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Autore: Lady Koyuki    08/07/2015    6 recensioni
Era l’ultima chance di poterla salutare, a modo suo. Forse fece lo sbaglio più grande di tutta la sua vita.
Una one shot su un doloroso addio, su come certe emozioni possano cancellare totalmente il pensiero razionale di una persona, su come poter avere un ultimo bellissimo ricordo di qualcuno che inevitabilmente si perderà per sempre.
Scritta di getto, come altre delle mie storie, ma ho sempre voluto farne una su Tokyo Mew Mew
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premessa:
Sinceramente volevo iniziarne una a più capitoli su questo fandom, ma come noto, non sono capace di seguire una storia per tanti capitoli, non ho il tempo, la creatività e in parte la costante voglia... Ma desideravo tantissimo fare una storia su Tokyo Mew Mew, e ci ho provato. Non aspettatevi cose troppo sdolcinate, non sono materialmente capace di scriverle (anche se le immagino spesso e volentieri), ma di getto, mi sembra di aver scritto qualcosa di carino; sta a voi, se deciderete di leggere fino in fondo e di lasciare magari una recensione, dirmi se questa storia è davvero bella o se è raccapezzata alla bene e meglio (probabilmente sarà così, lo so già :D )
Detto questo, buona lettura!
Spero sia di Vostro gradimento! :)
Koyuki :3

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Last Memory


Finito.
Era tutto finito.
Finalmente.
Terribilmente finito.
Sospirò per la cinquantesima volta; era placidamente seduto con le gambe allungate su un tronco, che sembrava dovesse spezzarsi di lì a poco sotto il suo peso, ma che resisteva nonostante tutto. Era immerso tra le fronde di quell’albero, illuminato solo dalla forte luce proveniente dalla finestra lì accanto; non capiva tutt’ora perché quella pianta fosse stata messa lì, oscurava quasi totalmente la visuale da quella finestra, che ormai era sua assidua meta.
Da quando era tutto terminato, due settimane prima, si recava lì costantemente, rimanendo però nascosto dalle numerose foglie dell’arbusto; ma avrebbe dovuto smettere questo doloroso rituale. E anche presto.
Lentamente, si girò, per osservare all’interno della casa; non c’era ancora nessuno nella stanza, nonostante fosse illuminata. Probabilmente la proprietaria era uscita, o era occupata in un’altra area dell’abitazione. Non lo sapeva. E forse non lo voleva sapere. Avviarsi senza vederla un’ultima volta forse sarebbe stato meglio.
Fece per alzarsi, deciso ad andarsene così, senza un ultimo vano ricordo, quando vide comparire due codini rossi al limite della sua visuale; velocemente, si nascose tra le fronde, osservando la ragazza che per mesi aveva inseguito, infastidito, tormentato, e sfortunatamente per lui, amato.


La rossa era entrata silenziosamente nella sua stanza, vestita con il suo tipico pigiama rosa ornato di fragole; in mano portava la sua divisa scolastica ripiegata, che appoggiò delicatamente sulla sedia della sua scrivania. Alzò lo sguardo, assorta nei suoi pensieri; non sapeva come mai, ma da qualche giorno aveva la sensazione di essere osservata, seguita. Si guardò intorno, curiosamente; forse i suoi istinti da Mew Mew la stavano ingannando.


Chissà a cosa stava pensando; dal suo ramo, il ragazzo osservava perso la sua fissazione; era ferma, come alla ricerca di qualcosa, con i suoi occhi felini color nocciola; non li avrebbe mai dimenticati. Si stava facendo del male da solo rimanendo lì, ma non se la sentiva di andarsene senza averle detto qualcosa, qualsiasi cosa, non importava che lei dopo lo avrebbe insultato, voleva salutarla, voleva guardare per l’ultima volta quegli occhi temerari, sentire ancora una volta il suo profumo di fragola, magari assaggiare ancora quelle morbide labbra carnose.
Se qualcuno lo avesse visto, avrebbe potuto notare un colorito più roseo sul suo volto, ma con l’oscurità della notte, sarebbe stato quasi impossibile; immerso nei suoi pensieri, non si accorse che la ragazza si stava avvicinando alla finestra, per poterla chiudere e coricarsi. Era l’ultima chance di poterla salutare, a modo suo. Forse fece lo sbaglio più grande di tutta la sua vita.


