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Autore: Flajeypi    21/07/2015    1 recensioni
!SPOILER BOO!
Missing moment ambientato dopo la fine della guerra. Annabeth finalmente può mantenere la promessa che ha fatto a Sally Jackson: le sta riportando suo figlio.
E' un sequel della shot "Come una madre"; non è necessario leggerla ma sarebbe indicato per capire appieno alcuni passaggi.
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- Non avevo dubbi, bambina mia – le disse Sally accarezzandole i capelli. Fu a quel punto che un terzo paia di braccia si unì all’abbraccio, portando con sé quell’inconfondibile odore di salsedine.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Paul Blofis, Percy Jackson, Sally Jackson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'La bellezza di essere una Testa d'Alghe.'
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NB: Sequel della storia "Come una madre". Non è strettamente necessario leggerla, ma sarebbe indicato per capire appieno alcuni passaggi.
Ci vediamo dopo la storia per le note :3



 
Non avevo dubbi, bambina mia
 
Lo aveva trovato. Percy Jackson, il figlio di Poseidone, probabilmente il semidio più potente degli ultimi cento anni, il collante che aveva riunito e tenuto insieme i Sette della Profezia, la sua Testa d’Alghe, lo aveva trovato. Non solo lo aveva trovato, aveva cercato di tenerlo al sicuro, anche se non era proprio convinta che l’aggettivo “sicuro” potesse stare nella stessa frase con “Tartaro”, comunque aveva fatto tutto ciò che era in suo potere per riportarlo a casa, vivo. Adesso doveva completare il suo compito. Onestamente, si disse Annabeth, questa era la parte più facile: doveva riportarlo da Sally, perché Sally aveva creduto in lei. L’aveva chiamata “bambina mia”, l’aveva stretta e aveva pianto con lei per la scomparsa della sua Testa d’Alghe. Era sicura che se qualcuno fosse stato in grado di ritrovare il suo bambino, che tanto bambino ormai non era più, quella era proprio Annabeth.
Annabeth, dal canto suo, aveva bevuto nella fiducia che Sally nutriva in lei. L’aveva usata come bastone, appoggiandocisi per continuare a cercare e non mollare. Era stata la sua forza. Quando credeva che non ce l’avrebbe fatta, si ricordava di Sally e ricominciava da capo, senza stancarsi mai. Le aveva promesso che l’avrebbe trovato e lei manteneva sempre le sue promesse: Percy Jackson stava tornando a casa.
 
Camminava a passo svelto sulla stessa strada che aveva percorso otto mesi prima, quando aveva deciso che era il momento che Sally Jackson sapesse della scomparsa del figlio.
Tirava Percy per una mano, trascinandolo per fare in modo che camminasse più in fretta. Non vedeva l’ora di riportarlo da sua madre.
Percy, dal canto suo, non sembrava tanto entusiasta quanto lei. Annabeth poteva immaginare perfettamente il perché: si sentiva terribilmente in colpa. In tutti quei mesi in cui era stato introvabile, Sally aveva ricevuto da lui soltanto una chiamata nel periodo in cui si trovava in Alaska. Percy si sentiva in colpa, perché sapeva di essere stato la causa di infinite preoccupazioni per sua madre, proprio lui, che vedendo il comportamento egoista degli dei, si era sempre ripromesso di non comportarsi mai come loro. Invece era sparito senza avvisare, certo, non per sua volontà, ma agli occhi del ragazzo questo non faceva differenza, Annabeth lo sapeva.
Perciò si fermò e si girò verso Percy, che la guardava con uno sguardo pieno di così tante emozioni che Annabeth faticò per un attimo a reggerlo.
- Percy – disse con voce ferma. Sembrava quasi che stesse per impartirgli un ordine e il ragazzo raddrizzò le spalle quasi senza accorgersene. – Non le importerà che tu non l’abbia chiamata o che all’inizio non ricordassi più chi era. Sarà solo felice di rivederti – disse ancora, cercando di usare un tono dolce, come quello che aveva sentito tante volte quando Sally cercava di tirarle su il morale.
- Importerà a me – rispose lui.
- Lo so. E’ questo che fa di te ciò che sei. Ma, Percy, hai bisogno di riabbracciarla. E lei ha bisogno di rivederti – disse risoluta. Vide Percy sospirare: - E va bene, Sapientona. Se lo dici tu, devo soltanto fidarmi. –
A quel punto, Annabeth sapeva che non ci sarebbe più stato bisogno di trascinarlo. Dopotutto, la voglia di rivedere sua madre era maggiore del senso di colpa che provava, e Annabeth sapeva anche questo.
Arrivarono in fretta al cancello e Percy stava per bussare quando Annabeth lo fermò, facendogli capire che voleva essere lei a bussare e rispondere al citofono.
- Chi è? – la voce distorta di Paul che usciva dalle casse del citofono la riportò a otto mesi prima.
- Annabeth – rispose, ma stavolta la sua gola era tutt’altro che secca.
- Annabeth! – le fece eco Paul, la voce visibilmente emozionata che fece sorridere Annabeth. Quasi non aspettò il bip metallico per spalancare il cancello ed entrare nel palazzo. Poi, iniziò letteralmente a correre, salendo i gradini a due a due e lasciando indietro Percy.
Quando arrivò davanti alla porta di casa Jackson-Stockfis, la trovò spalancata. Sally aspettava sulla soglia, lo sguardo a metà tra la felicità e la commozione. Le corse incontro e l’abbracciò: - L’ho riportato a casa – riuscì a dire Annabeth prima che il groppo che le si era formato in gola le bloccasse tutte le parole.
- Non avevo dubbi, bambina mia – le disse Sally accarezzandole i capelli. Fu a quel punto che un terzo paia di braccia si unì all’abbraccio, portando con sé quell’inconfondibile odore di salsedine.
- Ciao, mamma – mormorò Percy.
- Ciao, tesoro – rispose Sally, spostando le braccia per stringere anche il figlio.
Annabeth cercò di staccarsi, per dar modo a madre e figlio di salutarsi per bene, ma Sally non glielo permise: - Siete ciò di più prezioso che io possegga – disse con voce commossa, stringendo entrambi come se ne fosse andato della sua vita.
“Anche per me”, pensò Annabeth, “anche per me”.
 
