Note: Dopo molti anni, interrotti solo
dalla pubblicazione di un nuovo capitolo della mia ff
su Dr. House (Occhi blu), sono
tornata a scrivere. Una storia originale. Una storia misteriosa, che si sta
svelando anche a me parola per parola. Una storia d’amore che non avrei scritto
dieci anni fa, quando la mia avventura su EFP iniziò, ma che ora voglio
scrivere e condividere con voi.
Sono cambiata ed è
cambiato il mio modo di scrivere. Spero che qualcuno possa apprezzarlo e
recensire, anche solo per farmi sapere cosa migliorare. Qui vi presento il
prologo, forse un po’ pesante come introduzione, ma vi prometto che con il
primo capitolo la storia si alleggerirà. D’altronde, la nostra protagonista si
chiama Aria! ;)
Grazie a voi quindi e alla prossima!
Grainne…che dentro è sempre un po’ little_grainne
LA TENTAZIONE
(little_grainne)
PROLOGO
Tu sei ciò che mi definisce.
Era mai esistita una frase più pesante di quella?
Lo avevo colpito con un macigno e lo vedevo indietreggiare all’evidenza della
mia ingenuità.
Perché quella responsabilità? Perché quell’amore totalizzante? Perché questo
troppo amore? Il suo sguardo mi implorava.
No, tu devi essere anche senza di me. Non voglio definirti.
Così se n’era andato. Ti prego, l’avevo abbracciato stretto per trattenerlo
nella mia vita, ti prego, dimmi che ci rivedremo.
Lui mi aveva guardata dolcemente, gli occhi scuri che mi accarezzavano con la
solita intensità, forse per l’ultima volta. Magari. Chi sa mai cosa ci
succederà. Forse ci capiterà di trovarci tra molti anni, con molte storie da
raccontarci e la consapevolezza che tutto è rimasto uguale. Ma ora devo andare.
Ed io ero rimasta a guardarlo allontanarsi, una figura dal passo lento che
rappresentava il mio mondo che andava in pezzi.
Ma grazie a Dio! G-R-A-Z-I-E!
Ma quanto imbecilli si può essere a 16 anni? Tutta quell’ansia, quel dolore,
quell’essere sicuri che non si potrà vivere senza di lui. Ebbene, si può. Si
può talmente bene che, credetemi, si arriva a ringraziare quel momento in cui
ti ha lasciato perché altrimenti la tua vita non sarebbe stata così piena.
Io mi chiamo Aria, non perché mia mamma si fosse innamorata di Arya Stark durante la gravidanza,
come sarebbe poi inesorabilmente successo a me facendomi un po’ meno odiare il
mio nome, ma come diminutivo di Arianna, quella poveraccia abbandonata da Teseo
dopo averlo giusto salvato dal Minotauro.
A ben pensarci, mia mamma doveva essere una veggente. Perché pure io sono stata
abbandonata, illusa e con il cuore spezzato, da un affascinante Teseo che di
dolce aveva solo gli occhi. Sì, chiamiamolo Teseo il traditore, quello che si è
preso l’Arianna dolce e fiduciosa per lasciarla nel più bello dell’esplosione
dell’amore perché spaventato dalla forza di quel sentimento.
Dopo di lui, io sono diventata semplicemente Aria. Più leggera, più
disincantata, più cinica, ma decisamente più forte. Quello che pensavo mi
avrebbe ucciso, il suo abbandono e il suo rifiuto nel momento in cui mi ero
fidata di lasciargli scorgere quanto ne ero innamorata, in verità mi aveva reso
libera. Perché l’amore non può essere totalizzante, non può arrivare a
modificare i tuoi confini fino a farti sparire come nebbia mattutina al sorgere
del sole estivo. Questo a 16 anni non lo si capisce e ci si plasma per
adattarsi ai contorni di chi si ama, perdendo così di vista la propria
identità. Grazie a Teseo e alla sua paura di amare, io però mi sono ritrovata,
a fatica, e mi sono autodefinita. E nessun uomo si è mai più avvicinato tanto
da poter destabilizzare questo mio equilibrio.
