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Autore: lawlietismine    15/07/2015    1 recensioni
Sterek - post 4x12 - 2623 parole
Ci sono tre semplici regole scritte e ben impresse nella mente di Stiles per quando fa caldo:
1 – La play e una Coca fresca sono le priorità.
2 – Le discussioni non sono ammesse, aumentano il senso di spossamento.
3 – Spazi, Stiles ha assolutamente bisogno dei suoi spazi.
Bene, molto bene: tre regole semplici e chiare, no?
No, evidentemente no, altrimenti adesso non sarebbe in questa situazione.
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ehilà gente, I'm back. 
, ogni tanto me ne esco dal nulla con delle
Sterek... Sorrynotsorry  
Comunque! Visto il caldo tremendo, ieri sera mi sono messa a scrivere ed è nata questa OS. 
Ora mi dileguo, spero vi strappi un minuscolo sorriso e che vi piaccia
^^ Fatemi sapere cosa ne pensate, se ne avete voglia. 
Alla prossima, 

Lawlietismine 

 

Caldo 




 
 

Ci sono tre semplici regole scritte e ben impresse nella mente di Stiles per quando fa caldo:
1 – La play e una Coca fresca sono le priorità.
2 – Le discussioni non sono ammesse, aumentano il senso di spossamento.
3 – Spazi, Stiles ha assolutamente bisogno dei suoi spazi.

Bene, molto bene: tre regole semplici e chiare, no?
No, evidentemente no, altrimenti adesso non sarebbe in questa situazione.


Trenta minuti prima


Stiles era tornato a casa dopo un'uscita con Scott e si era letteralmente districato da ogni stupido e appiccicoso indumento, boccheggiando per la mancanza d'aria e grondando più sudore del dovuto nel percorso ingresso-bagno: se quegli stupidi giornalisti non avessero detto al telegiornale che quella era l'estate più afosa della storia entro quella sera, allora non avrebbe creduto più a niente nella sua misera vita.

Non si respirava, per la miseria.

Era certo che se fosse uscito in giardino con un bicchiere d'acqua – appena varcata la porta – sarebbe evaporata tutta, e lui pure – e magari si sarebbe squagliato il bicchiere.
Non sapeva davvero come quell'idiota del suo migliore amico lo avesse convinto quella mattina a uscire da quell'unica protezione sicura – no non è vero, neanche lì c'era un minimo di spiffero d'aria, ma sempre meglio che la strada rovente – e ora che era rientrato, l'unica cosa che voleva fare, era immergersi nel getto gelato (ma nemmeno tanto gelato, alla fine, dannata doccia mal funzionante).

Imprecò contro chiunque gli venisse in mente nel risalire le scale il più a quattro zampe in perfetto dog-style, poi quasi sbatté la testa contro la porta del bagno prima di fiondarsi barcollante al suo interno e gettarsi letteralmente sotto l'acqua appena aperta, quasi rischiando di volare a terra molto elegantemente.

Cinque litri di shampoo, giusto dieci di bagnoschiuma e poi poggiò con un bellissimo e dolorosissimo tonfo la fronte sulle mattonelle, per lasciarsi cullare un'altra manciata di minuti solo da quello scroscio continuo sulla pelle.

Forse quella era un premonizione per l'ultimo anno che stava per iniziare: sarebbe stato stancante e maledettamente insopportabile, da suicidio. Mpf.

Confabulò molto convinto su questa sua ultima idea malsana, mentre usciva finalmente dalla doccia e – evitando di rendere casa sua una piscina di un hotel a cinque stelle – si asciugava e metteva i pantaloni della tuta che erano sulla cesta lì, per poi frizionarsi alla meglio i capelli bagnati e incasinati, la tappa seguente fu la camera e pregò chiunque lo stesse ascoltando – sperò anche che nessuno sentisse i pensieri contorti che gli occupavano e bombardavano la testa – che almeno lì la temperatura non superasse gli ottantacinquemila gradi (all'ombra, ovvio).

“Sento che siamo vicini all'apocalisse” bofonchiò, scuotendo la chioma sempre per rimanere nella modalità cane, ma più che cane parve un idiota, perché il colpo che beccò contro lo spigolo dello stipite, tuonò probabilmente per tutta Beacon Hills, seguito subito dal suo grido strozzato e il bel “OH CAZZ– che male porc–” unito a tutte le altre stupende parole in onore di chi poteva avergli mandato un accidenti in quel momento.
Varcò la soglia tenendosi la testa tra le mani, gli occhi lucidi per il bruciore nel punto colpito, e barcollò alla cieca verso il letto: come un vero imbecille, andò a sbattere contro il muro, duro come il marmo.

