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Autore: Bolide Everdeen    21/07/2015    1 recensioni
[Storia ispirata alla fan fiction interattiva "500".
Distretto 3, Emilie Levieva.]
Una volta, però, circolando per quelle camere fantasma, era riuscita a recuperare qualcosa da sotto un letto, dimenticato per sempre e recuperato dall'instabile angoscia che governava le membra di Emilie: una fotografia. Un minuscolo stralcio di un momento, dove suo fratello, con la mano spiegata, sembrava salutarla dal suo mondo di oscurità posto in un universo differente. E quasi le aveva ricordato che talvolta valeva la pena di patire, per non dissipare nella sua mente l'immagine di quel braccio teso verso il cielo, quel sorriso sereno un tempo condiviso anche da lei. L'aveva infilata nella tasca dei pantaloni, l'aveva trascinata nella sua stanza ed osservata per un lungo periodo di minuti, rievocando ogni movimento che si era frapposto fra loro due, come se ancora Dimitri fosse stato vivo.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Altri tributi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '500 - Behind the scenes'
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Photograph

C'era silenzio. L'eterno silenzio di quella casa, obbligatorio per non permettere all'aria satura di lacrime di filtrare all'interno delle persone. Emilie era sdraiata sul suo letto, e attendeva il momento. No, non un momento qualsiasi, ma il momento adatto per sollevare la sua testa ed affrontare il mondo. Gli Hunger Games erano finiti da due mesi, ed il ricordo di Dimitri, suo fratello, steso su un campo di ghiaccio che aveva trasmesso la sua freddezza al suo corpo la devastava. Lui aveva solo dodici anni, neanche era stata donata a sua sorella la possibilità di vederlo crescere. Neanche il tempo di crescere insieme, dato che lei ne aveva dieci. Era una bambina, sofferenze del genere sarebbero dovute essere private dal suo spirito. Ma si sentiva terribilmente, come se il più forte dei terremoti avesse sconvolto la sua vita, avesse sconvolto la casa in cui abitava, riverso i suoi genitori e i suoi fratelli in quelle gelide lacrime in cui si erano congestionati.

Emilie si sentiva così sola.

 

Loving can hurt, loving can hurt sometimes,
but it's the only thing that I know.
When it gets hard, you know it can get hard sometimes,
it's the only thing that makes us feel alive.

 

Poteva essere sincero; rigorosamente sincero, quasi consolatorio quel male che le torturava gli occhi ed il petto. Ma lei non lo accettava. Si trascinava da una stanza all'altra, cercando l'ombra di Dimitri, come quando erano soliti giocare a nascondino, mentre nella casa vorticavano ancora gli onesti rumori della tranquillità della sua vita. Però, trovava il vuoto. Trovava i suoi parenti immersi negli incubi, in attesa di poter resuscitare, rimandando il momento per spalancare la finestra e respirare l'ordinaria aria di ogni giorno. Ogni giorno antecedente la scomparsa di Dimitri.

Una volta, però, circolando per quelle camere fantasma, era riuscita a recuperare qualcosa da sotto un letto, dimenticato per sempre e recuperato dall'instabile angoscia che governava le membra di Emilie: una fotografia. Un minuscolo stralcio di un momento, dove lui, con la mano spiegata, sembrava salutarla dal suo mondo di oscurità posto in un universo differente. E quasi le aveva ricordato che talvolta valeva la pena di patire, per non dissipare nella sua mente l'immagine di quel braccio teso verso il cielo, quel sorriso sereno un tempo condiviso anche da lei. L'aveva infilata nella tasca dei pantaloni, l'aveva trascinata nella sua stanza ed osservata per un lungo periodo di minuti, rievocando ogni movimento che si era frapposto fra loro due, come se ancora Dimitri fosse stato vivo.

 

We keep this love in a photograph,
we made these memories for ourselves,
where our eyes are never closing,
our hearts were never broken,
and time's forever frozen, still.

So you can keep me,
inside the pocket of your ripped jeans,
holding me close until our eyes meet,
you won't ever be alone, wait for me to come home.

 

 

Non sapeva determinare il modo in cui ciò era accaduto, ma quella fotografia, quella testimonianza dell'esistenza e soprattutto della felicità in un passato estraneo, così imprevisto, così differente dalle situazioni in quel momento affrontate da lei era riuscita ad attivare la sua mente una seconda volta, a coltivare ogni singolo pensiero sul fratello come una piantina e appostarlo in un vaso, dove sarebbe potuto crescere con fertilità sotto i suoi occhi. Quella sensazione, però, riusciva a dissiparsi quando la sua mente le sussurrava che Dimitri era scomparso, non sarebbe mai tornato in quella casa, non avrebbe mai raggiunto lei con quella mano spiegata ed un sorriso soddisfatto, contagioso.

