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Autore: momoko89    23/01/2009    2 recensioni
Insonnia. Sono affetto da una devastante, struggente crisi d’insonnia che distrugge ogni fibra del mio essere. -Una breve mattina nella vita di Tweek...senza caffè.
Genere: Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Christophe, Clyde Donovan, Craig, Tweek
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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little dorothy without coffee

Little Dorothy without coffee.

 

Insonnia.

Sono affetto da una devastante, struggente crisi d’insonnia che distrugge ogni fibra del mio essere.

Da quanto? Non so esattamente. Con la totale perdita del sonno ho perso persino il concetto di tempo. Se non fosse grazie al nascondersi e spuntar fuori del sole dietro quelle montagne non riconoscerei nemmeno la differenza tra giorno e notte. Vi lascio immaginare la situazione. Chiunque si sentirebbe spaesato al mio posto, e come biasimarlo?

Eppure, sarà perché ne ho sofferto tanto nella mia vita da diciottenne, sarà per l’abitudine che fa dell’insonnia un ospite ormai di casa, sarà perché ho smesso di fare persino caso ad essa, fatto sta che io non sento più i sintomi di questa maledizione, né faccio più caso alla sua perenne presenza nel mio essere. Ormai penso di poterla definire quasi quasi una parte di me.

E in questo momento alcuni di voi si staranno chiedendo se è da considerarsi una cosa positiva o negativa, altri invece saranno rimasti dello stesso parere nato nel preciso momento in cui hanno letto la parola ‘insonnia’, vedendo solo la parte totalmente negativa della cosa. E come darvi torto? Nessuno vorrebbe mai soffrire di una tale malattia. Non riuscire a prendere sonno, girarsi continuamente da una parte all’altra del letto, disfandolo e sgualcendo le lenzuola appena sistemate -Dio, che fastidio!- abbandonare le proprie palpebre pesanti e ormai insostenibili al loro volere chiudendo gli occhi per poi scoprire dietro le tende del palcoscenico i propri sensi più svegli che mai, giocando a briscola e ripassando tutti i pensieri e le percezioni che hanno accumulato durante la giornata, rivivere i momenti passati senza sosta, continuare a guidare sulla superstrada in un viaggio che non ha una meta precisa.

Sì…è più o meno così che ci si sente in questi casi. Un povero vagabondo destinato ad errare per l’eternità intorno ad un mondo che conosce da cima a fondo. Ti senti un dannatissimo ebreo errante in attesa della seconda venuta di Cristo, assetato del desiderio di pace e serenità che continua imperterrito a cercare.

 

Eppure per me non è male. Il fatto di vivere con tranquillità e leggerezza quella che per altri è vista come una sofferenza mi spinge a stare bene e convivere con essa. In fondo, cos’altro potevo fare se non dipingere il mio mondo di rosa dato che vivo insieme a questo parassita del sonno dal momento in cui sono venuto al mondo?

Quindi badate bene, non mi sto lamentando. L’insonnia, vista nella sua totalità, contiene sia aspetti positivi che negativi. Come avrete notato, e come chiunque ne ha mai sofferto o ne soffre ancora ne sarà a conoscenza, gli aspetti negativi li ho già elencati e sono quelli per chiunque, tranne alcune eccezioni più gravi: completa mancanza di sonno che si alterna a momenti di leggerissima e brevissima sonnolenza, continuo girarsi e rigirarsi nel letto, sensi percettivi talmente accesi da sembrare che stiano festeggiando il capodanno cinese ogni settimana dell’anno. No, non c’è proprio scampo da quell’inferno.

Eppure io, in quella terra desolata di sabbia rossa e fuochi gelidi di luce spenta, ho scovato una piccola buca di un tunnel nascosto che porta, se non al giardino degli angeli dalle ali candide, ad una piccola stanzina intermedia da me arredata, dove posso soggiornare e ripassare tutte le sensazioni che ho assimilato dalle mie esperienze giornaliere in tranquillity. Praticamente, ho la fortuna di rivivere i momenti più piacevoli della mia vita quante volte mi aggrada, oppure ripassare le mie giornate e analizzare il comportamento e le sensazioni che mi hanno trasmesso gli altri, imparando e conoscendo meglio così le loro personalità perverse o ingenue, a seconda della persona ovviamente.

Insomma, col tempo ho imparato a sfruttare il tempo in più che l’insonnia mi ha sempre donato.

 

E adesso risponderò alla domanda che sta frullando nella mente di tutti voi dal momento in cui siete venuti a conoscenza della mia confessione: perché cazzo non hai provato a curarti?

Bravi, domanda legittima. Anche voi avete ragione, in fondo l’insonnia non è certo l’AIDS o l’alzheimer. La cura esiste, e su questo non c’è dubbio. C’è gente che vive l’insonnia senza nemmeno sapere il perché, e allora la si vede imbottirsi di pillole sottoscritte dal medico o spendere il proprio stipendio da uno psicologo fallito che ha deciso di intraprendere quella carriera solo per il semplice fatto di aver scelto la facoltà di psicologia come ripiego a quella di medicina da adolescente.

Ebbene, io non appartengo a questa categoria. So benissimo qual è la causa di tutto ciò. Eppure, ahimè, sono troppo testardo per rinunciare alla mia bevanda preferita. Infatti, come smettere di bere caffè quando ne sei completamente assuefatto?

