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Autore: Mypipedreams    15/07/2015    2 recensioni
Per questa storia, come per molte altre, non è importante né il dove, né il quando, né il come. Trovate un dove nel vostro cuore, un quando nella vostra testa, un come nella vostra vita, e andrà bene.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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LEZIONI D'AMORE

Per questa storia, come per molte altre, non è importante né il dove, né il quando, né il come. Trovate un dove nel vostro cuore, un quando nella vostra testa, un come nella vostra vita, e andrà bene.

***

"Sapevo che avevi un nome particolare"
"E come, di grazia?"
"Perché le persone particolari devono avere nomi particolari".

***

"Sei bella"
"Non è vero"
"Ti dico di si"
"E io di no, insieme a molte altre persone"
"E quello che dicono gli altri è importante?"
"In certi casi"
"Io dico di no"
"E io ti dico di si"
"Sei bella"
"Non è vero"
"Questo perché sei di una bellezza particolare".

***

Un prato. Due ragazzi.
Lui guardava lei come si guarda qualcosa di bello, ogni tanto la sfiorava come si sfiora qualcosa di delicato, di importante.
"Smettila di fare così"
"Così come?"
"Di toccarmi, di guardarmi in quel modo"
"Non capisco cosa intendi"
"Lo capisci benissimo invece, è il modo con qui non ho via di scampo"
"Via di scampo per cosa?"
"Capisci anche questo"
"Se è quello che penso, sono io a non aver via di scampo"
"Non è vero, promettilo, promettimi che troverai un modo"
"Solo se mi dici per cosa"
"Promettimi che non ti innamorerai di me"
Un sorriso, un bacio sul naso, pensò che la sua risposta era stata un no.

***

Lui aveva dovuto aspettare tanto per avere una spiegazione. Più le chiedeva il perché di quella promessa mal riuscita, più lei lo ignorava. Un giorno l'aveva presa per i fianchi, se l'era messa in grembo, l'aveva stretta a sè e le aveva promesso (e questa promessa sarebbe stata mantenuta), che non l'avrebbe lasciata andare finché non gli avesse dato una risposta.
"Non te lo voglio dire"
"Allora rimani qua"
Minuti che passano, sbuffi più frequenti, e poi di nuovo a parlare:
"Fa male"
"Cosa?"
"L'amore"
"E chi lo dice questo?"
"Non lo dico, lo so"
"E quando ti ha fatto male?"
"Tante volte"
"Allora raccontamele, così non succederà un'altra volta"
"Alla fine succede sempre"
"Io non lo permetterò"
"Come posso esserne sicura?"
"Perché hai risposto alla mia prima domanda ma non ti ho lasciata andare"
E con quella risposta lei aveva ceduto e gli aveva raccontato alcune cose, non tutto, mai tutto, troppo abituata a tacere, a nascondere, ad ascoltare ma mai a parlare.
Quando aveva finito di raccontargli di quella famiglia che non era riuscita a dimostrare l'amore che provava nel modo corretto, come se ci fosse un modo corretto di amare, del suo sentirsi sempre fuori posto, troppo silenziosa, occupata a osservare, ad analizzare, ciò che la circondava, della morsa che la prendeva allo stomaco quando provava emozioni, dalle più effimere a quelle più profonde, che non riusciva a esprimere. C'era stato un momento, quello durante il quale gli raccontava dei suoi anni più oscuri, di quello che era arrivata a fare, che il dolore di lei era così tangibile che gli si era mozzato il fiato e l'aveva stretta ancora più forte, fino a sentire chiaramente il battito del suo cuore, un cuore a cui era stato impedito di amare e di lasciarsi amare, cosa a cui lui aveva intenzione di rimediare. Quando aveva smesso di parlare il silenzio che si era venuto a creare era così pieno di aspettativa e timore che entrambi si chiesero se il silenzio potesse in qualche modo essere assordante, poi lui le aveva preso il mento tra le dita e le aveva alzato il viso, un viso abbassato dalla vergogna di un passato ancora troppo vicino, e occhi negli occhi, anima nell'anima, le disse quello che lei aspettava di sentirsi dire da sempre:
"Lasciati amare, lasciami amarti, fino a che non imparerai ad amare te stessa".
Quando lei lo aveva abbracciato, e quel groviglio di braccia e gambe intorpidite dalla scomoda posizione era diventato un groviglio anche di labbra e mani fameliche, lui capì che lei gli aveva appena dato l'accesso a quello che comportava avere accanto una persona particolare.

***

Da quel groviglio di braccia, gambe, labbra e mani, dopo che lui l'aveva posata su un letto, che forse era di petali, di erba e gocce di rugiada o di semplice lattice, era nata una lezione di amore. Lui aveva imparato a conoscere, e quindi ad amare, ogni parte di lei, aveva baciato ogni cicatrice, ogni traccia che il dolore aveva lasciato sul quel corpo ancora un po' troppo magro, e quando due corpi erano diventati una cosa sola, lei aveva pensato che lui era un bravo insegnante, e che forse, se avesse continuato a fare l'amore con lei, a insegnarle l'amore, lei avrebbe imparato.

