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Autore: TsubamePhoenix    13/07/2015    1 recensioni
Dal testo :
Sollevai leggermente la canotta per far vedere la scritta Laugh as much as you breathe, Love as long as you live, tatuata sul fondo della schiena, subito sopra alle due piccole fossette che avevo sempre adorato.
- Questo è il primo tatuaggio che mi sono fatta, a diciotto anni. Ora non ci credo più.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Marlboro e Lacrime
 
 


Spensi la moto, tolsi il casco. Calde lacrime già mi rigavano il volto. Strinsi gli occhi, non potevo farmi vedere così. Scesi dallamia bellissima Yamaha nera come la notte e sorrisi.
Avevo risparmiato tanto per averla. Appena compiuti diciotto anni, e aver preso la patente, ero andata in concessionaria per scegliere una macchina. Ma le cose non andarono come previsto... non appena vidi quella bellissima e lucidissima moto nera, me ne innamorai. E così uscii dalla concessionaria a mani vuote, aspettai i ventuno e presi la patente per quel tipo di motociclette. Quando tornai nel negozio, impaurita perchè dopo tre anni avrei anche potuto non trovarla più, e la vidi ancora lì... quasi svenni dalla felicità. Diedi fondo ai miei risparmi, ma quella bellezza fu mia.
 
Erano passati solo due mesi  da quel giorno, e ormai io e la mia Yamaha eravamo inseparabili. Ovunque andassi, lei era con me. E pure in quel momento, un momento così doloroso, lei non mi avrebbe abbandonata. La salutai con il pensiero e mi addentrai nel parco, meta del mio peregrinare. Sapevo dove mi stavo dirigendo: c'era una panchina di legno, nascosta da diversi alberi alti e frondosi esattamente nel punto più lontano dall'entrata del parco. Quella era ormai da molti anni la mia panchina e mai l'avevo trovata occupata al mio arrivo. Sperai che anche quel giorno fosse così, avevo davvero bisogno di stare sola. Quello che però non sapevo, era che un ragazzo alto e ben piantato mi stava guardando. Era seduto su una panchina all'ingresso, teneva per mano la sua ragazza, ma i suoi occhi erano piantati su di me. Io non lo vidi mentre quasi correvo verso la mia panchina, incurante di tutto e di tutti mentre lottavo contro me stessa per trattenere quelle lacrime bastarde che minacciavano di uscire di nuovo. Dovevano aspettare... almeno fino a quando non fossi stata al sicuro da sguardi indiscreti.
 
Raggiunsi la mia panchina, mi sedetti malamente sul legno ormai usurato dal tempo e mi presi la testa tra le mani. Trattenni un urlo, lo soffocai, lo stroncai sul nascere. Non potevo mostrarmi così debole. La mia vita era interamente fondata sulla forza e la durezza d'animo. Il dolore e le ferite che il mondo mi aveva inferto fino a quel giorno, per ventuno anni di vita, mi avevano plasmata nella guerriera fredda e glaciale che ero. Ma anche la più potente, la più crudele delle guerriere ogni tanto ha bisogno di crollare. Giusto per ricordare a se stessa di essere ancora umana. Poggiai il casco di fianco a me, sulla panchina. Dolcemente, con rispetto. Non volevo che la vernice nera si graffiasse. Poi presi il mio pacchetto di Marlboro Gold Touch dalla tasca interna della giacca di pelle e mi accesi una sigaretta.
 
Era il mio piccolo segreto: il fumo. Nessuno sapeva di questo mio vizio, che portavo avanti dall'età di quindici anni. Ero sempre riuscita a fumare di nascosto e a non farlo scoprire a nessuno. O così credevo.
 
- E' da quando ti ho vista fumare nascosta dalle ombre di quel vicolo stretto, sei anni fà, che ti voglio parlare.
 
Mi voltai, lui era lì. Il ragazzo che mi aveva vista entrare trafelata e distrutta nel parco mi aveva seguita. Quel ragazzo che conoscevo così bene, e che mi era tanto sconosciuto, ormai. Alto, muscoloso ma non esageratamente, corti capelli castani e due occhi di un nocciola così profondo e sensuale che non c'era da stupirsi  che fosse stato il mio primo amore. E come si dice, il primo amore o te lo sposi o te lo porti dentro per tutta la vita. Io ancora non lo avevo dimenticato.
Soffocai un singhiozzo, mi diedi un contegno e, dopo un altro tiro, riuscii finalmente a guardarlo negli occhi.
 
