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Autore: Maico    10/07/2015    1 recensioni
Buon pomeriggio lettori cari, come potete vedere sono tornata con una nuova opera sempre sul mio adorato Nico e i suoi demoni che tiene nascosti..
Dal testo:
"Si perse per qualche minuto a osservare la lucida superficie d'argento dei muso della creatura, mettendo le dita nelle orbite vuote e, allargandole, aprendo e chiudendo il volto di quell'essere che lo stava portando all'inferno.."
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nico di Angelo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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QUANDO UN ANGELO MUORE 
 
 
 
 
 
Settembre 1938
Venezia
 
Sentiva il freddo del vetro della finestra sulla fronte, posata da tanto di quel tempo che ormai sarà rimasto il segno rosso. 
Il Sole creava un piacevole contrasto tiepido, facendogli chiudere gli occhi a causa della fredda luce del giorno. 
"Nico!"
Un'incessante bussare alla porta lo riscosse dal suo stato di semicoscienza. Non rispose, stringendo di più le gambe contro il busto per non lasciar sfuggire del tutto il calore dal corpo. 
"Nico!" 
Altri tre colpi che fecero tremare l'uscio scardinandolo quasi. 
"Figlio esci subito! Dobbiamo andare!"
Si morse le labbra a sangue. 
Non doveva pensare. No. No. 
Si concentrò sul dolore che si era appena procurato graffiandosi le braccia e facendone uscire alcune gocce rosse che macchiarono la vestaglia candida da notte che indossava da quattro giorni. 
Sentì un ultimo colpo, più lieve, e poi un sospiro pesante. 
"Dimmi che almeno vedrai"
Fu solo un sussurro, delle parole appena udibili che lo fecero fremere da capo a piedi. 
Freddo. 
All'improvviso un immenso gelo lo avvolse. Quella stanza gli sembrò improvvisamente troppo grande, dannatamente larga solo per lui. Mancava...
Si alzò di scatto, avviandosi a grandi falcate verso la parte opposta della stanza, ribaltando e facendo stridere le sedie, aprendo la porta che lo conduceva al bagno personale. 
Aprì il rubinetto dell'acqua, non preoccupandosi di scaldarla, e prendendola con le mani a coppa se la schizzò in faccia.
Represse un gemito quando alcune gocce gli scendevano dalle ciocche scure bagnate fin sotto il collo, infradiciando lo scollo largo della veste. 
Strinse con forza i lati del lavabo, osservando con profonda e cieca ira l'immagine che lo specchio gli restituiva; una persona stanca, distrutta, sull'orlo del baratro. 
Fissò i suoi dannatissimi capelli neri, tenuti lunghi, troppo simili ai suoi. 
Troppo di lei era rispecchiato in lui. 
Con le mani che non ne volevano saperne di rimanere ferme spostò una piccola asse di legno che fungeva da parete, immergendo il braccio in quella piccola nicchia segreta, scoperta anni prima. 
"Con lei"
Afferrò fino a conficcarsi le unghie nei palmi l'oggetto che tanto gelosamente era custodito là dentro. Come se fosse la cosa più fragile al mondo tolse con innaturale delicatezza il panno di seta nero che ne ricopriva la magnificenza. 
Si perse per qualche minuto a osservare la lucida superficie d'argento dei muso della creatura, mettendo le dita nelle orbite vuote e, allargandole, aprendo e chiudendo il volto di quell'essere che lo stava portando all'inferno. 
Come a salutarsi come due amici dopo molto tempo ne passò le due estremità affilate sulla pelle delle guance, facendo per ognuna due linee rosse verticali. 
Sorrise, ridendo mente sentiva la pelle ormai martoriata chiedere pietà, afferrandosi poi con forza, con violenza, le ciocche scure, obbligandosi da solo a inclinare all'indietro il capo per le numerose stiletto di dolore che sentiva al cuoio. 
Continuò a ghignare, nonostante lacrime cocenti gli stavano offuscando la vista, rendendo i suoi movimenti più goffi e imprecisi. 
Rise quando, per un taglio sbagliato, oltre ai capelli sentì anche qualcosa di vischioso sulle dita. Continuò così, strappando e tagliando la chioma di cui solo pochi giorni prima andava così tanto fiero, lasciando solo una rada peluria irregolare. 
Quando quegli unici due goccioloni gli marcarono, peggio di un ferro sulla pelle, le gote, alzò il volto, con un sorriso che si spense non appena si vide.  
"Ancora troppo simile"
Fece scricchiolare i denti dalla frustrazione. 
"Dannatamente uguale"
Incenerì la sua immagine allo specchio, gli occhi che gli facevano sempre più male ma senza l'ombra umida che avevano avuto poco tempo prima. 