Attenzione però, il mio non è un discorso di incapacità di smettere. Semplicemente mi rifiuto di smettere. Non è che non posso farne a meno, è che non voglio farne a meno, il che è diverso. Per questo mi definisco testardo, e miei amici lo sanno benissimo. Perciò col tempo hanno lentamente abbandonato l’idea che io possa staccarmi dal caffè. O meglio, tutti i miei amici…tranne lui. E’ l’unico che non si è ancora arreso all’idea di liberarmi dalla mia amata caffeina. Seppure molto diversi, una cosa in comune ce l’abbiamo sicuramente: la testardaggine. Ed è un lato di lui che odio da morire. Perciò ogni volta che tenta di convertirmi alla sanità sia fisica che mentale non posso fare a meno di difendere il mio povero cervello messo alla prova con un pensiero intrigante e maledettamente delizioso allo stesso tempo: lui privo dei suoi indumenti, in una tazza gigante di caffè bollente e piacevolmente amaro. Uhmm….buono…

L’idea accende sempre un dolce sorriso sul mio viso, il che provoca puntualmente nell’altro uno sguardo confuso, e preso in contropiede mi incalza con un “Tweek, cazzo hai da sorridere?” e io puntualmente gli butto le braccia intorno al collo e scoccandogli un bacio sulla guancia gli rispondo

“Anche tu sei bollente?”

“Cosa?”

“Se vuoi posso rinfrescarti io…”mentre la mia mano scivola accidentalmente dentro i suoi boxer. A quel punto rinuncia a seguirmi, spegne l’opzione ‘fare la predica a Tweek’, attiva quella ‘farsi Tweek’ e poi…poi…diciamo che con mio grande piacere passiamo a fare altro.

Quindi, in conclusione posso dire che l’insonnia non mi causa più alcun problema, vivo bene con essa. Adeguarsi alle cose a volte non è male, ti aiuta a sopravvivere e a prendere le cose con positività, rendendole certamente più facili di quanto potrebbero sembrare. Una cosa è certa: sto bene con me stesso. E in fondo, non è questo l’importante?

 

Background: casa mia. Più precisamente, mi trovo nella mia camera, sotto le mie coperte calde e pesanti. Il paradiso per i dormiglioni, devo ammetterlo.

Peccato che io non lo sia.

Un raggio di sole rischiara l’oscurità della notte, facendosi lentamente strada sul pavimento. Lo fisso, com’è mia abitudine ogni mattina, mentre serpeggia verso le mie pantofole color caffè -avevate dubbi?- poste accanto al letto in attesa di essere indossate. Aspetto che le sfiori col suo calore naturale con estrema pazienza, pronto ad assumere le mie mosse ormai meccaniche e poi…

3…

2…

1…

Bip bip bip.

a)Spengo la sveglia con un gesto felino.

b)Mi alzo.

c)Indosso le mie bellissime pantofole.

d)Vado in bagno.

E infine, la parte che preferisco tra tutte della mia routine -Dio, quanto l’adoro!- mattutina. Il momento che aspetto con impazienza, l’attimo che mi procura tutte le energie che ho perso stando sveglio e che mi aiuta ad affrontare la giornata con…costanza. Scendo le scale a velocità supersonica (non chiedetemi dove trovo le forze perché non lo so) e mi fiondo in cucina come un bambino sui regali di natale la mattina del venticinque dicembre. Mia madre è già lì col suo grembiulino bianco, riordinando la cucina dopo la sua colazione.

“Buongiorno!” mi saluta con un sorriso smagliante, il suo solito sorriso mattutino insomma.

“Buongiorno” rispondo buttandomi sulla macchina del caffè. Ma una cosa decisamente strana balza al mio occhio: la caraffa è vuota.

“Che programmi hai per oggi tesoro?”

“Mmm…i soliti.”

“Oh, anche oggi studierai con Craig?”

Studiare?

“…sì…viene a casa anche oggi.” Gli rispondo distratto, in cerca della mia polverina magica dentro il mobile. Ma dopo l’ennesimo sportello aperto invano un dubbio atroce mi assale. Mille, mille sportelli aperti per scoprirci il deserto arido all’interno.

 “Mamma?”

“Sì?”

Dio…mi sta venendo l’ansia “Una curiosità: dove il caffè?”

“Oh, è finito caro.”

 

Tre parole.

Solo tre fottutissime parole per mettermi KO.

Quelle parole che non dovrebbero mai essere pronunciate in mia presenza.

Sento la gola seccarsi lentamente “Co-cosa…significa…è fi-fini…” non riesco nemmeno a dirlo…oddio, non riesco nemmeno a dirlo!

“Il fornitore è rimasto  bloccato a metà strada per la tempesta di neve di ieri sera. Infatti tuo padre è infuriato perché il negozio ha finito le riserve. Non sa come far…” Non riesco più a seguirla. Le sue parole si perdono nell’aria sempre più pesante. Vedo le sue labbra muoversi senza un senso compiuto, la sua voce improvvisamente muta sembra la chiave per farmi entrare nel mondo del panico più totale. Non…non capisco…sto per perdere i sensi, la vista mi si sta annebbiando…io…no…non può essere vero…oddio no….io…caffè…caffè…caffè caffè caffè…

Devo trovare del caffè!