- E perchè non sei mai venuto a parlarmi ?
 
- Non ne ho mai avuta l'occasione e non avrei saputo cosa dirti... ora invece penso che di cose da dirci ce ne siano, e non poche.
Si sedette di fianco a me, dal lato opposto al casco e senza smettere di guardarmi mi asciugò una lacrima con una carezza lenta e studiata per essere il più sincera possibile. Non ero più abituata a gesti così veri e affettuosi, tanto che una leggera scarica elettrica mi percorse la spina dorsale. Chiusi gli occhi, aspirai di nuovo dal filtro della mia sigaretta ormai fumata per metà assaporando quel gusto di tabacco così famigliare, tanto che era diventato vitale per me, più importante dell'ossigeno stesso.
- I tuoi lo sanno che fumi?
 
- No.
 
- Lo sa qualcun'altro a parte me?
 
- No. Non lo sa nessuno. E non lo dovevi sapere nemmeno tu. Era il mio più grande segreto, una cosa solo ed esclusivamente mia. Ma ora l'unica cosa che posso fare è chiederti di mantenere il segreto. Non posso permettermi di perdere anche questo.
La voce mi si strozzò in gola, e lui se ne accorse. Non parlavamo da sei anni. Eravamo così uniti un tempo. Prima che le amicizie sbagliate di lui ci dividessero, eravamo come fratelli. E ancora prima, ci amavamo così tanto che per tutta la vita mi sarei chiesta cosa mai avesse potuto portarci a rompere quella storia tanto bella, tanto speciale. Ma dopo aver rotto con me, lui era cambiato. Aveva iniziato ad uscire con i delinquenti della nostra città, con le poco di buono. Aveva una ragazza diversa ogni mese, e io questo non potevo tollerarlo. Avevo cercato di fargli aprire gli occhi, di salvarlo dallo schifo in cui si stava cacciando, ma lui ormai aveva deciso. Nulla avrebbe potuto smuoverlo dalle sue convinzioni. E così avevamo iniziato ad uscire insieme sempre meno fino a non uscire più. A sentirci sempre meno, fino a non sentirci più.
 
- Perchè vuoi rovinarti la vita Aurora? Sei migliore di così ...
 
- Dovete smetterla di dirmi tutti cosa sono o cosa non sono!
L'irritazione si sentiva prepotente nella mia voce, mi alzai in piedi e lo guardai dritto negli occhi. - Sono stufa di essere giudicata da chiunque. Tu meno di tutti ne hai il potere e il diritto. Da quanto non ci sentiamo Federico? Da sei anni! Sei anni! Non sono sei settimane o sei mesi... l'ultima volta che abbiamo parlato avevamo quindici io e diciassette anni tu! Eravamo ancora dei ragazzini! Io sono cambiata, i miei principi sono cambiati. Tu non sai nulla di me! Nulla! Io non sono la ragazza che tu credi di conoscere. Io sono diversa!
 
Federico sembrò mortificato, abbassò la testa e chiuse gli occhi. Poi tornò a guardarmi.
- Mi dispiace, hai ragione. Sono stato uno stupido a non cercarti dopo la nostra ultima discussione e sono stato ancora più stupido a non darti ascolto riguardo al mio vecchio stile di vita. Eravamo solo dei ragazzini, hai ragione, ma anche se ho due anni in più di te tu sei sempre stata più matura di qualunque altra ragazza abbia mai incontrato nella mia vita. Ho ventitré anni, e non ho mai più provato nulla di nemmeno lontanamente paragonabile a quello che provavo con te. Sono stato uno stupido a lasciarti andare. Non me lo perdonerò mai, ma ora quello che è fatto e fatto. Ora io sono qui con te, e l'unica cosa che ti chiedo e di aprirti a me, di farti conoscere per l'Aurora che sei ora. Vorrei chiederti di permettermi di consolarti e di ascoltare la storia della tua vita. Perchè tutti abbiamo bisogno di qualcuno su cui contare... e io voglio essere questo per te. Perchè mi manchi. Molto.
 
