Edward Keamy:
< Papà voglio
rimanere con te>
Jacqueline Shephard
Era passata quasi un'ora ormai, da quando mio fratello Jack aveva
deciso di seguire quel gorilla senza cervello di Sawyer nella giungla, nella
speranza di riuscire a trovare Sayid e Desmond.
Il solo immaginare quest'ultimo, tra le mani di quei mercenari
senza scrupoli, bastava a far nascere in me la paura ma...ora come ora, la cosa
davvero importante era ritrovare Jack e costringerlo a seguirmi sul gommone
diretto alla Kahana.
Mi feci largo tra la fitta vegetazione, alle mie orecchie giungono
un gruppetto di voci una delle quali appartiene senza ombra di dubbio al mio
amico Edward.
Giunsi infine in quello che poteva essere definito, senza tanti
problemi il "centro" della giungla...ritrovandomi davanti al mio
amico ed a quattro uomini, armati di tutto punto.
A capo di essi, c'era il padre di Edward: Martin Cristopher Keamy.
Osservo uno dopo l'altro, quelle persone e le armi che
impugnano...soffermandomi alcuni istanti sul padre di Edward. Assomigliava in
molti aspetti a suo figlio, ma nel suo sguardo c'era una sorta di "fredda
crudeltà" che non mi faceva di certo stare tranquilla.
Noto subito l'apparecchio intorno al suo braccio, qualsiasi cosa
fosse non prometteva niente di buono.
·
Prendetela!
Non ebbi il tempo e neppure il modo di reagire, in quanto uno
degli uomini armati arrivò alle mie spalle, afferradomi per i polsi,
bloccandomi. Sentì chiaramente la fredda lama di un coltello sfiorarmi la gola
all'altezza della giugulare; questi soldati facevano sul serio.
·
Lasciami! Ti ho detto di
lasciarmi andare, brutto energumeno senza un briciolo di cervello. Mi ha
sentito?!
Cominciai a dimenarmi nella speranza di riuscire in qualche modo a
liberarmi, ma più mi agitavo più la presa intorno ai miei polsi aumentava
insieme alla punta del coltello che affondava maggiormente nella mia carne.
I miei occhi incontrarono immediatamente quelli di Edward, lui
sembrava tranquillo, perfettamente a suo agio in quella situazione...io invece
ero in pericolo, e avevo paura.
Anche se mai, lo avrei ammesso.
Edward
Keamy:
Vidi uno dei 4 uomini di mio padre afferare Jackie, sospirai e mi
rivolsi all’ uomo < ci vada piano è mia amica > lui mi obbedì (forse solo
perché ero figlio del capo) e infatti rallentò la presa. Allora mi rivolsi a
Jackie < tranquilla non ti faranno niente > le dissi per rassicurarla poi
tornai a guardare mio padre. < Papà te l’ho detto io senza di te non me ne
vado > dissi di nuovo. Papà rimase a
guardarmi con la solita faccia dura e all’improvviso mise fuori la pistola e me
la puntò alla tempia. Feci un leggero tremolio un po’ intimidito lui mi guardo
e disse: < EDWARD TE LO RIPETO PER L’ULTIMA VOLTA VAI E METTITI IN
SALVO!!!>…
Jacqueline Shephard
Gridai.
Non mi riuscii di trattenere un urlo alla vista di quella scena a
dir poco tremenda: un padre, che con una lucidità disarmante estraeva una
pistola e la puntava direttamente alla
tempia del figlio.
Assurdo. Tutto questo non aveva alcun senso.
Mio padre sin dal momento della mia nascita, mi aveva considerato
la sua "piccola principessa", non mi avrebbe mai fatto del male
neanche quando tornava dall'ospedale ubriaco. Ora invece mi ritrovavo davanti
la più atroce delle scene, e la cosa veramente assurda era che Edward non
sembrava spaventato dalla cosa tutt'altro.
Aprì la bocca nella speranza di poter replicare o meglio ancora,
porre fine a quella assurda pazzia ma...l'uomo che mi teneva bloccata, mi
chiuse la bocca con la propria mano.
Tutto avvenne, nel giro di un secondo.
Affondai i denti nella lurida mano di quel gorilla senza
scrupoli, non appena lo sentii gridare
lo allontanai da me pestandogli un piede.
Ero libera.
Affrontai senza alcuna paura ( in verità dentro di me, tremavo
come una foglia) il padre di Edward, fronteggiandolo a viso aperto. Il gorilla
alle mie spalle mugolava per il dolore, con la coda dell'occhio lo vidi alzarsi
ma...un cenno del suo "comandante" lo costrinse a mettere da parte i
suoi propositi di vendicarsi per l'affronto subito.
