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Autore: Flajeypi    11/07/2015    1 recensioni
Missing moment della saga Eroi dell'Olimpo, ambientato nel periodo in cui Percy scompare e Annabeth capisce che non può risolvere la cosa da sola e che deve avvertire Sally Jackson della sparizione di suo figlio.
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- Lo troverò, te lo prometto - riuscì a mormorare tra un singhiozzo e l'altro.
- So che lo troverai. Io credo in te - le rispose Sally, posandole un bacio sulla tempia.
Genere: Drammatico, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Annabeth Chase, Paul Blofis, Sally Jackson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La bellezza di essere una Testa d'Alghe.'
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Come una madre
 
Annabeth sapeva di dover essere lei ad avvertire Sally Jackson. Sapeva che sarebbe stato difficile, che forse la donna avrebbe pianto. Amava troppo suo figlio, era la cosa più preziosa che possedesse, non le era mai importato di altro. Ma Annabeth doveva dirglielo e doveva dirglielo di persona. E poi non riusciva a togliersi dalla testa lo stupido pensiero che Percy potesse essere tornato a casa e non l'avesse avvertita, magari troppo stanco o confuso o a corto di dracme per mandarle un messaggio Iride.
Magari sarebbe arrivata lì, avrebbe bussato e le avrebbe aperto la porta proprio lui, la maglia stropicciata, la faccia assonnata e uno sguardo di scuse perché non l'aveva avvertita prima del suo ritorno e non le aveva detto niente della sua partenza. Sapeva che era una speranza vana, che Percy non avrebbe mai lasciato il campo di sua spontanea volontà senza avvertire nessuno, eppure non poteva fare a meno di covarla. Ci si aggrappava con tutte le sue forze pur di non arrendersi all'evidenza: Percy Jackson era scomparso nel nulla, senza lasciare traccia e, per quello che poteva saperne Annabeth, poteva trovarsi in guai seri. Poteva anche essere morto. E lei proprio non voleva considerare questa possibilità.
 
Camminava impettita, cercando di infondersi coraggio concentrandosi sui gesti metodici che doveva fare per camminare, salire e scendere dal marciapiede, attraversare, bussare al citofono di casa Jackson-Stockfis.
Trenta secondi. Contò trenta secondi prima che la voce di Paul uscisse dalle casse del citofono: - Chi è? - domandò l'uomo.
- Annabeth - rispose lei, la gola già secca.
- Annabeth! Sali! - esclamò Paul, poi mise giù e il bip metallico la avvertì che il cancello era aperto. Annabeth fece un respiro profondo, spinse il cancello ed entrò nel palazzo. Salì lentamente le scale e quando arrivò trovò la porta socchiusa. Stava per appoggiarci le nocche sopra e chiedere "Permesso", quando la porta si spalancò e Sally la strinse in un abbraccio.
- Sapevo che sareste tornati presto. Percy fa sempre così: non avverte mai! A proposito, dov'è? - domandò Sally guardando dietro le sue spalle, aspettandosi di trovare il figlio.
Annabeth stava per cedere alla follia. Aveva sperato fino all'ultimo che Percy le venisse ad aprire, ma dalle parole di Sally era ovvio che non lo vedesse almeno da quando anche lei aveva avuto sue notizie. In un'altra situazione si sarebbe messa ad urlare, ma si impose di non crollare davanti a Sally Jackson, la donna che ormai la trattava come una figlia.
- Non c'è - mormorò soltanto.
- Non c'è? - chiese la donna, il volto che si trasformava in una maschera di orrore.
- Non abbiamo sue notizie da una settimana - confessò Annabeth, maledicendosi perché in tutta la sua vita non aveva mai avvertito un desiderio di piangere tanto forte.
- Scomparso... - ripeté Sally, atona come se all'improvviso fosse caduta in uno stato catatonico. Suo figlio, il suo unico figlio, era scomparso. Annabeth poté quasi avvertire il rumore del cuore della donna che si rompeva.
- Entra, non restare sulla soglia. Raccontami tutto - le disse sbattendo le palpebre più volte, cercando di dissimulare la preoccupazione che le si sentiva comunque nella voce. Annabeth mosse un paio di passi e la donna chiuse la porta dietro di lei. A quel punto Annabeth si accorse di Paul, che se ne stava ad un paio di passi dalla moglie, uno sguardo preoccupato sul viso.
- Non... non c'è niente da raccontare. È scomparso nel nulla. Non un messaggio o una lettera, qualcuno che l'abbia visto. Nessuna missione speciale che potesse essergli affidata. Niente di niente. Sally, io...l'ho cercato in lungo e in largo prima di venire qui. Credevo... speravo che l'avrei trovato qui, gli avrei fatto una lavata di testa per non avermi avvertita, io... - avrebbe continuato a parlare a raffica se solo il primo singhiozzo di una serie molto lunga non le fosse uscito dalle labbra. Per una settimana non aveva dormito, aveva buttato giù ipotesi su ipotesi senza scoraggiarsi, cercando dappertutto senza mai crollare. Si era comportata da vera figlia di Atena, aveva analizzato tutto con raziocinio. Ma quando anche l'ultima delle speranze che nutriva si era volatilizzata davanti ai suoi occhi insieme alle parole di Sally Jackson, da quel momento, era solo questione di tempo prima che Annabeth esplodesse. Ed era accaduto. Non aveva finito di parlare e si trovava lì, nell'ingresso dei Jackson, a piangere a dirotto.
Sally le si avvicinò e la strinse forte.
- Volevo riportarlo qui - biascicava Annabeth tra i singhiozzi. - Non sono... non sono riuscita... - ma il pianto non le permetteva di dire altro.
- Sssh - le sussurrava Sally all'orecchio, cullandola. - Non è colpa tua.
E a quel punto, Annabeth capì che Sally lo aveva sempre saputo, che si aspettava che sarebbe successo prima o poi. Che la sua peggiore paura si era avverata, che erano anni che si preparava a quel momento, molto più di lei, abituata ad accompagnare Percy in quelle missioni impossibili che molte volte avrebbero potuto costargli la vita.
- Lo troverò, te lo prometto - riuscì a mormorare tra un singhiozzo e l'altro.
- So che lo troverai. Io credo in te - le rispose Sally, posandole un bacio sulla tempia. Aveva le labbra umide e Annabeth capì che stava piangendo in silenzio. La strinse forte, in un disperato tentativo di infondere coraggio ad entrambe: - Ti voglio bene - mormorò. Sally le sorrise: - Resta qui, questa notte. Riposati. Domani ricominceremo a cercare. Insieme.
Annabeth annuì: - Posso dormire nel suo letto? - domandò incerta. Non riusciva nemmeno a pronunciare il nome di Percy.
- Certo, bambina mia. Stanotte e tutte le volte che vorrai - rispose Sally accarezzandole una guancia.
In seguito, Annabeth restò sempre convinta che fu proprio quello il momento in cui capì che Sally Jackson aveva preso il ruolo di madre nel suo cuore, anche se non lo ammise mai ad alta voce per paura di offendere la sua vera madre divina. Eppure amava Sally Jackson come una figlia ama una madre e questo, dopo tanto tempo, le fece pensare di aver trovato finalmente una vera famiglia. E per quanto strana e disastrata fosse, non le importava, perché era la sua famiglia. E Annabeth la amava.
 
