta. 
«Ci siamo incontrati proprio qui,» Blaine lo guarda emozionato e con occhi pieni d’amore, «Ho preso la mano di quest’uomo e abbiamo corso lungo quel corridoio. E per chi mi conosce, sapete che non è mia abitudine prendere per mano gli sconosciuti,» qualcuno ride, ma Kurt non riesce nemmeno a sentire più i propri pensieri. Il cuore gli batte forse nelle orecchie e il respiro sta diventando sempre più affannoso. Blaine continua a parlare ma semplicemente, Kurt, non riesce ad ascoltare.
«Ma penso che la mia anima sapesse qualcosa che il mio corpo e la mia mente non avevano ancora riconosciuto. Penso che le nostre mani fossero fatte per stringersi l’un l’altra, senza paura e per sempre. Ed è per questo che non ho mai avuto la sensazione di aver imparato a conoscerti. È sempre stato come se ti stessi ricordando da qualcos’altro. Come se in ogni vita vissuta da te e me, avessimo scelto di tornare e ritrovarci e innamorarci di nuovo, e di nuovo e di nuovo, per l’eternità.» Blaine sale un paio di scalini e Kurt reprime il movimento istintivo di tirarsi indietro. Sente che sta per piangere perché non riesce più a trattenere le lacrime e, Dio!, vorrebbe solo che fossero lacrime di gioia e non di terrore.
E Blaine parla, parla e parla ancora, come se non avesse notato il panico dipinto nei suoi occhi. Vorrebbe poter dire che le parole di Blaine lo hanno emozionato, incantato e reso felice. Ma la verità è che non ha sentito assolutamente nulla. Non sente nulla da parecchio, ormai.
«E mi sento così fortunato ad averti trovato così presto in questa vita, perché tutto quello che voglio fare, tutto quello che ho sempre voluto fare, è trascorrere la mia vita ad amarti.» Allunga una mano alle proprie spalle e prende la scatolina che gli sta porgendo Sam.
«Perciò, Kurt Hummel,»
Kurt prova a fermare il tremolio incontrollato delle proprie mani e con la coda dell’occhio vede Sebastian appoggiato al muro con le braccia allacciate al petto e uno sguardo scuro sul volto. Non c’è più nessun sorriso, nessuna falsa felicità. E per un solo e fugace istante, Kurt crede di vedere gli occhi di Sebastian supplicarlo di non farlo.
Blaine si sta inginocchiando proprio davanti a lui, la voce ormai ridotta ad un flebile sussurro quando parla.
«Mio fantastico amico e mio unico vero amore… vuoi sposarmi?»
La scatolina si apre, mostrando l’anello all’interno. Kurt distoglie velocemente lo sguardo e lo punta ovunque ma non lì. 
Guarda Will Schuester, il padre e poi di nuovo giù verso Blaine, ancora inginocchiato. Vorrebbe che qualcuno lo aiutasse in quella scomoda posizione, che qualcuno lo aiutasse ad uscirne.   
“Sei una persona intelligente e credo tu meriti molto più di questo. Meriti il meglio.”, improvvisamente ricorda le parole di Sebastian. Non può lasciarsi abbattere dalla paura di rimanere da solo. Kurt Hummel merita il meglio, e al momento quel meglio non è Blaine. 
Chiude gli occhi e respira profondamente, l’ansia e il nervosismo sembrano essere scomparsi. Ora sa cosa fare. Apre gli occhi e allunga una mano verso Blaine, che lo guarda con un cipiglio sul volto. Lo aiuta ad alzarsi e Kurt si schiarisce la gola quando sono l’uno di fronte all’altro, occhi negl’occhi.
«Blaine io-» si schiarisce la gola e abbassa gli occhi. Non sa come continuare, non sa come si rifiuta una proposta di matrimonio.
Nella propria testa sente la voce di Sebastian che gli ripete le parole di una settimana prima, “Voglio te, Kurt. E forse quello che fa più male è la consapevolezza che non potrò mai averti.”
Cerca di nuovo lo sguardo di Sebastian, ma il posto che occupava fino a un momento prima ora è vuoto. Si guarda velocemente attorno e, quando sta per arrendersi all’idea che se ne sia già andato, lo vede camminare lungo il corridoio e abbandonare la Dalton. Un fremito lo colpisce e sente il bisogno di andarsene, subito. Deve seguire Sebastian.
«Kurt,» lo chiama Blaine, preoccupato.
