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Autore: laramao    21/01/2009    2 recensioni
Una nuova alleanza si sta formando all'interno di Alagaësia. Le forze di Galbaorix crescono a dismisura e Eragon e Saphira, insieme ai Varden, dovranno trovarsi di fronte ad un nuovo drago, con o contro di loro. Alagaësia vedrà affrontarsi amori, tradimenti, scelte difficili che non solo il nostro Argetlam dovrà affrontare, ma che ognuno dovrà, nel suo piccolo, prendere. E fra le perdite, la vittoria sarà del più puro dei cuori.
" - E questo è il mio, Eragon - la sua mano si allungò verso il Cavaliere, mentre questo la prendeva delicatamente fra le sue. Piangeva, perchè l'aveva appena ritrovata, per poi perderla nuovamente."
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Eragon, Galbatorix, Murtagh, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Daret.

Elvin aprì lentamente gli occhi. La luce del sole quasi l’accecò, costringendola a chiudere nuovamente gli occhi. Si mise a sedere e si tolse la coperta di dosso: il caldo aumentava ogni minuto di più. Si stropicciò gli occhi per poi guardarsi attorno. Di Murtagh non c’era traccia, solamente Castigo era ancora lì, al suo posto, a dormire. Fece un sospiro di sollievo: quel ragazzo non l’aveva abbandonata. Si permise di ispezionare alcune sacche appese alla sella di Castigo che adesso si trovava appoggiata ad un masso. Era sempre stata curiosa, fin da piccola, e adesso che Murtagh non c’era poteva degnarsi di una piccola occhiatina. Indugiò, dicendosi che non era una cosa giusta da fare. Poi scosse le spalle e ne aprì una. Era marrone ed era chiusa con una cinghia d’oro. La cucitura era esterna e sembrava fatta da un artigiano professionista; probabilmente l’aveva pagata molto. Sciolse il fiocco e aprì la sacca. Dentro vi erano alcune pergamene e qualche pezzo di stoffa. Una camicia pulita nera e un altro paio di pantaloni, anch’essi neri. Prese una delle pergamene, chiuse tutte con un nastro rosso. Non era sicura di poter aprirle. Già guardare dentro le borse di qualcun altro senza il suo permesso la metteva in difficoltà, poi leggere qualcosa che magari doveva restare segreto! Si guardò attorno, per poi volgere lo sguardo verso Castigo: dormiva ancora. Ripose la pergamena dov’era per poi passare ad un’altra sacca. Mentre ne scioglieva il fiocco vide accanto a sé il fodero della spada di Murtagh. Si fermò ad osservarlo. La spada si trovava al suo interno. Era un fodero marrone, con rune elfiche incise sopra. L’impugnatura della spada aveva un cristallo blu, era ad una mano. O prese e se lo rigirò fra le mani. Non pesava affatto, probabilmente era una spada elfica. Il fodero era lisco, di camoscio, lavorato con mani d’angelo. Impugnò la spada e la estrasse con un sibilo. Si voltò di scatto verso Castigo, ma il drago continuava a dormire beato. Si tranquillizzò e guardò la lama davanti a sé. Era rossa come il sangue, e sembrava che fosse priva di ammaccature e graffi. Era perfetta. Elvin ne rimase talmente affascinata che non si accorse del ritorno di Murtagh.

- Di solito si chiede il permesso! –

La ragazza si voltò di scatto, nascondendo la spada dietro la veste: - Di che parli? –

Castigo si alzò sbadigliando, mentre Murtagh si avvicinò a grandi passi vero Elvin. Erano vicinissimi, e la ragazza fu costretta a fare un passo indietro per non trovarsi faccia a faccia col giovane. Murtagh afferrò la spada dalle mani della ragazza: - Guai a te se ci riprovi! – imprecò rinfoderandola.

Elvin abbassò la testa: - Scusami…-

Murtagh si voltò a guardarla, agganciandosi la spada alla cintura. Posò poi il suo sguardo su Castigo, che lo guardava con una certa dubbiosità. Murtagh sospirò: - Avanti mettiamoci in marcia. Da ora in poi dovremmo andare a piedi, dato che qui vicino sorgono troppe città per passare inosservati – chiuse tutte le sacche e legò la sella a Castigo.

