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Autore: Sarabi_ingonyama    19/07/2015    2 recensioni
Sarabi è una leonessa coraggiosa e tenace, piena di orgoglio e forza di volontà. La Regina delle Terre del Branco, però, com'è arrivata fin qui? Forse il suo passato può darci delle risposte...
(primissima fanfiction, abbiate pietà di me e soprattutto...recensite!^^)
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mufasa, Nuovo personaggio, Sarabi, Scar
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ahahaha I'm still alive! Purtroppo vari impegni e roba varia mi hanno tenuto lontana dal pc per un po', ma ho comunque portato a termine un altro capitolo (e con che fatica!)
So...enjoy it ;)

Nelle Terre dell'Ovest...
Regnava il buio nella grotta: l'alba sarebbe arrivata a momenti, ma l'anfratto roccioso sarebbe rimasto inequivocabilmente scuro. Il fetore di carne marcia trasudava dalle carcasse abbandonate sparse per la caverna. Al centro del riparo, disteso sopra una roccia aguzza, un grosso maschio scrutava l'ingresso della sua tana in, attesa.
Finalmente, una delle leonesse giunse da lui con le informazioni che sperava.
-Mio Signore, degli estranei chiedono di essere ricevuti.- le parole uscivano vuote e deboli, ostacolate dalla posizione china di sottomissione.
-Falli entrare.-
Le fronde che coprivano l'entrata del giaciglio si mossero e nell'oscurità si udirono entrare una mezza dozzina di leoni. Il buio celava il loro aspetto, ma doveva trattarsi sicuramente di maschi forti e selvaggi, a giudicare dagli odori che emanavano: acqua, erba fresca, sabbia...tutte tracce di un mondo così lontano eppure così vicino a loro.
-Ben arrivati, miei cari ospiti!- esclamò il capobranco uscendo dalle profondità della grotta per venire incontro ai nuovi arrivati -Spero che le vostre visite portino buone notizie per il mio popolo...-
Un mormorio d'assenso si diffuse fra gli stranieri e il Re delle Terre dell'Ovest Si unì a loro annuendo nell'oscurità. Arrivato a pochi centimetri dal muso di uno di quelli e avanzò loro la proposta finale:
-Quindi...abbiamo un accordo?-
-Sì, Hasidi.- rispose una voce profonda e grottesca davanti a lui -Ma un patto è un patto, ricorda: soddisferemo le tue richieste solo in cambio del mantenimento delle promesse fatte.-
-Oh oh oh...cominciamo già a dubitare? Non vanno a finire bene le amicizie in cui la fiducia non è solida..-
-Noi non siamo tuoi amici, Hasidi. E non rispondiamo neanche ai tuoi ordini. Facciamo solo quello che più ci conviene.-
-Va bene, quanta siete irascibili voi raminghi...in ogni caso, se vi fa piacere, là fuori c'è un branco di femmine che aspetta solo voi. Dopotutto, se lo meritano un po' di svago...-
Il gruppo proruppe in ruggiti e ringhi assordanti, lasciando intendere che la proposta del Re fosse stata ben accetta.
-Habari!- chiamò il sovrano sovrasando i canti di gloria dei selvaggi -Organizza una pattuglia e porta ai nostri ospiti qualcosa di decente da mettere sotto i denti.-
La leonessa, rimasta immobile a osservare in un angolo la scena fino a quel momento, uscì velocemente dalla grotta congedandosi con un -Sì, mio Signore.-
In verità, la scelta delle compagne ricadde sulle leonesse che più rischiavano di poter essere maltrattate da quegli inetti, le sue compagne più fidate.
Scelti i membri della pattuglia, il gruppo si lanciò il più velocemente possibile lontano da quell'inferno, mentre dietro di loro, il sole nasceva infuocando il paesaggio attorno a loro.

...A qualche miglio da confine Nord delle Terre del branco...

Il cielo si schiarì con le prime luci dell'alba e anche se il sole non era ancora sorto, l'aria era già pesante e secca. Sarabi si alzò mugolando al pensiero della lunga, calda giornata di viaggio che la stava aspettando. La leonessa si alzò stiracchiandosi e scosse le sue ossa stanche dal torpore mattutino, concludendo il rituale giornaliero con un sonoro sbadiglio.