·
Lei è pazzo! Come può puntare
un'arma alla tempia di suo figlio, per costringerlo a fare ciò che in realtà
non desidera?
·
La questione riguarda
soltanto me e mio figlio ragazzina! Per cui vedi di tacere se non vuoi
ritrovarti una pallottola conficcata nella testa.
·
Jackie stai tranquilla è
tutto apposto e....
·
Ah ma davvero? Bè a me non
sembra, anzi mi domando come tu possa considerare quest'uomo tuo padre visto il
modo in cui...
Non ebbi tempo ne modo di finire la frase, in quanto fui colpita
alla nuca da qualcosa di duro...probabilmente il calcio di una pistola o
fucile. Tutto intorno a me prese a girare in modo vorticoso, la mia testa farsi
pesante e la vista ad annebbiarsi.
Caddi a terra priva di sensi, nella mia mente il buio più totale.
Flashback
Sidney - ore 8.00
In un qualsiasi albergo di Sidney, in una normalissimi stanza,
guardo mio fratello Jack intento a farsi il nodo alla cravatta. Uno dei pochi
uomini al mondo, che riesce in questo intento...lui riesce in qualsiasi cosa, è
il migliore.
Vorrei piangere, ma ormai ho dato fondo a tutte le mie lacrime in
quella fredda e tetra stanza dell'obitorio. Nostro padre è morto, un'attacco di
cuore dovuto all'abuso eccessivo di alcool e farmaci di vario genere.
Io e Jack siamo andati a cercarlo per riportarlo a casa, nostra
madre lo aveva ordinato soltanto a mio fratello ma...io avevo deciso di andare
con lui, nonstante il parere contrario di entrambi. Ancora non riesco a capacitarmi
che Christian Shephard, il più bravo medico e primario di chirurgia sia morto
in un modo così dannatamente assurdo. Mio padre era sempre stato il mio idolo,
un uomo di successo e intelligenza che da piccola avevo sempre sognato di
imitare...purtroppo però l'alcool me lo aveva portato via.
Jack in un certo senso gli
aveva rovinato la vita, lo aveva fatto
radiare dall'albo dei medici in quanto aveva operato una donna incinta
completamente ubriaco; non riuscivo però ad avercela con mio fratello, aveva
fatto semplicemente il suo dovere.
Tra poco avrebbe lasciato l'Australia insieme a Jack per riportare
a casa suo padre, o per meglio dire ciò che ne restava. Quando lo aveva visto
esamine, disteso in quel freddo letto di obitorio, si era aggrappata a suo
fratello con forza e aveva dato sfogo alle sue lacrime...era stato come
impazzire.
Chi l'avrebbe chiamata "principessa" d'ora in avanti?
Perchè lei era sempre stato questo per suo padre Christian, nonostante i suoi
modi a volte facessero intendere il contrario. Insieme a lui aveva imparato ad
andare in bicicletta, era stato lui ad insegnarle come impugnare per bene una
mazza da baseball ed eseguire un fuoricampo...come avrebbe fatto senza suo
padre?
· Jackie, dobbiamo andare l'aereo parte tra un'ora.
La voce dolce e gentile di mio fratello mi riporta bruscamente
alla realtà, lo guardo alcuni istanti negli occhi...così diversi dai miei.
Nonostante facesse il possibile per non darlo a vedere, dentro Jack soffriva
quanto me per la morte di nostro padre...si riteneva colpevole, ma cercava di
essere forte soprattutto per me.
Alla fine tutte le nostre difese crollano, ci stringiamo in un
silenzioso abbraccio pregno di una miriade di sentimenti ed emozioni. Affondo
la testa nel suo petto, incapace di guardarlo negli occhi...con la coda
dell'occhio però intravendo l'orologio che nostro padre, gli aveva regalato
poche ore prima del suo matrimonio con Sarah.
Adesso è mio fratello il capofamiglia, tocca a lui caricarsi di
una responsabilità così gravosa....perchè ci hai lasciato papà? Poco dopo ci
separiamo, io mi sistemo per quanto possibile nell'elegante abito da cerimonia
che indosso; un semplice tailleur gessato nero, con una camicia bianca e delle
scarpe con il tacco.
·
Perchè Jack? Nostro padre era
una persona buona nonostante tutto, perchè è andata in questo modo?
·
Non lo so. Noi abbiamo fatto
tutto il possibile per aiutarlo ricordatelo.