Stava aspettando che tornasse a casa, forse. Ma ciò era impossibile. In realtà, lui aveva già raggiunto il distretto 3, dove era cresciuto il loro affetto reciproco, ma nella stessa condizione, nella stessa posa in cui l'aveva notato negli Hunger Games. E, con questi pensieri, era riuscita a formulare un'altra ipotesi: c'era un'immagine da rimembrare ed una da estinguere. Quella da estinguere era quella che si era soffermata sull'eternità, mentre, per aiutarla, la prima si era infilata in una sua tasca, ed era possibile trascinarla fuori e specchiarsi in essa, specchiare i loro volti contratti in una smorfia di allegria, specchiare le sue memorie ed accedere ad esse. E dimenticarsi che attorno era tutto grigio.

In quei momenti, pareva tornare a respirare con la dovuta calma, con la dovuta necessità della respirazione.

 

Loving can heal, loving can mend your soul,
and it's the only thing that I know.
I swear it will get easier, remember that with every piece of you
and it's the only thing to take with us when we die.

 

Cosa era più sensazionale in quella fotografia? Probabilmente, che Dimitri sembrava parlarle. Sussurrarle di andare avanti, di conservare nel suo cuore il suo ricordo, ma di crearne anche di nuovi, di assaporare il vero affetto, di lasciarlo fluire ancora nelle sue vene, di non limitarsi a quel surrogato per il dolore. E, un giorno, lo sognò veramente. Erano passati sei mesi dalla sua morte, e lui era in un giardino, simile a quello di casa loro, e l'aveva trascinata ad osservare le stelle, enormi, minuscoli puntini splendenti nel cielo, la decorazione di un blu quasi perfetto, talmente stupende da eliminare il “quasi”. Dopo minuti in cui si erano sussurrati la felicità di essersi incontrati un'altra volta, dopo essersi sorrisi come in quella foto, Dimitri si era dissipato, era diventato un misero atomo d'aria. Non prima di avergli sussurrato una frase all'orecchio, una frase che si consolidò nel suo spirito e divenne la scritta iniziale alla porta della sua vita:«Lo sai che le stelle sono anche fuori dalla finestra?»

Le stelle erano fuori dalla finestra, e lei avrebbe dovuto raggiungerle, vederle, accarezzarle con lo sguardo. Quando il sogno volò via dal suo corpo e la svegliò, lasciandola sul suo nudo letto, lei sentì l'incessante bisogno di raggiungerle. E quindi si alzò, e camminò fino alla stanza del fratello più vicino di età con lei, Christopher, di tre anni più grande. Bussò alla porta, senza considerare che la camera era stata anche la camera di Dimitri, mesi e secoli prima, e lo trascinò fuori dal suo sonno. Nonostante la cupa irritazione iniziale di lui, rimasero una notte a innaffiare uno i ricordi dell'altro, ed a crearne un altro, una sfera maggiore contenente ciò che avevano vissuto, impiantando le basi di un'alleanza che mai si sarebbe conclusa.

 

We keep this love in a photograph
we made these memories for ourselves,
where our eyes are never closing,
our hearts were never broken,
and time's forever frozen, still.

 

Si erano dedicati a sfogliare le pagine di album fotografici, raggruppando intorno a sé le loro sorelle, suo padre, sua madre, osservando i tempi in cui si erano posizionati in determinati gesti, gesti tramandati per sempre, i quali adesso sembrano consigliare qualcosa di lineare, basilare, proveniente dal profondo del loro inchiostro e della loro carta plastificata: vai, realizza altre di queste foto, sii di nuovo quelle labbra carezzevoli in altre immagini, quelle braccia intrecciate nel tentativo di trasmettersi il proprio sincero calore; poteva risultare ripetitivo, ma mai banale. E così avvenne, nella primavera dell'anno successivo degli Hunger Games di Dimitri. Evacuarono nel giardino, dove l'aria si impossessava di loro e li sollevava, li librava fino alle umide nuvole a metri di altezza: e loro consolidavano questi momenti con le loro azioni quotidiane, coronandole con rinnovate pagine di album fotografici. Questa tradizione fu introdotta da Christopher, nel giorno d'esordio di quella stagione splendente, quando lui gridò a sua sorella:«Emilie, guarda qui!»

E lei si voltò, inibì tutti i suoi movimenti per un attimo, così da poter essere racchiusa nell'apparecchio casalingo, sorto dalle mani del padre inventore, contenuto nelle mani del fratello in attesa di un'energia rigenerante, che la colpì con un flash improvviso. Una luce che si consolidò anche nel suo spirito.

 

So you can keep me,
inside the pocket of your ripped jeans,
holding me close until our eyes meet,
you won't ever be alone.
And if you hurt me
that's okay baby, there'll be worse things
inside these pages you just hold me
and I won't ever let you go.

Wait for me to come home.