La notte era stata gelida e la leonessa aveva dovuto cacciare ben lontano dal loro accampamento per riuscire e trovare qualcosa di decente per riempire le loro pance affamate. Nonostante la dura battuta, però, la sua pancia brontolava in richiesta di altro cibo. L'unico risultato della nottata era un lungo taglio che le percorreva lo stinco, procuratoselo mentre tendeva un agguato a un'esile gazzella sfortunata: senza accorgersene Sarabi aveva urtato con la zampa una roccia tagliente che le lambiva il polpaccio sinistro.
Tama e Chumvi dormivano ancora, accoccolati uno sull'altro per difendersi dal freddo pungente della sera africana.
-Forza, palle di pelo, il sole sta sorgendo!- li intimò la leonessa, scuotendoli gentilmente con la zampa buona.
-Mmh...dai mamma, lasciaci dormire ancora un po'...-mugolò Chumvi aggrappandosi ancor di più alla sorellina.
-Ma che mamma e mamma!? Alzatevi, prima si parte e prima sarete a casa.-
“E prima io mi libero di voi.”
I due si alzarono stiracchiandosi e sbadigliando, con gli occhi ancora pesanti per il sonno.
-Ehi, guarda Tama!- strillò il maschietto -Il sole! Anche lui si sta svegliando!-
L'enorme disco infuocato stava lentamente affiorando dal terreno, baciando coi suoi raggi ogni ramo, foglia e stelo d'erba, facendolo risplendere di una dolce luce rosata.
-Ma...è-è bellissimo!- gli occhi castani della leoncina erano spalancati dallo stupore e brillavano di meraviglia davanti a quello spettacolo mozzafiato. Le espressioni gioiose dei due cuccioli fecero gonfiare di tenerezza il cuore di Sarabi.
-Ora forza, in marcia- sentenziò la leonessa -saremo alla Rupe dei Re entro sera, se manterremo un buon passo.-
Chumvi e Tama abbassarono la testa delusi e cominciarono a camminare affiancando la loro guida, sotto lo sguardo attento del sole nascente.

Il piano di Sarabi era semplice: attraversare il confine più vicino, a Nord delle Terre del Branco, per poi lasciare gli scomodi fagotti nel primo posto sicuro appena passato il limite del regno.
Secondo i suoi calcoli, sarebbe tornata alla sua vita da solitaria entro sera, ma la zampa ferita e i cuccioli avrebbero potuto rallentare il suo agoniato ritorno in libertà.
Non che non gradisse la compagnia di quei simpatici cosetti pelosi, ma l'idea di entrare nelle Terre del Branco l'angosciava, la teneva sveglia la notte: e se l'avessero riconosciuta? Cosa avrebbe potuto fare? O ancora peggio, che sarebbe successo se, una volta giunta alla Rupe, si fosse imbattuta in Mufasa?
Non poteva rivederlo, soprattutto dopo quell'addio così brusco e scortese da parte sua...per mesi si era tenuta il rimorso di ciò che aveva fatto, ma nonostante tutto pensava ancora che fosse la cosa giusta da fare. O forse, l'unica possibile.
-Siamo arrivati?- la vocetta acuta di Tama attraversò Sarabi come un lampo, facendola tornare al presente.
-No, Tama...te l'ho già detto, arriveremo alla Rupe quando il sole sarà tramontato!- rispose scocciata alzando gli occhi al cielo.
-Eee...quanto manca?-
Sarabi fece appello a tutta la pazienza che le rimaneva, cercando di mantenere un tono di voce tranquillo, ma nonostante tutti i suoi sforzi la sua voce usciva fuori rauca e con un sentore aggressivo:-è a metà del suo percorso!-
Ci fu mezzo minuto di pace e la leonessa si illuse per un momento che il suo interrogatorio infernale fosse terminato, ma poi Chumvi ruppe nuovamente il silenzio.
-Kigeniiii...io ho fame!-
-Avete appena mangiato!- esclamò incredula -Ho inseguito quell'antilope per più di un'ora!-
-Ma noi abbiamo il pancino che brontola!-
“Non...ci..posso...CREDERE!”
