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Autore: CappelloParlante    26/07/2015    1 recensioni
Alessandro ed Elisa non hanno nulla in comune se non l'odio per i ristoranti croati e per i calzini di spugna. 100 capitoli, 100 incontri casuali nei posti più disparati per far capire ai nostri personaggi che, forse, se il destino cerca di farli incontrare con così tanto impegno, qualche ragione ci sarà.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Prima che la ragazza con il cappello a pois arancioni rovesciasse una tazzina di caffè bollente sul ragazzo con una improbabile maglietta rosa, stava andando tutto, se non a gonfie vele, almeno in modo decente. O, almeno, per il ragazzo. Perché elisa stava passando una giornata fantastica tanto quanto un dito nell'occhio. Ci sono poche volte nella vita in cui puoi dire senza nemmeno un ripensamento che sei nella merda fino al collo. Ed elisa, in quello schifoso bagno dell'autogrill, poteva dire con assoluta certezza di starci affogando. Nella merda, non nel bagno dell'autogrill, anche se in realtà la differenza non era poi molta. Aveva passato le ultime fantastiche tre ore e mezza a guidare e, contemporaneamente, a buttare giù a sua madre che continuava a chiamarla per chiederle tra quanto sarebbe arrivata a casa di sua nonna. Poi, come era ovvio che sarebbe successo, non aveva più retto. Insomma, non aveva una vescica di ferro, nonostante quello che dicesse Aliana, e si era scolata una bottiglia d'acqua da litro durante il viaggio. Si era fermata così al primo autogrill e si era catapultata nel bagno armata di salviette disinfettanti e amuchina, ossia tutto ciò che serve per sopravvivere nei bagni delle stazioni di servizio Italiane. Senza descrivere lo scenario orribile che trovò nei primi cinque gabinetti, fu sollevata di trovare il sesto pulito. O, almeno, senza macchie bagnate a terra di dubbia provenienza. Era certa di avercela fatta quando tirò lo sciacquone. Non aveva fatto i conti, però, con un vecchio è saggio proverbio che dice che ,se il bagno di un'autogrill è decente, allora ci sarà di certo qualcos'altro che non funziona. Poteva essere la catena o il rubinetto del lavandino. Nel caso di Elisa, come fu agghiacciata di constatare, era la maniglia della porta.


****************


Alessandro credeva che avesse toccato il fondo quando, a tredici anni, aveva dovuto indossare un pannolone (ovviamente quelli enormi per vecchietti incontinenti) perché aveva perso una scommessa con il suo compagno di banco. Ma quanto si sbagliava. Entrò nell' autogrill con passo spavaldo, nonostante si capisse che era in imbarazzo dal rossore diffuso sul viso. Infatti, la maglietta che indossava sotto al felpone grigio non era propriamente la classica vecchia maglietta stinta con qualche scritta in inglese. Anzi. Era una maglietta striminzita che impediva ad Alessandro quasi di respirare, oltretutto di una sgradevole tonalità di rosa acceso, colore che Nicoletta avrebbe probabilmente classificato con un nome lungo come la muraglia cinese, ma che per Alessandro restava, comunque, uno schifoso rosa shocking. Decisamente orribile e decisamente da femminuccia. Se solo non avesse avuto tutti quei brillantini sparsi sul tessuto,magari non sarebbe stata così visibile. Ma, purtroppo, la maglietta era munita di brillantini e pailettes varie. E Alessandro avrebbe voluto decisamete sotterarsi dalla vergogna. Tutta colpa di Simone, quel coglione del suo migliore amico. Perché sapeva benissimo che non avrebbe dovuto provocarlo chiedendogli se aveva il coraggio di mettersi la maglietta smessa di sua sorella di nove anni, mentre Alessandro era un po' troppo ubriaco e un po' troppo euforico per tirarsi indietro - Alessandro si appuntò mentalmente di evitare sbronze epiche per almeno qualche settimana-. Sbuffó mentre un bimbetto lo indicava ridendo alla madre. Avrebbe fatto meglio a tenersi la sete e a restare in macchina. Mentre andava verso il bar e tentava di ignorare le risatine incontrollate di un anziano che si comprava il giornale, sentì una voce che gli sembrava familiare alle sue spalle. Si voltò appena in tempo per vedere uscire dal bagno delle donne due ragazze. La prima indossava la divisa dell' autogrill e aveva in volto una smorfia mortificata, la seconda, invece, portava un improbabile cappello ed era letteralmente furiosa. "E se lei non mi avesse sentito urlare da dentro al bagno che sarebbe successo? eh? Sarei morta incastrata tra la tazza del gabinetto e lo scovolino?". Chissà per quale ragione, Alessandro sentì nelle narici un dolce profumo di limone.