Stancamente, si avvicinò alla porta per poterla chiudere; sbadigliò assonnata, e quando abbassò lo sguardo sull’albero di fronte, le sembrò che le fronde si muovessero agitate. Aguzzò la vista, per cercarne la causa, ma non vide niente e nessuno, solo foglie e buio.
Sospirò, rassegnata. Aveva bisogno di una bella dormita, lunga e rilassante dormita. Chiuse le finestre lentamente ma quando fece per girarsi, urtò contro qualcosa. La botta la spinse all’indietro, e forse avrebbe potuto anche sbattere violentemente la testa contro gli infissi se un braccio sconosciuto non le cinse la vita, trattenendola a sé.
La rossa alzò lo sguardo, dubbiosa e preoccupata, non immaginandosi minimamente chi potesse trovarsi a quell’ora tarda nella sua stanza, o forse, un angolino recondito della sua mente poteva intuirlo.
- Buonasera Micetta! – salutò allegramente Kisshu, con il suo solito sorriso malizioso.
Ichigo ci mise un attimo a collegare il tutto. Foglie che si muovono, qualcuno che le cingeva la vita e il suo tipico saluto.
- Mi stavi spiando Kisshu! – urlò leggermente agitata spingendolo via, giusto il tempo per raggiungere il comodino con la spilla; ma si era momentaneamente dimenticata della velocità dell’alieno. In poco la anticipò rubandogli la spilla sotto il naso.
- Ehy, non sono qui per combattere, piccola, perciò questa la tengo io – disse nascondendosela in tasca.
- Ridammela! E’ mia! – urlò la Mew Mew, preoccupata. Kisshu si rabbuiò leggermente.
- Non sono qui per combattere, te lo ripeto. –
- Allora cosa sei venuto a fare? – chiese Ichigo indietreggiando – A rapirmi? Come mille volte mi hai promesso? – continuò aggressivamente.
Odiava essere trattato così, odiava che lei non capisse, per lui non era un oggetto. Lui la amava davvero, e tanto. Ma non sarebbe importato. Tra poco se ne sarebbe andato. Per sempre.
- Perché mi devi trattare sempre così? – chiese, avvicinandosi a lei. Di rimando la ragazza si allontanò.
- Perché tu sei mio nemico, sei un alieno, hai cercato di uccidermi…-
- Sono morto per te! – urlò Kisshu senza accorgersene.
Ichigo lo guardava spaventata, mentre indietreggiava ancora; non avrebbe dovuto farlo arrabbiare così. Era sola, senza aiuto, senza le sue amiche e senza spilla. Si stava cacciando nei guai.
Kisshu osservò quegli occhi nocciola che tanto amava; era completamente terrorizzata. Che stava facendo? Era venuto per dirle addio, non per spaventarla a morte.
- Scusa Ichigo. – disse lievemente abbassando la tesa.
- Come? – chiese la rossa incredula.
- Mi dispiace. Non volevo urlarti contro, solo…- l’alieno alzò lo sguardo, osservandola, lì appoggiata al muro. Ci avrebbe messo un secondo ad andare da lei, prenderla e portarla via. Ma lui non era veramente così. – Ero venuto a salutarti. – disse avvicinandosi a lei.
- S-salutarmi? – solo allora si accorse di essere con le spalle al muro.
Kisshu la raggiunse, appoggiando la mano sinistra accanto alla sua testa, e la destra sul suo fianco.
Ichigo ebbe un leggero brivido, frainteso dall’Alieno come paura di lui.
- Sto per andarmene. Per sempre. – affermò sconsolato, abbassando lo sguardo.
Ichigo non riusciva a muoversi, era come paralizzata, ma non dalla paura; in quel momento sapeva perfettamente che Kisshu non le avrebbe mai fatto del male, ma qualcosa le diceva di rimanere lì, che era vitale rimanesse lì, perché sarebbe stata l’ultima possibilità di averlo così vicino a sé, fisicamente e emotivamente.
- Cosa vuoi esattamente? – chiese Ichigo, più decisa di prima ma incerta sul volerlo sapere o meno.
L’alieno alzò lo sguardo; non aveva la solita audacia e forza negli occhi, ma solo tristezza e rammarico.
- Vederti per l’ultima volta, sentirti per l’ultima volta… Avere un bellissimo ricordo di te perché probabilmente mi accompagnerà per sempre. – concluse con un sorriso amaro.
Ichigo restò momentaneamente sorpresa; nel suo egoismo, nella sua possessività, nella sua aggressività, forse quella era una delle cose più romantiche che avesse detto… bè, facendo conto che Ichigo ignorava ogni suo qualsiasi ti amo…
