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Autore: trenodicarta    19/07/2015    4 recensioni
- Smettila di pensare a cosa accade agli ebrei. Smettila, loro non centrano niente con noi. Qui siamo solo io e te, siamo un uomo e una donna, non importa cosa c’è là fuori, lo vuoi capire? – Sbuffò lasciandola andare.
Elena lo vide slacciarsi gli indumenti e indietreggiò.
- Non esiste più l’uniforme e non esistono più nemmeno questi! –
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Angolo autrice

Ho pensato di farvi un piccolo regalo, dato che tutte sarete curiose di conoscere la fine della storia. Vi ricordo che questo non è l'ultimo capitolo, l'epilogo sarà il prossimo ed ultimo capitolo. Vi giuro, mi sta venendo un po' di malinconia, è da più di un anno che scrivo la storia di Aaron ed Elena e sapere che ormai manca poco alla fine mi fa provare una strana sensazione. Ringrazio chi ha seguito la storia e spero di poter continuare a ricevere il vostro sostegno in altre storie future <3 A prestissimo col nostro ultimo capitolo.
 
Capitolo 12

Ricordare o rinunciare

Elena non ricevette più notizie di Aaron. L’ultimo Carro di ebrei partì e con lui anche il suo amato soldato. Non lo rivide più, non lo sentì più per il mese successivo. Attese con pazienza una sua lettera, un suo messaggio, qualsiasi cosa che la aiutasse a non impazzire, ma ciò non accadde. Anna la rassicurava, dicendole che non era tempo di pensare alle sorti del soldato, ora doveva preoccuparsi di se stessa e della sua gravidanza, ma per Elena non era così semplice. A volte si dimenticava persino di essere incinta, era come se senza di Aaron, non fosse in grado di sentire quel bambino come suo. Si vergognava di quei pensieri, era pur sempre suo figlio, eppure non riusciva a sentirsi sollevata di averlo concepito, alle volte si domandava persino se fosse davvero del suo soldato, vi era una piccola possibilità che quel bambino fosse il frutto delle violenze di Alberto. Elena riprese ad avere incubi, sognava che suo marito fosse ancora vivo, da qualche parte, lo sognava mentre di notte tornava nella loro casa, entrava nella loro camera per strangolarla nel sonno. Alle volte Elena aveva incubi ben peggiori: Alberto tornava e le strappava il bambino dal ventre, tagliandoglielo con un coltello. La ragazza non riusciva più a dormire, sempre più paranoica si guardava intorno mentre passeggiava, sicura che qualcuno la osservasse e seguisse. Aveva paura, viveva del timore e nella rabbia, era in collera con Aaron: l'aveva sedotta e abbandonata, promettendole di tornare per poi farle comprendere che probabilmente mai più si sarebbero rivisti. 

I primi giorni Elena aveva pianto, Anna temeva che la figlia sarebbe impazzita ed era certa che dal dolore avrebbe perso il bambino, il suo nipotino. Dall'altra parte ad Elena non preoccupava un aborto, lei non amava quel bambino, non riusciva nemmeno ad amare se stessa ormai. Una volta osservando il suo stesso ventre sussurrò "vorrei averlo evitato, quel maledetto soldato". Poi, un giorno, qualcosa era cambiato, qualcuno bussò alla porta e sconvolse l'animo di Elena. 
Quando quest'ultima andò ad aprire si ritrovò quasi a piangere nel vedere quella divisa, quello sguardo e quei capelli biondi. Poi si rese conto che quello alla porta, non era il suo tedesco.

- Buongiorno, io…questa è per Elena. Da parte di Aaron. – 

Il ragazzo non parlava molto bene l'italiano, ad ogni modo Elena gli fece segno di entrare, mostrando qualche traccia di emozione nel sentire il nome del suo amato. 
Elena scartò la lettera e lesse veloce, muovendo con scatti frenetici gli occhi da una riga all'altra, nemmeno Anna o il soldato seppero cosa vi fosse scritto, ma di qualsiasi cosa si trattasse, da quel giorno Elena non fu più la stessa. 

- Ci servono dei vestitini per il bambino, voglio i migliori del paese, mio figlio non sarà uno straccione. - Aveva detto una sera a cena e Anna aveva annuito, sorridendo nel vedere sua figlia rendersi finalmente conto di essere incinta. 

