Fanfic su attori > Tom Hiddleston
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Autore: kikka_67    17/07/2015    0 recensioni
Presumo che anche Amleto rimase “leggermente” stupito, allarmato o forse profondamente scioccato dinanzi al fantasma del padre defunto, ma in qualche modo riuscì a trovare la forza di sostenere quel breve soliloquio senza cadere in terra svenuto. Premetto che io spero che ci sia un luogo tranquillo dove gli animi possano riposarsi dopo aver lasciato il corpo alla fine della vita “terrena”, credo nella fortuna e nel destino, ma non credo alla magia che manipola il destreggiatore davanti al pubblico, così come non credo esistano i fantasmi. Una parte di me è totalmente paralizzata da un sacro santo terrore, mentre l’altra parte è assolutamente scettica. Come è possibile che una donnina così graziosa e delicata “incarnasse” uno spirito da più di centottanta anni!? Ok sto sognando! Eh eh eh eh si è così, sono dentro ad un sogno stranissimo e adesso mi risveglierò con il torcicollo dentro la mia macchina. Molto probabilmente mi sono fermato per riposarmi un po’ e mi sono addormentato. Forte di questa convinzione sorrisi benevolo, se è un sogno posso mostrarmi disponibile e magnanimo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Adam Inward è un mio caro amico,  docente di psicologia ad Oxford pluri premiato per i suoi studi sulle psicosi umane e quando mi  precipitai  nel suo studio  per sincerarmi di non essere del tutto impazzito, mi accolse con un sorriso paziente, mi fece accomodare e dopo avermi osservato un lungo momento, incrociò le dita sulla sua scrivania.


- Al telefono mi hai detto che era urgente,  come posso aiutarti?  –
- Adam, tu mi conosci bene, se ti dicessi che ho delle allucinazioni? – chiesi esitante.
- Interessante, posso chiederti di che genere sono? Attive o passive? Mi spiego,  vedi cose inanimate, sprazzi del tuo passato o sono il prodotto della tua fantasia artistica? Non so un Amleto? Un Otello? Paride?– chiede annotandosi qualche parola su di un foglio.
- Adam, non mi credi? –
- Tom, ciò che credo io non è di nessuna rilevanza. La visione interagisce con te? -
- Interagisce eccome… - replico assolutamente basito.
- Quale forma assume quando  si mostra? E  quando? Intendo di giorno,  di notte? Nei tuoi sogni? –
- Joanne non si allontana mai da me, beh quasi mai e adesso è qui,  seduta sull’altra poltroncina. – borbotto un po’ stordito. Sono quasi sicuro che Adam tra poco mi darà il numero privato di un suo collega che mi farà internare in un ospedale psichiatrico.
- Ah è un’entità femminile. Interessante. Ehm… ti ha raccontato chi è? –
- Sono un po’ frastornato, non mi stai ancora suggerendo di farmi ricoverare, non lo reputo normale! –
- Thomas, non verrei mai a dirti come interpretare un tuo personaggio, quindi  abbi la compiacenza di non interferire nel mio lavoro. Ti ringrazio. – borbotta freddamente.
- Come vuoi, la mia visione impersona la contessa Joanne Kenneth che spirò dando alla luce l’unica figlia femmina nell’anno 1832 se non erro.. – mormoro cercando conferma negli occhi di Joanne che annuì compita.
- Mi aggrada questo messere, Thomas. Anche lui è un menestrello come te? –
- No Joanne, Adam, messere Inward è un…guaritore. – le rispondo osservando Adam scrivere altri appunti.
- Sta parlando con te? Cosa dice? –
- Mi ha chiesto chi sei e se sei un menestrello come me..-
- Che Dio me ne scampi e liberi,  madame! Puoi chiederle se avrebbe  la compiacenza  di mostrare anche a me la sua presenza in qualsiasi maniera, la prego. – mormora  dolcemente sporgendosi verso la poltroncina vicino alla mia.


Qualsiasi cosa Joanne gli abbia mostrato, Adam è rimasto particolarmente colpito, forse non è la parola giusta, sconvolto forse si adatta meglio, alla sua espressione dopo  che si fu ripreso. Quindi io e Adam siamo  concordi nel ritenere  plausibile  che il lungo periodo di super lavoro che ho affrontato  ultimamente mi ha provocato  delle allucinazioni “benevole”, insomma Joanne è il frutto della mia immaginazione! Una specie di alter ego  in versione femminile, badate bene non sono deluso,  ma se avessi potuto scegliere avrei scelto  un Amleto,  un Henry V, un Otello,  ecco.