Ok ok, cerchiamo di stare calmi e di ragionare. Sono in un giardino fatato, con solo la melodia del fiume e il cinguettio degli uccellini nell’aria…

Un’onda di tranquillità mi sfiora il corpo…

“…e…noi non abbiamo delle riserve in ca..?”

“No caro.”

…ed ecco lo tsunami di panico travolgermi.

“A-AH!”

“Tweek, calmati!Non dovresti essere così nervoso. Sai, dovresti dormire un po’ invece, le borse che hai sotto agli occhi non prospettano niente di buono.”

“A-AH!!!!” esco fuori dalla cucina con le mani incollate nei capelli. Oddio…non può essere vero…non può…

Mi dirigo in camera, mi metto una camicia, il primo maglione che trovo nell’armadio, giubbotto e tracolla. Poi mi guardo allo specchio. Il mio viso è peggio di quanto pensassi, peggio di uno zombie. Cosa c’è peggio di uno zombie?Ma soprattutto, esiste qualcosa peggiore di uno zombie?

Se non c’era prima, ora c’è.

Gli scrittori di film horror e fantasy saranno contenti. Presterò la mia immagine nel caso servisse loro. Tweek senza…senza…no, non ci riesco, mi sto sentendo male.

Striscio al piano di sotto come un ragno in agonia a cui hanno tagliato le zampe e che sta cercando disperatamente la salvezza. La mia salvezza…il caffè. Il caffè che…che non.. no, mi stanno per venire le lacrime agli occhi.

Chiudo la porta di casa senza neanche salutare mia madre, con la sensazione di una nuvola nera che avvolge la mia testa senza pietà, e lentamente mi dirigo verso….verso una parte del paese. Che direzione ho preso, destra o sinistra? Avanti o dietro? Sto andando dalla parte giusta? Sto andando a….dove sto andando?

Oddio…il mio senso dell’orientamento sta andando a farsi fottere…

 

Cammino. Cammino e basta. Cammino sul marciapiede (o così pare) barcollando leggermente, trattenendomi dal cadere, mantenendo un certo equilibrio, ma mi sento comunque come Goku da piccolo nel momento in cui gli avevano appena tagliato la coda. A me hanno appena privato del caffè, il mio sangue, la mia manna dal cielo. Come è possibile una cosa del genere?No…non è possibile che sia successo a…

“Hey Tweek!”

Sento qualcuno chiamarmi, una voce lieve che graffia la pellicola che mi isola dal mondo intorno a me, ma non vedo…

“Tweek?”

Mi giro con fare incerto. Un ragazzo con capelli brizzolati di un castano scuro e vestito per guidare un carro armato mi fissa con uno sguardo confuso. Ma la cosa che attira di più la mia attenzione è la sigaretta che tiene tra le labbra, e che, se è possibile una cosa del genere nelle mie attuali condizioni, per un attimo mi infonde un’onda di serenità.

“Ti senti bene?”

Senza pensarci annuisco con foga, lasciando che la mia testa si muova senza un controllo mentale. Lentamente riesco a prendere coscienza del posto in cui mi trovo. Devo aver camminato parecchio, circa tre isolati da casa, in un quartiere che ai miei sensi pare ancora familiare. Forse ho imbucato la direzione giusta. Però…ancora non riesco a comprendere esattamente chi sia questo ragazzo…

“Sicuro? Perché dai tuoi occhi stralunati non sembra proprio..”

Il suo accento francese ridesta i miei sensi “Chri…Christophe?”

“Oh bon! Non ti ricordi nemmeno il mio nome?C’est incroyable! Un mese senza andare a scuola e i tuoi compagni si dimenticano della tua esistenza!Dio, spero che tu ti stia godendo la scena con un bel pacchetto di pop-corn lassù, magari con una figa con le ali che ti stimoli le…”

“Cosa stai facendo?” gli chiedo notando la scatola dietro di lui.

Inizialmente pare infastidito  dall’interruzione del suo soliloquio  rivolto verso il cielo, ma  poi, sistemando la pala che tiene dietro di sé volge le attenzioni su di me.

“Stavo sistemando un conto in sospeso. Anzi, visto che ci sei mi aiuti. Il y a une chose que je dois faire absoluement, mais je ne peux pas tout seul. Tienimi questa.” Raccoglie la scatola dietro di lui e me la porge tra le braccia, senza che io possa replicare, anche perché, in verità ci ho capito ben poco. In questo momento non sono in condizioni di capire la mia lingua, in più se trovo Monsieur Pala Dietro La Schiena che mi parla in…cosa?..canadese?..fiammingo?..no, forse francese…insomma,  qualcosa di incomprensibile!..come spera che io lo capisca?

“Merci Mister Stralunato. Maintenant, basta che colleghi questo filo, con questo qui…non non, forse è quello lì…ok, parfait!”

“Chri…Christophe?” provo a distogliere la sua attenzione per un attimo, ma non pare funzionare. Oddio, sento il mio corpo essere assalito gradualmente da tremolii, l’esaurimento nervoso è alle porte. Chiudo gli occhi, cercando di trovare un attimo di pace dentro di me e far sparire il senso di nausea che mi  sta colpendo in questo istante. Sono in un giardino, un giardino fatato, melodia del fiume, cinguettio nell’aria…

“Christophe?”