“Ouch, ma che diamine” piagnucolò, oscillando pericolosamente “giuro che non cambierò più l'ora al telefono di Scott solo per andare via prima, non dirò più bugie e la smetterò di...”

E poi si degnò di guardarsi intorno e no, Santi Dei per la miseria, non era il muro a essere duro come il marmo: quello che sembrava proprio Derek Hale, se ne stava lì immobile di fronte a lui, occupato a fissarlo – fra tutte le altre cose anche un po' alla “vorrei alzare gli occhi al cielo”, probabilmente per il suo monologo che non avrebbe dovuto avere spettatori, da programma almeno – con le braccia lungo i fianchi e un'espressione indecifrabile in volto.

Derek Hale.

Stiles diventò probabilmente più di marmo di lui, si pietrificò con lo sguardo incatenato al suo, mentre un dannato brivido sfuggiva al suo controllo e gli ripercorreva la schiena in una forte scarica, e lui davvero non avrebbe voluto avere quell'accenno di debolezza, con quel suo stupido boccheggiare inerme o il lieve tremore, ma...

Derek Hale.

Era lì, era lui e Stiles avrebbe voluto fare così tante cose: urlargli contro, prima di tutto, lanciargli la bottiglietta di Coca in vetro e vuota che c'era sul comodino dalla sera prima, chiedergli perché fosse sparito nel nulla un tempo incalcolabile prima o perché, già che c'era, fosse lì, perché fosse tornato.

O magari chiedergli se fosse effettivamente tornato.

Magari era un'allucinazione, il caldo giocava stupidissimi scherzi in fondo.

Si dimenticò perfino del colpo alla testa, se ne rimase lì imbambolato a fissarlo senza parole, mentre un filo di fresco entrava lievemente e miracolosamente dalla finestra aperta – perché sì, diamine, quell'idiota non aveva come al solito neanche usato la porta – facendosi strada fino a loro come in punta di piedi, quasi non volesse disturbarli, ma agì come da schiaffo per Stiles, che si riscosse dal suo stato di coma e “Derek?” quasi gli uscì in un bisbiglio roco e strozzato, incerto.

Sussurro che agì sull'altro come il vento accennato aveva agito su di lui e stavolta toccò a Derek riemergere da qualsiasi cosa gli fosse presa nel trovarsi Stiles di fronte, uno Stiles ammaccato e umido di doccia, con dei larghi pantaloni grigi della tuta e una parlantina insensata dedicata solamente alle quattro mura della sua camera.
Ma neanche ci provò lui, a parlare, perché tanto era certo che neanche un flebile mormorio gli sarebbe riuscito, preferì allora rimanere in silenzio, lì, fermo così, senza distogliere lo sguardo da quegli occhi profondamente immersi nella confusione, nella sorpresa, nella rabbia, nel sollievo e chissà che altro, mantenendo la sua compostezza apparente.

La testa di Stiles era un turbinio di pensieri incasinati e – a essere sinceri – quel caldo atroce non lo aiutava affatto a ragionare lucidamente, un po' voleva solo tornare indietro, richiudersi la porta alle spalle e immergersi di nuovo nell'acqua, ignorando il problema finché non fosse svanito da solo.

Che c'era da dire, in fondo, in una situazione del genere?
“Ehi, guarda chi è tornato”
“Chi non muore si rivede!”
“Felice di sapere che sei vivo”
“Dove sei stato?”
“Sì, tranquillo, stiamo tutti bene e grazie per l'interessamento”


Poi il nervosismo lavorò al posto suo.

“Oh fai pure” sbuffò improvvisamente pungente, indicando con un gesto confuso la finestra “la porta d'ingresso l'ha fatta fare mio padre, ma gli avevo detto che non andava più di moda”

Poi, semplicemente, lo ignorò: gli dette le spalle e – pretendendo di non vederlo – sistemò alcune cose a casaccio, accese distrattamente la play e si avviò giù per le scale per andare a prendere in frigo una bottiglietta nuova e fresca di Coca, quando tornò su lo ritrovò con la coda dell'occhio nella stessa posizione e nello stesso punto, ma continuò a prepararsi per la sua regola numero uno contro il caldo e niente altro.
Perché la play e la Coca fresca erano le priorità, e continuò a ripeterselo mentalmente come un mantra fino allo sfinimento.

Si lasciò cadere a terra davanti alla tv e afferrò il joystick pronto a uccidere qualche zombie, tracannando subito un sorso della bibita come se fosse l'unica ancora di salvezza.

Quale era la seconda regola? Ah già, niente discussioni per evitare lo spossamento ulteriore.