 Tornai a sedermi di fianco a lui. - Che cosa vuoi sapere ?
 
- Tutto.
 
- Ho iniziato a fumare a quindici anni. Non l'ho fatto per colpa di uno sbagliato gruppo di amici o per  farmi vedere. No... l'unica cattiva amicizia che ho mai avuto è stata quella con me stessa. Ho iniziato perchè ho sempre amato l'odore e il gusto del tabacco, e odiato la mia vita.
 
- Come stanno i tuoi genitori ?
 
- Non lo so. Non li vedo nè li sento da due anni e mezzo. Ma noi non siamo mai stati una famiglia. Verso la metà dell'ultimo anno del liceo ho avuto la brillante idea di uscire, ubriacarmi e tornare a casa, invece che fermarmi a dormire da una mia amica. Il mattino seguente mi hanno sbattuta fuori casa con tutte le mie cose, intimandomi di non tornare mai più e aggredendomi dicendo che ero una poco di buono, che credevano fossi migliore di così... per un po' ho vissuto da mia zia. E nonostante questo ho passato la maturità con il massimo dei voti e sono riuscita ad ottenere una borsa di studio che copre le spese universitarie. Sono riuscita ad entrare a medicina, come ho sempre sognato. Ora sono la prima di ogni corso che seguo, vivo in uno studentato a pochi minuti di moto dall'università e con le ripetizioni riesco a permettermi una camera  singola. I soldi non mi mancano. Sinceramente devo ringraziare quei bastardi dei mie per avermi sbattuto fuori casa, all'epoca. Non ho avuto una vita facile, tutto il dolore e il male che le persone mi hanno continuamente arrecato mi hanno portata ad odiare sempre di più la mia vita, mi hanno plasmata per come sono ora. Ribelle, crudele, fredda.  Ma certe volte mi capita ancora di crollare. Allora parto, torno qui. In questa città, in questo parco, su questa panchina. Arrivo al mattino, come ora, e sto seduta a piangere e fumare fino a quando non viene notte, fino a quando non chiudono i cancelli e io sono costretta ad andarmene. E tu? Cosa hai fatto in tutti questi anni?
 
- Ho cercato di riscattare il mio nome dallo schifo di cui l'ho ricoperto a diciassette anni. Ora sono un idraulico. Ho una ragazza, Margherita si chiama. Stiamo insieme da otto mesi ma... non riesco ad amarla come merita. E allo stesso tempo non riesco a lasciarla. Ho paura di farla soffrire, anche se, sinceramente, la sto già facendo soffrire, illudendola su un futuro per noi due che mai potrà essere. Devo solo trovare il coraggio di dirle tutto questo. Mi dispiace per averti detto quello che ti ho detto, prima. Ora ho capito quanto dura è stata la tua vita. E fumare non è nulla, nulla, in confronto a quello che hai passato. E non puoi essere migliore di così. Sei riuscita a sopravvivere a tutto il male che ti hanno fatto i tuoi genitori, sei riuscita a sopravvivere all'odio che provi verso la tua vita e allo stesso tempo ti impegni e studi per un lavoro che ti permetterà di salvare le vite altrui. Sei una brava ragazza, una stupenda, forte e coraggiosa giovane donna. E sei bellissima.
 
Arrossì, erano anni che nessuno mi diceva che ero bella. Voltai la testa dall'altro lato, in modo che i miei lunghi capelli rossi e ricci creassero una barriera tra i nostri sguardi. Lui allungò una mano e mi spostò i capelli dietro l'orecchio, scoprendo così uno dei tanti tatuaggi che marchiavano la mia pelle sempre un po' abbronzata, una piccola ancora.
-Vedo che la passione per i tatuaggi non l'hai mai persa. Quanti ne hai ?
 
- Quattordici. Vuoi vederli?
 
- Certo! E raccontami anche cosa significano...
 