·
Questo non è vero! Se gli
fossimo stati più vicino forse avremmo potuto...
·
Niente di quello che avremmo
potuto fare, sarebbe servito a qualcosa Jacqueline. Nostro padre è morto, devi
fartene una ragione.
·
COME PUOI PARLARE IN QUESTO
MODO JACK?! NOSTRO PADRE ERA MEDICO, UN GRANDE UOMO E...IO NON TI PERMETTO DI
INFANGARE LA SUA MEMORIA COSì.
·
Il taxi è arrivato, ti aspetto
fuori.
Non
mi rimase altro da fare, che guardare mio fratello uscire dalla stanza senza
poter dire o fare niente per fermarlo. Era la rabbia e forse anche la gelosia a
farlo parlare in questo modo, era sempre stato "chiaro" sin dalla mia
nascita...quanto nostro padre stavedesse per me.
A
me di tutto questo non era mai importato nulla, perchè volevo bene a Jack e
sarebbe sempre stato così anche se i nostri genitori avevano le loro
"preferenze". Mi siedo sul letto, e infischiandomene del trucco mi prendo
la testa tra le mani e piango nuovamente...piango per mio padre, che ormai non
c'è più, ma anche per Jack incapace di perdonare o di vedere al di là del suo
orgoglio ferito.
"
Fine flashback"
Edward Keamy:
Vidi
l’uomo che teneva ferma Jackie colpirla con la pistola e farla svenire. <
JACKIE!!> gridai e d’istinto mi chinai verso Jackie. Prima che potessi dire
qualcosa ci pensò mio padre e disse all’uomo
Jacqueline
Shephard
Apro
lentamente gli occhi, mentre un dolore insopportabile all'altezza della nuca
continua a tormentarmi senza un solo attimo di tregua. Ero ancora viva.
I
ricordi tornarono all'istante a farsi largo nella mia mente: la corsa nella
giungla per cercare mio fratello sparito chissà dove. L'incontro con Edward e
suo padre nella giungla e uno dei soldati di quest'ultimo che mi immobilizzava
e successivamente tramortiva con il calcio della pistola o fucile.
Non
riesco a trattenere un gemito di dolore, quando mi accorgo che il mio ventre
poggia contro qualcosa di particolarmente solido ed "osseo": una
spalla.
Sollevo
un poco la testa, mentre i miei occhi grigio metallo incontrano quelli di
Edward, che cammina davanti a me
rivolgendomi un sorriso compassionevole.
Detesto
apparire debole, gli occhi della
gente!
·
Come ti senti?
·
Benissimo! Ancora un pò frastornata, ma
credimi ho visto di peggio nella vita.
·
Ne dubito ragazzina!
Ho
come la terribile sensazione, che il sangue mi si ghiacci nelle vene togliendomi
qualsiasi speranza di sopravvivenza...sbarro gli occhi, osservando Edward in
cerca di una risposta che però non venne. Mi volto per quanto possibile, visto
la posizione in cui mi trovo...trattenendo a stento un urlo, quando riconosco
il profilo del padre di Edward.
Impossibile!
Se
quello che stavo vivendo era un incubo allora, non desideravo altro se non di
svegliarmi il più presto possibile; non solo ero stata fatta prigioniera,
picchiata ed anche umiliata...dovevo anche sopportare l'imbarazzo di essere
portata in spalla dal padre di un mio amico,
come un qualsiasi sacco di patate.
Assurdo!
Inizio
ad urlare, scalciare e prendere a pugni la schiena del padre di Edward,
infischiandomene altamente del dolore fortissimo all'altezza del ventre e alla
nuca. So che il rischio che sto correndo è alto ma...preferisco di gran lunga
morire con una di pallottola in testa, piuttosto che essere trattata in quel
modo così meschino e insulso.
·
MI LASCI ANDARE! MI HA SENTITO?! LE HO
DETTO DI METTERMI SUBITO GIU', LEI NON HA IL DIRITTO DI TRATTARMI IN QUESTO
MODO.
·
Calmati Jackie è tutto sotto controllo,
non hai nulla da temere fidati.
·
Aha aha aha! I tuoi colpi mi fanno
solamente il solletico ragazzina, se fossi in te cercherei di risparmiare le
forze.
·
Per uccidermi?
·
Se facessi una cosa simile, mio figlio
non me lo perdonerebbe mai. Tiene molto a te, più di quanto voglia far credere.
·
Ah, gran bella motivazione!