“Oui, dis-moi mon ami.” Non so cosa voglia dire, ma lo prenderò come un sì.

“Cosa c’è dentro questa scatola?”

“Oh, niente di così pericoloso…”

Ahh, meno male.

“…soltanto un po’ d’esplosivo...”

“Cosa????”

“…quel cane fottuto dei vicini se lo ritroverà come cuscino cette nuit, così la smetterà di abbaiare e mordere le persone innocue che camminano per la strada. Cane bastardo…”

“A-AH!Riprenditela riprenditela!!!!”

“Ehi mon ami, calmati!Sembri un fottuto vibratore impazzito, smettila di muoverti sennò è peggio!”

“A-AH!Peggio?Cosa intendi per peggio?” Oddio, troppa pressione, non ce la faccio più. Sto per morire, penso di star per morire…

“Nel senso che..”

“No zitto!Non dirmi niente, non voglio saperlo. Toglimi solo questa roba dalle mani!!A-AH!”

“Ok ok!Cavolo, ricordami di non chiederti più…”

Scappo, scappo e basta. Corro come un pazzo, il più lontano possibile dal pericolo. Giro…vado dritto…giro di nuovo…oddio, dove sto andando?Cosa sto facendo?Dove sono????

Le gambe mi fanno male e l’ossigeno viene sempre meno. Ok, cerchiamo di non perdere la testa e ragionare!Non è possibile comportarsi così, devo stare calmo. Giardino fatato…melodia del fiume…profumo di caffè nell’aria…una mano sulla mia spalla…

Una mano su…A-AH!

“Tweek!”

“A-AH!”

“Cazzo Tweek, calmati!” due bellissimi occhi azzurri apprensivi mi fissano con estrema curiosità.

Mi guardo intorno in cerca del mio senso dell’orientamento perduto: un incrocio in questo momento a me sconosciuto, un semaforo rosso di fronte, macchine di persone dirette verso il loro ufficio che mi passano davanti.

“Stavi per buttarti sotto le macchine!Ma che ti passa per la testa???”

“Io…scusa Ken. Grazie per avermi salva…”

“Se vuoi suicidarti ci sono modi migliori per farlo, io posso farti un elenco!”

Cosa?

“Dai retta a me, morire sotto le ruote di una macchina è squallido e anche fuori moda. Hai mai pensato di procurarti del veleno?E’ certamente meno doloroso. Oppure che so…se vuoi essere diverso dagli altri e distinguerti anche nella morte, potresti sempre buttarti in una fossa con dei cobra all’interno” ci pensa su un attimo “Ma prima dovresti trovare i cobra, giusto. Peccato perché era allettante come idea. Trovato!Potresti rintanarti in una tana di lupi feroci…anche se qua penso che troverai i puma, sicuramente più disponibili dei lupi…”

Oddio..che sta dicendo?

“…sai cosa ti consiglio io invece?Una morte piacevole e in completa estasi. Non ti piacerebbe esalare il tuo ultimo respiro a letto con una pupa accanto che ti fa impazzire fino a mandarti all’altro mondo?Credimi, io l’ho provato. Cazzo…è stato mitico! La morte migliore che io abbia mai subito…”

Nel mentre del suo discorso squilibrato, un unico pensiero mi corre nella mente.

“A-AH!Lasciami andare!Non lascerò che tu mi uccida!”

“Eh?Ma cosa..”

L’omino verde si accende, dolce visione. Ed eccomi di nuovo a scappare, a correre all’impazzata in cerca della salvezza…della mia salvezza. Il mio adorato caffè...dove posso trovare del caffè in città?Oddio, ma perché diamine sono capitato in un paesino di montagna in cui l’unica caffetteria nei paraggi è quella di mio padre???Perché non sono nato in una metropoli come New York o San Francisco? Perché non sono nato nella metropoli del caffè???E perché diamine non esiste una dannata metropoli del caffè???Dio, se alla fine di questa giornata nefasta tornerò a casa intero in possesso di qualche neurone sano e in grado di ragionare, giuro su me stesso che creerò una capitale dedicata interamente al caffè!Mi vedo già camminare per quelle vie deliziose…via marocchino…via caffè con panna…viale sagra del caffè…piazzale mille chicchi….uhmm…mille chicchi…sbavo al solo pensiero di una tazza fumante di caffè, magari sorseggiata davanti ad un camino in un soggiorno caldo e accogliente, mentre la bufera di neve picchia alla finestra creando una piacevole melodia che concilia il sonno…sonno…riposo…cuscino…

La stanchezza comincia a farsi sentire. Rallento il passo col senso di nausea che non mi ha lasciato. Gli arti continuano a farmi male, il dolore corre alternato tra un muscolo e l’altro imperterrito, e il sapore di ferro invade la mia bocca come se al posto della saliva le mie ghiandole salivari stessero secernendo puro sangue  che farebbe la gola a qualsiasi vampiro che si rispetti.