Respirò profondamente e poi ribattè: -Ci fermeremo di nuovo per mangiare solo quando avremo passato i confini delle Terre del Branco.-
Il suo tono non ammetteva repliche e difatti non ve ne furono. Per cinque minuti.
-Ehi, guarda Chumvi! Quella nuvola assomiglia a una zebra!- la cucciola mirò a una dei rari ciuffi bianchi che screziavano il turchese del cielo africano.
-A me sembra più un' antilope...-
-Zebra!-
-Antilope!-
-Zebra!!!-
-LA VOLETE PIANTARE?! NON POSSO AVERE UN PO' DI PACE UN QUESTA RADURA!!-
L'eco del ruggito rabbioso della leonessa si sparse per la distesa erbosa, serpeggiando fra le spighe e spaventando molti stormi di volatili che sonnecchiavano nei dintorni.
Tama e Chumvi la fissarono ammutoliti, le bocche si serrarono istantaneamente e i due si acquattarono fra la paglia come prede di fronte al cacciatore.
-Per l'ultima volta...in marcia!-
Non appena si girò, le parve di sentire dietro di lei una risatina leggera, quasi soffocata; si girò di scatto per mettere a tacere i cuccoli, ma li trovò con le mascelle contratte come li aveva lasciati. Continuò a camminare, ma a qualche secondo di distanza udì nuovamente quella risatina snervante. Questa volta si girò scocciata, sfoderando uno dei suoi migliori sguardi intimorenti, ma Tama e Chumvi se ne stavano sempre in piedi dietro di loro, con i loro musini impietriti e lo sguardo sbarrato.
Per la terza volta Sarabi passò oltre e riprese a muoversi, ma i suoi occhi e le sue orecchie erano attenti ad ogni eventuale cenno di risata.
Infatti, non molto tempo dopo la leonessa captò nuovamente il fastidioso rumore: si voltò di scatto con un'occhiata truce e il muso contratto in un ringhio, passando il suo sguardo indagatore da un leoncino all'altro.
-La volete piantare?!-
I due si guardarono perplessi, cercando di capire cosa la loro guida volesse intendere.
-Di fare cosa, scusa?- la loro voce pareva colma di vera innocenza.
-Di ridermi alle spalle!- sbottò la leonessa, ormai al culmine dell'esasperazione -Sarò anche più vecchia di voi, ma non sono mica sorda!-
-Ma, Kigeni...non non abbiamo detto niente!-
-Sssee certo...e io sono un elefante con un po' di pelo e una coda troppo cresciuta...-
-Un elefante? Tanto meglio, ci sarà da sfamarsi per almeno tre lune...- una voce stridula e ghignante fece scorrere un brivido gelido lungo la schiena di Sarabi: da dietro una roccia spuntò un gruppo bestie grigie maculate, con le zanne prominenti e le mascelle spalancate. La leonessa notò con disgusto che puzzavano di carne in putrefazione.
Sfoderò gli artigli e inarcò la schiena, sfiorando con il ventre il terreno caldo e si preparò all'attacco. Sentiva la ferita sulla zampa pulsare e vacillò per un attimo sotto il suo stesso peso, ma nonostante si fosse ricomposta presto, alle iene non sfuggì questo particolare.
-Hai visto, Asante?- chiese un grosso maschio alla sua compagna, che se ne stava dietro di lui con un ghigno agghiacciante in attesa che il capo branco le servisse il pranzo -Mi sa che i nostri ospiti sono un po' giù di tono...forse dovremmo invitarli a pranzo, che dici?-
-Ottima idea...e se rimanessero anche per cena?-
-Noi non rimarremo proprio per niente, specie se si parla con degli infidi scherzi della natura come voi!- ringhiò minacciosa Sarabi.
-Oh oh oh...ma che gattina ribelle abbiamo qui...- il maschio proruppe in una gelida risata che fece stridere i denti alla leonessa -Forse è meglio far recapitare ai “cuccioli” il nostro cortese quesito...-
Si fecero avanti tre iene, notevolmente più giovani delle altre. Non erano certo cuccioli come aveva affermato l'alfa poco prima, ma non erano neanche del tutto adulti.