Con
la coda dell'occhio vedo le labbra del padre del mio amico piegarsi in un sorriso,
o forse in qualcosa molto più simile ad un ghigno. Smetto di agitarmi e tirare
pugni e calci, tanto so fin troppo bene che non sarebbe servito a molto; non mi
rimase altro da fare che starmene buona e tranquilla fino a quando Keamy
Senior, non avesse deciso cosa fare di me.
Edward
camminava dietro di me, guardandosi intorno di tanto in tanto come se temesse
che qualcuno potesse sbucare da un momento all'altro dalla vegetazione
circostante ed attaccarci. Ero felice per lui che finalmente aveva rivisto suo
padre dopo quasi tre mesi passati su questa dannata isola, del resto una
persona splendida come lui meritava tutta la felicità possibile.
Dopo
quasi dieci minuti trascorsi a farsi largo tra la fitta vegetazione, ed evitare
di lasciare tracce...il padre di Edward mi fece scendere dalle sua spalle con
una grazia che oserei definire
"leggiadra". Non appena mi rimisi in piedi, il ventre mi diede una
fitta lancinante ma...avevo ancora un briciolo di orgoglio, che decisi di
utilizzare rimettendomi subito in sesto e sorridendo rassicurante ad Edward che
preoccupato era accorso subito al mio fianco.
·
La ringrazio!
Vidi
il padre di Edward aprire la bocca per replicare al mio ringraziamento, quando
una serie di spari provenienti da chissà dove giunsero alle nostre orecchie. Il
mio primo pensiero andò subito a mio fratello Jack, che gli fosse successo
qualcosa mentre cercava Desmond e Sayid. Che fosse rimasto ferito?!
Mi
strinsi con forza ad Edward, come a voler cercare chissà quale conforto tra le
sue braccia...avevo paura, questa volta non avevo problemi ad ammetterlo. Non
avrei lasciato l'isola senza mio fratello, questo era poco ma sicuro.
·
Dovete raggiungere la Kahana, non c'è un
minuto da perdere! Se proseguite lungo questo sentiero, nel giro di poco tempo
sarete alla spiaggia. Andate.
·
E tu che cosa farai papà?
·
Io devo portare a termine la missione per
cui sono stato ingaggiato Edward. Prendi la tua amica e tornate alla spiaggia è
un'ordine!
·
Non me ne vado senza di te papà!
Un
silenzio pesante e carico di una tristezza infinita calò d'improvviso su di
noi, lentamente allentai la stretta
intorno al braccio di Edward allontanandomi da lui e suo padre. Era arrivato
per entrambi, il momento della verità...o forse più semplicemente di un ultimo
abbraccio tra padre e figlio.
Edward:
Flashforward (tre mesi
dopo):
Ero
seduto sulla scrivania e stavo studiando per un esame molto importante che
avrei tenuto la settimana successiva. Ma mentre ripetevo la lezione ad alta voce
una fitta nel punto dell’appendice mi colse improvvisamente. Prontamente mi
portai una mano verso il punto e iniziai a massaggiarmela, era già due
settimane che avevo queste fitte forse era meglio che andassi a farmi vedere
dal dottore Shephard.
<
Il prossimo! > sospirando mi alzai dalla sedia della sala d’attesa ed entrai dentro allo studio. Appena dentro
trovai Jack che appena mi vide mi sorrise:
Dopo
una settimana:
<
Grazie mille > dissi e uscì dall’aula. Appena fuori mi trovai ad aspettarmi
i miei amici Luke,Nigel,Josh e la mia migliore amica Kimberly appena mi videro
uscire mi vennero subito incontro. < Allora Ed come è andata?> mi chiese
subito Kimberly tutta entusiasta < tutto alla grande> risposi sorridendo
< eh bravo il nostro Ed> disse Luke dandomi una pacca sulla spalla risi
ma l’entusiasmo durò poco penchè all’ improvviso un'altra fitta all’appendicite
mi aflisse ma stavolta era diverso era molto più forte e fastidiosa mi piegai
in due dolorante. < Edward che hai?> chiese subito Kimberly preoccupata
< s-sto bene> dissi ma non feci in tempo a dirlo che un'altra fitta mi
colse facendomi di nuovo piegare in due; i miei amici capirono subito che cosa
mi stava succedendo e quando meno me lo aspettassi Josh mi prese in braccio.
< No ti prego non è il caso> cercai di dire, non era certp il caso che
Josh mi prendesse in braccio in quel modo, era troppo umiliante!. Ma lui non mi
diede ascolto e in meno di mezzora arrivammo all’ospedale e arivammo nello
studio di Jack Shepard. Nigel spiegò che mi era venuto un attacco di appendicite.