 

Mi guardo intorno cercando di evocare in me tutta la tranquillità possibile immaginabile, ma la mia buona volontà di calmarmi svanisce nell’aria stagnante e sgradevole che riempie il vicolo in cui sono capitato. Lo spazio è angusto e la luce lieve, troppo lieve, con muri di un grigio incredibilmente scuro che restringono il passaggio sporco e impediscono ai raggi del  sole di entrare. Mi sembra di esser stato catapultato nella Londra grigia e monotona di Charles Dickens. Oddio, dove diamine sono finito??? Appoggio le spalle al muro sudicio trattenendomi dal tremare, e con la manica del giubbotto mi asciugo il naso leggermente raffreddato. Chiudo gli occhi, alquanto provato dalla corsa e da tutto il resto, ritrovandomi seduto sull’erba di un giardino fatato. Un campo fiorito si erge davanti a me, con piccole farfalle dolci e fragili che completano l’orgia di colori a cui assisto. I raggi del sole mi baciano calorosi il viso, e una lieve brezza primaverile mi abbraccia portando con sé una voce soave di buon augurio. Improvvisamente, nell’armonia del paesaggio, un piccolo passerotto si posa sul dorso della mia mano. Mi rivolge lo sguardo con fare amichevole, dunque io gli rispondo con un dolce sorriso, finché lentamente non vedo la sua espressione cambiare gradualmente, passare dallo stato spensierato a quello cupo e minaccioso.

In un attimo il suo corpo peloso si gonfia come una palla da baseball e gli occhi gli fuoriescono dalle orbite alla Willy il Coyote. “Shhhhhh!!!!!!Non fare rumore!”

Rialzo le palpebre agitandomi nel panico, e come c’era da aspettarsi sbatto la testa al muro.

“Ahi!”

“Shhh!!Per favore fai silenzio, calmati.” Una figura minuta e fragile con dei capelli biondi a caschetto mi fissa coi suoi occhi cristallini e supplichevoli. Oh cavolo! Dovevo aspettarmelo in fondo. Cos’è questa? La mattina degli incontri coi pazzi furiosi?  Sembra che li stia incontrando tutti io oggi! Prima un terrorista canadese, poi uno stupratore dai gusti perversi, ed ora, ora lui.

“O-Oliver Twist?”

Le sue guance si imporporano e prima che me ne accorga suoi occhi si riempiono di lacrime. Sono così copiose che mi danno l’impressione di nuotarci dentro, come una piscina che aspetta solo che qualcuno turbi quelle acque salate.

“O-Oli, cosa..?”

L’onda d’urto del suo abbraccio mi spalma completamente sul muro. Mi sento scosso dai suoi singhiozzi che freneticamente riecheggiano nel mio petto.

“N-non…non s-sono Oliv-ver T-Twist…”

“Ah..”

“..e p-poi..l-lui era castan-no..”

I sensi di colpa mi inchiodano all’istante“Ah, scusa…io non vol…”

“ ..no non hai ca-capito.”Alza il viso rigato di lacrime verso di me, con uno sguardo pregnante di gratitudine e felicità  “Gr-grazie p-per aver capi-pito che sono in-inglese.”

Solo questo?

“Ah. Ehm…figurati.”

Col poco fiato che riesce ad accumulare, in preda a singhiozzi e sospiri,  tenta di spiegarmi la sua reazione, a mio parere alquanto esagerata, anche se io, probabilmente, non ho il diritto di parlare in questo caso.

“S-sai, sin da q-quando mi so-sono trasferito q-qui a South P-Park….tu-tutti mi ch-chiamano franc-cese, m-ma i-io non ho m-mai capit-to i-il p-perché..”

Francese?Biondo?Piagnucolone?

“Pip?”

La sua testa annuisce così freneticamente che ho paura che possa staccarsi dal suo collo da un momento all’altro, le sue iridi celesti risplendono luccicanti sullo sfondo leggermente rosato.

“Ma..che ci fai in questo vicoletto buio? Non hai..paura?” il solo pronunciare quella parola mi provoca un tremore in tutto il corpo.

“Pa-paura?” tira su col naso per prendere tempo e ragionare “N-no, perché? E’ abbastanza accogliente.”

Mi guardo intorno: un cassonetto con la spazzatura che straborda ai lati e che  insudicia l’aria di sgradevoli odori organici, muri di un nero soffocante  che ti danno l’aria di un coperchio sulla tua testa, un terreno talmente squallido e appiccicoso che pare di avere le suole coperte di fango.

“Accogliente?”

Annuisce.

I gusti sono gusti.

“Pip, perché sei qua?”

“M-mi sto na-nascondendo.”

“Da chi?”

“D-Damien.”

Damien???Oddio no. Lui no, non voglio incontrarlo per nessuna ragione!E’ un…ragazzo?...che mi terrorizza a morte nei miei momenti di ‘sanità mentale’, non voglio nemmeno immaginare cosa potrebbe succedermi se lo vedessi in queste condizioni!Potrei bruciare nelle fiamme dell’inferno per l’eternità…A-AH!

“Stiamo gio-giocando a n-nascondino.”

“Capisco.” Mi libero con fatica dalla sua presa ferrea e mi dirigo verso la luce “Allora…vi lascio ai vostri giochi, eh?Ci vediamo, Pip.”

I suoi occhi da Bambi abbandonato mi bloccano prima che possa imboccare la via “Ti prego, se lo incontri non dirgli che sono qui.”

