Little Dorothy without coffee.
Sono affetto da
una devastante, struggente crisi d’insonnia che distrugge ogni fibra del mio
essere.
Da quanto? Non so
esattamente. Con la totale perdita del sonno ho perso persino il concetto di
tempo. Se non fosse grazie al nascondersi e spuntar fuori del sole dietro
quelle montagne non riconoscerei nemmeno la differenza tra giorno e notte. Vi
lascio immaginare la situazione. Chiunque si sentirebbe spaesato al mio posto,
e come biasimarlo?
Eppure, sarà
perché ne ho sofferto tanto nella mia vita da diciottenne, sarà per l’abitudine
che fa dell’insonnia un ospite ormai di casa, sarà perché ho smesso di fare
persino caso ad essa, fatto sta che io non sento più i sintomi di questa
maledizione, né faccio più caso alla sua perenne presenza nel mio essere. Ormai
penso di poterla definire quasi quasi una parte di me.
E in questo
momento alcuni di voi si staranno chiedendo se è da considerarsi una cosa
positiva o negativa, altri invece saranno rimasti dello stesso parere nato nel
preciso momento in cui hanno letto la parola ‘insonnia’, vedendo solo la parte
totalmente negativa della cosa. E come darvi torto? Nessuno vorrebbe mai
soffrire di una tale malattia. Non riuscire a prendere sonno, girarsi
continuamente da una parte all’altra del letto, disfandolo e sgualcendo le
lenzuola appena sistemate -Dio, che fastidio!- abbandonare le proprie palpebre
pesanti e ormai insostenibili al loro volere chiudendo gli occhi per poi
scoprire dietro le tende del palcoscenico i propri sensi più svegli che mai,
giocando a briscola e ripassando tutti i pensieri e le percezioni che hanno
accumulato durante la giornata, rivivere i momenti passati senza sosta,
continuare a guidare sulla superstrada in un viaggio che non ha una meta
precisa.
Sì…è più o meno
così che ci si sente in questi casi. Un povero vagabondo destinato ad errare
per l’eternità intorno ad un mondo che conosce da cima a fondo. Ti senti un
dannatissimo ebreo errante in attesa della seconda venuta di Cristo, assetato
del desiderio di pace e serenità che continua imperterrito a cercare.
Eppure per me non
è male. Il fatto di vivere con tranquillità e leggerezza quella che per altri è
vista come una sofferenza mi spinge a stare bene e convivere con essa. In
fondo, cos’altro potevo fare se non dipingere il mio mondo di rosa dato che
vivo insieme a questo parassita del sonno dal momento in cui sono venuto al
mondo?
Quindi badate
bene, non mi sto lamentando. L’insonnia, vista nella sua totalità, contiene sia
aspetti positivi che negativi. Come avrete notato, e come chiunque ne ha mai sofferto
o ne soffre ancora ne sarà a conoscenza, gli aspetti negativi li ho già
elencati e sono quelli per chiunque, tranne alcune eccezioni più gravi:
completa mancanza di sonno che si alterna a momenti di leggerissima e
brevissima sonnolenza, continuo girarsi e rigirarsi nel letto, sensi percettivi
talmente accesi da sembrare che stiano festeggiando il capodanno cinese ogni
settimana dell’anno. No, non c’è proprio scampo da quell’inferno.
Eppure io, in quella
terra desolata di sabbia rossa e fuochi gelidi di luce spenta, ho scovato una
piccola buca di un tunnel nascosto che porta, se non al giardino degli angeli
dalle ali candide, ad una piccola stanzina intermedia da me arredata, dove
posso soggiornare e ripassare tutte le sensazioni che ho assimilato dalle mie
esperienze giornaliere in tranquillity. Praticamente, ho la fortuna di rivivere
i momenti più piacevoli della mia vita quante volte mi aggrada, oppure
ripassare le mie giornate e analizzare il comportamento e le sensazioni che mi
hanno trasmesso gli altri, imparando e conoscendo meglio così le loro
personalità perverse o ingenue, a seconda della persona ovviamente.
Insomma, col tempo
ho imparato a sfruttare il tempo in più che l’insonnia mi ha sempre donato.
E adesso
risponderò alla domanda che sta frullando nella mente di tutti voi dal momento
in cui siete venuti a conoscenza della mia confessione: perché cazzo non hai
provato a curarti?
Bravi, domanda
legittima. Anche voi avete ragione, in fondo l’insonnia non è certo l’AIDS o
l’alzheimer. La cura esiste, e su questo non c’è dubbio. C’è gente che vive
l’insonnia senza nemmeno sapere il perché, e allora la si vede imbottirsi di
pillole sottoscritte dal medico o spendere il proprio stipendio da uno psicologo
fallito che ha deciso di intraprendere quella carriera solo per il semplice
fatto di aver scelto la facoltà di psicologia come ripiego a quella di medicina
da adolescente.
Ebbene, io non
appartengo a questa categoria. So benissimo qual è la causa di tutto ciò.
Eppure, ahimè, sono troppo testardo per rinunciare alla mia bevanda preferita.
Infatti, come smettere di bere caffè quando ne sei completamente assuefatto?