"FOTTUTAMENTE LEI!"
Il vetro si infranse dopo un unico colpo del moro, conficcando le sue schegge nella pelle candida dell'altro. 
Le forbici che utilizzava per tagliarsi caddero a terra tintinnando, ferendolo alla pianta del piede quando fece un passo indietro, con il cuore in gola, terrorizzato dalla parte di specchio ancora integra, che gli rifletteva il suo sguardo. 
"Va via!" Disse schiacciando le tempie, ignorando il sangue che gli macchiava il viso e gli abiti, serrando gli occhi mentre il cuore sembrava volergli uscire dal petto. Sentiva distintamente tutti i colpi lenti ma decisi, che gli colpivano lo sterno, minacciandolo di non farlo respirare. 
Era colpa sua, colpa di quel demone che lo stava possedendo da diversi giorni, quel mostro con le sue sembianze. 
Quell'essere senza cuore travestito da angelo che gli impediva anche solo di piangere per la morte della sorella. Che lo faceva ridere quando ci ripensava, che gli faceva provare il vuoto invece del dolore acuto e lancinante che dilaniava le membra. 
Un guscio vuoto. 
Era questo quello che era diventato?
Una marionetta che obbediva a quel demone che si faceva credere il suo burattinaio?
Tornò con passo strisciato in camera da letto, senza preoccuparsi di macchiare la pregiata mobilia. 
Prese una coperta pesante e tornò al suo angolo, appoggiando la fronte nuovamente sul vetro freddo della finestra e nascondendo fino al naso la sua persona, stringendosi di più per scaldarsi meglio. 
Aspettò così finché non vide le prime persone uscire sul giardino, figure vestite di nero che contrastavano con quella luce fredda di quel Sole d'inverno. 
Buttò furente la coperta per terra, quasi sputandoci sopra tanto era il disgusto che provava per quelle persone che erano nella loro proprietà. Che non sapevano nulla se non le dicerie che metteva in giro qualche donna pettegola che non sapeva quando stare zitta. 
Vide quel l'involucro di legno scuro, portato da cinque paggi e suo padre, depositato poi su quel varco che avevano aperto i giorni prima, con, come ultima destinazione, la bocca della terra.
Dannata madre, sadica tentatrice è pronta in ogni momento a tagliare i fili di loro, misere marionette senza volontà, e farle tornare nelle sue fucine, pronta a creare nuovi esseri con i figli che lei stessa aveva ucciso. 
Assaporò la sua stessa linfa, percependo il gusto del sangue in bocca. 
Non doveva..
Graffiò il legno della finestra fino a spezzarsi le unghie. 
No, ti prego.. Non farmelo fare.. 
Pregò quel dio invisibile che li aveva mai aiutati ma a nulla valsero le sue implorazioni. 
Le labbra si incurvarono quindi verso l'alto, mosse da un istinto a lui sconosciuto, socchiudendola quando una piccola risata gli scappò. 
Cercò di tapparsi la bocca. 
Come poteva ridere mentre vedeva la bara di sua sorella calare sempre di più verso il basso, scomparendo alla sua vista?
Perché non piangeva?
Perché il demone non glielo permetteva? Lui.. Lui voleva solo scaldarsi, sentire qualcosa, la gola dolergli, gli occhi inumidirsi, la testa pulsare. 
Si circondò con le braccia in un abbraccio, cercando di impedire al gelo di impossesserai di lui. 
Voleva sentire ancora il calore lui, non voleva vivere così! Cosa lo distingueva da quel corpo senza vita sennò? 
Nonostante camminasse ancora su quella terra lui non sentiva niente. 
Niente!
Un morto che camminava. 
Un demone senza cuore. 
Un mostro che rideva sulla tomba di Bianca. 
Un angelo il cui canto era morto. 
 
 
 
Angolo autrice: 
Beh... Emm... Salve! Tutto bien?
*a nessuno gliene frega della domanda*
Ok.. Allora, la storia è il comportamento di un Nico alternativo, in un mondo senza semidei, dove lui e sua sorella sono rimasti nella loro epoca ma questo non è bastato perché Bianca è morta comunque... Anche se qua è colpa mia... Comunque la storia del ridere... Ero seria, capita che qualcuno affronti lo shock di una morte ridendoci e non potendo fare nulla per fermasi
*desta sospetto nei lettori*
...
Va bene! Che palle! Una volta mi è capitato e mi sentivo uno schifo. Un po' come Nico, sono molto meno violenta (?)
Quindi.. Dei è deprimente sta storia! Mi sono demoralizzata da sola!
Ok, mi faccio piccola piccola e vi chiedo che cosa ne pensate
*...*
...
*te ne vai allora?*
Eh? Oh già! OPS
*che idiota*
Hey!
-si azzuffano come al solito-
Cellulare: perché non mi sono ancora ucciso??
   
 
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