- Quell'ancora, come sai, indica la salvezza. Mi serve per ricordarmi che posso sopravvivere a tutto, che ho la forza per rialzarmi da ogni caduta, per non lasciarmi calpestare. E allo stesso tempo mi ricorda che io non sarò mai salva dai miei mostri, dal mio dolore.
Abbassai un po' la scollatura della maglia e gli mostrai i due tatuaggi che mi ero fatta, sulle clavicole. Su quella sinistra c'erano due piumate ali d'angelo, con al centro la scritta Hope. - Le ali d'angelo sono le ali che ora ha il mio piccolo Nazo, il mio Akita Inu. E' morto due mesi fa. Lui mi ha salvato la vita. Più volte. E' arrivato l'estate in cui ho tentato il suicidio e da allora è sempre stato la mia ancora di salvezza. Ogni volta che stavo male e volevo farla finita, mi bastava guardarlo negli occhi e capivo che non avrei dovuto, nè potuto, mollare. Che dovevo continuare a lottare, per lui.
Sulla clavicola destra invece c'era uno stormo di rondini che, partendo dalla spalla, volavano verso il collo.
- Queste rondini sai già cosa indicano: la libertà. La libertà che ha caratterizzato la mia vita da quando i miei genitori mi hanno mandata via. La libertà di sbagliare e imparare dai miei sbagli, o non imparare affatto. Come per il fumo.
Sollevai leggermente il bordo sinistro della maglia e scoprii così un tatuaggio sull'anca sinistra. Il simbolo dell'infinito formato quasi interamente da piccole rondini che volavano verso la scritta Hakuna Matata.
- Hakuna matata, vivere senza pensieri, senza rimorsi e rimpianti. Immagino che tu sappia perchè me lo sono fatta marchiare sulla pelle...
Federico annuì convinto, poi mi guardò, spronandomi a continuare.
Portai una mano sulla coscia destra e la sfiorai lentamente - Questo non te lo posso far vedere ora... ma è una piuma d'oca, la cui punta si tramuta poco per volta in rondini che volano via. Il tutto e contornato da rose e fiori di ciliegio. E' tutto in bianco e nero, tranne i fiori di ciliegio, che sono di un rosa pallido. E' la scrittura, il mio passatempo, la mia passione... la scrittura che si tramuta in libertà. Perchè solo in un mondo che realmente non esiste posso immaginare la mia vita come la sogno. Le rose sono lo specchio della mia anima: belle, amabili, profumate, ma piene di spine taglienti. E i fiori di ciliegio simboleggiano la mortalità umana, dato il loro breve ciclo di vita, ma anche la bellezza femminile, l'amore, l'affetto. Tutte cose che vorrei, ma che non posso avere.
 
Mi tolsi la giacca di pelle, la canotta nera che portavo sotto permetteva di vedere l'ampio tatuaggio sulle scapole: uno stormo di rondini che volano dal basso della scapola destra alla spalla sinistra - Hanno lo stesso significato delle rondini sulla clavicola.
Sollevai leggermente la canotta per far vedere la scritta Laugh as much as you breathe, Love as long as you live, tatuata sul fondo della schiena, subito sopra alle due piccole fossette che avevo sempre adorato.
- Questo è il primo tatuaggio che mi sono fatta, a diciotto anni. Ora non ci credo più.
Scossi la testa e abbassai la maglia brutalmente. Sulla spalla destra avevo il simbolo cinese dello Yin e Yang, ma al posto del nero c'erano tante rose nere e grigie - Il simbolo cinese del male e del bene. Sai già cosa significa, e le rose le ho spiegate prima.  
Sollevai nuovamente la canotta, questa volta per mostrare il fianco destro. Un grande tatuaggio occupava tutto il fianco, partendo subito sotto il seno e terminando poco prima dell'anca. - Uno scacciapensieri, è stato il più doloroso tatuaggio che ho fatto... sulle costole fà davvero male, e poi di queste dimensioni...
E' da quando ho quattordici anni che ho degli incubi assurdi ogni singola notte... ho provato in ogni modo, sonniferi, scacciapensieri appesi in ogni angolo della casa, sedute dallo psichiatra... ma nulla. Da quando ho questo tatuaggio però sono diminuiti, non dico che sono terminati... ma almeno non ho incubi ogni notte...
Mi voltai e mostrai l'altro fianco, sulle costole subito sotto il seno c'era una scritta Sometimes you've gotta fall before you fly, scritto in un elegante e sinuoso corsivo. - Sono caduta tante volte, ma sto ancora aspettando di volare... 
 