Ichigo alzò lo sguardo, confusa, per incontrare i suoi occhi ambra, completamente assorti, e forse troppo vicini.
- Kisshu io…- in quel momento, le sembrò tutto così sbagliato, quella battaglia, il fatto di essere nemici… Masaya… Non ci stava nemmeno pensando, ne pensava al fatto di essere da sola in camera con un alieno voglioso solo di lei… e forse era la cosa più preoccupante.
- Mi dispiace…- disse infine
- Come micetta? – di certo Kisshu era il più sorpreso tra i due.
- Mi dispiace… di questa guerra, di questi scontri, di averti trattato così male… - non riuscì a continuare, perché delle calde lacrime le solcarono il viso.
Dolcemente, Kisshu le alzò il mento con due dita, per osservare i suoi occhi, pieni di lacrime.
- Non piangere, Micetta, soprattutto non farlo per me, – disse sorridendo, asciugandole una goccia salata con il pollice – starò bene te lo prometto, e promettimi che tu farai lo stesso. –
Ichigo abbozzò un sorriso e annui, mentre Kisshu si faceva più vicino, troppo. Ichigo poteva sentire il suo respiro sulle sue labbra; l’istinto le diceva di scostarlo, di scappare, prendere la spilla, e trasformarsi, ma qualcos’altro le fece inarcare la schiena per poter raggiungere quella labbra che aveva sempre rifiutato.
Troppo tardi l’istinto le diede uno schiaffo mentale, ricordandole chi aveva davanti; ma Kisshu l’aveva già stretta di più a sè possessivamente, non volendola lasciare per nulla al mondo.
Ichigo alzò istintivamente le braccia, per allontanarlo, ma lui ormai stava già conquistando ciò che voleva. In un istante, la distanza che separava le loro labbra sparì, spingendo Ichigo a ignorare l’istinto.
Kisshu la spinse contro il muro, tenendola sempre intorno alla vita, mentre la baciava passionalmente come avrebbe sempre voluto fare; non era un sogno, Ichigo era li, tra le sue braccia, e non si ribellava al suo bacio. Forse era un tranello? Non gli importava. Era un addio quello, e voleva ricordarselo per sempre.
Ichigo non ragionava più. Era mossa da qualcosa a lei ignoto, non rifiutando Kisshu ma ricambiando il suo bacio, così intenso, così passionale… così bello; sapeva di sbagliare, ma in quel momento non gliene importava.
Forse sarebbe comunque finito di lì a poco, o forse avrebbero continuato così per ore, ma non era il loro destino.
Dolcemente, Kisshu le morse le labbra di lei, assaporando il sapore di fragole che tanto amava per poi staccarsene.
-AHI! – borbottò la rossa.
L’alieno rise.
- Direi non ti sia dispiaciuto, micetta – affermò sorridendo malizioso.
Questo fece arrossire la Mew Mew, alla quale comparvero orecchie e coda da gatto.
Spinse via con forza il verde, arrabbiata con lui per quello che le aveva fatto fare.
- Sei un pervertito Kisshu! –
- Non che tu ti sia ribellata. – continuò, sospeso leggermente in aria, fin troppo allegro.
- Tu… io … - cercava qualsiasi appiglio – mi hai ingannato! – disse infine, ma davanti a lei non c’era più nessuno…
A un tratto, le stesse forti braccia di prima la cinsero da dietro, e il respiro, leggermente affannato dell’alieno, raggiunse il suo orecchio.
- Ti amo Micetta. Sei la mia Gattina, ricordatelo. – seguì un sospiro rassegnato. – Addio. –
La rossa si voltò per allontanarlo, ma non c’era più nessuno. A un tratto le gambe le cedettero e si ritrovo a seduta a terra, agitata.
Sii guardò intorno, ma non c’era traccia di Kisshu. Se ne era andato. Per sempre. A terra la sua spilla brillava prepotentemente, come a ricordarle il suo dovere. Le lacrime ricominciarono a scendere, ma non ne concepiva il motivo. La rattristava che se ne fosse andato? Non vederlo mai più? O si sentiva in colpa per averlo sempre trattato così male?
Forse non l’avrebbe mai saputo.
Lentamente si alzò, aprendo la finestra e affacciandosi al balconcino.
- Addio Kisshu. – disse, rivolta al cielo, osservando la notte piena di stelle.
Solo in quell’attimo, una consapevolezza davvero grande la invase: non si era trasformata in gatto, come faceva con chiunque altro, baciando Kisshu.
   
 
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