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Autore: Oducchan    12/07/2015    2 recensioni
-Sanada-senpai – lo interrompe, gli occhi bassi a fissarsi le dita coperte di calli e ancora un poco arrossate dal sudore. Se Sanada sobbalza, non lo può sapere –Credi che sarebbe stato... fiero di me?-
Oh, se potesse vederti adesso, Akaya, non saresti dove sei.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Genichirou Sanada, Kirihara Akaya, Ryoma Echizen
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nick autore: Oducchan
Titolo: I still look for your face in the crowd {Oh, if you could see me now...}
Fandom: 
Prince of tennis
Personaggi: Kirihara Akaya, Sanada Genichirou, Echizen Ryoma (Yukimura Seiichi)
Pairing: NN (Implied Alpha?)
Genere:  intospettivo, angst
Avvisi: 
future!fic, menzione di character!death
Rating:
 giallo
Note:
Boh, ero su youtube e saltavo da un video all'altro dei The Script, quando ascoltando questa canzone ho avuto la flashata...
Non sono soddisfatta di quel che è uscito (probabilmente fa solamente troppo male) ma comunque, postiamo.
 

I still look for your face in the crowd
{Oh, if you could see me now...}
 
Akaya impiega tutto il tempo che l’eco dell’ultimo smash che segna il punto che lo consacra alla vittoria ci mette a svanire nell’aria, a comprendere cosa è successo. Fissa la piccola scheggia gialla che rotola sul prato e poi l’espressione di completo stupore e incredulità di Echizen Ryoma, che si vede spogliato del suo sesto Slam consecutivo e non reagisce, mentre quasi la metà del pubblico dello stadio che applaude estasiato erompe in un coro di grida entusiaste e l’altra metà resta attonita, confusa dalla caduta inattesa del Principe in favore di un Demonio di cui pochi di loro hanno sentito parlare; non riesce ad assimilare nemmeno quando con la coda dell’occhio vede Marui-senpai gettarsi al collo di Jackal-senpai, strozzarlo, e poi voltarsi verso Niou-senpai e Yagyuu-senpai in una cacofonia di urla; nemmeno quando vede i suoi genitori e sua sorella sbracciarsi e piangere, felici e fieri ed ebbri di gioia; nemmeno quando Ryoma gli stringe la mano da sopra la rete con una punta di riluttanza e lo sguardo celato dalla visiera del cappello bianco, e Akaya si volta a cercare lo sguardo del proprio allenatore, su negli spalti, le sue iridi verdi che incrociano famigliari occhi castano intenso e caldi di orgoglio, per una volta.
Non comprende, e resta a guardare il tripudio di bianco, le piccole bandiere giapponesi che vengono sventolate nell’aria, il frettoloso dispiegarsi dei preparativi per la premiazione. Si siede quasi stranito a tamponarsi il sudore, e quando chiamano il suo nome per lasciar scivolare fra le sue mani il trofeo dorato rimane imbambolato a fissarlo, i riccioli neri che gli ricadono sul viso e ovattano il suono della folla. Fissa il microfono che gli viene cacciato sotto la bocca e sbatte le palpebre al giornalista che lo incalza di domande, incapace di farfugliare qualcosa di sensato nel suo inglese maldestro.
È solo quando il caos pare alleviarsi e ritrarsi, lasciandolo tornare lento alla realtà, e un raggio del sole morente si riflette sulla coppa che stringe tra le mani, che comprende e si rende conto di quale impresa ha compiuto. Gli viene spontaneo alzare lo sguardo al cielo, a cercare le nuvole grigie del cielo inglese. Chiude gli occhi, ispira.
Dietro le palpebre brucia l’impronta del ricordo di un viso che ormai è solo fumo, cenere dispersa nel vento che gli gonfia i polmoni e gli annoda lo stomaco.
Se potessi vedermi ora...
Quando li riapre, gli viene quasi spontaneo lasciarli correre sulle tribune, illudendosi così stupidamente di poter trovare ciò che cerca; ma al posto degli occhi viola che nella sua mente gli sorridevano beffardi ci sono quelli castani che gli si fanno incontro, solerti, per un abbraccio rigido, ma sentito.
 