Attenzione però,
il mio non è un discorso di incapacità di smettere. Semplicemente mi rifiuto di
smettere. Non è che non posso farne a meno, è che non voglio farne a meno, il
che è diverso. Per questo mi definisco testardo, e miei amici lo sanno
benissimo. Perciò col tempo hanno lentamente abbandonato l’idea che io possa
staccarmi dal caffè. O meglio, tutti i miei amici…tranne lui. E’ l’unico che
non si è ancora arreso all’idea di liberarmi dalla mia amata caffeina. Seppure
molto diversi, una cosa in comune ce l’abbiamo sicuramente: la testardaggine.
Ed è un lato di lui che odio da morire. Perciò ogni volta che tenta di
convertirmi alla sanità sia fisica che mentale non posso fare a meno di
difendere il mio povero cervello messo alla prova con un pensiero intrigante e
maledettamente delizioso allo stesso tempo: lui privo dei suoi indumenti, in
una tazza gigante di caffè bollente e piacevolmente amaro. Uhmm….buono…
L’idea accende
sempre un dolce sorriso sul mio viso, il che provoca puntualmente nell’altro
uno sguardo confuso, e preso in contropiede mi incalza con un “Tweek, cazzo hai
da sorridere?” e io puntualmente gli butto le braccia intorno al collo e
scoccandogli un bacio sulla guancia gli rispondo
“Anche tu sei
bollente?”
“Cosa?”
“Se vuoi posso
rinfrescarti io…”mentre la mia mano scivola accidentalmente dentro i suoi
boxer. A quel punto rinuncia a seguirmi, spegne l’opzione ‘fare la predica a
Tweek’, attiva quella ‘farsi Tweek’ e poi…poi…diciamo che con mio grande
piacere passiamo a fare altro.
Quindi, in
conclusione posso dire che l’insonnia non mi causa più alcun problema, vivo
bene con essa. Adeguarsi alle cose a volte non è male, ti aiuta a sopravvivere
e a prendere le cose con positività, rendendole certamente più facili di quanto
potrebbero sembrare. Una cosa è certa: sto bene con me stesso. E in fondo, non
è questo l’importante?
Background: casa
mia. Più precisamente, mi trovo nella mia camera, sotto le mie coperte calde e
pesanti. Il paradiso per i dormiglioni, devo ammetterlo.
Peccato che io non
lo sia.
Un raggio di sole
rischiara l’oscurità della notte, facendosi lentamente strada sul pavimento. Lo
fisso, com’è mia abitudine ogni mattina, mentre serpeggia verso le mie
pantofole color caffè -avevate dubbi?- poste accanto al letto in attesa di
essere indossate. Aspetto che le sfiori col suo calore naturale con estrema
pazienza, pronto ad assumere le mie mosse ormai meccaniche e poi…
3…
2…
1…
Bip bip bip.
a)Spengo la
sveglia con un gesto felino.
b)Mi alzo.
c)Indosso le mie
bellissime pantofole.
d)Vado in bagno.
E infine, la parte
che preferisco tra tutte della mia routine -Dio, quanto l’adoro!- mattutina. Il
momento che aspetto con impazienza, l’attimo che mi procura tutte le energie
che ho perso stando sveglio e che mi aiuta ad affrontare la giornata
con…costanza. Scendo le scale a velocità supersonica (non chiedetemi dove trovo
le forze perché non lo so) e mi fiondo in cucina come un bambino sui regali di
natale la mattina del venticinque dicembre. Mia madre è già lì col suo
grembiulino bianco, riordinando la cucina dopo la sua colazione.
“Buongiorno!” mi
saluta con un sorriso smagliante, il suo solito sorriso mattutino insomma.
“Buongiorno”
rispondo buttandomi sulla macchina del caffè. Ma una cosa decisamente strana
balza al mio occhio: la caraffa è vuota.
“Che programmi hai
per oggi tesoro?”
“Mmm…i soliti.”
“Oh, anche oggi
studierai con Craig?”
Studiare?
“…sì…viene a casa
anche oggi.” Gli rispondo distratto, in cerca della mia polverina magica dentro
il mobile. Ma dopo l’ennesimo sportello aperto invano un dubbio atroce mi
assale. Mille, mille sportelli aperti per scoprirci il deserto arido
all’interno.
“Mamma?”
“Sì?”
Dio…mi sta venendo
l’ansia “Una curiosità: dove il caffè?”
“Oh, è finito
caro.”
Tre parole.
Solo tre
fottutissime parole per mettermi KO.
Quelle parole che
non dovrebbero mai essere pronunciate in mia presenza.
Sento
la gola
seccarsi lentamente “Co-cosa…significa…è
fi-fini…” non riesco nemmeno a dirlo…oddio,
non riesco nemmeno a dirlo!
“Il fornitore è
rimasto bloccato a metà strada per la
tempesta di neve di ieri sera. Infatti tuo padre è infuriato perché il negozio ha
finito le riserve. Non sa come far…” Non riesco più a seguirla. Le sue parole
si perdono nell’aria sempre più pesante. Vedo le sue labbra muoversi senza un
senso compiuto, la sua voce improvvisamente muta sembra la chiave per farmi
entrare nel mondo del panico più totale. Non…non capisco…sto per perdere i
sensi, la vista mi si sta annebbiando…io…no…non può essere vero…oddio
no….io…caffè…caffè…caffè caffè caffè…
Devo trovare del
caffè!
Ok ok, cerchiamo
di stare calmi e di ragionare. Sono in un giardino fatato, con solo la melodia
del fiume e il cinguettio degli uccellini nell’aria…
Un’onda di
tranquillità mi sfiora il corpo…
“…e…noi non
abbiamo delle riserve in ca..?”