“Certo.” In cuor mio spero vivamente di non doverlo incontrare per alcuna ragione. Cammino finalmente sulle strade illuminate della città, coperte da un lieve strato di neve che sorride ai raggi del sole con brevi luccichii. Il traffico sembra essere scemato, ma gli occhi delle poche persone che mi sfiorano per strada non prospettano niente di buono, così minacciosi e arroganti. Persino un pupo mai visto mi ha fulminato con lo sguardo, pronto ad infilzarmi con il sonaglino! Ho paura di dovermi aspettare Roger Rabbit comparire dietro l’angolo da un momento all’altro con una frase tipo…

“Dammi la tua essenza”

No, non penso che direbbe così Roger Rabbit.

“Tweek…”

Un sussurro gelido e paralizzante.

Una mano fredda proveniente dalle profondità più nascoste dei ghiacciai nel mio bacino.

E il mio sangue si congela in puro cristallo rosso.

“..dammi la tua essenza”

Non riesco a muovermi, e per di più faccio fatica a pensare. E  come se mi avesse immobilizzato ogni funzione fisica e mentale con un solo, agghiacciante tocco. Il tocco di un ragno velenoso.

“Allora dimmi..”

Il mondo intorno a noi sfuma in un nero totale, il vuoto ci divora a tratti lenti e dilanianti, e quello che  riesco a sentire è solo il mormorio della sua voce e quello che riesco a vedere solo i suoi occhi rosso sangue. Troppo sangue, troppo rosso.

“…hai visto Pip da qualche parte?”

Provo a emettere un qualsiasi suono, ma non ho nemmeno la percezione delle mie corde vocali. Ciò che mi esce è solo un gemito. Strozzato.

“Oh, non sforzarti di parlare se non riesci, mio Tweek.”

La sua presenza si fa più vicina, il suo corpo è a un passo dal mio con mosse intrepide ed ammalianti. E le sue dita, ghiaccio al tatto, mi accarezzano sotto il mento.

“Non te lo aspettavi, eh?Lo so, sono abituato a questa reazione ormai. Faccio lo stesso effetto a chiunque. Ma io lo capisco, e devo ammettere che mi piace da matti.” Piega le labbra in un sorriso “E soprattutto, sarai contento di sapere che adoro anche i ragazzi trasandati.”

Il suo respiro sfiora le mie labbra, come la lama di una katana che taglia una foglia al vento.

E poi ancora sapore di sangue.

“Vuoi che ti doni la voce?”

“CAZZO!MERDA!”

Un urlo penetra il vuoto in cui eravamo inghiottiti, e la sua ragnatela viene lacerata. Il buio si dissipa, ricompare la vecchia strada conosciuta, le persone, il suono delle macchine, le nuvole che ora coprono il cielo.

L’espressione di Damien passa dalla malizia, allo stupore, all’irritazione e la sua morsa mi allenta.

“Chi è che osa disturba…”

“CAZZO!PUTTANA!PUTTANA!”

Il sangue riprende a circolarmi in corpo, ripulendomi dal veleno. Riprendo lentamente coscienza dei miei arti, e soprattutto, riprendo il controllo dei miei movimenti. Un’onda di calore m’invade e all’improvviso sento le ginocchia cedermi. Mi reggo al muro col respiro ansante, come se per tutto quel tempo avessi avuto il peso di una mano intorno al collo a recidermi l’ossigeno.

“MERDA!”

Anche se in preda alla tosse, riesco comunque ad alzare la testa. La pelle bianca del demone accanto mi acceca per un attimo, illuminata dalla luce. Focalizzo lo sguardo e scorgo un ragazzo biondo cenere dall’altra parte della strada. Mentre cammina la sua testa si muove a scatti, all’unisono con le sue esclamazioni improvvise, ignaro del demone accanto a me che ora lo fissa con assetato desiderio. Se fossi in lui starei attento. Vorrei avvisarlo del pericolo che sta rischiando con Damien che si avvicina sempre di più, ma non so come fare. Ho la gola secca come se avessi bevuto sabbia arida del deserto, non riesco ad emettere nemmeno una sillaba.

“Mmm…sei interessante.” lo sento rivolgersi al ragazzino.

“Co-cosa?CAZZO!TRAVESTITO DA STRAPAZZO!”

Il demone  lo fissa ammaliato, quasi in ardente ammirazione.

“Mi piaci. Come hai detto che ti chiami?”

Il biondo  assume un’espressione interdetta. Cerca di trattenere i balbettii con estrema difficoltà “Thomas.”

Un  sorriso tremendamente inquietante si disegna sul viso dell’altro, forse in risposta alle situazioni eccitanti che stavano comparendo nella sua mente perversa.

“Thomas.” Ripete con voce fredda, e a quel punto so già la sua prossima mossa. “Tu vieni con me.”

Prima che possa muovermi i due spariscono dalla mia vista, dalla strada, dal paese, e per quanto ne so io, dal mondo intero. Ma sono certo di una cosa: non vorrei mai sapere in che luogo sono capitati.

Mi sento il cervello bollire a cento gradi, quel poco di materia grigia che mi era rimasta sciogliersi completamente. Non sto bene e sinceramente, in questo momento ho solo voglia di dormire. Strano ma vero.