   

§§

 

                                            -  Joanne, dove sei? Sono tornato! – ecco cosa dico appena entro a casa e immancabilmente lei non mi delude.
                                  -        Buongiorno Thomas, ben tornato. -  

 

Come due coinquilini civili ci siamo accordati su alcune “regole” che ho stabilito per proteggere la mia privacy.  Joanne è  una “persona”  molto discreta ma come una mamma,  ogni tanto,  invade  i miei spazi vitali e questo non lo permetto alla  mia vera  madre e di conseguenza neppure a lei. Mi segue  ovunque, anche sui set.   E’   rimasta assolutamente basita quando ha scoperto che il  discendente di suo marito è    poco più di  un “menestrello”!
Nei ritagli di tempo studiamo l’albero genealogico della famiglia Kenneth,  ma per il momento non abbiamo ancora scoperto nulla di interessante. Nella famiglia di Joanne ci sono stati parecchi matrimoni multipli, un trisavolo si è  sposato tre volte e un’altra coppia ha divorziato e si è  riunita per ben sette volte, che spreco di tempo! Poi i figli illegittimi, a cui erano dedicate delle postille e tra cui trovai il nome del mio quinquisavolo,   erano numerosi quanto quelli legittimi, un bel vespaio insomma!   On line è difficile risalire a dati così antiquati,  per cui  “siamo”  costretti a spulciare enormi e noiosissimi elenchi in registri dalla pagine ingiallite dal tempo.

Una sera,  rientrando da  una massacrante giornata di prove in teatro, Joanne mi ordina  di fermare la macchina  davanti ad una vecchia biblioteca. La Watins Books  nonostante l’ora tarda, stranamente,   è  ancora aperta, Joanne velocemente  sparisce  attraverso  la vetrina. No, non sarei entrato. L’avrei aspettata in macchina. Purtroppo la mia pazienza a quest’ora di notte  è  molto ridotta, sono stanchissimo e sono decisamente tentato di lasciarla lì dentro, ma preso da una strana  ansia decido di raggiungerla.
Il trillo del campanellino appeso alla porta  rimbomba  minaccioso  tra le pareti. L’atmosfera  sinistra che regna sul locale mi mette i brividi. E’ come se l’aria fosse ferma, sospesa, in attesa.   – Ehm… c’è nessuno? Posso entrare?   – mormoro dopo un attimo di esitazione.
Lentamente seguo il percorso chiaramente indicato  da strisce colorate sul pavimento, verde bibliografia,  giallo  narrazioni,  blu modernità e rosso  divinazione. Divinazione? Strano metodo per suddividere le innumerevoli corsie, rifletto perplesso, ad ogni buon conto non mi resta altro che sbirciare dietro ad ogni scaffale per trovare Joanne. Fortunatamente la trovo quasi subito appollaiata sui gradini di una scala a chiocciola dorata intenta a sfogliare un libro dalla copertina alquanto consumata.

- Joanne! Si può sapere che diavolo ti ha preso? Cosa speravi di trovare qui dentro? – borbotto esasperato.
- Scusami Thomas… ma… -
- Joanne,   ho trovato quello cercavi…. – trilla ilare una voce dietro di me.

Oltre al fatto che quella voce mi ha quasi provocato un infarto e forse  poco dignitosamente per un uomo della mia età e della mia corporatura,  invece di  voltarmi ed  accogliere con garbo  la commessa,   con un salto degno di un atleta olimpionico  sono balzato dietro la scala cercando protezione e a stento ho trattenuto un urlo atterrito, lo ammeto.  Dopo un lungo momento riesco a vedere  la  ragazza che ride divertita della mia  “fuga”.  E’  la copia esatta di Joanne, alta,  longilinea, lunghi  capelli neri, solo gli occhi sono diversi, azzurri. Beh,  forse questa ragazza  è la copia moderna tendenzialmente dark. E’ vestita di nero da capo a piedi, ai polsi indossa una miriade di braccialetti scintillanti che producono una  serie di tintinnii  leggermente fastidiosi, ma è  il suo sguardo intenso a spingermi a lasciare il mio nascondiglio.

Anche lei mi studia in silenzio per qualche minuto  meravigliata - Wow… Thomas… Non posso crederci… - mormora sottovoce  avvicinandosi di qualche passo.

Oh no, un altro spirito!! – Ci conosciamo? –  chiedo cauto.  Dimmi di si, dimmi che sei una fan, dimmi che mi hai visto in stazione, al cinema, sul treno, dimmi che sei la mia parrucchiera, qualsiasi cosa! Prego in silenzio.