“No caro.”
…ed ecco lo
tsunami di panico travolgermi.
“A-AH!”
“Tweek,
calmati!Non dovresti essere così nervoso. Sai, dovresti dormire un po’ invece,
le borse che hai sotto agli occhi non prospettano niente di buono.”
“A-AH!!!!” esco
fuori dalla cucina con le mani incollate nei capelli. Oddio…non può essere
vero…non può…
Mi dirigo in
camera, mi metto una camicia, il primo maglione che trovo nell’armadio,
giubbotto e tracolla. Poi mi guardo allo specchio. Il mio viso è peggio di
quanto pensassi, peggio di uno zombie. Cosa c’è peggio di uno zombie?Ma
soprattutto, esiste qualcosa peggiore di uno zombie?
Se non c’era
prima, ora c’è.
Gli scrittori di
film horror e fantasy saranno contenti. Presterò la mia immagine nel caso
servisse loro. Tweek senza…senza…no, non ci riesco, mi sto sentendo male.
Striscio al piano
di sotto come un ragno in agonia a cui hanno tagliato le zampe e che sta
cercando disperatamente la salvezza. La mia salvezza…il caffè. Il caffè che…che
non.. no, mi stanno per venire le lacrime agli occhi.
Chiudo la porta di
casa senza neanche salutare mia madre, con la sensazione di una nuvola nera che
avvolge la mia testa senza pietà, e lentamente mi dirigo verso….verso una parte
del paese. Che direzione ho preso, destra o sinistra? Avanti o dietro? Sto
andando dalla parte giusta? Sto andando a….dove sto andando?
Oddio…il mio senso
dell’orientamento sta andando a farsi fottere…
Cammino. Cammino e
basta. Cammino sul marciapiede (o così pare) barcollando leggermente,
trattenendomi dal cadere, mantenendo un certo equilibrio, ma mi sento comunque
come Goku da piccolo nel momento in cui gli avevano appena tagliato la coda. A
me hanno appena privato del caffè, il mio sangue, la mia manna dal cielo. Come
è possibile una cosa del genere?No…non è possibile che sia successo a…
“Hey Tweek!”
Sento qualcuno chiamarmi,
una voce lieve che graffia la pellicola che mi isola dal mondo intorno a me, ma
non vedo…
“Tweek?”
Mi giro con fare
incerto. Un ragazzo con capelli brizzolati di un castano scuro e vestito per
guidare un carro armato mi fissa con uno sguardo confuso. Ma la cosa che attira
di più la mia attenzione è la sigaretta che tiene tra le labbra, e che, se è
possibile una cosa del genere nelle mie attuali condizioni, per un attimo mi
infonde un’onda di serenità.
“Ti senti bene?”
Senza pensarci
annuisco con foga, lasciando che la mia testa si muova senza un controllo
mentale. Lentamente riesco a prendere coscienza del posto in cui mi trovo. Devo
aver camminato parecchio, circa tre isolati da casa, in un quartiere che ai
miei sensi pare ancora familiare. Forse ho imbucato la direzione giusta. Però…ancora
non riesco a comprendere esattamente chi sia questo ragazzo…
“Sicuro? Perché
dai tuoi occhi stralunati non sembra proprio..”
Il suo accento
francese ridesta i miei sensi “Chri…Christophe?”
“Oh bon! Non ti
ricordi nemmeno il mio nome?C’est incroyable! Un mese senza andare a scuola e i
tuoi compagni si dimenticano della tua esistenza!Dio, spero che tu ti stia
godendo la scena con un bel pacchetto di pop-corn lassù, magari con una figa
con le ali che ti stimoli le…”
“Cosa stai
facendo?” gli chiedo notando la scatola dietro di lui.
Inizialmente pare
infastidito dall’interruzione del suo
soliloquio rivolto verso il cielo,
ma poi, sistemando la pala che tiene
dietro di sé volge le attenzioni su di me.
“Stavo sistemando
un conto in sospeso. Anzi, visto che ci sei mi aiuti. Il y a une chose
que je dois faire absoluement, mais je ne peux pas tout seul. Tienimi questa.” Raccoglie la scatola
dietro di lui e me la porge tra le braccia, senza che io possa replicare, anche
perché, in verità ci ho capito ben poco. In questo momento non sono in
condizioni di capire la mia lingua, in più se trovo Monsieur Pala Dietro
“Merci Mister Stralunato.
Maintenant, basta che colleghi questo filo, con questo qui…non non, forse è
quello lì…ok, parfait!”
“Chri…Christophe?”
provo a distogliere la sua attenzione per un attimo, ma non pare funzionare.
Oddio, sento il mio corpo essere assalito gradualmente da tremolii,
l’esaurimento nervoso è alle porte. Chiudo gli occhi, cercando di trovare un
attimo di pace dentro di me e far sparire il senso di nausea che mi sta colpendo in questo istante. Sono in un
giardino, un giardino fatato, melodia del fiume, cinguettio nell’aria…
“Christophe?”
“Oui, dis-moi mon
ami.” Non so cosa voglia dire, ma lo prenderò come un sì.
“Cosa c’è dentro
questa scatola?”
“Oh, niente di
così pericoloso…”
Ahh, meno male.
“…soltanto un po’
d’esplosivo...”
“Cosa????”
