Nick:
Rinalamisteriosa
Titolo:
Con costanza, impegno, energia e passione
Fandom:
Uta no Prince-sama
Personaggi:
Ryuuya Hyuuga, Un po’ tutti
Eventuale
coppia:
///
Prompt
usato:
84 - Graffi
Introduzione:
La bicicletta andava diritto, lo portava
per un po’, traballava, si inclinava, lo faceva
cadere.
Lui
aveva abbastanza perseveranza e buona volontà per insistere, per domarla, per
padroneggiarla.
Presto
avrebbe imparato a starci in equilibrio, a montarla senza mai cadere e allora
sarebbe diventata il suo fidato mezzo di trasporto per recarsi
ovunque…
Eventuali
note:
Come promesso, malgrado l’ispirazione altalenante, malgrado il caldo afoso che
dà alla testa in un modo fastidioso, eccomi di ritorno con una raccolta
introspettiva tutta dedicata a Hyuuga-sensei.
Si
tratta di pensieri sparsi che ho scritto in questi mesi e a cui sto cercando di
dare un senso riunendoli in brevi o lunghe one-shot.
Ci
saranno due in cui lo vedrete bambino, due in cui sarà un adolescente un po’ più
ribelle (come è giusto che sia ^^) e
nelle ultime giovane adulto, quindi come lo conosciamo.
Questo
perché quando io decido di studiare un personaggio preferisco partire
dall’infanzia, altrimenti mi perdo e non riesco a coglierlo come vorrei
xD
Naturalmente
compariranno altri personaggi.
Spero
che questo primo capitolo vi piaccia, anche se vi avverto, gli aggiornamenti saranno lenti per avere tutto il tempo di raccogliere decentemente i vari spunti =)
Disclaimer:
I personaggi citati non mi appartengono e non ho scritto a scopo di
lucro.
*
1.
Hyuuga
Ryuuya
~ Infanzia
~
Pieno di graffi
C’erano
una volta un bambino testardo di nome Ryuuya e una bicicletta
nuova.
Gliel’avevano
regalata i suoi genitori per il settimo compleanno, anche perché a scuola si
comportava in modo corretto ed esemplare, frequentava il primo anno delle
elementari e i maestri lodavano il suo impegno costante
nell’apprendimento.
Mentre
soffiava sulle candeline accese, il suo pensiero corse impaziente al regalo
appena ricevuto quella sera del quindici maggio, con la convinzione che nel
pomeriggio del giorno seguente si sarebbe dedicato interamente ad
esso.
E
così era stato, dopo l’esplorazione intrapresa alla ricerca di un posto adatto
in cui esercitarsi si era fermato nei pressi del parcheggio vuoto di un cantiere
abbandonato, a soli due isolati da casa.
Era
stato davvero fortunato ad averlo trovato, infatti lì nessuno l’avrebbe
disturbato durante gli innumerevoli tentativi di controllare il suo “regalo”.
La
bicicletta andava diritto, lo portava per un po’, traballava, si inclinava, lo
faceva cadere.
Lui
aveva abbastanza perseveranza e buona volontà per insistere, per domarla, per
padroneggiarla.
Presto
avrebbe imparato a starci in equilibrio, a montarla senza mai cadere e allora
sarebbe diventata il suo fidato mezzo di trasporto per recarsi ovunque – a
scuola, in palestra, a fare le commissioni al posto della madre quando lei non
poteva.
Pensava
che imparare ad andare in bicicletta non fosse così difficile, perciò aveva
rifiutato qualsiasi aiuto esterno.
Aveva
solamente sette anni, eppure mostrava già una certa ostinazione, una
testardaggine che poteva tranquillamente tenere testa a quella di un
adulto.
Guardava
gli altri bambini più grandicelli usare quel mezzo di trasporto e li ammirava,
voleva imitarli a qualsiasi costo.
Perciò
a cinque anni aveva abbandonato il triciclo, ritenendolo semplice, lento e
noioso in confronto.
