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Autore: A_Typing_Heart    10/07/2015    0 recensioni
Nella cornice di un Giappone moderno schiacciato dalla tirannia di un regime militare Hibari Kyoya e Rokudo Mukuro si ritrovano a inseguire i propri ideali di giustizia e libertà su fronti opposti. Hibari è pronto a separarsi da Mukuro in nome della legge, dell'ordine e della disciplina, lasciando il suo cuore imprigionato in un gelido inverno. Ma altri sono pronti a dare la vita affinchè torni a soffiare un vento carico di petali di ciliegio...
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Hayato Gokudera, Kyoya Hibari, Mukuro Rokudo, Takeshi Yamamoto, Tsunayoshi Sawada
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Mukuro superò una rampa di scale e si appoggiò pesantemente al tridente, ansimando. La gamba gli faceva sempre più male con l'aumentare degli sforzi, riusciva a stento a resistere. Avrebbe tanto voluto potersi sdraiare, prendere un'altra dose di antidolorifico, dormire... ma non poteva cedere proprio ora. Era la notte in cui doveva finire tutto, in cui tutto quello che aveva cominciato si sarebbe concluso, il momento in cui avrebbe decretato la fine del regno di Byakuran. Sostò ancora qualche attimo prima di riprendere la strada, percorrendo quello che doveva essere il corridoio del quinto piano. Avrebbe voluto trovare una finestra e guardare che cosa succedeva nella piazza, ma trovava solo porte chiuse. Cercò di aprirne una ma era un ufficio chiuso. Quello accanto invece era aperto: si trattava di un ripostiglio con una piccola finestrella. La raggiunse e sbirciò di sotto: una fila di auto private circondava il piazzale proteggendo i suoi alleati da assalti esterni della milizia. Distinse la figura di Reborn, a pistola spianata oltre la barriera, e Dino con i suoi lunghi capelli biondi che stava rannicchiato dietro una berlina bianca. La resistenza esterna reggeva.
Abbandonò il ripostiglio e si affrettò a proseguire. La notte in cui aveva cercato di entrare dalla finestra nell'ufficio di Byakuran era salito al sesto piano, ma ora sapeva per certo che l'ufficio era al piano inferiore, lì da qualche parte... orientarsi dall'interno era più difficile. Raggiunse infine una stanza con un codice alfanumerico che impostava l'apertura della porta e pensò di essere sulla strada giusta. Digitò un codice, due, tre, quattro di fila, cercando di pensare a come avrebbe potuto scrivere dei nomi significativi per il generale, o le date importanti, ma non riusciva a scovare la password. Il congegno continuava a dargli errore e illuminarsi di rosso. Dolorante e furente picchiò il pugno sulla porta.
-Apriti, cazzo!-
-Mukuro?!- esclamò una voce all'interno.
-Tsu... Tsunayoshi?-
-Mukuro, sei tu! Allora sei venuto davvero!-
-Cosa diavolo... che stanza è questa?-
-È l'ufficio di Byakuran, ci ha chiuso qui dentro e ha cambiato il codice, non riesco a uscire...-
-Aspetta... aspetta, ti tiro fuori di qui...-
-Non pensare a me adesso!- lo fermò Tsuna concitato. -Byakuran è là fuori, è armato e pronto a uccidere chiunque sia con te! Fai attenzione, Mukuro, se riesce a prenderti non ti lascerà mai più andare!-
-Non ha alcuna importanza ormai... anche io sono armato... questa è la fine, Tsunayoshi... sono qui per farla finita, è l'ultimo giorno della guerra, vada come vada.-
Calò il silenzio al di là della porta. Mukuro immaginò che Tsunayoshi fosse molto preoccupato per lui e le persone che portava con sé; avrebbe voluto consolarlo, ma non sapeva che cosa dirgli. Erano tutti in pericolo finchè non fosse arrivata la fine.