Kurt lo guarda con dispiacere, «Mi dispiace Blaine,» si morde il labbro inferiore, nervoso. «Ma non posso accettare.»
Blaine sembra riprendersi velocemente e sorride meno convinto. «Hai ragione, magari è un po’ affrettato. Possiamo aspettare ancora e-»
Kurt scuote lentamente la testa, «Blaine, no.»
Gli occhi del ragazzo si riempiono di lacrime consapevoli, «Cosa significa?»
«Significa che non sono pronto per il matrimonio,» dice lentamente, gli occhi fissi in quelli dell’altro, «E non sono pronto a ricominciare una nuova storia con te, Blaine.»
Blaine indietreggia, le lacrime che lentamente percorrono le sue guance arrossate mentre il respiro inizia a mancargli. 
All’improvviso tutti i presenti nella stanza sembrano guardarlo con occhi di fuoco e Kurt si sente più piccolo che mai. Cerca con gli occhi lo sguardo del padre: è tranquillo, un po’ sorpreso forse. Ma almeno lui non lo sta giudicando. È sicuro che almeno la metà dei presenti lo crede una persona orribile ad aver rifiutato in quel modo una proposta del genere. Ma quella è la sua vita e non lascerà che nessun’altro decida al suo posto.
Lancia un’ultima occhiata ai presenti, poi scende velocemente gli ultimi scalini e passa accanto al padre, che gli accarezza la spalla con fare rassicurante. «Vai.» Lo sente sussurrare. E Kurt non crede di poter esprimere a parole l’amore e la gratitudine che prova in quel momento. Perché, oggi più che mai, capisce quanto è stato fortunato ad avere un padre come Burt Hummel; che lo capisce, lo sostiene e non lo giudica. Che è sempre dieci passi avanti a lui, sempre lì.
Kurt sorride nervosamente e supera la piccola folla che ostruisce il passaggio. Una volta varcata la soglia, sente il resto dei presenti riprendere a respirare e sussurrare sommessamente. Guarda indietro un’ultima volta per vedere Blaine con la testa china, fra le braccia di Sam che lentamente lo guida fuori dalla stanza. Qualcosa nel suo cuore si rompe, ma sa che è la cosa giusta da fare. Perché non è ciò che vuole.  
Sospira, torna a fissare il corridoio vuoto davanti ai propri occhi e inizia a correre più veloce che può. Corre, corre finché ha fiato e finché le gambe resistono. Corre fuori, all’aperto, fuori dalla Dalton e poi nel grande giardino illuminato dai raggi del sole.
E poi Sebastian è lì, ed è come se tutto il mondo avesse smesso di girare all’improvviso, come se il tempo avesse smesso di scandire il tempo. Sebastian è proprio lì, davanti ai suoi occhi, appoggiato al piccolo muro in mattoni, le braccia incrociate sul marmo e il busto leggermente piegato in avanti, come se stesse osservando attentamente qualcosa.
Ed è come se Sebastian accendesse qualcosa in lui, un fuoco, qualcosa che lo fa tornare ad essere il vecchio Kurt Hummel, quello di quindici anni disposto a tutto per i propri sogni e ideali. Il Kurt Hummel coraggioso, sicuro di sé e forte. Sente questo fuoco ardere nel proprio stomaco, e riassapora con gioia e curiosità quella vecchia sensazione. La sente sulla lingua, nello stomaco e addirittura fino alla punta dei piedi. È qualcosa che lo riscalda completamente, e non può negare di aver sentito la mancanza di tutto ciò.
Si ferma di colpo e si piega sulle proprie ginocchia, provando a calmare il respiro e il battito accelerato del cuore. 
«Sebastian» lo chiama con un filo di voce. Si schiarisce la gola e riprova, questa volta più forte. E sembra funzionare, perché Sebastian volta il capo, gli occhi spalancati per la sorpresa. Kurt riesce perfettamente a vedere  le mille domande che corrono nella mente dell’altro ragazzo, e sorride divertito. Sa perfettamente come ci si sente. 
Cammina lentamente e con lo sguardo abbassato sul prato verde.
«Cosa ci fai qui?» domanda Sebastian, una volta che sono vicini abbastanza da poter comunicare senza dover urlare da una parte all’altra del giardino.