 
Era stata una lunga giornata, piena di emozioni e, anche se era difficile ammetterlo per una come lei, di lacrime. Nonostante questo, Annabeth non riusciva a dormire.
Stare stesa nel letto di Percy, adesso che l’aveva ritrovato e che era tornato a casa, le sembrava strano. Certo, quello era stato il suo posto quando Percy era scomparso, ma adesso non le sembrava giusto che lei dormisse nel suo letto e lui fosse costretto a passare la notte sul divano.
Ma Sally aveva insistito: “Comportati da gentiluomo e cedi il tuo letto ad Annabeth”, aveva detto al figlio. Percy non aveva avuto niente da obiettare e a nulla erano servite le proteste della ragazza: avrebbe dormito nel letto di Percy e, Di Immortales, non avrebbe fatto storie.
Così adesso Annabeth se ne stava stesa a guardare il soffitto, sperando di riuscire, prima o poi, a prendere sonno, quando un fruscio di passi la distolse dai suoi pensieri: si girò sul fianco giusto mentre un paio d’occhi verdi si avvicinava al suo viso nel chiarore della Luna.
- Avevi ragione su mia madre – soffiò Percy, accarezzandole una guancia con la mano.
- Ho sempre ragione, Testa d’Alghe – bisbigliò Annabeth.
- Sono contento che avessi ragione anche stavolta – disse lui, con un mezzo sorriso. Annabeth si scostò per fargli spazio: - Non riesco a dormire – disse a mo’ di scusa, in risposta allo sguardo indagatore di Percy.
- Nemmeno io – confessò il ragazzo dopo un po’, infilandosi sotto alle coperte con lei. La strinse forte ed Annabeth inspirò il suo odore, contenta che fosse autentico e non la semplice traccia sbiadita, lasciata dal suo ragazzo sulle lenzuola, che aveva inspirato in tutti quei mesi durante le notti passate lì.
Lo strinse forte di rimando e non capì bene quando, ma a un certo punto cedette al sonno, finalmente in pace dopo tanto tempo.
- Ti amo, Sapientona – mormorò Percy quando fu sicuro che Annabeth stesse dormendo. Poi si lasciò scivolare anche lui nel sonno.



Angolo di flajeypi
Ciao a tutti :3
Eccomi di nuovo qui, con un missing moment che mi sembrava un dovere scrivere: lo considero una chiusuraa del ciclo che ho iniziato con il precedente "Come una madre
".
Che dire? Il rapporto tra Sally e Annabeth si è evoluto nel periodo in cui Percy era introvabile e questo si vede quando alla fine Sally li stringe entrambi, felice che siano tornati sani e salvi dall'ennesima missione folle.
Ho immaginato un Percy riluttante per via del senso di colpa. La lealtà è un aspetto del suo carattere su cui lo zio Rick gioca molto, perciò non mi è venuto affatto difficile pensare che Percy potesse sentirsi in colpa anche per qualcosa che non dipende da lui; in fondo, era già accaduto con Beckendorf e Silena e tutte le volte in cui Percy si è sentito impotente perché non era riuscito ad evitare che succedesse il peggio.
Annabeth, però, ormai è la voce della ragione per Percy, un grillo parlante che gli mette davanti la verità: a Sally non importa nè dove sia stato, nè perché non si sia fatto vivo: è sua madre e gli vorrà sempre bene e le importerà sempre e soltanto che lui sia vivo e che sia felice.

Ok, la smetto con l'angolo del fluff e passo all'angolo della metafora:
La metafora di oggi è molto evidente e diciamo che può essere considerata come il filo conduttore di tutta la storia: il male ritorna. Lo capiamo già dalle prime avventure con i mostri, quando a Percy viene spiegato che questi non posso essere uccisi: semplicemente vengono spediti nel Tartaro, dove aspettano di rinascere; se si è fortunati impiegano una vita intera a ritornare. Ovviamente, Percy non è mai fortunato e si ritrova spesso ad affrontare gli stessi mostri: che vuol dire? 
Sarà un pensiero un po' pessimista, ma per me vuol dire che il male ritorna, che non è possibile cacciarlo del tutto, che ci sarà sempre un posto in cui i "mostri" potranno nascondersi per poi saltare fuori quando meno ce lo aspettiamo. E' inevitabile, è la condizione umana in cui ci troviamo. 

Ok, potrò sembrare pazza, ma giuro che non lo sono. Almeno non completamente :P

Un'ultima cosa e poi smetto di rompere: devo riservare un ringraziamento speciale a madekwe, che mi ha lasciato una recensione che ho apprezzato tantissimo e per tutta una serie di idee e suggerimenti che mi ha dato. Grazie mille! (quasi, quasi ti mando un'altra confezione di gelato virtuale).

Ci siamo, gente. E' la fine!
Fatemi sapere che ne pensate. Intanto vi mando un abbraccio,
Flavia
  
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