Bene, altro motivo per ignorare il problema immobile dietro di lui.

E la terza? Ah, i suoi spazi.

Sì, quello era okay probabilmente.

Aveva già iniziato a giocare, la sua missione era appena iniziata, quando qualcosa alle sue spalle si mosse e lui si irrigidì ancora, bloccando le dita sui tasti e con esse anche il suo personaggio, mentre il suo udito si aggrappava disperatamente a qualsiasi cosa pur di capire cosa stesse facendo Derek: ma non era effettivamente niente che potesse percepire con l'ascolto, l'altro si era solo avvicinato di un passo e lo guardava, solo questo.

Ma Stiles lo percepiva comunque, con gli occhi sgranati e fissi sullo schermo, sentiva lo sguardo di Derek sulla sua schiena, lo percepiva sulla pelle e gli provocava i brividi, forse di rabbia, forse di fastidio, forse di altro.

Ma la sua specialità, , la sua specialità era ignorare il problema e “aspetta, prima o poi se ne va” si diceva ancora mentalmente, non sapendo neanche se sperarlo davvero.

E allora – proprio mentre Derek stava per muoversi impercettibilmente – Stiles balzò in piedi, il joystick cadde rumorosamente a terra, ed era pronto a uscire di lì, sì, magari per tornare giù in cucina o magari da Scott direttamente fino al giorno dopo, perché prima o poi a quell'idiota gli verrà a noia di starsene lì, no?, ma ancora prima che potesse mettere il secondo piede fuori dalla stanza, Derek lo afferrò con presa sicura per la spalla nuda e lo trascinò indietro contro il muro lì di fianco in un misto di delicatezza e indelicatezza confuso.

Un attimo dopo la terza regola era infranta.

Perché il caldo era una cosa, ma il respiro di Derek completamente infranto su di sé era un'altra, con il suo sguardo serio e la posa rigida, e Stiles si ritrovò a deglutire a vuoto, mentre il suo di sguardo continuava a vagare ovunque su quel volto così familiare e per un attimo così sconosciuto: che fosse cambiato qualcosa in quel tempo? Non sembrava, eppure chissà cosa poteva essere successo.

“Mi stai facendo venire il mal di testa” Derek lo sbuffò quasi a fior di labbra, mandando in tilt il ragazzo che teneva irrimediabilmente imprigionato contro di sé, e Stiles – dopo un attimo di intontimento – si bloccò ancora: si riferiva al suo incessante pensare, al caos nella sua testa.

Oh Santi... Che leggesse davvero nel pensiero, ora?

Derek – probabilmente intuendo le sue conclusioni dalla sua espressione stravolta – si ritrovò ad alzare esasperato gli occhi al cielo e “lasciamo perdere” aggiunse subito, stringendo impercettibilmente la presa sulla spalla dell'altro, prima di lasciarla definitivamente, facendo scivolare via la mano.

Stiles ne rimase interdetto, forse per la risposta – le prime parole dopo mesi – o forse per il contatto perso, ma assunse l'espressione più indignata nella storia della sua vita.

“Oh certo, bentornato” bofonchiò in un misto di irritazione e orgoglio ferito “anche a me fa piacere vederti, mi sei mancato anche tu, grazie!” e gli riservò l'occhiata più indispettita che riuscì a trovare nel suo repertorio, cercando di svignarsela agilmente da quella gabbia senza però alcun successo: Derek, quasi a volerglielo impedire – o forse solo per fargli sentire meglio il ringhio basso per quella risposta affatto gentile, si era mosso ancora più vicino, costringendolo letteralmente contro il muro, la testa alta e lo sguardo altrove come se Stiles ora cercasse a ogni modo di evitare il contatto, di qualsiasi tipo esso fosse.

Perché lui si sentiva in diritto di reagire così, Derek glielo doveva.
Perché lui non si era meritato niente di ciò che gli aveva fatto: almeno a Stiles, fra tutti, avrebbe dovuto dire che se ne sarebbe andato e magari anche dove, almeno un messaggio, una chiamata, uno stupido piccione viaggiatore, qualsiasi cosa al posto del niente!
E invece no, era dovuto rimanere impotente di fronte a quella mancanza improvvisa, perché “Derek e Braeden se ne sono andati a cercare la Desert Wolf” come gli aveva detto Scott, ignaro di ciò che quella semplice informazione aveva provocato in lui.

E ora era lì, l'idiota, capace di sentirsi in diritto di reclamare chissà che.