“…quel cane fottuto
dei vicini se lo ritroverà come cuscino cette nuit, così la smetterà di
abbaiare e mordere le persone innocue che camminano per la strada. Cane
bastardo…”
“A-AH!Riprenditela
riprenditela!!!!”
“Ehi mon ami,
calmati!Sembri un fottuto vibratore impazzito, smettila di muoverti sennò è
peggio!”
“A-AH!Peggio?Cosa
intendi per peggio?” Oddio, troppa pressione, non ce la faccio più. Sto per
morire, penso di star per morire…
“Nel senso che..”
“No zitto!Non
dirmi niente, non voglio saperlo. Toglimi solo questa roba dalle mani!!A-AH!”
“Ok ok!Cavolo,
ricordami di non chiederti più…”
Scappo, scappo e
basta. Corro come un pazzo, il più lontano possibile dal pericolo. Giro…vado
dritto…giro di nuovo…oddio, dove sto andando?Cosa sto facendo?Dove sono????
Le gambe mi fanno
male e l’ossigeno viene sempre meno. Ok, cerchiamo di non perdere la testa e
ragionare!Non è possibile comportarsi così, devo stare calmo. Giardino
fatato…melodia del fiume…profumo di caffè nell’aria…una mano sulla mia spalla…
Una mano su…A-AH!
“Tweek!”
“A-AH!”
“Cazzo Tweek,
calmati!” due bellissimi occhi azzurri apprensivi mi fissano con estrema
curiosità.
Mi guardo intorno
in cerca del mio senso dell’orientamento perduto: un incrocio in questo momento
a me sconosciuto, un semaforo rosso di fronte, macchine di persone dirette
verso il loro ufficio che mi passano davanti.
“Stavi per
buttarti sotto le macchine!Ma che ti passa per la testa???”
“Io…scusa Ken.
Grazie per avermi salva…”
“Se vuoi
suicidarti ci sono modi migliori per farlo, io posso farti un elenco!”
Cosa?
“Dai retta a me,
morire sotto le ruote di una macchina è squallido e anche fuori moda. Hai mai
pensato di procurarti del veleno?E’ certamente meno doloroso. Oppure che so…se
vuoi essere diverso dagli altri e distinguerti anche nella morte, potresti
sempre buttarti in una fossa con dei cobra all’interno” ci pensa su un attimo
“Ma prima dovresti trovare i cobra, giusto. Peccato perché era allettante come
idea. Trovato!Potresti rintanarti in una tana di lupi feroci…anche se qua penso
che troverai i puma, sicuramente più disponibili dei lupi…”
Oddio..che sta
dicendo?
“…sai cosa ti
consiglio io invece?Una morte piacevole e in completa estasi. Non ti piacerebbe
esalare il tuo ultimo respiro a letto con una pupa accanto che ti fa impazzire
fino a mandarti all’altro mondo?Credimi, io l’ho provato. Cazzo…è stato mitico!
La morte migliore che io abbia mai subito…”
Nel mentre del suo
discorso squilibrato, un unico pensiero mi corre nella mente.
“A-AH!Lasciami andare!Non
lascerò che tu mi uccida!”
“Eh?Ma cosa..”
L’omino verde si
accende, dolce visione. Ed eccomi di nuovo a scappare, a correre all’impazzata
in cerca della salvezza…della mia salvezza. Il mio adorato caffè...dove posso
trovare del caffè in città?Oddio, ma perché diamine sono capitato in un paesino
di montagna in cui l’unica caffetteria nei paraggi è quella di mio
padre???Perché non sono nato in una metropoli come New York o San Francisco?
Perché non sono nato nella metropoli del caffè???E perché diamine non esiste
una dannata metropoli del caffè???Dio, se alla fine di questa giornata nefasta
tornerò a casa intero in possesso di qualche neurone sano e in grado di
ragionare, giuro su me stesso che creerò una capitale dedicata interamente al
caffè!Mi vedo già camminare per quelle vie deliziose…via marocchino…via caffè
con panna…viale sagra del caffè…piazzale mille chicchi….uhmm…mille chicchi…sbavo
al solo pensiero di una tazza fumante di caffè, magari sorseggiata davanti ad
un camino in un soggiorno caldo e accogliente, mentre la bufera di neve picchia
alla finestra creando una piacevole melodia che concilia il sonno…sonno…riposo…cuscino…
La stanchezza
comincia a farsi sentire. Rallento il passo col senso di nausea che non mi ha
lasciato. Gli arti continuano a farmi male, il dolore corre alternato tra un
muscolo e l’altro imperterrito, e il sapore di ferro invade la mia bocca come
se al posto della saliva le mie ghiandole salivari stessero secernendo puro
sangue che farebbe la gola a qualsiasi
vampiro che si rispetti.
Mi guardo intorno
cercando di evocare in me tutta la tranquillità possibile immaginabile, ma la
mia buona volontà di calmarmi svanisce nell’aria stagnante e sgradevole che
riempie il vicolo in cui sono capitato. Lo spazio è angusto e la luce lieve,
troppo lieve, con muri di un grigio incredibilmente scuro che restringono il
passaggio sporco e impediscono ai raggi del
sole di entrare. Mi sembra di esser stato catapultato nella Londra
grigia e monotona di Charles Dickens. Oddio, dove diamine sono finito???