Dietro di lei, Sarabi poteva sentire i mugolii terrorizzati dei due leoncini, che fino a quel momento erano rimasti muti a osservare la scena aggrappandosi con tutte le loro forze alle potenti zampe posteriori della leonessa, sperando di trovare una (seppur piccola) protezione contro quegli orridi mangia-carogne.
Tama e Chumvi tremavano attaccati a lei come se fosse stata per loro l'unica salvezza certa, la sola cosa che avrebbe potuto salvarli da quell'orribile situazione.
Ma Sarabi sapeva che non c'era più via d'uscita.
Aveva già lottato contro le iene, ma mai si era dovuta confrontare con un branco così numeroso. Combattere sarebbe stato troppo pericoloso, sia per lei che per i cuccioli, e la morte sarebbe stata certa se quelle bestie avessero preso il sopravvento. E la zampa ferita avrebbe solo complicato i fatti.
Liquidò velocemente anche la possibilità di una fuga rapida: le loro condizioni erano tali che sperare di seminare i loro aguzzini sarebbe stato impossibile. Forse se avesse abbandonato i cuccioli al loro destino le sue probabilità di sopravvivenza sarebbero aumentate.
La leonessa inspirò profondamente e prese la sua decisione. Fissò dritto negli occhi acquosi delle iene e lanciò un ruggito che risuonò nella savana come un tuono sopra la terra, limpido come l'aria. Lei e i cuccioli sarebbero rimasti insieme, o insieme sarebbero morti.

La prima iena tentò un morso serrato alla gola, ma fu scaraventata via da una zampata della leonessa: un'altra cominciò a graffiarle in profondità la cassa toracica, mentre una terza le piantò le zanne fra le ossa della spina dorsale. Urlando di dolore, la leonessa si gettò a terra a terra e ci cadde sopra con quanta più forza aveva in corpo.
Le due iene batterono in ritirata, ma subito un'altra coppia cominciò a torturale la morbida carne nel ventre, rimasto scoperto.
Le grida acute dei cuccioli le gelarono il cuore: il pensiero di quelle piccole palle di pelo ridotte a carne da macello solo per il divertimento di quelle creature immonde la terrorizzava, le gettava addosso un senso di panico assoluto.
Fece appello alle energie rimaste e si sbarazzò dei due canidi, mordendo loro con ferocia la delicata zona tra il collo e la testa: i due membri caddero a terra senza neanche gemire.
Non ce la faceva più, sapeva che le sue ultime riserve di energia si stavano esaurendo: non sentiva più le zampe sotto di sé e ogni secondo andava via via indebolendosi.
Una figura bianca le saettò davanti, bloccandole la visuale: una leonessa dal manto biondo chiaro e il fisico molto esile cominciò a lottare furiosamente contro i suoi aggressori, allontanandoli uno ad uno. Altre femmine erano giunte in loro soccorso: si trattava probabilmente di una pattuglia di caccia attirata dai rumori della battaglia. Non contava più di cinque/sei membri, tutti piuttosto magri e slanciati. Ma a che branco appartenevano? Non vi erano regno nel Nord da moltissimo tempo ormai!
Le leonesse misero in fuga le iene superstiti, che fuggirono lontano con la coda stretta fra le gambe; in men che non si dica, erano rimaste sul luogo di battaglia solo lei, i cuccioli e le loro salvatrici.
La leonessa dal manto biondissimo, quella che per prima si era gettata nella mischia per proteggere lei e i cuccioli dagli aggressori, le si avvicinò piano:
-Stai bene?-
Da vicino, la cacciatrice appariva ancora più magra, sicuramente era denutrita. Il muso, una volta sicuramente degno di nota, era scavato e gli occhi chiari erano infossati nelle orbite in una maniera quasi innaturale.
-Dove sono i cuccioli?- la voce le uscì fuori dura e aspra, ma il suo unico pensiero allora era quello di tenere al sicuro i cuccioli.
La femmina parve momentaneamente sorpresa da quella richiesta, ma subito una sua compagna dal pelo grigio scuro e gli occhi fiammanti posò accanto a Sarabi la coppia di leoncini, entrambi spaventati come non mai.