-Gokudera... Gokudera sta bene... è in salvo.- disse invece. -Resta qui, sarai al sicuro... vengo... vengo a prenderti dopo, quando è tutto finito.-
-No! Aspetta! Mukuro!-
Ma Mukuro riprese la strada, stavolta per scendere. Se Byakuran voleva uccidere i suoi compagni, doveva essere sceso per cercare di intercettarli andandogli incontro. La barriera era schierata fuori, Kyoya doveva essere entrato nell'edificio... doveva riuscire a trovarlo prima del generale, dovevano restare uniti e non separarsi. Byakuran non era caduto nella loro trappola, aveva capito che le nuove informazioni e la riunione della task force erano l'occasione per un'imboscata...
Un tremendo grido echeggiò nell'edificio vuoto. Mukuro si fermò mentre scendeva un gradino e il cuore cominciò a battere forsennato. Era una voce strana... non era affatto sicuro che fosse quella di Kyoya, ma una parte di lui ne fu sicura. Scese più velocemente che poteva, scivolò su uno scalino e rotolò pesantemente fino al pianerottolo; il tridente cadde con gran fracasso. Gemendo di dolore, stringendo i denti per sopportarlo, recuperò l'arma e si issò in piedi. Gli sembrava di continuare a sentire dei lamenti, o forse era la sua mente terrorizzata a fargli sentire gli echi del grido precedente. Ormai zoppicava vistosamente, ansimava per il dolore e per la paura, ma non osava chiamare Kyoya, per paura di rivelare la sua presenza a dei nemici che non era in grado di affrontare...
Scese fino al primo piano, quasi senza più energie, quando fu sicuro di sentire un gemito di dolore. Stavolta era completamente certo che si trattasse di Kyoya. Cercando di fare meno rumore possibile imboccò il corridoio che portava all'ala destra del palazzo. Superò appena un paio di stanze prima di vederli.
Byakuran era inginocchiato sul marmo del corridoio con in mano un coltello che gocciolava sangue e teneva l'altra mano sulla bocca di Kyoya, più pallido di come lo avesse mai visto; effettivamente quasi pallido quanto Byakuran. Ansimava e tremava, aveva la maglia arrotolata in modo che gli lasciasse scoperto l'addome su cui spiccava alcuni lunghi tagli paralleli. Non sembrava avere più forze per ribellarsi o combattere: le sue armi erano abbandonate poco lontano, la sua testa sembrava restare dritta solo per il supporto del suo aggressore.
Byakuran non notò la presenza di Mukuro, oppure non ne diede alcun segno. Puntò il coltello sulla pelle di Kyoya, poco sopra il suo pube.
-Nella prossima vita ricordati che cosa succede a chi si mette fra me e quello che desidero.- disse Byakuran con un sorriso che traboccava perversione. -Sei pronto? Mukuro non ti troverà più così bello con le viscere di fuori...-
-BYAKURAN!-
Byakuran sobbalzò al grido di Mukuro e lasciò la presa su Kyoya, che scivolò lungo il muro lasciando una striscia di sangue sul muro bianco. Si accasciò a terra e per la prima volta Mukuro riuscì a vedere tutto il suo viso: sul lato destro era coperto di sangue e non riusciva a vedere il suo occhio. Con le mani che tremavano afferrò il tridente più saldo e scoccò un'occhiata invelenita a Byakuran.
-Che cosa gli hai fatto, mostro?!-
Prima che Byakuran riuscisse a ricomporre la sua espressione o a dargli qualche folle spiegazione gli corse incontro, del tutto dimentico del dolore alla gamba, e se il generale non fosse stato molto reattivo e veloce nello spostamento la punta del tridente l'avrebbe trafitto al ventre. Byakuran lo guardò sconvolto, come non potesse credere di essere stato attaccato con tanta ferocia da lui.
-Come hai osato mettergli le mani addosso?!- sibilò Mukuro, alzando di nuovo l'arma. -Come... hai osato... tu... sei un mostro...-
-Non c'è nulla di speciale in quel moccioso.- disse Byakuran, sulla difensiva. -Lui non è intelligente... lui... non è speciale, non ha niente che meriti di attirare la tua attenzione... ora non ha nemmeno più quei begli occhi.-
Una rabbia che Mukuro non aveva mai provato prima in tutta la sua vita gli esplose nel corpo. Non gli importava più di niente, non voleva la fine di una guerra, non voleva altro che fare a pezzi quell'uomo perverso. Avrebbe dovuto dare retta a Gokudera, lui sì che aveva capito davvero chi fosse Byakuran; lui si era soltanto illuso che qualcuno che diceva di amarlo così profondamente fosse nel profondo un uomo buono che soffriva di solitudine. Invece era solo un folle, un pazzo, un assassino... e un torturatore, come Mukuro avrebbe dovuto ricordare meglio di chiunque altro...