Appoggio le spalle al muro sudicio trattenendomi dal tremare, e con la manica
del giubbotto mi asciugo il naso leggermente raffreddato. Chiudo gli occhi,
alquanto provato dalla corsa e da tutto il resto, ritrovandomi seduto sull’erba
di un giardino fatato. Un campo fiorito si erge davanti a me, con piccole
farfalle dolci e fragili che completano l’orgia di colori a cui assisto. I
raggi del sole mi baciano calorosi il viso, e una lieve brezza primaverile mi
abbraccia portando con sé una voce soave di buon augurio. Improvvisamente,
nell’armonia del paesaggio, un piccolo passerotto si posa sul dorso della mia
mano. Mi rivolge lo sguardo con fare amichevole, dunque io gli rispondo con un
dolce sorriso, finché lentamente non vedo la sua espressione cambiare
gradualmente, passare dallo stato spensierato a quello cupo e minaccioso.
In un attimo il
suo corpo peloso si gonfia come una palla da baseball e gli occhi gli fuoriescono
dalle orbite alla Willy il Coyote. “Shhhhhh!!!!!!Non fare rumore!”
Rialzo le palpebre
agitandomi nel panico, e come c’era da aspettarsi sbatto la testa al muro.
“Ahi!”
“Shhh!!Per favore
fai silenzio, calmati.” Una figura minuta e fragile con dei capelli biondi a
caschetto mi fissa coi suoi occhi cristallini e supplichevoli. Oh cavolo!
Dovevo aspettarmelo in fondo. Cos’è questa? La mattina degli incontri coi pazzi
furiosi? Sembra che li stia incontrando
tutti io oggi! Prima un terrorista canadese, poi uno stupratore dai gusti
perversi, ed ora, ora lui.
“O-Oliver Twist?”
Le sue guance si
imporporano e prima che me ne accorga suoi occhi si riempiono di lacrime. Sono
così copiose che mi danno l’impressione di nuotarci dentro, come una piscina
che aspetta solo che qualcuno turbi quelle acque salate.
“O-Oli, cosa..?”
L’onda d’urto del
suo abbraccio mi spalma completamente sul muro. Mi sento scosso dai suoi
singhiozzi che freneticamente riecheggiano nel mio petto.
“N-non…non s-sono
Oliv-ver T-Twist…”
“Ah..”
“..e p-poi..l-lui
era castan-no..”
I sensi di colpa
mi inchiodano all’istante“Ah, scusa…io non vol…”
“ ..no non hai
ca-capito.”Alza il viso rigato di lacrime verso di me, con uno sguardo
pregnante di gratitudine e felicità “Gr-grazie
p-per aver capi-pito che sono in-inglese.”
Solo questo?
“Ah. Ehm…figurati.”
Col poco fiato che
riesce ad accumulare, in preda a singhiozzi e sospiri, tenta di spiegarmi la sua reazione, a mio
parere alquanto esagerata, anche se io, probabilmente, non ho il diritto di
parlare in questo caso.
“S-sai, sin da
q-quando mi so-sono trasferito q-qui a South P-Park….tu-tutti mi ch-chiamano franc-cese,
m-ma i-io non ho m-mai capit-to i-il p-perché..”
Francese?Biondo?Piagnucolone?
“Pip?”
La sua testa
annuisce così freneticamente che ho paura che possa staccarsi dal suo collo da
un momento all’altro, le sue iridi celesti risplendono luccicanti sullo sfondo
leggermente rosato.
“Ma..che ci fai in
questo vicoletto buio? Non hai..paura?” il solo pronunciare quella parola mi
provoca un tremore in tutto il corpo.
“Pa-paura?” tira
su col naso per prendere tempo e ragionare “N-no, perché? E’ abbastanza
accogliente.”
Mi guardo intorno:
un cassonetto con la spazzatura che straborda ai lati e che insudicia l’aria di sgradevoli odori
organici, muri di un nero soffocante che
ti danno l’aria di un coperchio sulla tua testa, un terreno talmente squallido
e appiccicoso che pare di avere le suole coperte di fango.
“Accogliente?”
Annuisce.
I gusti sono
gusti.
“Pip, perché sei
qua?”
“M-mi sto
na-nascondendo.”
“Da chi?”
“D-Damien.”
Damien???Oddio no.
Lui no, non voglio incontrarlo per nessuna ragione!E’ un…ragazzo?...che mi
terrorizza a morte nei miei momenti di ‘sanità mentale’, non voglio nemmeno
immaginare cosa potrebbe succedermi se lo vedessi in queste condizioni!Potrei
bruciare nelle fiamme dell’inferno per l’eternità…A-AH!
“Stiamo
gio-giocando a n-nascondino.”
“Capisco.” Mi libero
con fatica dalla sua presa ferrea e mi dirigo verso la luce “Allora…vi lascio
ai vostri giochi, eh?Ci vediamo, Pip.”
I suoi occhi da
Bambi abbandonato mi bloccano prima che possa imboccare la via “Ti prego, se lo
incontri non dirgli che sono qui.”
“Certo.” In cuor
mio spero vivamente di non doverlo incontrare per alcuna ragione. Cammino
finalmente sulle strade illuminate della città, coperte da un lieve strato di
neve che sorride ai raggi del sole con brevi luccichii. Il traffico sembra
essere scemato, ma gli occhi delle poche persone che mi sfiorano per strada non
prospettano niente di buono, così minacciosi e arroganti. Persino un pupo mai
visto mi ha fulminato con lo sguardo, pronto ad infilzarmi con il sonaglino! Ho
paura di dovermi aspettare Roger Rabbit comparire dietro l’angolo da un momento
all’altro con una frase tipo…
“Dammi la tua
essenza”
No, non penso che
direbbe così Roger Rabbit.
