LEZIONI D'AMORE
Per questa storia, come per molte altre, non è importante né il dove, né il quando, né il come. Trovate un dove nel vostro cuore, un quando nella vostra testa, un come nella vostra vita, e andrà bene.
***
"Sapevo
che avevi un nome particolare"
"E come, di grazia?"
"Perché le persone particolari devono
avere nomi particolari".
***
"Sei
bella"
"Non è vero"
"Ti dico di si"
"E io di no, insieme a molte altre persone"
"E quello che dicono gli altri è importante?"
"In certi casi"
"Io dico di no"
"E io ti dico di si"
"Sei bella"
"Non è vero"
"Questo perché sei di una bellezza particolare".
***
Un
prato. Due ragazzi.
Lui guardava lei come si guarda qualcosa di bello, ogni tanto la sfiorava come si
sfiora qualcosa di delicato, di importante.
"Smettila di fare così"
"Così come?"
"Di toccarmi, di guardarmi in quel
modo"
"Non capisco cosa intendi"
"Lo capisci benissimo invece, è il modo con qui non ho via di scampo"
"Via di scampo per cosa?"
"Capisci anche questo"
"Se è quello che penso, sono io a non aver via di scampo"
"Non è vero, promettilo, promettimi che troverai un modo"
"Solo se mi dici per cosa"
"Promettimi che non ti innamorerai di me"
Un sorriso, un bacio sul naso, pensò che la sua risposta era
stata un no.
***
Lui
aveva dovuto aspettare tanto per avere una spiegazione. Più
le chiedeva il perché di
quella promessa mal riuscita, più lei lo ignorava. Un giorno
l'aveva presa per i fianchi, se l'era messa in grembo, l'aveva stretta
a sè e le aveva promesso (e questa promessa sarebbe stata
mantenuta), che non l'avrebbe lasciata andare finché non gli
avesse dato una risposta.
"Non te lo voglio dire"
"Allora rimani qua"
Minuti che passano, sbuffi più frequenti, e poi di nuovo a
parlare:
"Fa male"
"Cosa?"
"L'amore"
"E chi lo dice questo?"
"Non lo dico, lo so"
"E quando ti ha fatto male?"
"Tante volte"
"Allora raccontamele, così non succederà un'altra
volta"
"Alla fine succede sempre"
"Io non lo permetterò"
"Come posso esserne sicura?"
"Perché hai risposto alla mia prima domanda ma non ti ho lasciata andare"
E con quella risposta lei aveva ceduto e gli aveva raccontato alcune
cose, non tutto, mai tutto, troppo abituata a tacere, a
nascondere, ad ascoltare ma mai a parlare.
Quando aveva finito di raccontargli di quella famiglia che non era
riuscita a dimostrare l'amore che provava nel modo corretto, come se ci
fosse un modo corretto di amare, del suo sentirsi
sempre fuori posto, troppo silenziosa, occupata a osservare, ad analizzare, ciò che la
circondava, della morsa che la prendeva allo stomaco quando provava
emozioni, dalle più effimere a quelle più
profonde, che non riusciva a esprimere. C'era stato un momento, quello
durante il quale gli raccontava dei suoi anni più oscuri, di
quello che era arrivata a fare, che il dolore di lei era
così tangibile che gli si era mozzato il fiato e l'aveva
stretta ancora più forte, fino a sentire chiaramente il
battito del suo cuore, un cuore a cui era stato impedito di amare e di
lasciarsi amare, cosa a cui lui aveva intenzione di
rimediare. Quando aveva smesso di parlare il silenzio che si era venuto
a creare era così pieno di aspettativa e timore che entrambi
si chiesero se il silenzio potesse in qualche modo essere assordante,
poi lui le aveva preso il mento tra le dita e le aveva alzato il viso,
un viso abbassato dalla vergogna di un passato ancora troppo vicino, e occhi negli occhi, anima nell'anima, le
disse quello che lei aspettava di sentirsi dire da sempre:
"Lasciati amare, lasciami amarti, fino a che
non imparerai ad amare te stessa".
Quando lei lo aveva abbracciato, e quel groviglio di braccia e gambe
intorpidite dalla scomoda posizione era diventato un groviglio anche di
labbra e mani fameliche, lui capì che lei gli aveva appena
dato l'accesso a quello che comportava avere accanto una persona particolare.
***
Da quel groviglio di braccia, gambe, labbra e mani, dopo che lui l'aveva posata su un letto, che forse era di petali, di erba e gocce di rugiada o di semplice lattice, era nata una lezione di amore. Lui aveva imparato a conoscere, e quindi ad amare, ogni parte di lei, aveva baciato ogni cicatrice, ogni traccia che il dolore aveva lasciato sul quel corpo ancora un po' troppo magro, e quando due corpi erano diventati una cosa sola, lei aveva pensato che lui era un bravo insegnante, e che forse, se avesse continuato a fare l'amore con lei, a insegnarle l'amore, lei avrebbe imparato.