Voltai il polso sinistro verso l'alto, qui spiccavano due figure stilizzate: il volto di Topolino e quello di Minnie. - E' l'unico ricordo che ho di mio padre... lui amava Topolino. Lo avevo fatto per lui, ma non ho mai avuto l'occasione di farglielo vedere...
Calde lacrime iniziarono a colarmi sulle guance e Federico mi abbracciò di slancio. Mentre mi stringeva riuscii a descrivergli gli ultimi tre tatuaggi - Sul seno,esattamente sopra a dove si trova il cuore, ho una piccola zampina di cane, solo il contorno. All'interno c'è scritto Nazo. E' un altro tributo al mio piccolino. Non lo dimenticherò mai. Sulla caviglia destra ho due piume legate da un filo, un collegamento allo scacciapensieri che ho tatuato sul fianco, mentre all'interno dello stesso piede ho cinque rondini che volano in fila. Richiamano lo stormo della schiena e quello sulla clavicola.
 
- Sono tutti bellissimi. E dato il significato che hanno per te sono felice che te li sia fatti.
 
- Grazie.
 
- Posso chiederti una cosa?
Mi chiese allegro lui, forse per smorzare l'atmosfera pesante che si era creata tra di noi.
- Non ho mai fumato... vorrei provare. Mi insegni?
Io risi e presi un'altra Marlboro dalla tasca della giacca e l'accendino. Appoggiai il filtro tra le labbra e l'accesi. Dopo un paio di tiri la passai a Federico. Gli spiegai come tenerla tra le dita e come far cadere la cenere per terra. - Mi raccomando, il primo tiro non farlo profondo. Tieni il fumo un po' in bocca per raffreddarlo poi inspira con il naso, in modo che il fumo scenda nei polmoni e infine espira dalla bocca. Poi se ti piace puoi anche provare ad espirare dal naso... sono due sensazioni completamente differenti.
Lui annuì concentrato e fece come gli avevo detto. Non tossì molto, io esultai mentalmente: ero una brava insegnante.
- Nha.. non mi piace!
Mi restituì la sigaretta con aria schifata e io scoppiai a ridere. Ridemmo per un po', di cuore, mentre io finivo la sigaretta. Gettai lontano il mozzicone e mi alzai. Mi rimisi la giacca di pelle sulle spalle e lo guardai - Questo è un addio ?
 
- Non voglio che tu sparisca dalla mia vita Aurora... non di nuovo.
Mi rispose lui, si alzò e si avvicino a me. Prese il mio volto tra le sue grandi mani e mi baciò. Teneramente come non mi aveva mai baciata nessuno, dopo di lui. Ricambiai subito, ma poi mi resi conto della pericolosità della situazione e mi staccai da quel bacio. Lo spinsi leggermente lontano da me e con le lacrime agli occhi, per l'ennesima volta durante quella giornata, scossi la testa.
- Non posso...
 
- Non ho mai smesso di amarti Aurora. Lo capisco solo ora. Ma l'importante è che io lo abbia capito... ti prego. Ti prego piccola. Permettimi di amarti. Permettimi di salvarti.
 
- Non posso essere salvata.
 
- Tutti possono essere salvati. Aurora io ti amo.
 
- No! Non puoi amarmi, non devi amarmi! Non lascio avvicinare nessuno a me, e ho un motivo più che valido per questo. Non posso permettere che le persone che amo soffrano per colpa mia. Non lo posso sopportare. Perchè io ti amo Federico, ti amo ancora. Sei stato il mio primo amore, non mi dimenticherò mai di te. Nè mai smetterò di provare quello che provo. Ma non posso permettere a me stessa di amarti e di lasciarmi amare. Ti farei solo del male.
 
- Non puoi farmi del male... come potresti ?!
 
- Ho il cancro.
Federico rimase senza parole, spalancò gli occhi e per la prima volta da quella mattina, amare lacrime cominciarono a sgorgare anche dai suoi occhi nocciola.
- E ho rifiutato la chemio.
Chiusi gli occhi, scrollai le spalle. Il dolore era forte. Stavo lasciando l'unico ragazzo che non avrei mai smesso di amare. Mi voltai e corsi via. 


 


N.d.A. : Questa storia è il sogno, romanzato, che ho fatto questa notte. I nomi sono puramente casuali. 
  
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