Elvin lo guardò mettersi il mantello e poi agganciarsi alcune sacche alla cintura. Dentro si trovavano qualche soldo e dei documenti falsi, se mai li avessero fermati per controlli.

Murtagh le porse un bastone.

- Non ne ho bisogno! – rispose stizzita. Non era così vecchia o debole da aver bisogno di un bastone.

Murtagh ritrasse il braccio ma non disse nulla. Si voltò verso Castigo. Vola in alto. Non voglio che le truppe di Galbatorix capiscano che sono qui. Altrimenti potrebbe mettersi male.

Castigo annuì. Si protese in avanti a con le zampe posteriori si lanciò in aria. Una folata di vento investi i due giovani, facendo cadere a terra Elvin. Tossì e per poco non soffocò.

Murtagh rise: - Tutto ok? – le porse una mano per rialzarsi. La ragazza afferrò il guanto del cavaliere e si rimise in piedi. Quando si rialzò si trovò faccia a faccia, nuovamente, con Murtagh. In quel momento rimase immobile a guardare gli occhi del giovane. Erano così intensi. Dopo qualche minuto fu Murtagh a volta tarsi e a prendere un sentiero vicino a loro. Elvin non poté far altro che seguirlo.

 

Camminarono lungo quel sentiero per circa cinque ore quando Elvin si gettò a terra esausta, le ginocchia poggiate al terreno: - Ti prego! Possiamo fermarci? –

Murtagh si voltò. Quella ragazza non aveva forza nelle gambe: - Ma quanti anni hai? – chiese sbuffando e tirandola su.

Quella si pulì il vestito dalla polvere. Lo guardò un po’ accigliata: - 17 perché? – chiese infine.

Murtagh si mise le mani sui fianchi e scosse la testa: - E a 17 anni sei così debole! Poveri noi! – continuò alzando le braccia al cielo: - Che Dio venga in nostro soccorso! –

Elvin si morse le labbra: - Non sei divertente! – non le piaceva quando la si prendeva in giro. Fin da piccola aveva sempre preso a pugni i bambini che osavano derirla, adesso però era diverso: non poteva certo mettersi a picchiare un ragazzo più alto di lei di almeno 20 centimetri! Scosse la testa: sarebbe tornata volentieri ai bei tempi passati.

La voce di Murtagh la rianimò: - Non volevo esserlo infatti – Murtagh indicò una città in lontananza: - Non possiamo fermarci per strada, desteremo sospetti. Passeremo la città a Daret, sempre che tu cela faccia ad arrivarci – le labbra gli si arricciarono in un sorriso quasi perfido.

Elvin mosse la testa, delusa da quel comportamento: - Mi sottovaluti! – disse. Tirandosi all’indietro i capelli.

Murtagh le si avvicinò e le afferrò il mento con le mani, tirandolo a sé. Portò le sue labbra all’altezza dell’orecchio della ragazza: - Dimostramelo! –

Elvin non fece discorsi, sferrò un calcio nello stomaco del ragazzo, facendolo indietreggiare. Murtagh soffocò un gridolio di dolore. – Accidenti! – tossì – Non intendevo così! – ringhiò.

La ragazza rise, posando le mani sui fianchi: - La prossima volta impari a sottovalutare una donna! – sbuffò lei, soffiando su un ciuffo di capelli che le ricadeva sugli occhi, per mandarlo indietro.

Murtagh rise massaggiandosi lo stomaco: - Potrei sempre abbandonarti qui e lasciarti andare nel Surda da sola. Scommetto che non ne saresti capace. – la schermì.

Un lato della bocca di Elvin si contorse: - Vuoi un altro calcio o preferisci cominciare a camminare verso Daret? –

Murtagh annuì e voltando le spalle alla ragazza si rimise in marcia verso Daret. Era da tanto che non tornava in quella città. E un po’ gli mancava, era lì vicino che aveva conosciuto Eragon. Quando lui e Brom erano stati catturati dai Ra-zac e a lui era toccato salvargli la vita. A quel tempo non pensava che quel giovane ragazzo potesse diventare il suo acerrimo nemico, e nemmeno che potesse essere suo fratello. Ciò lo metteva in crisi. Da una parte avrebbe dovuto ucciderlo, per ordine di Galbatorix, dall’altra avrebbe dovuto proteggergli le spalle, come compito di fratello maggiore. Come anche da un lato lo odiava, siccome Selena aveva scelto di portarsi via Eragon e non lui, dato che lo riteneva un perfetto idiota e gli ricordava troppo Morzan, da un’altra provava un senso di amore nei suoi confronti. Avevano passato del tempo insieme. Si erano salvati la vita a vicenda, si erano presi a cazzotti, ma mai si erano ritrovati a doversi uccidere. Anche se quel senso di amore lo disgustava. Lui, Murtagh, il figlio di Morzan, si ritrovava ad amare una persona. Sapeva che per amore si soffre, anche se ciò è per una persona cara. Si riscosse dai suoi pensieri e continuò ad avanzare a grandi passi verso Daret. Prima sarebbero arrivati nel Surda, prima poteva tornarsene a Urù- baen.