- No, Thomas. Noi non ci conosciamo.  Joanne stavi cercando lui vero? – esclama felicissima rivolgendosi direttamente  alla contessa di Kenneth.
- Tu  puoi vederla? – sbraito sgomento indicando Joanne che sorride soddisfatta.
- Thomas, lascia  che ti presenti Julienne. Lei è una….. divinatrice. –
- Una divinatrice? –
- Joanne esagera, io studio arte, ma  ogni tanto ho delle piccole  premonizioni, colgo dei …segnali… da entità come la cara Joanne, per esempio. – spiega pacata continuando a sorridere.
- Bene, piacere di conoscerti Julienne… il mio  nome lo sai già. – constato stupidamente tendendole la mano .
- Scusami se non onoro la tua mano,  ma una cosa che ho imparato a mie spese,  è di non toccare mai  la mano di una persona che non ho ancora ritratto. Prendila come la  stranezza di un’artista ti va, mi perdoni? – chiede quasi ansiosa.
- Ma certo, tutti abbiamo delle astrusità che appaiono inconsuete a  chi ci circonda. Io per esempio vedo e parlo con uno spirito, che c’è di strano? – ridacchio falsamente divertito.
- Non ti preoccupare Tom, non sei il solo. – commenta  Julienne divertita.
- Già .. – borbotto incerto.


 Tutto sommato che c’è di bizzarro se io, che fingo quasi ogni giorno di essere una persona diversa da quel che sono,   vedo  e m’intrattengo piacevolmente  con uno spirito di quasi ottocento anni e con un’artista dark che ha delle visioni e che molto probabilmente soffre di afefobia in un’oscura  biblioteca esoterica  alle tre del mattino? Nulla!  

 

§§
 


Quando ero  una bambina, avevo scoperto che disegnando ciò che desideravo, inspiegabilmente riuscivo ad ottenerlo…. Quasi sempre. Durante gli anni avevo  anche imparato  che c’era un “limite” ai miei desideri. Mia sorella, per esempio,  non era mai ritornata dal luogo in cui la sua anima riposa, però mi  sorride  dolcemente nei miei ritratti. Joanne era la mia gemella,  purtroppo  una malattia terribile me l’ha  portata via. Quando sentivo  la sua mancanza, la ritraevo  e lei mi  “raggiungeva”  grazie ad un semplice intreccio  di curve e righe.

Il foglio bianco che fissavo  da parecchio ormai mi  chiedeva di essere colmato da quell’emozione che  vibrava tra le mie  dita. Non mi accorsi di aver già tracciato i contorni  di una figura maschile,  finché  non iniziai  a curarne i dettagli. Capelli ondulati, fronte alta, zigomi pronunciati e naso leggermente aquilino che perfettamente si colloca  tra  due occhi trasparenti, il cui  sguardo  straordinariamente intenso,  cela profondità sorprendenti che custodiscono un’anima oscura, lacunosa,   indifesa e dolente  a volte, ma vera e appassionata. Il mento è  una dolce curva che sottostà  al volere di quelle labbra sottili che hanno  il potere di donare  l’oblio del più dolce tormento e lo strazio del più terribile.   
L’uomo che mi  fissa dal quel foglio,  sorride sereno. E’ un uomo che non si prende troppo sul serio, un uomo che conosce  la sua forza e le sue debolezze, è un uomo che può ferire  in modo terribile ma è anche un uomo che se  s’innamora, ama con tutto sé stesso  nella speranza di essere ricambiato nell’unico modo in cui  anela essere amato. Incondizionatamente. 


- Molto bello… - mormora Joanne vicino al suo orecchio.
- Ti avevo già chiesto di non apparire all’improvviso..- rispondo sovrappensiero.
- Ti ho chiamato, cara, ma eri troppo occupata a guardare Thomas… - risponde dolcemente.
- Thomas? –
- Non l’avevi riconosciuto? –

 

Pensierosa allontano il ritratto e studio il viso di un uomo,  semi nascosto da un cappuccio in pelle, il suo sguardo è fiero, insondabile. No, questo non è Thomas.  Con una mano afferro  un altro foglio immacolato in cui trovo  un altro viso.
Alle prime luci dell’alba sono  una decina i ritratti ben allineati  contro i morbidi cuscini del divano, ma solo uno è ancora al suo posto sul cavalletto. Da lì Thomas, quello vero, ride spensierato, sembra felice e con uno sguardo dolcissimo tende la mano a qualcuno che non è ancora comparso, si perché i miei disegni cambiano a volte e questo,  sono sicura,  non è ancora finito.      
      

