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Autore: Christine_Lewis    10/07/2015    3 recensioni
Quattro adolescenti stanno per andare al liceo, ma durante l'estate molti ostacoli cercheranno in tutti i modi di farli cadere. Solo uniti potranno farcela...
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 3: an unexpected afternoon
-Perché non è ancora qui secondo voi?- chiese Michelangelo a Leonardo e Donatello guardando la finestra affacciata sulla strada della casa di Raffaello. Ormai aspettavano l’amico da quindici minuti, ma lui non aveva dato segni di vita dalla sera prima. Così il biondino decise di chiamarlo a gran voce dal marciapiede, sperando in una risposta. Dopo una decina di tentativi, finalmente la finestra si aprì, rivelando un Raph tutt’altro che pronto! Gli occhi assonnati resistevano appena alla tentazione di chiudersi, era a torso nudo e i capelli sembravano essere stati pettinati con dei petardi.
-Ma che avete da gridare!? – urlò scocciato il rosso in risposta.
-Scusa, ma ti sei dimenticato?- intervenne Donnie.
-Dimenticato di cosa?- disse Raph stupito.
-Ci fai entrare?- sospirò Leo capendo la situazione. Raffaello si era completamente dimenticato dell’appuntamento che si erano dati i quattro amici la sera prima e prima di venire chiamato, stava beatamente russando, fantasticando nel suo mondo dei sogni e questo Leonardo lo immaginava.
La casa del rosso era enorme. Il pavimento in legno appena lucidato squittiva a ogni passo e le pareti erano tappezzate di attestati e fotografie di ogni genere, mentre le numerose mensole, anch’esse in legno, erano occupate da decine e decine di coppe, medaglie e trofei vari. L’arredamento era moderno e di buon gusto, reso piacevole anche alla vista perché abbinato alle pareti bianche e rosse.
-Però! Tu e tuo padre siete fenomenali! Vincete gare su gare!- esclamò Michelangelo ammirando le pareti e le mensole colme di oggetti dorati assieme al castano. Raffaello annuiva orgoglioso, anche se si trattava semplicemente del suo patrigno. Il padre del rosso era andato con un’altra donna ancora prima della nascita del figlio, quindi lui ha sempre considerato Hamato Yoshi un padre. Suo padre.
-Beh, si vede che la strada delle arti marziali è quella giusta Mikey.- rispose l’amico orgoglioso.
Leonardo invece si fermò davanti al camino in pietra, sul quale vi era una cornice: una fotografia di famiglia. Al centro c’era Raph che teneva un enorme trofeo, tutto sudato e con ancora le protezioni e la cintura addosso, a sinistra suo padre Hamato Yoshi che poggiava la mano sulla spalla del figlio e a destra l’amabile donna di casa Hamato: Alexandra. I due adulti sembravano così fieri e tutti e tre erano felici…
-Quella è la mia foto preferita- disse Raffaello poggiando una mano sul collo del ragazzo dalla felpa blu oceano.
-Sembrate tutti molto felici- sussurrò l’altro in risposta. Sapeva che stava piangendo, ma non voleva far notare la voce rotta e tremolante.
-Beh, hai proprio ragione! Qui eravamo alla finale dei nazionali. Non mi sembrava vero di aver vinto, eppure era così! Ahah, avresti dovuto vedere i miei come erano felici. Mia madre si era addirittura messa a piangere! Non puoi capire cosa provai quel giorno.- esclamò il rosso tutto contento, inconsapevole del male che aveva provocato al petto dell’amico con quella frase.
-Già… non posso… e non potrò mai…- sussurrò Leonardo, poco prima di scoppiare a piangere come un bambino. Non voleva sembrare debole, ma pensava che era inutile negare l’evidenza e inoltre con i suoi migliori amici si sentiva al sicuro. Lui non aveva mai sentito dire una frase come “Sono fiero/a di te figliolo” dai suoi genitori. Lui non lo amavano seriamente. Lui si sentiva solo un peso e aveva rischiato la depressione, come dimostravano le cicatrici sulle sue braccia. Si sentiva diverso, un emarginato, un difetto, una piaga, un incubo, un peso… Continuava a ripetersi fino alle lacrime che senza di lui i suoi sarebbero stati molto meglio e che i suoi amici sarebbero sopravvissuti tranquillamente. Cadde in ginocchio, su un tappeto in tessuto rosso con il capo chino e le mani tremanti, ma non emanava nemmeno un suono, Nessun singhiozzo, nessuna frase disperata: niente di niente. Era stufo di frignare, perché tanto la situazione non sarebbe cambiata con un capriccio. Semplicemente ogni volta riaffioravano i ricordi dei momenti passati con la sua famiglia: le botte di sua madre, i pianti sulle scale di quella sera d’inverno, le parole di suo padre durante l’ammissione del suo amore per un’altra donna, la notte in cui la madre investì Duke, il suo cane nonché compagno d’infanzia, costringendo la famiglia alla terribile scelta di sopprimerlo… tutto. Non poteva dimenticare niente di tutto ciò, anche se ricordare faceva molto male. La testa iniziò a girare e un orrendo senso di nausea gli si aggrappò allo stomaco, rendendogli difficile la respirazione.
-Meglio farlo sdraiare- sentenziò Donatello poggiandogli una mano sulla schiena. Raffaello annuì e aiutato dal biondino condusse Leonardo in camera sua al piano superiore.

Mi svegliai sospirando e accorgendomi di essere sdraiato su un letto caldo e morbido: ero nella stanza di Raffaello. Le pareti erano completamente rivestite di poster, fotografie e articoli di giornale, mentre a terra erano sparsi vestiti qua e là e in un angolo erano posizionati due o tre scatoloni di cartone traboccanti di trofei. I miei amici sembravano essere interessati a uno in particolare. Avevo le guance e la fronte bagnate di sudore, così come i capelli. Cercai di alzarmi, sorreggendomi sui gomiti e vidi che Raffaello stava spiegando uno dei suoi “gloriosi” incontri di arti marziali, indossando solo un paio di boxer a righe, a Donnie e Mikey che lo ascoltavano con attenzione, ma interruppi il loro discorso schiarendomi la voce per poi dire:
-Magari racconti anche a me più tardi, onorevole guerriero dai boxer a strisce?- con una piccola risata. I tre vennero subito verso di me ridacchiando, volendo verificare le mie condizioni.
-Sei troppo nervoso e stressato. Per questo sei crollato come un castello di carte. Ma tutti capiamo perché Leo.- mi spiegò subito Donnie. Caspita, sempre con la risposta giusta quel ragazzo. In quel momento capii che non saremmo usciti come programmato, ma che avremmo passato una serata (erano le cinque e diciassette di pomeriggio) ridendo e scherzando davanti al condizionatore posto accanto al televisore nel salotto con un bicchiere di aranciata in mano. Beh, niente male.

Erano circa le nove quando lasciammo la casa del nostro amico per dirigerci ai nostri appartamenti, il che significava che potevo tranquillamente andare a dormire prima dell’arrivo di mia madre. Meglio così. Arrivato davanti al mio palazzo salutai Donnie e Mikey, che abitavano circa a due isolati da me ed entrai.
Quella sera tuttavia, per me fu un inferno. Per tutta la notte i ricordi tornarono a farmi visita, causando solamente una serie di orrendi incubi…
 
ANGOLO AUTRICE
Va bene, sono in ritardo, ma la pigrizia è una brutta bestia :D. Ok… Comunque spero che il capitolo vi sia piaciuto. Alla prossima!
Bacione,
CriTMNT
   
 
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