“Tweek…”
Un sussurro gelido
e paralizzante.
Una mano fredda
proveniente dalle profondità più nascoste dei ghiacciai nel mio bacino.
E il mio sangue si
congela in puro cristallo rosso.
“..dammi la tua
essenza”
Non riesco a
muovermi, e per di più faccio fatica a pensare. E come se mi avesse immobilizzato ogni funzione
fisica e mentale con un solo, agghiacciante tocco. Il tocco di un ragno
velenoso.
“Allora dimmi..”
Il mondo intorno a
noi sfuma in un nero totale, il vuoto ci divora a tratti lenti e dilanianti, e
quello che riesco a sentire è solo il
mormorio della sua voce e quello che riesco a vedere solo i suoi occhi rosso
sangue. Troppo sangue, troppo rosso.
“…hai visto Pip da
qualche parte?”
Provo a emettere
un qualsiasi suono, ma non ho nemmeno la percezione delle mie corde vocali. Ciò
che mi esce è solo un gemito. Strozzato.
“Oh, non sforzarti
di parlare se non riesci, mio Tweek.”
La sua presenza si
fa più vicina, il suo corpo è a un passo dal mio con mosse intrepide ed
ammalianti. E le sue dita, ghiaccio al tatto, mi accarezzano sotto il mento.
“Non te lo
aspettavi, eh?Lo so, sono abituato a questa reazione ormai. Faccio lo stesso
effetto a chiunque. Ma io lo capisco, e devo ammettere che mi piace da matti.”
Piega le labbra in un sorriso “E soprattutto, sarai contento di sapere che
adoro anche i ragazzi trasandati.”
Il suo respiro
sfiora le mie labbra, come la lama di una katana che taglia una foglia al
vento.
E poi ancora
sapore di sangue.
“Vuoi che ti doni
la voce?”
“CAZZO!MERDA!”
Un urlo penetra il
vuoto in cui eravamo inghiottiti, e la sua ragnatela viene lacerata. Il buio si
dissipa, ricompare la vecchia strada conosciuta, le persone, il suono delle
macchine, le nuvole che ora coprono il cielo.
L’espressione di
Damien passa dalla malizia, allo stupore, all’irritazione e la sua morsa mi
allenta.
“Chi è che osa
disturba…”
“CAZZO!PUTTANA!PUTTANA!”
Il sangue riprende
a circolarmi in corpo, ripulendomi dal veleno. Riprendo lentamente coscienza
dei miei arti, e soprattutto, riprendo il controllo dei miei movimenti. Un’onda
di calore m’invade e all’improvviso sento le ginocchia cedermi. Mi reggo al
muro col respiro ansante, come se per tutto quel tempo avessi avuto il peso di una
mano intorno al collo a recidermi l’ossigeno.
“MERDA!”
Anche se in preda
alla tosse, riesco comunque ad alzare la testa. La pelle bianca del demone
accanto mi acceca per un attimo, illuminata dalla luce. Focalizzo lo sguardo e
scorgo un ragazzo biondo cenere dall’altra parte della strada. Mentre cammina
la sua testa si muove a scatti, all’unisono con le sue esclamazioni improvvise,
ignaro del demone accanto a me che ora lo fissa con assetato desiderio. Se
fossi in lui starei attento. Vorrei avvisarlo del pericolo che sta rischiando
con Damien che si avvicina sempre di più, ma non so come fare. Ho la gola secca
come se avessi bevuto sabbia arida del deserto, non riesco ad emettere nemmeno
una sillaba.
“Mmm…sei
interessante.” lo sento rivolgersi al ragazzino.
“Co-cosa?CAZZO!TRAVESTITO
DA STRAPAZZO!”
Il demone lo fissa ammaliato, quasi in ardente
ammirazione.
“Mi piaci. Come
hai detto che ti chiami?”
Il biondo assume un’espressione interdetta. Cerca di
trattenere i balbettii con estrema difficoltà “Thomas.”
Un sorriso tremendamente inquietante si disegna
sul viso dell’altro, forse in risposta alle situazioni eccitanti che stavano
comparendo nella sua mente perversa.
“Thomas.” Ripete
con voce fredda, e a quel punto so già la sua prossima mossa. “Tu vieni con
me.”
Prima che possa
muovermi i due spariscono dalla mia vista, dalla strada, dal paese, e per
quanto ne so io, dal mondo intero. Ma sono certo di una cosa: non vorrei mai
sapere in che luogo sono capitati.
Mi sento il
cervello bollire a cento gradi, quel poco di materia grigia che mi era rimasta sciogliersi
completamente. Non sto bene e sinceramente, in questo momento ho solo voglia di
dormire. Strano ma vero.
Quindi riprendo a
camminare senza la minima consapevolezza di cosa stia facendo e di dove sia.
Continuo a vagare per la strada, supero qualche isolato, finché un suono a me
familiare non ridesta qualcosa nella mia mente. Mi fermo di colpo e come alzo
la testa vedo un cancello grigio spalancato davanti a me. Decido di
attraversare il vialetto ed entrare, cercando di evitare i ragazzi che mi
sorpassano affrettati in cerca del loro armadietto. Che strano, che stanno
facendo? Perché sono agitati? Perché quelle facce frustrate? Perché quelle espressioni
stanche?