- Ti troverò, Testa d'Alghe - sussurrò al buio qualche ora dopo, inalando l'odore di salsedine che veniva dal cuscino.





Angolo di Flajeypi
Ciao, ragazzi! Eccomi tornata in questo meraviglioso fandom con un missing moment che secondo me è fondamentale.
Mi sono sempre immaginata che, nel rapporto tra Percy ed Annabeth, Sally giocasse un ruolo fondamentale in quanto figura di madre non solo per lui ma anche per lei. Insomma, Sally è l'incarnazione di ciò che si immagina quando si pensa ad una madre, perciò non mi viene difficile pensare che Annabeth la consideri come tale e non solo come la madre del suo fidanzato. In particolare, mi piace pensare che Sally la chiami "bambina mia", proprio Annabeth, che dai 7 anni in poi ha dovuto cavarsela da sola e crescere troppo in fretta, come se volesse restituirle parte di quell'infanzia che non ha mai vissuto. *fluff al massimo*

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate e soprattutto se credete che sia possibile che un personaggio forte come Annabeth possa crollare così (in fondo, era già accaduto una volta nella baia delle sirene, solo che all'epoca Annabeth aveva 13 anni, era più piccola ed emotivamente instabile... non so, ho sempre paura di andare OOC).

Vi lascio con un'altra riflessione sull'universo di PJO: è meglio la penna o la spada? Quella di Percy, Vortice, è tutte e due le cose contemporaneamente: non sarà mica una metafora inserita tra le righe dal nostro zio Rick? La risposta, ovviamente, è sì, la penna a volte ferisce molto di più di una spada, ma c'è un passaggio dei libri che mi ha fatto riflettere molto: in un frangente della storia, Nico gli chiede se abbia mai usato Vortice per scrivere e Percy ammette di non aver mai effettivamente considerato Vortice come una normale penna, tanto da non sapere nemmeno se la penna contenesse davvero dell'inchiostro. Ed ecco la seconda metafora: non è che forse, prima di parlare e cercare di risolvere le cose con la diplomazia, risolviamo sempre con la violenza?

Ok, adesso la smetto di annoiarvi. Solo, fatemi sapere che ne pensate di tutta la faccenda e se siete d'accordo con le mie deduzioni sulle metafore dello zio Rick :3

Un abbraccio, 
Flavia
  
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