Ma poi, l'espressione di Byakuran cambiò e a Mukuro ci volle qualche istante per capire perchè. Una delle punte corte della sua arma doveva averlo graffiato: la manica della sua giacca era strappata e iniziava a macchiarsi di sangue. Il generale guardò la ferita e assunse un'aria mortifera che i suoi prigionieri conoscevano molto bene e avevano imparato a temere.
-Mukuro kun. Metti via quell'affare prima di farti male.-
-È a te che farò male con questo.-
-Non essere ridicolo... vuoi veramente uccidermi... con quella gamba?-
Mukuro non rispose, ma qualcosa nel suo sguardo doveva averlo tradito, perchè l'altro sorrise.
-Sai che non puoi affrontarmi da solo in quelle condizioni.-
-Scopriamolo.-
La ragione di Mukuro si spense del tutto. La sua mente al momento non lo poteva aiutare, offuscata dall'angoscia per le condizioni di Kyoya e dal dolore, gli sussurrava solo parole di sconfitta. Invece lui aveva bisogno di aggrapparsi alla speranza, alla rabbia, alla follia, se necessario, per poter vincere. Attaccò Byakuran, ma lui afferrò l'asta dell'arma e la tenne con una stretta ferrea.
-Non essere sciocco... non voglio ucciderti, e tu lo sai... sei quello che più bramo in questo mondo...-
-Se pensi di incantarmi di nuovo con queste favole ti stai sbagliando.- fece Mukuro, spingendo così forte da far indietreggiare Byakuran di diversi passi. -Se tu mi amassi davvero, mi lasceresti libero... vorresti che io fossi felice... non cercheresti di uccidere e distruggere ciò che io amo di più.-
Byakuran non rispose, ma mollò la presa sull'arma e si abbassò schivando un colpo. Il fendente successivo riuscì a bloccarlo usando uno dei tonfa di Kyoya, raccolto dal pavimento. Non ebbe tempo di sferrare un altro attacco che Byakuran lo colpì violentemente proprio alla gamba dolorante, facendolo crollare a terra. Per un lungo istante la vista di Mukuro fu invasa di piccoli puntini bianchi e neri.
-Mukuro... non puoi vincere, non capisci? Contro di me hai perso in partenza.-
Byakuran si piegò sul ginocchio e gli sollevò il viso. 
-Lascia perdere i tuoi folli sogni, quella specie di dipendenza che tu chiami "amore"... arrenditi adesso, resta con me e io lascerò che qualcuno recuperi quel sacco di spazzatura e lo rattoppi. Lo lascerò vivere.-
Mukuro guardò il viso sfigurato di Kyoya, che sembrava a malapena cosciente, e si sentì stringere il petto dall'angoscia. Era sempre più pallido. Se non avesse ricevuto delle cure subito forse lo avrebbe veramente perso per sempre.
A fatica, lentamente, Mukuro si sollevò dal pavimento e si mise in ginocchio. Raccolse tutto il coraggio e tutte le forze che gli erano rimaste e si aggrappò al tridente piantandone con energia le punte in terra. Il sorriso di Byakuran si trasformò in una smorfia di dolore e guardò in basso, rendendosi conto che la punta aveva trafitto insieme il piede di Mukuro e il suo, immobilizzandolo. Più spaventato che dolorante, Byakuran emise un grido insolitamente acuto.
-È la mia pietà che conta ora, Byakuran, non la tua... io sono in vantaggio... io detto le condizioni, pezzo di merda.- disse piano Mukuro, cercando di rinchiudere il dolore il più lontano possibile. -Il tuo amico Kikyo è già caduto... la tua task force è per metà sconfitta e per metà mia alleata... è finita, non lo capisci?-
Il volto di Byakuran perse il poco colore che l'affanno della battaglia gli aveva conferito.