I miei punti
interrogativi si perdono nel vuoto, motivati dal chiasso che riecheggia nelle
pareti. Troppo rumore, troppa gente. Non ci riesco, devo uscire da qui, devo…
“Hey!” una mano mi
tocca la spalla e per poco non tocco il soffitto con un balzo.
“A-AH!”
“Ehi stai
calmo!Non ho alcuna intenzione di piantarti un coltello nella pancia!Passato
una nottataccia?”
“Io…io…” un
ragazzo castano, con occhi grandi e snello mi rivolge un’occhiata dall’alto
verso il basso estremamente confusa.
“Scusa ma chi ti
ha vestito stamattina?Teddy bear? Almeno ti sei visto allo specchio prima di
uscire?”
Muovo la testa in
segno di negazione.
“Me ne sono
accorto. La prossima volta ricordati di toglierti i pantaloni del pigiama e di
metterti un paio di jeans, magari anche con delle scarpe da tennis invece delle
pantofole. Ma che ti è successo?”
“Io…” mi guardo intorno disorientato ai limiti
dell’esasperazione “Chi sono io?”
“Eh? Come chi sei?
Tu sei…” si blocca un attimo incerto, poi riprende. Ma nei suoi occhi posso
scorgere un leggero entusiasmo che prima mancava “…Clyde!”
“Clyde?”
“Sì certo!Clyde,
come fai a non ricordarti nemmeno il tuo nome???” mi passa un braccio intorno
alle spalle e continua in tono confidenziale “Mio Dio, non dirmi che hai
passato di nuovo la notte a bere e scopare con la tua ragazza dal corpo
mozzafiato!Non ricordi che hai un’interrogazione di chimica da fare?Spero che
tu abbia studiato almeno gli ultimi due capitoli che ci aveva assegnato la
volta scorsa, sai com’è fatta quella professoressa. Gli alunni che non studiano
non sono ben visti da lei. Dovresti…”
“Hey ragazzi!”
Il ragazzo castano
mi slega dal suo abbraccio“Ah…Craig, ciao!”
“Che si dice?”
“Ah, niente di
che. Stavo giusto giusto raccontando al nostro amico qui presente cos’ho fatto
ieri. Ma sai..le solite cazzate…non è vero?” mi sollecita a rispondere con una
pacca amichevole sulla spalla, ma io non gli do retta. Non penso di poter dare
retta a nessuno in questo momento. Al solo percepire il suo profumo leggermente
impregnato di nicotina, i suoi occhi scuri e misteriosi ora posati su di me e la
sua voce bassa e morbida tremendamente affascinante m’immobilizzo.
“Che ti stava
dicendo?”
Lui. E’ lui. Il
suo nome accarezza dolcemente ogni mio nervo come un musicista con le corde
della sua chitarra.
“Craig!”
“Sì, sono contento
che ti ricordi il mio nome ma..cosa..?” gli butto le braccia intorno al collo
senza nemmeno lasciargli il tempo per realizzare, in preda ai singhiozzi. Le
sue braccia mi stringono forte facendomi sentire al sicuro.
“Clyde, cosa gli hai
fatto?” sebbene non possa vederlo in faccia, la sua voce dura disegna nella mia
mente l’immagine di lui con occhi ostili e minacciosi.
“Io?Assolutamente
niente!Perché credi che gli abbia fatto qualcosa?”
“Lo sai che non
serve raccontarmi balle, ti spacco il culo se non mi dici che cazzo gli hai
fatto.”
“E dopo che te lo
dico?Che fai?”
“Ti porto in
ospedale e poi te lo spacco di nuovo.”
“Ehi amico
calmati!Io non gli ho fatto un cazzo!Stava vagando in queste condizioni per il
corridoio già prima che io arrivassi, non te la prendere con me!”
“…caffè..”
mormoro.
Il suo dito passa
sotto il mio mento in una carezza e attraverso il velo appannato mi ritrovo a
fissare i suoi occhi belli e accoglienti “Cos’è successo?” la sua voce è così
calda come il caffè appena fatto, se è possibile una cosa del genere.
“N-non c’era caffè
a casa, co-così sono uscito e un terrorista mi ha chiesto di aiutarlo ad
uccidere un cane, poi gli occhi azzurri volevano darmi in pasto ai puma, Oliver
Twist voleva che vivessi con lui nel cassonetto e poi…poi…”tiro un grosso
sospiro al solo ricordo di Damien. “..Craig, sono tanto stanco…”
“Povera Dorothy, e
le scarpette rosse le hai perse durante il viaggio?Ahi!” esclama in risposta al
calcio di Craig “Cazzo, ma che ho detto?”
“Non perdere tempo
a chiederti cos’hai detto e pensa più che altro al perché hai parlato. E’ ciò
che mi chiedo ogni volta che lo fai. Prestami la tua macchina.”
“Perché dovrei?”
“Perché così
accompagno Tweek a casa e ti rendi un po’ utile invece di sparare cazzate a
raffica.”
“Un per favore
sarebbe carino qualche volta.”
“Ma ti sembra il
momento di fare scenate?Dai, dammi le chiavi.”
“La gentilezza non
si nega mai a nessuno.” Persiste l’altro impassibile.