***
C'erano
volte in cui lei rimaneva sveglia, fissava il soffitto o la persona che
aveva accanto, mentre lui fingeva di dormire sperando che lei si
addormentasse, fino a che si accorgeva che lei non si sarebbe
addormentata, che le parole che sussurrava come un mantra servivano a
scacciare quei demoni che tornavano dal passato per riportarla
nell'abisso da cui stava tentando di uscire, allora l'abbracciava e
iniziava a darle delicati baci su tutto il viso, fino a che lei tirava
fuori quelle due parole che portavano a un discorso sempre pieno di
confessioni e timori, a cui seguivano altri baci e rassicurazioni.
"Ho paura"
"Di cosa?"
E le paure erano tante, da quella dell'amore, per cui ormai non c'era più scampo, a quella
più infantile del buio, dove vedeva fantasmi che volevano
rubarle quella felicità per cui stava lottando. La paura
della morte, di non sentire più niente e dell'inevitabile
oblio, ma più di tutte la paure della vita, di sentire tutto
senza filtri, ridere e amare pensando per una volta a se stessi.
Naturalmente alla fine finirono anche le paure, visto che "se hai
paura, stringiti a me, la solitudine nutre tutto, l'amore lenisce".
***
C'era
stata una notte in cui lei non dormiva, nonostante le paure, almeno
quelle che ti tengono sveglia, si fossero esaurite, e lui non riusciva
a vedere i fantasmi che la tormentavano, così anche quella
volta la strinse a sé sperando in una confessione.
"Ci sono volte, in cui mi sento di vetro. Per un tempo indefinito sono
stata di legno, nonostante le crepe interne,
indistruttibile fuori, mentre adesso ci sono volte in cui sento che
basterebbe un filo di vento per farmi cadere e infrangermi in mille
pezzi"
"È l'effetto collaterale di vivere. Puoi essere distrutta da un
momento all'altro, come puoi provare anche l'ebbrezza di star per
cadere senza che succeda. Non sei di vetro, come non sei di legno. Sei umana, anzi, sei particolare, che è meglio di
qualsiasi cosa"
***
"Se
dovessi cadere che faresti?"
"Ti raccoglierei"
***
"Non
ti danno fastidio le mie cicatrici?"
"No"
"Perché?"
"Perché fanno parte di te"
"Ma sono brutte"
"Solo se le fedi come uno sfregio"
"E come le vedi tu?"
"Come ciò che rimane di quello che ti è successo"
"Ma quello che è successo rimane anche qui", una mano sulla
tempia, "e qui", un'altra sul cuore,
"Lo so, ma sul corpo rimane il bruciore della ferita dopo la caduta,
ogni cicatrice è una storia, e le tue mi hanno dato la
possibilità di conoscere cose che forse non mi avresti mai
raccontato."
"Le cicatrici sono la prova tangibile del dolore. Mi solleva guardarle,
mi ricordano che quello che è successo è vero, e
non un tiro mancino della mia testa. Peccato che sono brutte".
E nonostante lui avesse iniziato a spogliarla, per farle una lezione di amore, per insegnarle ad amare
anche quei segni sul suo corpo, lei su quello fu irremovibile.
***
"Tu
sogni?"
"Si, quando sono con te"
***
"Non
ho mai capito una cosa"
"Io tante..."
"Non ho mai capito a cosa ti riferisci quando usi l'aggettivo particolare"
"Lo uso quando mi riferisco a te"
"Appunto, ma cosa intendi?"
"Ancora non lo hai capito?"
"Anche se fosse, ho bisogno di sentirlo da te"
"Speciale"
E quella parola fu detta con talmente tanta dolcezza, venerazione, amore, con gli occhi negli occhi, anima nell'anima, che
quelle due parole che fanno perdere un battito al cuore non furono
necessarie, si sentivano nell'aria.
***
Una
casa, un letto, due persone dopo una lezione di amore.
"Ti ricordi dove ci
siamo conosciuti?"
"Non ha importanza"
"Ti ricordi quando ci
siamo conosciuti?"
"Non ha importanza"
"Ti ricordi come ci
siamo conosciuti?"
"Non ha importanza"
"Perché per te niente ha importanza?"
"Non è vero, tu sei
importante"
"Allora perché non mi rispondi?"
"Perché, secondo me, ci conosciamo da sempre".
***
"Ti amo"
"Lo so"
"Adesso sono io ad aver bisogno di sentirti di quella cosa"
"Ma lo sai"
"Anche tu in fondo sapevi di essere una persona particolare"
"Ti amo".
È la mia prima vera storia, e ne sono segretamente soddisfatta. L'ho scritta viaggiando per l'Europa, quando vedere da quante cose sono circondata non ha fatto altro che farmi sentire un pesce fuor d'acqua, e l'ho pubblicata con la speranza di trovare qualche altro pesce. Speriamo bene.