Elena aveva smesso di piangere, pur persistendo, i suoi incubi la smisero di condizionarla e ben presto la ragazza comprese che Alberto era probabilmente finito all'inferno, un luogo da cui mai avrebbe potuto raggiungerla. Il bambino era di Aaron, ne era certa, andando avanti, lo seppe con assoluta chiarezza: si affezionò al suo pancione, passava molto tempo chiacchierando con esso, lo accarezzava e sorrideva nel guardarsi allo specchio. Prima ancora che potesse essere del tutto visibile, la ragazza era andata da sua madre dicendole. 

- Dobbiamo partire, oggi. -

E le aveva finalmente mostrato il contenuto della lettera che Aaron le aveva mandato:

Mia piccola Italiana,
non diffidare del soldato che ti ha portato questa lettera, è un amico, puoi fidarti di lui, anche se è un tedesco.

Non ho tempo per dirti tutto ciò che vorrei, tutto quello che provo per te lo conosci bene. Ti amo e ti amerò sempre, è grazie a te che ho finalmente aperto gli occhi. Ho capito ciò che è giusto. Ho capito che il bene è dove vi è amore e non vi è nulla di amorevole in ciò che Hitler ci sta portando a fare. Il Fuher ama il proprio paese è vero, ma non i cittadini che lo abitano: ebrei, tedeschi, italiani, francesi, siamo tutti uomini, tutti cittadini della stessa terra e lui l’ha dimenticato. 
Se stai leggendo questa lettera io sono già lontano, in Polonia e forse sono morto. Ti prego non piangere, era necessario che ciò accadesse. Una volta mi hai accusato di essere un codardo, avevi ragione, sono rimasto a guardare quel bambino morire e come lui ho osservato le morti di molti altri. Non voglio che accada ancora, voglio lottare per liberarli, tutti quanti. Gli ebrei sono stati portati in campi di lavoro, all’interno della busta di questa lettera troverai disegni che rappresentano ciò che accade nei campi, ti prego, non guardarle, sono cose troppo atroci per i tuoi occhi. Diffondi i disegni. Fai in modo che il mondo sappia, fai in modo che tutti conoscano la vera storia. Fai in modo che la gente sappia ricordare, di modo che non possa più accadere. Sono partito con loro perché io, con un gruppo di altri soldati, stiamo progettando una rivolta. Non so come andrà a finire Elena, so solo che tu sei il mio unico pensiero fisso e sarai l’ultima cosa che vedrò prima di morire. Cerca sempre di ricordare, io lo farò, ricorderò per sempre il tuo sorriso e i tuoi occhi. Ti prego non odiarmi, sei stata tu ad insegnarmi che non bisogna rimanere a guardare, io seguirò i tuoi insegnamenti e combatterò per un mondo migliore, in cui tu e nostro figlio possiate vivere. Quando mi hai detto di aspettare il mio bambino mi sono sentito morire dentro, è stata la notizia più bella della mia vita, è come se mi avessero annunciato la fine della guerra, ma allo stesso tempo è stato un dolore atroce: non vedrò mai gli occhi del mio bambino, non potrò aiutarvi quando ne avrete bisogno. Ti prego non mi aspettare, vivi la tua vita, non morire lentamente pensando a me. Non rinunciare all’idea di un mondo migliore, io non lo farò, lotterò per questo a costo di fallire. 
Nella busta sono presenti due passaporti per l’America, ti prego vattene dall’Italia appena possibile. Appena scopriranno che hai ucciso un soldato ti cattureranno, è solo questione di tempo. Ti prego, scappa insieme ad Anna. Josef, il ragazzo che ti ha consegnato la lettera ti darà ogni istruzione e recapito per le tue dimore in America.
Ricomincerai una vita nuova e se io riuscirò a sopravvivere a ciò che mi aspetta, ti raggiungerò. 

Ti amo. 

PS sii forte, posso immaginare lo sconforto in cui sarai caduta dopo la mia partenza, ti sarai sentita abbandonata, probabilmente sarai amareggiata e forse hai ragione, non avrei dovuto lasciarti, non ora, ma dovevo. Tu sei la donna più forte che conosca, che il mondo intero conosca, non lasciare che questo ti distrugga, hai lottato per te stessa, se non trovi più le forze per andare avanti, cercale nella vita che è dentro di te. Lì c'è una parte di me. Ti prego, ricorda una cosa, una cosa che mi hai insegnato proprio tu: non provare a rinunciare, mai, nemmeno quando le cose si fanno più ardue, insegna al nostro bambino che gettare la spugna non serve a nulla. Ricordami Elena e ti prego, non rinunciare mai, non rinunciare alla vita, all'amore, alla lotta per ciò che è giusto. Ricorda, non rinunciare.

Il tuo tedesco.



   
 
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