-Oh, Kigeni, stai bene! Ci hai fatto stare in pensiero!- gridò Tama non appena la leonessa li ebbe appoggiati a terra.
-Tama ha ragione! Pensavamo addirittura che saresti potuta...beh, ecco...-
-Chumvi!- lo rimproverò secca la sorella -Non è vero, Kigeni, non abbiamo mai dubitato di te!-
I due si abbandonarono a delle fusa sonore e cominciarono a giocare con la coda della leonessa, senza mai smettere di parlare e di farle le feste.
Sarabi sorrise loro teneramente, ma la sua attenzione tornò ben presto al branco che le aveva salvato la vita.
-Suppongo di dovervi molte grazie.- decise che l'orgoglio era da mettere da parte, almeno in questa occasione -Senza il vostro aiuto, questi cuccioli ed io non saremmo mai riusciti a sopravvivere.-
-È stato istintivo, non devi ringraziarci.- il tono amichevole della leonessa le fece svegliare qualcosa dentro, come se si trovasse a suo agio con lei da sempre. Effettivamente, quelle leonesse avevano un aspetto familiare: probabilmente le aveva già incrociate durante quei cinque lunghi mesi di pellegrinaggio.
Ma c'era qualcosa in quegli occhi chiari e in quel pelo biondo che le suggerivano che fra di loro ci fosse stato qualcosa di ben più profondo che un semplice saluto ad un'occasionale pozza d'acqua.
Con orrore, si accorse di essere in grado di dare un nome e una storia a quella leonessa che le stava davanti. Daima.
Capì che avrebbe potuto assegnare a ognuna di quelle cacciatrici una voce o un ricordo.
Nzuri. Chozi. Sabini. Xolo. Sarebbe stata capace di raccontare tutto di loro: chi erano i loro compagni, cosa preferivano mangiare, di cosa chiacchieravano fra loro, che voce avevano, come parlavano...
Indietreggiò di qualche passo, sopraffatta dai ricordi. Le guardò tutte, una ad una, soffermandosi su un particolare segno sul manto, sugli occhi o sulle loro espressioni.
Ad esempio, quella di Habari era incredibilmente confusa.
Habari...quanto le faceva male quel nome. Le emozioni la ferirono come mille spine. Si ritrovò a correre da sola nella pianura, dimentica di tutte le ferite che aveva appena riportato e con l'unico disperato obiettivo di fuggire da loro.
Una leonessa chiara le stava alle calcagna, probabilmente Daima. Sarabi riprese per un attimo la lucidità e si fermò, ma tenne il capo chino sia per prendere fiato che per nascondere il muso: anche se erano passati quasi due anni, non voleva correre il rischio di essere riconosciuta.
Pregò in silenzio che la polvere, gli occhi arrossati dalla fatica e gli altri cambiamenti che aveva subito col tempo avrebbero tratto in inganno le giovane.
Voleva piangere, ma non osava farlo: le bruciava la gola, il naso, respirava male e non faceva altro che ripetersi “non qui e non ora!”.
Daima le tagliò la strada e le si piazzò davanti: ormai erano piuttosto lontane dal gruppo e al sicuro dagli occhi delle altre.

La leonessa bianca si avvicinò alla compagna con aria compassionevole e le sorrise: quella vagabonda le faceva un po' pena in realtà. Il pelo biondo scuro era tutto coperto di polvere e molte cicatrici le segnavano le zampe; sotto il manto corto guizzavano muscoli potenti, degni di un'invincibile cacciatrice. E poi quelle forme, quell'espressione determinata...li trovava quasi naturali, come se conoscesse già quella leonessa.
-Ehi, c'è qualcosa che non va?- chiese Daima gentilmente.
La straniera sollevò il muso con un moto d'orgoglio, fissandola intensamente.
Quegli occhi! Quelle ambre scarlatte, non ce ne potevano essere di uguali in tutta la savana!
Daima sentì il terreno mancarle sotto le zampe, il suo cuore perse un battito.
-Sarabi...s-sei proprio tu?!-


Boh, no è un capolavoro, ma ci ho provato...ditemi cosa ne pensate XD
   
 
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