-Cosa... cosa... Kikyo... Kikyo è...?-
-Sei solo, ormai, Byakuran.- disse Mukuro con più veemenza. -L'unico amico che avevi è perduto... i tuoi alleati ti hanno voltato le spalle... e a me non importa più se tu vivi o no... non mi importa più salvarti da te stesso... tu non puoi più essere cambiato... quindi, l'unico a cui importa di te sei tu... a te la scelta.-
Byakuran emise un urlo che somigliava più a un ruggito che a un suono umano. Colpì con forza, più volte, l'attaccatura della gamba che era il suo punto debole e strappò via il tridente che li bloccava insieme. Un momento dopo Mukuro se lo trovò addosso, con le ginocchia che gli schiacciavano le braccia e le mani serrate intorno al collo, mozzandogli completamente il respiro. La sua espressione era demoniaca, deforme, spaventosa.
-Questa è l'ultima volta che mi rifiuti, Mukuro! Visto che non vuoi saperne... ti costringerò a restare legato a me... se ti ucciderò sarai mio per sempre!-
Mukuro boccheggiò tentando di prendere almeno un alito di respiro, scalciò a vuoto, cercò di graffiarlo, senza alcun esito. Per la seconda volta nella sua vita, e forse l'ultima, non riusciva a opporsi a qualcuno che cercava di strangolarlo.
Quando pensava che ormai si sarebbe congedato da quella vita breve e difficile, la stretta si allentò e lo lasciò. Tossì e prese avidamente fiato, sentendo qualcosa di caldo e appiccicoso colargli addosso, sul petto, sul collo. Ci volle qualche altro momento per rendersi conto che Byakuran sanguinava dal fianco, e ancora un altro per capire che Kyoya gli aveva infilato il suo stesso coltello nella carne fino al manico. Byakuran lanciò un grido e spinse via rabbiosamente Kyoya che cadde sul fianco e rimase immobile.
-Kyoya... Kyoya...- chiamò Mukuro con voce roca, allungando la mano verso di lui. -Kyoya...-
Si trascinò verso di lui senza che Byakuran cercasse di fermarlo. Voleva solo essere sicuro che fosse vivo, che non stesse per lasciarlo proprio quella notte. Poi si accorse che respirava, che il suo pomo d'adamo si muoveva. Sentì passi alle sue spalle e si voltò per fronteggiare il nemico, ma Byakuran non cercò di colpirlo: si teneva il fianco ferito e barcollava via, verso le scale, in fuga.
-Kyoya... rispondimi...-
-By... a...?-
-È scappato.-
-Devi... prenderlo...-
-Non ti lascio solo... hai bisogno di cure, e subito... andiamo, usciamo di qui....-
Mukuro si stava chiedendo come avrebbe fatto con la gamba così malmessa a reggere Kyoya fino all'uscita quando un'ombra li oscurò. Sobbalzò spaventato, aspettandosi il ritorno di Byakuran, ma si trattava di Fon, l'arcobaleno esperto in arti marziali che Reborn aveva chiamato in loro soccorso e che, avevano notato tutti immediatamente, assomigliava straordinariamente a Kyoya.
-Ci penso io, lo porto io di sopra.-
-Di sopra...? Di sopra dove?-
-Il supporto medico sta per atterrare sul tetto in elicottero.- spiegò lui pacato. -Andiamo, dovete essere medicati entrambi... Byakuran è ferito, non ha aiuto. Non dobbiamo preoccuparci di lui, ora.-
Mukuro annuì e lasciò che il più sano e più robusto Fon si issasse Kyoya sulla schiena. Lui recuperò il suo tridente e riuscì ad alzarsi, con un dolore nemmeno paragonabile a quello che aveva provato fino a pochi minuti prima dopo essere ruzzolato dalle scale. Senza dire una parola, troppo spossato, angosciato e sofferente per aver voglia di parlare, seguì il guerriero cinese e il suo compagno verso il tetto, dove forse qualcuno avrebbe potuto dargli sollievo dicendogli che Kyoya non rischiava la vita.