Mi sono sposata in Maggio, due anni dopo aver conseguito la laurea in Medicina
e Chirurgia. Mio marito, il mio Dioniso, volendo restare nel mito di Arianna e
Teseo, è un architetto pacato e gentile. Affidabile, sopra ogni cosa.
Rimasi affascinata dalla placida sicurezza che emanava nello spiegare la sua
opinione sull’ultimo libro di Ken Follet durante una
serata a cena tra amici. Non era la prima volta che lo incontravo ad una di
queste serate tra gente che si frequenta un po’ così, a livello superficiale,
quasi solo per dimostrare di avere un giro per cui uscire la sera, ma quella fu
la prima volta che lo vidi veramente. E mi colpì. Cominciammo
a parlare, ad uscire da soli e ad annusarci con malcelata curiosità e capii che
quello era un uomo con cui avrei potuto costruire qualcosa di solido. Non mi
avrebbe mai dato fuoco e fiamme, o emozioni vorticanti da far boccheggiare, ma
mi avrebbe amata onestamente e pazientemente. Forse, per sempre. E quello bastò
per farmene innamorare. Basta, oggi, per amarlo. Lui è il mio sostegno nella
precarietà della vita, nell’altalena di eventi belli e brutti che
inevitabilmente ci si trova ad affrontare. Quando torno da una giornata
estenuante in sala operatoria, quando devo dire a qualche parente che il
proprio caro non potrà più abbracciarli, quando vedo la luce su quegli occhi
passare da sfavillante a nero oblio, lui è lì a raccogliere i miei pezzi. Non
chiede spiegazioni, mi ama e con il suo amore discreto mi consola.
A volte, il pensiero che tutto questo possa finire mi atterrisce. Ho scelto una
vita che possa seguire una linea retta, in modo da ridurre al minimo le
possibilità di deviazione. Sono la moglie di un uomo che è una
meravigliosa linea retta ed il più delle volte mi basta lasciarmi condurre da
lui per sentire una placida sicurezza diffondersi come calore sulla punta delle
dita. Poi però ecco un dettaglio insignificante, come un caffè nero doppio con
una goccia di caramello ordinato dal cliente prima di me nella fila al solito
bar, e il ricordo di lui mi colpisce violentemente alla
stomaco. Il ricordo di quello che mi ha fatto e della mia ferma decisione di
non farmi più guidare da nessuno. Allora mi ricordo cosa mi definisce. Io.
Io che sono una moglie, ma soprattutto un chirurgo. Un chirurgo plastico.
Toglietevi dalla mente colline in silicone e labbra a canotto, io ricostruisco le
persone. Umile e devota, mi inchino ogni giorno al sacro altare della chirurgia
plastica ricostruttiva, tagliando e riunendo ciò che la vita ha cercato di
spezzare. Riporto le persone ad essere ciò che desiderano essere, non quello
che una malattia o una malformazione congenita ha tentato loro di imporre. A
volte, raramente per fortuna, perdo qualcuno su questo altare, ma il più delle
volte la soddisfazione nel vedere un buon lavoro illuminare gli occhi dei miei
pazienti è tutto ciò che mi serve per essere in pace con il mondo.
Pace.
Sono una moglie e sono un chirurgo. Sono un chirurgo e sono una moglie.
Mi sono costruita una vita piacevole, forse non esaltante, ma una vita che mi
soddisfa. Amo il mio lavoro, amo mio marito, amo leggere e, quando possibile,
lasciarmi trascinare in un passo a due di milonga.
Non cerco niente di più, niente di diverso. Non voglio niente
di diverso.
Ma non avevo previsto che a 32 anni l’avrei rivisto. Lui. Teseo.
Ho di nuovo 16 anni, ed il mio mondo è andato in pezzi.
Di nuovo.