 

 

§§

 

 


Désirée Warren è la coprotagonista femminile nel film  che stiamo girando nel Lake  District,  secondo il copione interpreta la mia sorellina psicopatica, mentre nella realtà facciamo coppia fissa da qualche mese. Desy è una donna molto bella, disinibita, sexy  e morbida come una gatta.  Entrambi sappiamo cosa vogliamo  e il nostro rapporto è basato sul reciproco rispetto della libertà altrui, insomma ci divertiamo e nulla di più. Joanne ammira la sua bellezza e la sua bravura ma  non l’ha mai vista lasciarsi andare ad effusioni in pubblico e l’istinto mi suggerisce di non palesarle  il nostro legame. Sono quasi sicuro che non approverebbe la mia scelta, naturalmente sono libero di fare ciò che voglio, ma preferisco evitare di turbare il suo delicato senso del pudore e quindi di affrontare  tediose discussioni con la mia nobile antenata.
Un’altra complicazione per così dire è la presenza di Julienne nella villa dei Kenneth  che dista un centinaio di chilometri dalla location in cui giriamo. Joanne le ha chiesto di raggiungerla,  forse per spiegarle che anche lei è una sua discendente.  Quindi  mi aspetto da un giorno all’altro di vederle sbucare dietro qualche angolo insieme e non so perché il fatto che possa verificarsi una circostanza del genere m’innervosisce parecchio. Premetto che la giovane artista dark mi è quasi simpatica, la trovo curiosamente eccentrica, ma tutti gli artisti lo sono.  In realtà è il suo sguardo a mettermi a disagio,  ho come l’impressione che se volesse, potrebbe  leggermi dentro senza difficoltà  e mostrare la mia anima ad un’estranea non è la mia massima aspirazione, quindi preferirei rimandare l’occasione di approfondire la reciproca conoscenza.  


- Tesoro, ci vediamo questa sera? – chiede Desy sottovoce prendendomi a braccetto.
- Ehm… questa sera no, Desy. Ho un impegno con una lontana parente che non posso rimandare. – le spiego pacato, incontrando ad un tratto  gli occhi chiari di Julienne, che seduta tranquillamente vicino a Joanne mi squadra con un irritante sguardo derisorio. Ha capito tutto, accidenti!

 

L’epoca in cui si svolge la trama del film è molto vicina al tempo in cui  la giovane e innamorata  Lady Joanne Kenneth,  ballava nel salone delle danze con suo marito ed io che recito in costume sono il suo sosia perfetto e  quindi ogni volta che sono  in questa veste le rendo omaggio come avrebbe fatto lui. Forse Julienne non apprezza come m’inchino né come sorrido alla nostra antenata, ma si commuove sentendo il sospiro felice di Joanne.

- Buongiorno mia signora, attendevo con ansia il vostro arrivo, ma vedervi  ha ripagato la lunga attesa. Vi inviterei a danzare ma purtroppo non è questo il luogo più consono. Dovrò avvalermi di un’altra occasione per potervi stringere tra le mie braccia. -  
- Oh Thomas… -   sospira felice scomparendo.
- Dov’è andata? – esclama sorpresa Julienne.
- Non ti preoccupare, fa sempre così quando si emoziona. Tornerà quando  sarà più tranquilla. Ti va di fare un giro per i set? – chiedo ilare.
- Si,  grazie. Mi piacerebbe molto. –

 

 Julienne indossa con disinvoltura una redingote simile alla mia ma nera, con i capelli trattenuti da una bandana scura e con i grandi orecchini a cerchio ad adornarle le orecchie, sembra proprio un’aspirante pirata. Le manca solo una spada sul fianco e poi potrebbe tranquillamente impersonare la versione dark della  figlia di Capitan Uncino. Presumo che anche  il suo abbigliamento sia una chiara  espressione del  suo  animo artistico.
 