Byakuran imboccò l'ascensore non appena vide una figura priva di uniforme risalire la scalinata. Premette più volte il bottone per salire, senza sapere che cosa fare esattamente. Scivolò di lato contro la parete dell'ascensore, lasciando una scia di sangue di un rosso cupo. Ansimava. Quella ferita faceva così male... perdeva così tanto sangue, la sua mano non riusciva a fermarlo... stava morendo? Si sarebbe dissanguato come un animale da macello, sarebbe morto così il generale supremo dell'Haido, il capo del Giappone intero?
Osservando con distacco le luci dell'elevatore segnare i numeri dei piani, Byakuran riflettè sulle parole di Mukuro. La sua task force era per metà sconfitta e per metà non era mai stata ai suoi ordini... quante serpi in seno aveva esattamente? Enma Kozato era una di quelle? Ne era sicuro... era dalla parte di Tsunayoshi, era diventato bravo a conquistarsi la fedeltà degli altri... quindi, non poteva fidarsi nemmeno di lui, ma allora chi avrebbe potuto salvarlo?
Le porte si aprirono sul quinto piano e Byakuran strisciò fuori carponi, sempre più spaventato. Non era rimasto nessuno che volesse aiutarlo... il palazzo era ancora bloccato, nessuno poteva raggiungerlo. In preda al panico si tastò la giacca e recuperò il cellulare. Con dita tremanti avviò una chiamata, ritrovandosi a pregare che Kikyo gli rispondesse, che stesse bene, che corresse ad aiutarlo... sì, doveva rispondere al suo telefono personale, era sempre acceso... ma la sua speranza si tramutava in disperazione squillo dopo squillo, finchè non fu la sua segreteria telefonica a rispondere.
-Sono Kikyo, sapete cosa fare!-
-Ki... Kikyo...-
Byakuran non riuscì a dire altro. Dopotutto, Kikyo non aveva risposto perchè non poteva più farlo. Era sicuro che se fosse stato bene gli avrebbe risposto a qualsiasi costo, a qualsiasi orario... non poteva più ascoltare il suo messaggio, non poteva più aiutarlo. Era veramente rimasto solo. Prima sua madre era scomparsa, poi Mukuro aveva cercato di ucciderlo, e ora anche Kikyo lo abbandonava al suo destino.
Al bruciore della ferita si sommò il bruciore agli occhi. Sentì una sensazione nostalgica che raramente aveva sentito negli ultimi anni: gocce calde e salate che scendevano sul viso, scivolavano copiose giù dai suoi occhi viola. Emise un unico, rumoroso singhiozzo, lasciando cadere il telefono ormai inutile. Le sue spalle si scossero ancora nel più denso silenzio, che si protrasse per quelle che gli sembrarono ore, prima che una nuova consapevolezza lo colpisse nel mezzo del suo disperato pianto.
Mukuro lo aveva rifiutato, lo aveva abbandonato per sempre, aveva detto che non gli importava più che cosa gli sarebbe successo. E gli aveva detto che Kikyo era caduto... era stato lui a uccidere l'unico amico che avesse mai avuto, l'unica persona che non aveva mai avuto pretese, l'unico che non gli aveva mai dato la colpa di quello che non andava secondo i piani...
Byakuran si sforzò di alzarsi in piedi, animato da un ultimo, disperato, distruttivo proposito. Non era riuscito a uccidere Mukuro, ma almeno aveva deturpato la faccia del suo amante, e questo gli suggeriva che ogni volta che l'avrebbe guardato avrebbe inevitabilmente pensato a lui... ma voleva la garanzia di restare ogni singolo giorno nei suoi pensieri. Se non poteva averne l'amore, almeno avrebbe conquistato il suo odio, non gli avrebbe mai permesso di vivere una vita intera trattandolo con indifferenza... gli aveva portato via il suo migliore amico? Ebbene, Byakuran avrebbe fatto lo stesso.