-...e Renji concorda che una settimana di pausa ti farebbe bene, dopotutto negli ultimi mesi ti abbiamo spremuto come un limone e continuare con questo ritmo è controproducente, non vorrei rischiare una lesione muscolare che...-
Akaya smette di ascoltare, le dita che tamburellano sul tessuto del sedile e lo sguardo che si perde nelle luci e nelle strade di Londra. Per qualche istante la sua mente indugia sui ricordi del pomeriggio appena vissuto –l’abbraccio travolgente di sua madre e quello altrettanto soffocante di Marui-senpai, la mano di Niou-senpai nei suoi capelli, la risata cristallina e commossa di Jackal-senpai. La nostalgia per giorni colorati di giallo e nero, senza preoccupazioni, senza rimpianti...- ma poi inizia a divergere e a vagare irrequieta, prima che la voce di Sanada si imponga su tutto il resto.
-Akaya, mi stai ascoltando?- tuona, severo, il suo allenatore. Sterza, cambia corsia, ma i suoi occhi non lasciano un secondo il suo viso, due vortici color noce che lo squadrano dallo specchietto retrovisore. Akaya scrolla le spalle. È stanco, e sono passati molti anni da quando la mera minaccia di uno schiaffone lo riportava all’ordine. Ora Sanada non può permettersi di alzare le mani sul gioiello che sta così minuziosamente levigando, e deve ricorrere a mezzi più fantasiosi per ottenere la sua totale collaborazione.
Qualcosa nello sguardo dell’uomo pare comprendere il suo stato d’animo, perché distoglie lo sguardo e lo riporta sull’arteria stradale.
-Se non vuoi tornare in albergo...-
-Sanada-senpai – lo interrompe, gli occhi bassi a fissarsi le dita coperte di calli e ancora un poco arrossate dal sudore. Se Sanada sobbalza, non lo può sapere –Credi che sarebbe stato... fiero di me?-
Silenzio. Per un istante Akaya si maledice per aver voluto chiedere. Nessuno meglio di lui dovrebbe sapere quanto fosse ben più profondo il rapporto tra il suo coach e la persona che infesta i loro ricordi, eppure non riesce a trattenersi.
Perché Yukimura Seiichi è stato una pietra così importante, nel definire chi dovesse essere, chi dovesse diventare, che Akaya sente il dolore bruciargli l’anima come se quel titolo non l’avesse mai vinto, non quando non sono stati quegli occhi a vederlo trionfare.
Poi, quando pare essere passata un’eternità, Sanada risponde, la voce così bassa e... morbida, da essere quasi irriconoscibile.
-Sarebbe stato molto fiero- mormora, e Akaya sente le lacrime pungergli gli occhi –Terribilmente fiero. Ha sempre tenuto molto alla tua crescita, e niente l’avrebbe reso più orgoglioso di vederti con quella coppa in mano. Ma...- e Kirihara impiega qualche secondo ad accorgersi che il suono che segue la pausa è il tuonare cupo di una risata, per quanto amara –Se fosse stato qui, sarebbe stato lui a vincere-
Per un secondo Akaya non reagisce, attonito. Poi, non riesce a trattenere il riso quasi isterico che gli scuote il petto.
-Hai ragione, fukubuchou- rantola, tamponandosi gli angoli degli occhi e ignorando come meglio gli riesce quel vuoto, quel senso di inadeguatezza che niente riesce più a colmare, nemmeno dalla cima del mondo che ha sempre sognato di conquistare –Hai ragione...-
 



I'm trying to make you proud
Do everything you did
I hope you're up there with God saying "That's my kid!


If you could see me now would you recognize me?
Would you pat me on the back or would you criticize me?
Would you follow every line on my tear stained face
Put your hand on a heart that was cold
As the day you were taken away?

                                                                                                                                                  [If you could see me now – The Script]


 
   
 
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