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Autore: nealetrubel    11/07/2015    3 recensioni
| DenNor |
{ Dal testo:
Sarai orgoglioso. Starai scoppiando di inebriante felicità, con quella tua frizzante ed irritante risata sgualcita, mentre i tuoi occhi si riempiono di luce malevola, la stessa che ti fa salire i brividi lungo la schiena, quella che ti fa perdere un respiro con un battito, quella che ti paralizza e non ti lascia scappare finché non perdi la ragione. }
Con questa flash vorrei inaugurare la mia ufficiale entrata nel fandom di Hetalia e... nulla, spero vi piaccia!
Alexey
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Danimarca, Norvegia
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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NdA: okay, okay. Sono, umh... Alexey. Sì, chiamatemi così.
Questa è la prima fiction su questo fandom, incentrata su una delle OTP che più mi stanno a cuore, la DenNor. Spero non sia uno scempio totale, mnh.
So... enjoy!


 

 

E lascia che l'orizzonte di te si occupi

 

 

Sarai orgoglioso. Starai scoppiando di inebriante felicità, con quella tua frizzante ed irritante risata sgualcita, mentre i tuoi occhi si riempiono di luce malevola, la stessa che ti fa salire i brividi lungo la schiena, quella che ti fa perdere un respiro con un battito, quella che ti paralizza e non ti lascia scappare finché non perdi la ragione.
 

Ridi e non fermarti,
lasciati prender dal vento,
Lascia che l'orizzonte di te si occupi.

 

Sarai felice. Con quel sospiro liberi anni, secoli interi di quell'oppressione che ti schiacciava fino a farti perdere sensibilità; una sensibilità fisica, non ne hai mai adottato una mentale, con quel tuo spirito folle.
Allora mi lasci qui, da solo, mentre grandi ombre alle mie spalle divampano come fuoco su un ormai secco bosco, seccato dalla luce, dal calore, bruciato dal gelo che lo attanagliava, senza la minima pietà.
L'ennesima tua risata languida riempie l'aria, se soddisfatta o rincuorata solo gli dèi lo sanno, permettendo alla tua voce di infrangere il silenzio, tagliarlo con una lama troppo affilata, che ferisce al sol guardarla.
Ne hai approfittato, ed io sono stato uno stupido. Un completo, assoluto stupido. A fidarmi di quel tuo coltello proteso verso di me, la punta contro il petto, quel brivido sottile che ti attraversa le ossa per cercare e trovare il punto più debole per romperle, quel tuo tono ingannevole che mi convinceva a fidarmi di te, a seguirti, prima che la neve candida si macchiasse di sangue cremisi; così affascinante che ipnotizza, costringendoti a guardarlo espandersi sotto i tuoi occhi fiamminghi.
Non meritava, una tale purezza, di esser così peccatrice di un tale crimine, di essere macchiata dello sbaglio di un altro, ingannata e tirata in colpa per puro scherzo, per un gioco di dadi andato male.

 

Neve macchiata, purezza perduta
e lascia che le gocce scorrano
Per salvare ciò che di sano ancor ti resta.

 

Donandomi via come un giocattolo vecchio, abbandonandomi data la tua ormai veneranda età, mi regali più spazio, libertà, un modo di respirare che avevo perso di vista.
Quell'ebrezza è familiare, quella che ti trascina nel profondo, giù negli abissi, nelle viscere delle tenebre, dove grandi fauci attendono il tuo passaggio.

E non capisco i tuoi motivi, passano, corrono, si scontrano e riprendono come mai sfiorati, lampi di luce che s'alternano al buio della notte senza luna.
Dopo infinito tempo che mai m'è servito, ancora non capisco ciò che nella tua mente passa, son sicuro sia però ferita, lacerata da quella stessa lama che ora su di te si è rivoltata, facendomi sentire colpevole di una scelta a senso unico da te imposta.

Continuo a guardare quei tuoi occhi languidi, che come sangue su quella neve si espandono creando una macchia; una macchia che non ha nulla a che fare col calore che solo il ghiaccio più freddo sembrava dare, quel calore gelato che ti procurava solo dolore. Una luce celeste, cristallina come diamanti in un lago di anime perdute, che con una carezza sola riscalda.
 

Occhi come puri specchi, nessun difetto
troppa perfezione all'unisono nel tempo
E lascia che la mia anima peccatrice
possa ancor essi scorgere.

 

Mi impossesso di quelle labbra gelate, poi sciolte dal sole che la primavera ricorda, un fiore nato da quei distanti boccioli.
Non importa che ti piaccia o meno questo tanto agognato contatto, la tua pazienza mi stava uccidendo, uccidendo un'altra volta, come un ulteriore colpo di lama al petto; e non è la cascata di pece che duole davvero, quanto invece il contatto gelido della lama che getta più ricordi, ricordi più freddi, più profondi contro un corpo che in balia dei pensieri opporsi non può più.

Solo parole escono dalle mie labbra, nessun sentimento od emozione lascio loro esprimere, segregati e ancora sanguinanti in quella candida distesa dov'erano stati colpiti.
"Ora siamo pari."

 

Così un sol suono dalla bocca sfugge,
assecondato dall'incurvarsi delle labbra mie
incontrollato e selvaggio, mite ma fugace
In cui la rivincita del debole rimette i conflitti in pari.

 

 

   
 
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