Kurt alza gli occhi e studia attentamente Smythe. È diverso, non sa se è la luce o magari il nuovo taglio di capelli. O forse a renderlo diverso ai propri occhi sono le parole che Sebastian ha avuto il coraggio di rivelargli. Forse è la consapevolezza dei suoi sentimenti, o forse è solo Kurt che si perde nei suoi soliti filmini mentali. Si rende conto di guardarlo sotto una nuova luce, del tutto nuova e differente. Lo fissa ancora per qualche istante, alla ricerca di uno qualsiasi dei segni che lo contraddistinguono. Quando non trova nessun ghigno e nessuno sguardo malizioso o derisorio, si rassegna al fatto che questa non sarà una conversazione molto semplice. Sospira mesto. L’unico modo per rendere tutto questo meno doloroso e imbarazzante, è farlo velocemente e senza pensieri. 
«Voglio solo dirti che non l’ho fatto per te.» perciò spura fuori, Kurt.  
Sebastian lo guarda senza capire, le sopracciglia alzate in una muta domanda.
«Ho rifiutato la proposta di Blaine.» Hummel si schiarisce la gola, «Ma non l’ho fatto per te.» dice senza fiato. I suoi occhi si perdono in quelli verdi e luminosi di Smythe, e Kurt vorrebbe solo avvicinarsi di qualche centimetro per osservarli meglio. Scuote la testa e scaccia via quel pensiero inopportuno.
«Okay.» risponde semplicemente, Sebastian. Infila disinvolto le mani nelle tasche dei pantaloni della divisa.
«Solo- Okay?» domanda Kurt, un po’ deluso. Non sa esattamente cosa si aspettasse da Sebastian; gioia, lacrime e sollievo? Un balletto della vittoria? Non lo sa, ma vederlo così indifferente lo rende nervoso e insicuro. Perché Sebastian è sempre stato un’incognita per lui, e probabilmente lo sarà sempre.
«Okay.» ripete Smythe mentre lo guarda dritto negli occhi. E per un solo istante Kurt crede di vedere uno strano luccichio in quel verde brillante, ma il secondo dopo non c’è più e lascia un vuoto dietro sé. 
Kurt sorride gentilmente e fa per voltarsi, «Beh, allora io vado,» alza una mano in segno di saluto e da le spalle a Sebastian. Si muove lentamente verso il parcheggio, il rumore dell’erba sotto le scarpe e quello del cuore che batte forte riempiono le sue orecchie, tenendolo fuori dal mondo reale. 
«Kurt,» Sebastian lo chiama improvvisamente, lo afferra per il gomito e lo gira verso di sé.
Sono lì, faccia a faccia. Il pollice di Sebastian accarezza l’interno del suo gomito. 
E Kurt questa volta lo vede con chiarezza, il luccichio negli occhi dell’altro. È lì, una scintilla nel verde. L’aria si fa pesante, il tempo scorre e loro sono ancora lì, immobili e muti. 
«Fanculo!» lo sente sussurrare a se stesso. E Sebastian lo bacia, con forza e forse anche un po’ di rabbia e rimpianto. Non sa bene come definirlo o cosa pensare, e forse nemmeno gli importa. Perché Kurt si sente vivo, si sente bruciare e ama quella sensazione. Si perde definitivamente in quelle labbra morbide, si perde nel sapore fresco di Sebastian e geme quando le loro lingue si toccano curiose. È veloce, frenetico e confusionario. Ma Kurt vuole di più, vuole sentirlo più vicino. Vuole lui.
Così allaccia le braccia dietro il collo di Smythe, immerge una mano nei suoi capelli corti alla base della nuca e lo avvicina a sé senza gentilezza, spingendo le loro bocche più vicine e facendo scontrare i loro petti. Si sente afferrare prepotentemente per i fianchi, le dita di Sebastian che scavano nel tessuto della camicia e fino alla pelle, graffiandolo. E sospirano insieme, ormai a corto di fiato costretti a separarsi. Uniscono le fronti e aprono lentamente gli occhi, si sorridono e Kurt si schiarisce la gola. Fa per aprire la bocca, provando a domandare qualcosa, ma Sebastian lo anticipa.
«Mi piaci,» sussurra Smythe, il fiato caldo che si infrange sulle labbra di Kurt. Sorride a se stesso e alza le spalle, «Volevo dirtelo a voce almeno una volta.»  
E Kurt non riesce a fermarsi, bacia Sebastian con urgenza. Ancora e ancora e ancora, finché ha fiato e il fuoco che ha nel petto non cesserà di ardere. 

 
   
 
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