 

A volte, però, Dimitri ritornava, si stagliava nell'immagine di lui riverso sul ghiaccio, sdraiato e congedato in un colpo di cannone. Allora si chiudeva nella sua camera, si impossessava della foto del fratello che voleva ricordare, la osservava fino ad impiantarla nel suo spirito, fino a quando l'incubo non si puliva dalle sue pupille, grazie alla tinta bianca della figura che lei aveva ritrovato. E si sforzava, per non utilizzare anche le sue lacrime nel suo intento, per ricordarsi con la cautela maggiore ciò che era accaduto, per respirare con l'intera potenza dei suoi polmoni, ma senza violenza, e sapere che un giorno tutte le loro sensazioni si erano mutate in una sola, inestimabile parola, “Bene”, e non sarebbero mai dissipate dalla loro memoria.

 

Wait for me to come home.

 

Era difficile, complicato, ma una volta realmente erano stati bene, realmente quegli accenni sui loro volti erano spontanei e valevano non una, ma miliardi di fotografie; di congelare in quel momento in un apparecchio come pegno del passato, e non valeva la pena di annegare in quei ricordi come se fosse stato catrame; avrebbe senso se, come nei suoi tentativi, avesse illuminato quelle acque, splendenti corsi d'acqua fiorenti di pesci, fiorenti di felicità, fiorenti del desiderio della vita...

 

Wait for me to come home...

 

Dimitri non sarebbe mai potuto ritornare a casa, ma sarebbe sempre riuscito a tornare nel suo cuore, nella sua memoria, a riservare un minimo dell'allegria provata da Emilie per sé, rilegarla fino a renderla una fine opera, statua di oro o di argento contorto in una graziosa danza, e a donarglielo per ampliare i suoi sorrisi. Nei ricordi di Emilie Dimitriera a casa, in un certo senso, ed era qualcosa di inspiegabile, in modo magnifico, luminoso.

 

You can keep me
inside the necklace you bought when you were sixteen,
next to your heartbeat where I should be,
keep it deep within your soul.
And if you hurt me,
that's okay baby, there'll be worse things,
inside these pages you just hold me
and I won't ever let you go.

 

Conservò quella foto per anni, la posizionò nei posti più svariati, non la dimenticò mai. Fu la sua foto, la sua testimonianza, talvolta anche la sua unica speranza, nei giorni in cui la pioggia infuriava fuori dalla finestra e le lacrime le opprimevano il battito cardiaco. Quella foto era divenuto il suo metodo per comunicare con Dimitri, il suo portafortuna, il suo oggetto preferito, il suo tramite per poter rivolgere parole ad altre persone. La sua vita scorreva, e lei riusciva a scorgere i raggi solari anche fra la pesantezza grigia delle nuvole, nei giorni di clima nefasto.

 

When I'm away, I will remember how you kissed me
under the lamppost back on Sixth street
hearing you whisper through the phone...

 

E quando, anni dopo, il nome del tributo femminile degli Hunger Games fu rappresentato dal suo, il secondo sacrificio del suo cognome, Emilie attraversò la sua folla con i pensieri scombinati, ma affidandosi con potenza al ricordo di Dimitri, non del Dimitri sparito, ma di quello felice. Forse, un giorno, anche gli altri si sarebbero immersi in quella memoria. E lei ne sarebbe stata lieta, perché non voleva arrecare danni alla sua famiglia, non gli stessi carezzevoli danni che suo fratello aveva trascinato.

Però, in complesso, non era triste di quella che era stata la sua esistenza. Promise di tornare a casa, come ogni tributo, nella speranza più che nella convinzione, abbracciò i suoi fratelli, si mostrò sorridente per affermare quella condizione in loro. E, quando loro scomparvero oltre la soglia, lei si consolò nella foto del suo passato, eppure presente fratello. Forse, l'avrebbe raggiunto. E, almeno, non sarebbero stati soli. Avrebbero costruito un'altra casa.

 

...wait for me to come home.

 

Spazio autrice

Bene.

Buongiorno, popolo di EFP.

Ecco la sesta one shot della serie “500 – Behind the scenes”, le storie dedicate ai tributi della fan fiction interattiva “500”. Qui ci dedichiamo ad Emilie Levieva, tributo femminile del distretto 3. In una storia che, se devo essere sincera, mi sono emozionata a scrivere.

Penso sia innanzitutto merito della canzone, “Photograph” di Ed Sheeran, canzone che probabilmente molti di voi non conosceranno ma io personalmente adoro. È d'amore, perciò in alcuni lati del testo non si adegua perfettamente, ma io la trovo adatta. Mi piace immaginare che sia Dimitri a cantare ad Emilie di andare avanti, di affidarsi alla sua fotografia, e non disperarsi per la sua scomparsa.

Comunque... grazie a chi ha letto la storia, a chi ha intenzione di recensire, a chi l'ha fatto nell'interattiva e continua anche qui. Alla prossima,

Bolide

  
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