Strisciò lungo la parete diretto verso l'ufficio, ma prima si infilò in un'altra stanza. Prese una piccola chiave nascosta sotto una statuina di un samurai dall'armatura rossa e andò ad aprire una cassetta di sicurezza dietro un quadro dipinto con la tecnica del sumi-e. Era dove l'aveva lasciata: la pistola d'ordinanza di Hibari Kyoya, che i suoi uomini avevano recuperato perquisendo lo squallido locale in cui aveva vissuto ai tempi dell'accademia. Nonostante le sue energie calassero sempre più, il generale sorrise e la prese. Quale ironia che usasse proprio l'arma dell'uomo che Mukuro amava per uccidere il suo migliore amico...
Uscì dalla stanza senza darsi la pena di chiudere lo scomparto segreto o la porta. Raggiunse dopo un lasso di tempo orribilmente lungo e doloroso la porta con la tastiera e digitò la sua password, con le dita sporche di sangue. Con uno scatto la porta si aprì e lui la spinse, la pistola spianata di fronte a lui. Tsunayoshi indietreggiò spaventato.
-Byakuran! Che cosa... sei ferito?!-
-Non è più necessario... che tu faccia la commedia con me...- ribattè Byakuran, appoggiandosi pesantemente a uno schedario. -Mi volevi morto... sarai felice che io stia morendo...-
-Non dire sciocchezze!- fece Tsuna agitato, afferrando un cuscino che era sulla poltrona. -Non morirai per una ferita del genere... bisogna tamponarla e poi chiameremo un...-
-Tu non farai niente.-
Tsuna sembrò notare solo in quel momento che Byakuran gli puntava contro un'arma e i suoi occhi castani tradirono la sua improvvisa paura.
-No... che... che cosa vuoi fare? Mettila giù...-
-Lui si è permesso di toccare l'unica persona che avesse fatto qualcosa per me... non gliela farò passare liscia...-
Byakuran tirò indietro il cane della pistola, ma nel breve intervallo tra questo gesto e la pressione sul grilletto Tsunayoshi si era abbassato e gli aveva afferrato il polso. Il proiettile mandò in frantumi la finestra con un gran fracasso di vetri. Qualcuno gridò, forse all'esterno dell'edificio si erano accorti del colpo. Byakuran tentò di puntare l'arma contro Tsuna, ma lui gli torse il polso con forza finchè il dolore non fu più sopportabile e fu costretto a lasciarla cadere. Il ragazzo la colpì per errore con il piede e si allungò per riuscire a recuperarla, ma Byakuran quasi d'impulso afferrò la taser che aveva usato per stordire Hibari Kyoya e colpì Tsuna, che diede in un gemito e crollò a terra sussultando. Ormai, come Hibari, non si poteva più difendere. Byakuran afferrò l'arma letale più vicina, un lungo, acuminato attizzatoio.
-Sei fortunato, Tsunayoshi... sono... di fretta... e non ho tempo per riservarti lo stesso trattamento che ho dato a Hibari Kyoya...-
-Co... no!-
Tsuna alzò le braccia nel disperato tentativo di difendersi dall'arma che gli stava per piombare addosso, ma prima che potesse sentire la punta trafiggerlo o spaccargli qualche osso uno scoppio rimbombò nella stanza come il fragore di un fulmine. Tsuna aprì un occhio e vide Byakuran crollare sul fianco, sentì l'attizzatoio cadere con un rumore metallico poco lontano dalla sua mano. Si alzò a fatica, con gli arti intorpiditi, e vide uno schizzo di sangue sulla parete. Tremando, terrorizzato, voltò la testa e vide Lambo inginocchiato a terra, tremante e sconvolto quanto lui, con la pistola stretta in entrambe le mani e il naso rosso da cui scendeva una gocciolina di sangue. Gattonò verso di lui mentre dal corridoio sopraggiungeva un uomo dal completo nero con cappello, anche lui armato, i cui occhi saettarono nella stanza dal corpo di Byakuran al ragazzino terrorizzato.