Dopo
l’ennesima caduta pestò i pugni sul selciato e strinse i
denti.
Era
arrabbiato, frustrato e la sua incapacità faceva più male dei graffi alle gambe
agili e della sbucciatura sul ginocchio destro.
Si
chiedeva dove avesse sbagliato… Forse il suo scatto era stato incerto, forse
aveva messo fretta sui pedali una volta che aveva pensato di trovare il giusto
equilibrio, la rotella aveva girato, però proprio in quella frazione di attimi
il suo corpo si era sbilanciato prima da una parte e poi dall’altra, fino alla
caduta inevitabile.
Si
guardò il gomito notando che anche lì si era procurato un graffio lungo e
obliquo.
E
che proprio sotto la manica della t-shirt sporca di terra il braccino magro era
segnato da un livido violaceo, simile a quello comparso sul polpaccio
sinistro.
All’ometto,
tuttavia, parve che ferire la pelle fosse il prezzo da pagare per riuscire nella
sua impresa, che le cose belle non si raggiungevano senza nessuno sforzo, cosa
che non lo scoraggiò affatto, anzi rianimò i suoi occhi blu di una luce diversa,
di una maggiore ostinazione.
Ryuuya
aveva appreso una lezione importante tutto da solo, pensò guardando di sbieco la
bici riversa a terra, con il sellino, il manubrio e le ruote bordate di nero,
con la struttura arancione.
La
ruota anteriore stava ancora girando, ma sempre più
lentamente.
Prima
si alzò e corse a sollevarla dal suolo.
Per
l’ennesima volta la scavalcò, si sedette sul sellino, impugnò i
manubri.
Poi
riprovò.
Ricadde
soffocando uno strillo.
Riprovò
ancora e ancora, stringendo i denti, con le gocce di sudore che scendevano dalla
fronte disordinata al collo ben teso.
E
a furia di acquisire dimestichezza con i freni iniziava a sentire male anche
alle dita.
Ritentò
fino al tramonto, quando finalmente trovò un certo equilibrio e riuscì a
fermarsi prima di cadere.
Quando
infine sua madre venne a prenderlo per la cena, il piccolo Ryuuya la pregò ad
alta voce di fermarsi a qualche metro di distanza e la raggiunse pedalando,
mostrandole i suoi progressi con un sorriso soddisfatto.
Non
si sentiva ancora completamente sicuro, ma almeno non sarebbe precipitato più a
terra.
Si
aspettò che fosse orgogliosa di lui, però in realtà la donna, che nell’aspetto
gli somigliava tanto, non poté nascondere una sincera preoccupazione alla vista
delle condizioni pietose del figlio.
Era
sudato, sporco, affaticato, pieno di lividi e di graffi.
Evidentemente
lei considerò più importante che la seguisse velocemente per farsi disinfettare
i vari segni con la cassetta del pronto soccorso, era una mamma dopotutto, ma
lui mise comunque un broncio risentito e trascinò la bicicletta domata sulla strada fino al
cancelletto, ed entrando la ripose in giardino, accanto
all’innaffiatoio.
Ricordo
ancora il disinfettante che bruciava, i cerotti che nascondevano i graffi, la
fetta di carne già tagliata a pezzi che gustai durante la cena, ma ciò che
ricordo con più piacere è la palese contentezza di aver mosso i primi passi
che mi avrebbero spinto a
realizzare altri ambiti traguardi, nello studio, nello sport, nella musica e
soprattutto nella recitazione.
Ancora
ero molto piccolo e non potevo saperlo, ma nel mio futuro la costanza,
l’impegno, l’energia e la passione sarebbero state necessarie per conciliare
tutto. E per ottenere qualunque cosa.
***
Grazie
in anticipo a chi legge e apprezza in qualche modo!
Di
nuovo grazie a Starishadow, a Lyel e a pinky_neko per aver commentato la
storiella su Ringo e Haruki ^^
**Raccolta partecipante
alla challenge senza scadenza “100
% prompt to write about them”**