Perché lui alla fine l'aveva lasciata, Malia, ma Derek con Braeden? Stiles non credeva di avere più l'intenzione di mandare avanti quella cosa che c'era stata silenziosamente in quegli anni, quasi implicita tra loro, niente di detto ad alta voce, ma ormai ovvio per entrambi, qualcosa che avevano tentato di nascondere dietro a relazioni insensate.

Perché nonostante lui avesse fatto la stessa cosa con Malia, la sensazione che lo aveva colpito ogni volta che si era ritrovato lui e Braeden davanti, era stata insopportabile.
Non avrebbe saputo dire, poi, per quanto tempo la scena di un Derek morente che gli diceva di andare da Scott, condividendo insieme a lui attraverso un semplice sguardo qualcosa che andava oltre, lo aveva tormentato e ancora lo faceva, cogliendolo impreparato sempre quando meno se lo aspettava, dandogli i brividi.

E lui, il diritto di prenderlo a pugni, ce l'aveva eccome.

Solo che si sarebbe frantumato una mano, per questo e basta non lo faceva.

“Ascolta...” fece per iniziare il più grande, ma come da input, quella semplice parola dette il via a una marea di tante altre da parte di Stiles.

“No, ascolta tu” sbottò tornando a guardarlo, un dito ben piantato al suo petto in segno di accusa “l'ho capito, sai, hai fatto la tua scelta e okay, ma non pensare di portare avanti la farsa in cui fai irruzione dalla mia finestra e fai il cane rabbioso con me tanto per sfogare i tuoi istinti meglio che puoi”

L'odore pungente della rabbia, della delusione, fece storcere il naso al licantropo.

“Sei tornato? Bene, bentornato, Derek” continuò a raffica “ma se non ti dispiace io sono a casa mia, nella mia stanza, e fa caldo e io ho delle regole per la miseria, e se vuoi fare un'entrata in scena epica alla 'io sono l'alfa'* puoi farla da un'altra parte, quando ci saranno gli altri magari, perché non devi impressionare me”

E detto ciò, l'ennesimo ringhio graffiò la gola di Derek, roco e basso, in piena sintonia con l'intensità del suo sguardo.

E niente, anche la seconda regola era infranta.

Stiles si sentiva così spossato che, se avesse avuto dello spazio a disposizione e non fosse stato bloccato fra la parete e Derek, sarebbe probabilmente crollato a terra, esausto.

E beh, per come si stavano guardando fra tutti e due – un misto di furia repressa, adrenalina in circolo alla velocità della luce e completa incoscienza incontrollata – e per come si erano messe le cose in generale, con le cose non dette, quelle dette senza mantenere la calma e quelle implicite, anche la prima regola era sicuramente andata a quel bel paese.

Poi il pugno partì lo stesso – a fanculo la sanità della sua mano – e il primo contatto mano-faccia si riassunse in un forte e inquietante crack – diamine, non era la prima volta, avrebbe dovuto saperlo* – che fece impallidire e imprecare Stiles, un po' sghignazzare celatamente invece Derek e anche grugnire infastidito, a voler essere sinceri, perché ricevere pugni in faccia non era effettivamente il suo hobby preferito: gli riservò una delle sue occhiate, quelle con le sopracciglia che per poco non si fondevano con l'attaccatura dei capelli, e Stiles non poteva crederci.

Dannato Derek Hale.

“Oh-o, non guardarmi così!”
sbottò, tentato dallo spintonarlo via, ma ora come ora aveva una mano inutilizzabile e “ti meriti di peggio!” lo rimproverò, tentando di non farsi abbindolare.

 


Comunque è così che – da mezzora dal suo ritorno a casa, in quella giornata afosa – Stiles Stilinski si ritrova a trasgredire le sue tre regole per colpa di uno stupido e arrogante sourwolf del cavolo, che decide di ripiombare dal nulla nella sua vita e che “no, Stiles, non hai capito nulla” gli ringhia contro – ma come si permette, oh – faccia a faccia, prima di risbatterlo contro la parete e baciarlo.

Fanculo la play e la Coca.

Fanculo l'incazzatura.

Fanculo i suoi spazi
, avere Derek Hale finalmente addosso è molto meglio di una ventata di aria fresca, come rimedio al caldo.

"Bentornato Derek"










*Riferimento alla scena della 2x02 quando Derek, dopo aver salvato la fanciulla in pericolo aka Stiles, se ne esce con un gasatissimo “I'am the Alpha”, tipico atteggiamento da SassyQueen repressa.
Derek pls.

*Riferimento alla scena della 1x04 dove un Derek poco in salute viene risvegliato dal delicato pugno di Rocky Balboa aka Stiles.


 

bonus: 


 

  
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