***

C'erano volte in cui lei rimaneva sveglia, fissava il soffitto o la persona che aveva accanto, mentre lui fingeva di dormire sperando che lei si addormentasse, fino a che si accorgeva che lei non si sarebbe addormentata, che le parole che sussurrava come un mantra servivano a scacciare quei demoni che tornavano dal passato per riportarla nell'abisso da cui stava tentando di uscire, allora l'abbracciava e iniziava a darle delicati baci su tutto il viso, fino a che lei tirava fuori quelle due parole che portavano a un discorso sempre pieno di confessioni e timori, a cui seguivano altri baci e rassicurazioni.
"Ho paura"
"Di cosa?"
E le paure erano tante, da quella dell'amore, per cui ormai non c'era più scampo, a quella più infantile del buio, dove vedeva fantasmi che volevano rubarle quella felicità per cui stava lottando. La paura della morte, di non sentire più niente e dell'inevitabile oblio, ma più di tutte la paure della vita, di sentire tutto senza filtri, ridere e amare pensando per una volta a se stessi. Naturalmente alla fine finirono anche le paure, visto che "se hai paura, stringiti a me, la solitudine nutre tutto, l'amore lenisce".

***

C'era stata una notte in cui lei non dormiva, nonostante le paure, almeno quelle che ti tengono sveglia, si fossero esaurite, e lui non riusciva a vedere i fantasmi che la tormentavano, così anche quella volta la strinse a sé sperando in una confessione.
"Ci sono volte, in cui mi sento di vetro. Per un tempo indefinito sono stata di legno, nonostante le crepe interne, indistruttibile fuori, mentre adesso ci sono volte in cui sento che basterebbe un filo di vento per farmi cadere e infrangermi in mille pezzi"
"È l'effetto collaterale di vivere. Puoi essere distrutta da un momento all'altro, come puoi provare anche l'ebbrezza di star per cadere senza che succeda. Non sei di vetro, come non sei di legno. Sei umana, anzi, sei particolare, che è meglio di qualsiasi cosa"

***

"Se dovessi cadere che faresti?"
"Ti raccoglierei"

***

"Non ti danno fastidio le mie cicatrici?"
"No"
"Perché?"
"Perché fanno parte di te"
"Ma sono brutte"
"Solo se le fedi come uno sfregio"
"E come le vedi tu?"
"Come ciò che rimane di quello che ti è successo"
"Ma quello che è successo rimane anche qui", una mano sulla tempia, "e qui", un'altra sul cuore,
"Lo so, ma sul corpo rimane il bruciore della ferita dopo la caduta, ogni cicatrice è una storia, e le tue mi hanno dato la possibilità di conoscere cose che forse non mi avresti mai raccontato."
"Le cicatrici sono la prova tangibile del dolore. Mi solleva guardarle, mi ricordano che quello che è successo è vero, e non un tiro mancino della mia testa. Peccato che sono brutte".
E nonostante lui avesse iniziato a spogliarla, per farle una lezione di amore, per insegnarle ad amare anche quei segni sul suo corpo, lei su quello fu irremovibile.

***

"Tu sogni?"
"Si, quando sono con te"

***

"Non ho mai capito una cosa"
"Io tante..."
"Non ho mai capito a cosa ti riferisci quando usi l'aggettivo particolare"
"Lo uso quando mi riferisco a te"
"Appunto, ma cosa intendi?"
"Ancora non lo hai capito?"
"Anche se fosse, ho bisogno di sentirlo da te"
"Speciale"
E quella parola fu detta con talmente tanta dolcezza, venerazione, amore, con gli occhi negli occhi, anima nell'anima, che quelle due parole che fanno perdere un battito al cuore non furono necessarie, si sentivano nell'aria.

***

Una casa, un letto, due persone dopo una lezione di amore.
"Ti ricordi dove ci siamo conosciuti?"
"Non ha importanza"
"Ti ricordi quando ci siamo conosciuti?"
"Non ha importanza"
"Ti ricordi come ci siamo conosciuti?"
"Non ha importanza"
"Perché per te niente ha importanza?"
"Non è vero, tu sei importante"
"Allora perché non mi rispondi?"
"Perché, secondo me, ci conosciamo da sempre".

***

"Ti amo"
"Lo so"
"Adesso sono io ad aver bisogno di sentirti di quella cosa"
"Ma lo sai"
"Anche tu in fondo sapevi di essere una persona particolare"
"Ti amo".

***


È la mia prima vera storia, e ne sono segretamente soddisfatta. L'ho scritta viaggiando per l'Europa, quando vedere da quante cose sono circondata non ha fatto altro che farmi sentire un pesce fuor d'acqua, e l'ho pubblicata con la speranza di trovare qualche altro pesce. Speriamo bene.


  
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