-Lambo... Lambo... da-dammi questa... su... dammela...-
Lambo lasciò obbedientemente l'arma a Tsuna e iniziò a piangere silenziosamente. Tsuna non poteva ancora credere che quel bambino avesse preso la pistola caduta a Byakuran e gli avesse sparato per evitare che lo uccidesse. Gli aveva salvato la vita... e forse, se al maggiore Gamma non fosse capitato di mettergliene una vera in mano, Lambo non avrebbe saputo cosa fare...
-Ti... ti fa male il naso?-
-Mi è... saltata sul naso!- balbettò Lambo. 
-Si chiama rinculo.- disse l'uomo. -Devi tenere le armi con forza quando spari.-
-Chi... chi diavolo è lei?- domandò Tsuna all'uomo sconosciuto.
-Reborn.- rispose lui, avvicinandosi a loro. -Non preoccuparti... io ti guardo le spalle da un po', a te e ai tuoi amici... per conto di tuo padre.-
-Mio padre...? Vuoi... sei un Arcobaleno?-
-Esatto.-
Reborn prese l'arma appartenuta a Hibari Kyoya e la ripose sotto la giacca, poi prese in braccio Lambo, che sembrava ancora troppo sconvolto per riuscire a spiccicare una parola o protestare contro quel trattamento da bambino piccolo.
-Riesci a camminare, Tsunayoshi?-
-Sì... credo... credo di sì...- disse lui, e si alzò malfermo sulle gambe. Era già tanto non essere svenuto per la paura. -Dove... dov'è Mukuro? Cos'è successo agli altri?-
-Li raggiungiamo, sono sul tetto. Andiamo.-
Tsuna lanciò un ultimo sguardo a Byakuran, che giaceva immobile nella stanza che era stata il suo ufficio. Non aveva idea di cosa fosse successo, ma non avrebbe voluto ucciderlo... non desiderava che morisse, voleva solo togliergli il potere e la possibilità di ferire lui e le persone che amava. Mentre si affrettava a seguire Reborn e Lambo fuori, sulla scala antincendio, provava sentimenti contrastanti verso l'uomo dai capelli bianchi. L'aria era fesca e fu terapeutica per lui, riuscì a farlo sentire meglio, lo aiutò ad assimilare la situazione. Hayato era in salvo, Byakuran era morto, gli Arcobaleno erano arrivati in soccorso suo e di Mukuro...
Sul tetto c'era molta gente, compreso un elicottero che in effetti aveva sentito avvicinarsi senza capire che era atterrato proprio su quell'edificio. La prima persona che vide in quel mare di volti nella penombra fu un ragazzo dai capelli rossi che gli andò incontro e lo strinse con forza tra le braccia.
-Tsuna! Per fortuna stai bene... non riuscivo a trovarti...-
-Sto... sto bene... Enma... Byakuran mi aveva chiuso nel suo ufficio insieme a Lambo... cosa... è successo?-
-I tuoi amici hanno dato l'assalto al palazzo, come aveva sospettato Byakuran... abbiamo combattuto, ma poi... beh... diciamo che ci siamo arresi...-
Tsuna riuscì a scorgere qualche altro viso ora che il cielo si stava schiarendo: vedeva Gamma che fumava in un angolo, apparentemente fresco come una rosa; Adelheid che era seduta sull'elicottero, vicino a una barella su cui, notò dopo qualche istante, Hibari stava disteso con diverse medicazioni all'addome, una benda sull'occhio e un sacchetto di sangue appeso a un'asta, collegato al suo avambraccio. Irie Shoichi era seduto a terra, a gambe incrociate, il computer chiuso e abbandonato lì accanto. Gli fece un sorriso timido e accennò un saluto. Un alto ragazzo biondo con un vistoso tatuaggio sul braccio teneva il cellulare in mano come se stesse riprendendo la scena. Davanti a tutti, inginocchiato a terra e aggrappato a un elaborato tridente argentato stava Mukuro, in silenzio, con gli occhi chiusi come in preghiera. Il vento era più forte sul tetto e gli spettinava i capelli. Aveva sui vestiti e sul collo della macchie di sangue ancora rosso vivo.
-Mukuro!-
Reborn gli impedì di andargli vicino e lasciò Lambo con lui, avvicinandosi lentamente a Mukuro. Quasi come stesse aspettando solo i passi caratteristici delle scarpe con il tacchetto dell'uomo, aprì gli occhi blu, senza voltarsi.