Jack disse di mettermi subito nel lettino e andò a chiamare l’anestesista e i
chirurghi. Arrivarono anche Jackie e mia madre. L’ultima cosa che vidi fù l’ago
dell’anestesia. Avevo avuto paura dell’ago fin da piccolo quindi appena me lo
ritrovai a un metro dal mio braccio svenni.
Durante
quel sonno sognai mio padre infatti appena aprì gli occhi la prima cosa che
dissi fù: < papà….?> nessuna risposta ma sentì la voce di Jackie che mi
diceva < tranquillo Ed è andato tutto bene rilassati>.
Fine
flashforward.
Mio
padre restò a guardarmi ancora un minuto e all’ improvviso fece una cosa che mi
sorprese: si avviccinò e mi abbraccio. Certo me li aveva dati tanti di abbracci
ma quello non era il solito abbraccio da uomo a uomo ma era più affettuoso, mi
stringeva forte e mi accarezzava anche i capelli ricambiai l’abbraccio e
rimanemmo per alcuni minuti così. Appena ci staccammo notai mio padre che mi
guardava con una strana tristezza < papà che c’è?> gli chiesi preoccupato
< niente Ed vai con la tua amica ti prometto che non mi succederà niente>
disse lui a quel punto ed io decisi che forse era meglio di sì < ok pà
vado> dissi lui mi sorrise < bravo figliolo> poi si voltò verso Jackie
< sei una ragazza coraggiosa mi ero sbagliato sul tuo conto sono contento di
vederti accanto a mio figlio> le disse accenando un sorriso.
Jacqueline
Shephard
A
quella affermazione da parte di "Keamy Senior", mi ritrovo divisa tra felicità e rabbia. Come
può anche solo lontanamente pensare, che io sia la fidanzata del suo adorato
figliolo?
Edward
era senza dubbio un ragazzo strepitoso, pieno di buone qualità e una bontà
d'animo che prima di lui soltanto in mio fratello Jack e mio padre avevo
riscontrato. Però considerarlo come qualcosa di più che un semplice amico, era
una cosa impossibile nel vero senso della parola!
Così
mi limito a guardare il padre del mio amico, non replicando alla sua ultima
affermazione e limitandomi a sorridergli. L'ultima cosa che voglio, è provocare
un soldato e rischiare di ritrovarmi una pallottola conficcata nel cranio.
I
colpi di pistola e fucile, si fanno sempre più vicino a noi...dobbiamo tornare
nella maniera più assoluta alla spiaggia, salire sul gommone e lasciare questa
dannata isola per sempre.
Mi
avvicino a Edward, quel tanto che basta per prenderlo per mano e tirarlo verso
di me. Vorrebbe rimanere con suo padre,
questo lo so perfettamente ma...non possiamo attardarci oltre, in quella parte
di giungla ormai divenuto un campo di battaglia in piena regola.
·
Edward dobbiamo andare! Non possiamo
rimanere qui, finiremo con l'essere uccisi. Ti prego...
·
Andiamo! Tu però stai dietro di me, non
voglio ti succeda niente. Qualsiasi cosa succeda, tu continua a correre.
Il
solo sentirgli pronunciare quelle parole, mi infonde dentro una sorta di "coraggio
mistico"; istintivamente gli stringo la mano e dopo aver lanciato entrambi
una ultima occhiata a "Keamy Senior" iniziamo a correre per la
giungla.
Un
proiettile mi sfiora una guancia, non riesco a trattenere un grido ma...non mi
fermo, continuando a correre facendomi largo tra la fitta vegetazione insieme
al mio amico.
Alcuni
minuti dopo raggiungiamo la spiaggia, vedo Juliet intenta ad aiutare alcuni del
nostro gruppo a salire sul gommone e lasciare l'isola insieme a Daniel Faraday
una sottospece di scienziato.
Continuo
a tenere la mano di Edward, mentre con la coda dell'occhio vedo Kate lasciare
Aaron tra le braccia di Sun e correre nella giungla...mi guardo attorno
preoccupata, mentre il mio cuore sembra lentamente perdere i suoi battiti
regolari.
Di
colpo lascio la mano del mio amico, e piena di adrenalina come sono in questo
momento mi avvicino a Juliet fronteggiandola con la mia solita determinazione;
lei mi rivolge il suo solito sorriso amichevole. In un'altra occasione forse,
avrei ricambiato ma ora come ora, avevo un grande problema da risolvere.
·
Dove è Jack?