Quindi riprendo a camminare senza la minima consapevolezza di cosa stia facendo e di dove sia. Continuo a vagare per la strada, supero qualche isolato, finché un suono a me familiare non ridesta qualcosa nella mia mente. Mi fermo di colpo e come alzo la testa vedo un cancello grigio spalancato davanti a me. Decido di attraversare il vialetto ed entrare, cercando di evitare i ragazzi che mi sorpassano affrettati in cerca del loro armadietto. Che strano, che stanno facendo? Perché sono agitati? Perché quelle facce frustrate? Perché quelle espressioni stanche?

I miei punti interrogativi si perdono nel vuoto, motivati dal chiasso che riecheggia nelle pareti. Troppo rumore, troppa gente. Non ci riesco, devo uscire da qui, devo…

“Hey!” una mano mi tocca la spalla e per poco non tocco il soffitto con un balzo.

“A-AH!”

“Ehi stai calmo!Non ho alcuna intenzione di piantarti un coltello nella pancia!Passato una nottataccia?”

“Io…io…” un ragazzo castano, con occhi grandi e snello mi rivolge un’occhiata dall’alto verso il basso estremamente confusa.

“Scusa ma chi ti ha vestito stamattina?Teddy bear? Almeno ti sei visto allo specchio prima di uscire?”

Muovo la testa in segno di negazione.

“Me ne sono accorto. La prossima volta ricordati di toglierti i pantaloni del pigiama e di metterti un paio di jeans, magari anche con delle scarpe da tennis invece delle pantofole. Ma che ti è successo?”

 “Io…” mi guardo intorno disorientato ai limiti dell’esasperazione “Chi sono io?”

“Eh? Come chi sei? Tu sei…” si blocca un attimo incerto, poi riprende. Ma nei suoi occhi posso scorgere un leggero entusiasmo che prima mancava “…Clyde!”

“Clyde?”

“Sì certo!Clyde, come fai a non ricordarti nemmeno il tuo nome???” mi passa un braccio intorno alle spalle e continua in tono confidenziale “Mio Dio, non dirmi che hai passato di nuovo la notte a bere e scopare con la tua ragazza dal corpo mozzafiato!Non ricordi che hai un’interrogazione di chimica da fare?Spero che tu abbia studiato almeno gli ultimi due capitoli che ci aveva assegnato la volta scorsa, sai com’è fatta quella professoressa. Gli alunni che non studiano non sono ben visti da lei. Dovresti…”

“Hey ragazzi!”

Il ragazzo castano mi slega dal suo abbraccio“Ah…Craig, ciao!”

“Che si dice?”

“Ah, niente di che. Stavo giusto giusto raccontando al nostro amico qui presente cos’ho fatto ieri. Ma sai..le solite cazzate…non è vero?” mi sollecita a rispondere con una pacca amichevole sulla spalla, ma io non gli do retta. Non penso di poter dare retta a nessuno in questo momento. Al solo percepire il suo profumo leggermente impregnato di nicotina, i suoi occhi scuri e misteriosi ora posati su di me e la sua voce bassa e morbida tremendamente affascinante m’immobilizzo.

“Che ti stava dicendo?”

Lui. E’ lui. Il suo nome accarezza dolcemente ogni mio nervo come un musicista con le corde della sua chitarra.

“Craig!”

“Sì, sono contento che ti ricordi il mio nome ma..cosa..?” gli butto le braccia intorno al collo senza nemmeno lasciargli il tempo per realizzare, in preda ai singhiozzi. Le sue braccia mi stringono forte facendomi sentire al sicuro.

“Clyde, cosa gli hai fatto?” sebbene non possa vederlo in faccia, la sua voce dura disegna nella mia mente l’immagine di lui con occhi ostili e minacciosi.

“Io?Assolutamente niente!Perché credi che gli abbia fatto qualcosa?”

“Lo sai che non serve raccontarmi balle, ti spacco il culo se non mi dici che cazzo gli hai fatto.”

“E dopo che te lo dico?Che fai?”

“Ti porto in ospedale e poi te lo spacco di nuovo.”

“Ehi amico calmati!Io non gli ho fatto un cazzo!Stava vagando in queste condizioni per il corridoio già prima che io arrivassi, non te la prendere con me!”

“…caffè..” mormoro.

Il suo dito passa sotto il mio mento in una carezza e attraverso il velo appannato mi ritrovo a fissare i suoi occhi belli e accoglienti “Cos’è successo?” la sua voce è così calda come il caffè appena fatto, se è possibile una cosa del genere.

“N-non c’era caffè a casa, co-così sono uscito e un terrorista mi ha chiesto di aiutarlo ad uccidere un cane, poi gli occhi azzurri volevano darmi in pasto ai puma, Oliver Twist voleva che vivessi con lui nel cassonetto e poi…poi…”tiro un grosso sospiro al solo ricordo di Damien. “..Craig, sono tanto stanco…”

“Povera Dorothy, e le scarpette rosse le hai perse durante il viaggio?Ahi!” esclama in risposta al calcio di Craig “Cazzo, ma che ho detto?”

“Non perdere tempo a chiederti cos’hai detto e pensa più che altro al perché hai parlato. E’ ciò che mi chiedo ogni volta che lo fai. Prestami la tua macchina.”

“Perché dovrei?”

“Perché così accompagno Tweek a casa e ti rendi un po’ utile invece di sparare cazzate a raffica.”

“Un per favore sarebbe carino qualche volta.”

“Ma ti sembra il momento di fare scenate?Dai, dammi le chiavi.”