Sentiva i passi della ragazza dietro di sé, leggeri, quasi come il tocco di una farfalla su un fiore. Anche l’attrazione per quella ragazza lo disgustava. L’aveva appena conosciuta dannazione! Non poteva certo mettersi a sognare su qualcosa che sarebbe stata irraggiungibile!

Continuò a camminare finché non raggiunsero le porte della città. Murtagh si celò il cappuccio sul volto, e lo stesso fece Elvin, con il mantello che il moro le aveva dato prima di ripartire. Entrarono indisturbati nella città, anche grazie alla formula magica detta da Murtagh verso le guardie.

La città era completamente distrutta. Le  case erano, spesso, in macerie; solo una decina ne rimaneva in piedi. Le persone vagavano a caso per le strade, facendo leggeri cenni di saluto a chi incontrassero, persone o animali che fossero. I maiali invece erano sparsi ovunque, mangiando il resto del cibo e degli escrementi che si trovavano a terra. Il puzzo era opprimente, e Elvin fu costretta a mettersi una mano davanti alla bocca per non vomitare. I soldati se ne stavano in disparte, o a giocare a carte o seduti ai tavoli a chiacchierare, lo stemma di Galbatorix sul petto. Elvin fece una smorfia: odiava chi si vendeva a Galbatorix per qualche privilegio.

Entrarono in una locanda vicino al secondo cancello della città. Era spoglia e sudicia all’interno, mentre all’esterno era coperta di fuliggine. Dentro si trovava circa una cinquantina di persone, tutte indaffarate a fare qualcosa. In un angolo un gruppetto di soldati parlottava di un cavaliere con un drago azzurro, ma non riuscì a sentire il nome del cavaliere in questione. Al centro un gruppo di bambini giocava con giocattoli di legno. Vi erano tre bambini e due bambine. Una delle quali aveva una benda sull’occhio ed era senza un braccio, segno evidente della guerra che si stava svolgendo in tutta Alagaesia. Rimase ferma alla porta mentre Murtagh andava verso il bancone. Si sentiva a disagio, anche se nessuno, almeno così pensava, la stesse osservano. Continuò a guardarsi intorno mentre voci assurde le rimbombavano in testa. C’era una tale confusione in quella stanza che non ci volle molto per farle venire il mal di testa.

Quando quasi stava per uscire esausta Murtagh la afferrò per un braccio e la portò su per le scale. Una volta salito un po’ la sbatté al muro: - Ma dico sei impazzita? – urlava sottovoce, quasi per non farsi sentire – Se stai lì da sola a guardarti intorno attirerai sicuramente l’attenzione! – continuò a guardarla fissa, aspettando una risposta: che però non arrivò.

Murtagh perse la pazienza e spinse Elvin ancora più forte al muro: - Rispondi! – urlò. Stavolta per davvero. Forte, e a Elvin fecero male le orecchie. Si sentiva una stupida. Come poteva non averci pensato.

- Nessuna mi ha vista – provò a scusarsi, anche se ciò non stava in piedi.

- Nessuna ti ha vista, ma ti rendi conto di ciò che stai dicendo?! –

- Scusa….-

- Non bastano le tue scuse! Potevi farci ammazzare! Lì dentro c’erano i soldati del re! –

- Scusa – ripeté a bassa voce.

Murtagh la lasciò andare, facendo un segno di impazienza. Poi disse: - Avanti, la nostra stanza è al terzo piano – cominciò a salire le scale.