- Posso farti una domanda un po’ personale? Se non ti va,  puoi anche  non rispondere naturalmente. –
- Sentiamo, deciderò in seguito se risponderti. –
- Quando recitate  in scene particolarmente  ehm… coinvolgenti, ecco…fate sul serio o vi limitate a sfiorarvi? -  
- Questa non è una domanda personale. Ci sono vari modi di simulare un’emozione e ovviamente in quel tipo di  scene,  l’intesa con la tua partner diviene una  componente molto importante.  Ma perché questa domanda? –
- Cercavo di immaginare, per me sarebbe impossibile sfiorare  un estraneo  e invece tu riesci a farlo davanti ad una trentina di persone che ti osservano, mantenendo  la concentrazione necessaria per pronunciare le battute in modo adeguato. – replica quasi ammirata.
- L’attore deve riuscire a trasmettere le sensazioni del personaggio che interpreta. Ti posso assicurare che non è facile.  Ovviamente il pubblico si aspetta una scena verosimile  ma che  poi non lo sia  in realtà è palese. –
- A me non pare, ho visto  alcuni film  in cui i protagonisti sembravano davvero molto presi l’uno dall’altro, i baci e le scene di sesso erano perfette. –
- Questo dipende molto anche dalla bravura degli attori non credi? –
- Forse hai ragione. Ti è mai capitato di perdere il controllo delle tue azioni durante quelle scene? – chiede curiosa.
- Si, mi è capitato. –
- Oh santo Cielo! E cosa hai fatto? –
- Semplice, sono andato a farmi una doccia fredda! – constato l’ovvio con una smorfia che la diverte parecchio. 


 
Mentre passeggiamo tra i vari set, la mia ospite ascolta interessata ciò che le spiego e sembra davvero entusiasta di poter  assistere a qualche minuto di ripresa. Si dilunga a parlare con Peter che cura le scenografie e  chiunque la incontri scambia volentieri  qualche parola con  lei, tutti tranne Desy che appena la vede vicino a me la squadra con ferocia.

- Dovresti dire alla tua amica di stare tranquilla, non ho mire su di te. – mormora sottovoce.
- Cosa vuoi dire? Desy è solo una collega e… - borbotto nervosamente.
- Sei sicuro? Ho come  la sensazione che la tua collega non la pensi esattamente come te.  In questo momento è  decisamente  gelosa… di me! – mormora  sottovoce scuotendo la testa incredula.
- Tom stai tranquillo non lo dirò a Lady Kenneth, glielo dirai tu quando vorrai. Mi chiedevo solo perché lo fai? Per non ferirla? –
- Non so…a cosa … -
- Ogni volta che incontri una donna  le dai una possibilità. Lei non  sa  cosa stai cercando e tu non glielo dici.  Ma quando  scopri che lei non è   ciò di cui hai bisogno,   diventi inaccessibile, le impedisci di innamorarsi di te,  ignorandola e al contempo difendi  la tua preziosa essenza .   –
- Stai delirando! –

 

 

§§


 

Con grande dispiacere lo vedo irrigidirsi, respingere istintivamente le mie parole, peccato, pensavo fosse  sincero almeno con sé stesso. Poi,  in un attimo, mi sono ricordata di  tutte le maschere che indosso io,  ogni giorno. Di quante ne sfoggiassi di fronte agli estranei per non mostrare la mia debolezza.   Di quanto fossi schiava   della paura di essere  ferita e calpestata. La sua mascella scatta decisa e probabilmente ha intenzione di buttarmi in faccia delle parole  dure,  che merito,  che è costretto a pronunciare per difendersi dalle mie.

 

- Ti chiedo scusa, non volevo  intromettermi nella tua vita. Ciò che fai è solo affar tuo.  Ma se posso darti la mia più che sincera e imparziale opinione, quella donna non fa per te, la sua animosità è deleteria. – constato  cercando il suo sguardo.
- Hai ragione solo su di una cosa,  come conduco la mia vita è solo affar mio.  –

 

 


Odio le donne perspicaci! E ancor di più le  sensitive! Si, sono  furioso,  perché ha dannatamente ragione! L’unica cosa che non ha compreso  è che,  ormai,  dispero  di trovare una compagna. La mia vita  è  all’apparenza privilegiata, entusiasmante,  ma in realtà  sono  costantemente in balia   dell’onda volubile della notorietà, a cui devo la realizzazione delle mie aspirazioni  ma a cui pago un pesante dazio, la solitudine. Ogni giorno, diventa sempre  più difficile ritrovarmi in mezzo al turbinio di  sconosciuti che mi circondano. Sono diventato un impostore perfetto.  Nonostante tutte le promesse infrante e  tutte le aspettative deluse  che ho inflitto agli affetti più cari e a me stesso in questi anni,  ostento delle certezze di cui manco e mi rendo conto  che  l’uomo che credevo di essere  è ancora prigioniero delle ombre di cui sono pregno.    

 
  
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