I suoi occhi non
si scrostano dal castano nemmeno per un secondo. Sento il suo corpo irrigidirsi
sempre più. Sembra quasi che ogni sua cellula voglia sbattergli la testa al
muro e rubargli le chiavi dalla tasca. Tutto questo sempre con la solita
disinvoltura che lo contraddistingue, ovvio. Eppure sta fermo, tenendomi
stretto a sé per non farmi cadere.
“Per favore, per
piacere, dammi quelle cazzo di chiavi.”
“Visto?Ci voleva
molto mister ‘mi chiamo Wolf e risolvo problemi’?”
“Lascia stare, ci
vediamo dopo.”Prende le chiavi e mi trascina con sé fuori dalla scuola. Ma come
c’incamminiamo verso la macchina, dei passi dietro di noi attirano la nostra
attenzione.
I lineamenti di
Craig s’induriscono.
“Clyde, cosa stai
facendo?”
“A te che sembra?”
“Che ti stia
dirigendo al patibolo.”
“Non potete
lasciarmi qua, se entro in classe la professoressa mi ucciderà con lo sguardo
senza che io abbia detto una parola!”
Apre lo sportello
e mi fa scivolare dentro.
“Se vuoi essere
salvato fingi almeno di essere preoccupato per Tweek.”
“Chi ti ha detto
che non è così?Che razza di amico pensi che sia?” risponde con una smorfia
indignata.
Craig tira un
sospiro esasperato“Entra in macchina e stai zitto.” taglia il discorso
sfoggiando il suo sguardo silenzioso che vale più di mille parole, ricordandomi
il perché lo trovo così tremendamente affascinante.
Un volta tutti
dentro accende il motore e aspetta che si riscaldi, avvolgendomi accuratamente
la cintura di sicurezza. A poco a poco il tepore comincia ad aumentare, mentre
fuori dei fiocchi di neve leggeri si sciolgono sul finestrino. E
improvvisamente tutto il peso di quegli eventi mi assale le palpebre,
costringendomi a chiudere gli occhi.
“Tweek” una carezza calda sulla guancia mi trattiene
ancora un po’ nella realtà. “Riposa un po’, nei hai bisogno.”
Bisogno.
Già, penso di
averne davvero bisogno.
E’ una cosa che ho
sempre saputo, ma a cui non ho mai dato importanza. Che senso aveva dormire o
meno? Io stavo bene comunque, fintanto che avevo il mio perno.
Eppure ora…ora mi
sembra una cosa essenziale, riposare. E più sento il profumo di lui addolcirmi,
più la mia mente sprofonda nell’oblio.
Forse diminuire le
dosi del caffè non è una cattiva idea. Non dico di escluderlo dalla mia vita,
questo mai! Solo...berlo quando è strettamente necessario. Penso di riuscire a
sopravvivere anche con poche tazze al giorno. E poi sinceramente, sono stanco
di guidare in una superstrada senza orizzonti. Voglio solo riposare in un
soggiorno caldo e accogliente, con la bufera di neve che picchia sulla finestra
e che concilia il sonno con lui accanto, la mia salvezza dal caffè. Non voglio
più essere schiavo dell’insonnia, e non voglio nemmeno vivere nell’abitudine
per doverla sopportare. Voglio prendere in mano la situazione, e avere qualche
ora di meritato riposo quante volte mi aggrada. E’ ora di voltare pagina, e di
dire addio alla stanchezza.
Sì, è il momento
di riposare un po’.
Ok…ehm, non so cosa
dire esattamente su questa fiction. Come al solito, non sono molto soddisfatta
del mio operato, ho dovuto ricontrollarla spesso e ancora non sono sicura di
aver eliminato tutti gli errori. Comunque, mi affiderò ai vostri giudizi,
ditemi voi ^_^
Allora…questa
fiction mi è venuta in mente un pomeriggio –esattamente un mese fa XD- mentre
ero coricata sul letto ad ascoltare musica, in cui mi rifiutavo categoricamente di studiare letteratura
inglese. E proprio in quel momento pensavo: ‘cosa potrei regalare ad Arisu per
il suo compleanno?’ E mentre il gatto mi metteva la coda in faccia (no, non è
una metafora, mi ha messo davvero la coda in faccia XD) ho avuto il colpo di
genio ‘Giusto!Perché non fare una fiction con Tweek che esce fuori di testa e
incontra tutti i suoi personaggi preferiti –tranne Kenny, quello ce lo aggiungo
io perché lo amo-?’ Ed ecco il risultato XD
Appena l’idea mi è
corsa nella mente mi sono messa subito al lavoro, contavo di farla breve e di finirla in una settimana soprattutto perché
beh…il suo compleanno era il 29 Dicembre XD Quindi avrei dovuto anche
sbrigarmi, ma non ho contato il fattore ‘allunghiamo la fiction’ che mi
tormenta ogni santa volta che incomincio un racconto. Certe volte non lo
sopporto proprio. Comunque un altro motivo del mio imperdonabile ritardo è
stato anche l’esame di letteratura inglese che mi ha impedito di dedicarmi alla
fiction per un bel po’ di tempo.
Scusa Arisu, mi
spiace di averci messo così tanto tempo T__T
In ogni caso,
spero che vi sia piaciuta, ringrazio già chi avrà modo di commentare e
soprattutto di leggere la fiction. Graziu *_*