Elvin lo vide scomparire nell’ombra, per poi sentire dei passi sopra la sua testa. Rimase lì, appoggiata al muro, senza sapere cosa fare. Quel ragazzo stava facendo così tanto per lei. Perché doveva sempre essere un peso per tutti?! Per un momento le affiorò l’idea di scappare, non farsi più vedere così permettendo al ragazzo di vivere in pace. Poi ci ripensò e cominciò a salire le scale. Probabilmente se fosse scappata avrebbe fatto preoccupare per nulla Murtagh e magari il giovane si sarebbe incolpato di una colpa che non era sua; ovvero di non essere riuscito a proteggere la ragazza come avrebbe dovuto.

 

La stanza era esagonale, con due letti accostati alle pareti, uno dalla parte opposta della stanza. Le pareti erano di legno intarsiato, mentre una luce fioca proveniva da una lanterna posata su un mobile al lato di ogni letto. Il pavimento era anch’esso di legno, solamente più vecchio e consumato di quello alle pareti. Negli angoli della stanza si trovavano enormi ragnatele, fortunatamente però prive di ragni. In un angolo un vaso da notte.

Murtagh posò le sacche a terra e, togliendosi gli stivali, si gettò sul letto.

Elvin rimase un po’ perplessa da tutto ciò, quindi rimase in piedi dov’era. Poi si decise a posare anche lei lo zaino a terra e a sedersi a gambe incrociate sul letto; lo sguardo fisso su Murtagh.

- Cosa eri prima di diventare cavaliere? – chiese ad un certo punto poggiandosi al muro.

Murtagh alzò la faccia dal cuscino e guardò il muro di fronte a sé. Non rispose. Poi rise: - Cosa ero? Niente –

Elvin continuò a guardarlo, impassibile.

- Vagavo di terra in terra, senza sapere davvero cosa ero, o cosa sarei diventato. Non avevo la minima idea che prima o poi avrei incontrato Castigo. – sorrise e con la sua mente toccò quella del drago, che ricambiò il suo sorriso con un guaito.

Elvin fece un’altra domanda: - Sono i cavalieri che danno il nome ai loro draghi vero? –

Murtagh annuì.

- Allora come mai tu lo hai chiamato Castigo? Insomma, non è un nome proprio normale – continuò la ragazza, guardando il soffitto per poi tornare al moro.

Murtagh non disse nulla, quasi non volesse ricordare ciò che era accaduto a Urù-baen. Poi disse: - Perché è accaduto qualcosa che adesso ho timore a raccontare, e poi non capiresti  -si alzò e si rimise gli stivali – Avanti – aprì la porta – Andiamo a mangiarci qualcosa –

 

Elvin lo seguì fino ad un tavolo vicino alla finestra. Dopo qualche minuto arrivò una cameriera vestita con un abito di pizzo nero: - Posso esservi utile? – chiese, posando lo sguardo prima su Murtagh, che adesso si era tolto il cappuccio, poi su Elvin, squadrandola da capo a piedi.

Murtagh sorrise: - Io prendo un bicchiere di idromele e una fetta di carne -  poi si volse lo sguardo a Elvin, di fronte a sé.

- Anche io – concluse la ragazza.

La cameriera si allontanò, in direzione del bancone.

Murtagh rimise a posto il menù, poggiando la testa sulle mani e guardando Elvin: - Come mai così timida? – chiese

Quella scosse le spalle, arrossendo. Ma non rispose.

Dopo un quarto d’ora arrivò la loro ordinazione, e i due consumarono il pasto in perfetto silenzio.

Una volta finito di mangiare tornarono in camera, per coricarsi.

Elvin non era abituata a condividere la sua stanza con qualcun altro, soprattutto se quel qualcuno era un perfetto sconosciuto. Perfino da piccola aveva sempre temuto di dormire con qualcuno, anche se fosse stato un familiare.

Cercò di inghiottire quel sapore amaro che aveva in bocca e chiuse gli occhi. Doveva dormire, o il giorno dopo non sarebbe riuscita a reggersi in piedi.

Murtagh si addormentò poco dopo, sempre vigile.

 

 

Ecco il secondo capitolo della mia ff su Eragon!!! ^^ spero vi piaccia anche questo!!

Ringraziamenti:

stefy_81: grazie per aver recensito e per aver messo la mia ff tra i preferiti!! ti ringrazio davvero molto e spero che anche questo capitolo sia di tuo gradimento! Ciao bella!

 

 

 

 

    

  
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