-È finita, Mukuro... Byakuran non c'è più.- disse l'uomo, e fece qualche passo per guardare giù. -Il ministro Kozu è appena arrivato... ora attendiamo la sua risposta.-
Tsuna, vinto dalla curiosità, si avvicinò alla balaustra. Non fu l'unico: anche Gamma, l'uomo biondo che non conosceva, Enma e Shoichi si portarono più vicino per assistere. Laggiù scorse Ryohei Sasagawa vicino alla moglie nei pressi di un veicolo di soccorso. Una macchina scura, un veicolo ufficiale, era appena arrivata di fronte al palazzo. Ne scese il ministro Kozu insieme alle compagnie più singolari che Tsuna potesse aspettarsi: Basil e Haru.
-Basil... HARU?-
-Ho chiesto a tuo fratello Basil di andare dal ministro a raccontargli la verità sulle macchinazioni di Byakuran, e lui ha pensato di portare Haru Miura come testimone...-
Tsuna osservò il sorriso di Reborn e capì che doveva essere solo l'ultima formalità: non aveva nessun dubbio su che scelta il ministro Kozu, la terza carica dello stato attuale, avrebbe fatto. I soldati che puntavano incerti le armi verso il tetto guardarono il vecchio dall'aria autoritaria e venerabile, attendendo un segnale. Lui alzò il braccio in un gesto che, a meno che Tsuna non si sbagliasse di grosso, significava di deporre le armi. I soldati le abbassarono, qualcuno, stizzito, la gettò con rabbia. Haru saltellò di gioia e Basil alzò le braccia al cielo.
-È vinta, Reborn san! È finita! Finita!-
Uno scoppio di gioia arrivò fino al tetto mentre Tsuna sorrise. Si voltò a guardare Mukuro, che si era alzato in piedi reggendosi alla sua arma e fissava incredulo davanti a sé. L'uomo biondo gli puntò contro il telefono: sembrava che stesse davvero filmando la scena.
-Dino, metti via quel coso, idiota...- protestò Hibari, a voce bassa ma tono severo.
-Sto filmando per Saeki! Lui avrebbe dovuto essere qui con noi per vederlo!-
Reborn si avvicinò a Mukuro e gli toccò la spalla.
-Hai vinto, Mukuro, è tutto finito... l'inverno è finito.-
Mukuro lo guardò con aria ancora stordita, tendendo uno dei sorrisi più incerti che Tsuna avesse mai visto. Reborn poi prese qualcosa che un uomo dai lunghi capelli che somigliava un po' a Kyoya gli tendeva, qualcosa di simile a un lungo fagotto. Lo passò a Mukuro.
-Coraggio... fallo... fai tornare la primavera.-
Mukuro prese l'oggetto e capì che cos'era anche se Tsuna lo capì soltanto quando vide l'amico andare verso il punto in cui, ora se ne accorgeva, mancava la bandiera dell'Haido. Il suo cuore accelerò. Era sicuramente una bandiera. Lui, tutti gli alleati, il ministro, Basil e Haru, i soldati disarmati, cittadini incuriositi dai rumori e qualche giornalista zelante assistettero in silenzio mentre Mukuro liberava lo stendardo e ne piantava il palo al posto di quello del Torii Nero. Il vento aprì la bandiera su cui spiccava un fiore di ciliegio, dorato sulla tela bianca bordata d'oro. L'alba illuminava lo stemma simbolo del ritorno della primavera, che molti accolsero con grida di giubilo e applausi. 
Mukuro sembrò rendersi conto solo in quel momento, guardando quella bandiera, della monumentale impresa che aveva compiuto. Tsuna vide una lacrima scivolargli sul viso nella luce dorata del primo sole. Un momento dopo Mukuro lanciò un grido forte, profondamente liberatorio, lasciandosi cadere sulle ginocchia. Piangeva e al tempo stesso stava sorridendo. Tsuna si decise ad avvicinarsi, gli strinse il braccio e gli sorrise.
-Buon compleanno, Mukuro.-
   
 
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