“La gentilezza non si nega mai a nessuno.” Persiste l’altro impassibile.

I suoi occhi non si scrostano dal castano nemmeno per un secondo. Sento il suo corpo irrigidirsi sempre più. Sembra quasi che ogni sua cellula voglia sbattergli la testa al muro e rubargli le chiavi dalla tasca. Tutto questo sempre con la solita disinvoltura che lo contraddistingue, ovvio. Eppure sta fermo, tenendomi stretto a sé per non farmi cadere.

“Per favore, per piacere, dammi quelle cazzo di chiavi.”

“Visto?Ci voleva molto mister ‘mi chiamo Wolf e risolvo problemi’?”

“Lascia stare, ci vediamo dopo.”Prende le chiavi e mi trascina con sé fuori dalla scuola. Ma come c’incamminiamo verso la macchina, dei passi dietro di noi attirano la nostra attenzione.

I lineamenti di Craig s’induriscono.

“Clyde, cosa stai facendo?”

“A te che sembra?”

“Che ti stia dirigendo al patibolo.”

“Non potete lasciarmi qua, se entro in classe la professoressa mi ucciderà con lo sguardo senza che io abbia detto una parola!”

Apre lo sportello e mi fa scivolare dentro.

“Se vuoi essere salvato fingi almeno di essere preoccupato per Tweek.”

“Chi ti ha detto che non è così?Che razza di amico pensi che sia?” risponde con una smorfia indignata.

Craig tira un sospiro esasperato“Entra in macchina e stai zitto.” taglia il discorso sfoggiando il suo sguardo silenzioso che vale più di mille parole, ricordandomi il perché lo trovo così tremendamente affascinante.

Un volta tutti dentro accende il motore e aspetta che si riscaldi, avvolgendomi accuratamente la cintura di sicurezza. A poco a poco il tepore comincia ad aumentare, mentre fuori dei fiocchi di neve leggeri si sciolgono sul finestrino. E improvvisamente tutto il peso di quegli eventi mi assale le palpebre, costringendomi a chiudere gli occhi.

“Tweek”  una carezza calda sulla guancia mi trattiene ancora un po’ nella realtà. “Riposa un po’, nei hai bisogno.”

Bisogno.

Già, penso di averne davvero bisogno.

E’ una cosa che ho sempre saputo, ma a cui non ho mai dato importanza. Che senso aveva dormire o meno? Io stavo bene comunque, fintanto che avevo il mio perno.

Eppure ora…ora mi sembra una cosa essenziale, riposare. E più sento il profumo di lui addolcirmi, più la mia mente sprofonda nell’oblio.

Forse diminuire le dosi del caffè non è una cattiva idea. Non dico di escluderlo dalla mia vita, questo mai! Solo...berlo quando è strettamente necessario. Penso di riuscire a sopravvivere anche con poche tazze al giorno. E poi sinceramente, sono stanco di guidare in una superstrada senza orizzonti. Voglio solo riposare in un soggiorno caldo e accogliente, con la bufera di neve che picchia sulla finestra e che concilia il sonno con lui accanto, la mia salvezza dal caffè. Non voglio più essere schiavo dell’insonnia, e non voglio nemmeno vivere nell’abitudine per doverla sopportare. Voglio prendere in mano la situazione, e avere qualche ora di meritato riposo quante volte mi aggrada. E’ ora di voltare pagina, e di dire addio alla stanchezza.

Sì, è il momento di riposare un po’.

 



 Mio commento personale side:

Ok…ehm, non so cosa dire esattamente su questa fiction. Come al solito, non sono molto soddisfatta del mio operato, ho dovuto ricontrollarla spesso e ancora non sono sicura di aver eliminato tutti gli errori. Comunque, mi affiderò ai vostri giudizi, ditemi voi ^_^

Allora…questa fiction mi è venuta in mente un pomeriggio –esattamente un mese fa XD- mentre ero coricata sul letto ad ascoltare musica, in cui mi rifiutavo  categoricamente di studiare letteratura inglese. E proprio in quel momento pensavo: ‘cosa potrei regalare ad Arisu per il suo compleanno?’ E mentre il gatto mi metteva la coda in faccia (no, non è una metafora, mi ha messo davvero la coda in faccia XD) ho avuto il colpo di genio ‘Giusto!Perché non fare una fiction con Tweek che esce fuori di testa e incontra tutti i suoi personaggi preferiti –tranne Kenny, quello ce lo aggiungo io perché lo amo-?’ Ed ecco il risultato XD

Appena l’idea mi è corsa nella mente mi sono messa subito al lavoro, contavo di farla breve  e di finirla in una settimana soprattutto perché beh…il suo compleanno era il 29 Dicembre XD Quindi avrei dovuto anche sbrigarmi, ma non ho contato il fattore ‘allunghiamo la fiction’ che mi tormenta ogni santa volta che incomincio un racconto. Certe volte non lo sopporto proprio. Comunque un altro motivo del mio imperdonabile ritardo è stato anche l’esame di letteratura inglese che mi ha impedito di dedicarmi alla fiction per un bel po’ di tempo.

Scusa Arisu, mi spiace di averci messo così tanto tempo T__T

In ogni caso, spero che vi sia piaciuta, ringrazio già chi avrà modo di commentare e soprattutto di leggere la fiction. Graziu *_*

  
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