****************


Elisa lasciò perdere le scuse balbettate dalla ragazza dell' autogrill, in fondo non era colpa sua. Effettivamente non era colpa di nessuno, ma guardando l'orologio scoprì con un colpo al cuore che doveva essere da sua nonna in meno di venti minuti, e che effettivamente le avrebbe fatto comodo qualcuno da incolpare. Magari i bagni, le autogrill in generale, se stessa, sua madre (che le aveva lasciato trecentonovantaquattro messaggi nella segreteria telefonica) o quel vecchietto che rideva mentre leggeva il giornale. Optò saggiamente di lasciar perdere. Cammimò velocemente verso il bancone del bar, dove un ragazzo parecchio alto con una felpa enorme grigia stava bevendo qualcosa dandole le spalle. Mentre ordinava un caffè parecchio forte si ritrovò a pensare che i capelli del ragazzo accanto a lei le ricordavano quelli di qualcuno che conosceva. Non riusciva nemmeno a vedere il volto del proprietario di quella chioma nera e scompigliata così smise di allungare il collo verso il vicino lasciando perdere la questione. Quando ebbe la tazzina fumante tra le mani inspiró il forte odore del caffè e la avvicinó alle labbra. Stava prendendo un piccolo sorso quando sentì una mano posarsi sulla sua spalla. Non aspettandoselo, fece un balzo alto quasi tre metri e rovesciò il contenuto della tazzina addosso al ragazzo di fianco a lei che le aveva fatto prendere un colpo. Alzò lo sguardo, divisa tra la collera contro quel tizio per averle fatto cadere il caffè e il dispiaciuto per averlo macchiato, quando incontrò due occhi nocciola che le pareva di avere già visto, esattamente come per i capelli. Il ragazzo distolse subito lo sguardo da lei, fissando senza espressione la maglietta striminzita e rosa shocking (rosa shocking!) che indossava "Mi dispiace!" balbettò elisa, prendendo dei fazzoletti dal bancone per aiutarlo. Il ragazzo alzò il capo verso di lei. "Tranquilla, mi hai fatto solo un favore, magari adesso il rosa si nota meno...e comunque sono stato io a farti prendere un mezzo infarto, scusami" Le fece un bellissimo sorriso mentre accettava il fazzoletto che lei gli porgeva. Elisa, però, non riuscì a sorridere, perché si era ricordata in quel momento di due occhi nocciola uguali a quelli del ragazzo visti in un reparto surgelati parecchio lontano da lì. Alessandro gettò il fazzoletto in un cestino e riportò lo sguardo su di lei "In realtà è una cosa stupida, davvero, non so nemmeno perché ti ho fatta girare, è che...beh, ero certo di averti già vista" Elisa sgranó gli occhi e arrossí, perché d'un tratto si era ricordata tutto e rivelargli come si erano incontrati- o meglio dire scontrati- mesi prima era piuttosto imbarazzante. Al ricordo le braccia le parvero prudere di nuovo. Ma come diavolo era possibile incontrare di nuovo lo stesso ragazzo in quell' autogrill sperduta dopo tutto il tempo in cui non l'aveva più visto? Era tutta una questione di sfiga nera, con la quale elisa conviveva da secoli. Le balenó per un attimo l'idea di negare tutto e dirgli che non si erano mai visti prima, ma chissà per quale motivo della psiche umana, era certa che mentire a quel ragazzo allampanato l'avrebbe fatta sentire un verme strisciante. Sospiró facendosi coraggio."Si, hai ragione...ci siamo già visti...un po' di tempo fa, in un supermercato. Io...ecco...ti sono caduta addosso, o forse tu mi sei caduto addosso, non l'ho mai capito...non che io ci abbia più pensato, eh! assolutamente...ma non è successo nulla, cioè, cosa doveva succedere, no? nulla, assolutamente nulla. Eri mezzo ubriaco, è per questo che non ti ricordi niente...ma so che tu ti...beh, tu ti chiami Alessandro, me l'hai detto quella sera" mormorò in imbarazzo, abbassando lo sguardo. Alessandro fece una faccia pensierosa, tentando di ricordare quella giornata, ma, evidentemente, ci rinunciò, perché scosse le spalle sorridendo di nuovo. Elisa si stava decisamente abituando troppo a quel sorriso fantastico. "No, non mi ricordo" ammise sincero, mentre Elisa si malediva mentalmente per i suoi pensieri incoerenti e insensati " mi dispiace, ma dovevo essere parecchio ubriaco per non ricordarmi di una ragazza come te" le disse sornione con un mezzo sorriso. Elisa si incendiò fino alla radice dei capelli per quella battutaccia da scaricatori di porto e decise che era ora di tagliare la corda e di mettere fine a quella sfilza di figure mortalmente imbarazzanti. "Grazie, sei gentile" gli sorrise nervosa "Adesso devo andare, mia nonna fa 86 anni e devo comprare una torta per diabeti-" arrossí per le sue parole, non riusciva mai a mettersi un freno. E, sopratutto, non faceva altro che comportarsi come una quindicenne frustrata quando era nei paraggi Alessandro. "beh, non credo che ti possa interessare"sussurró tesa, tentando una risatina poco convinta. Senza guardarlo si voltò verso la cassa e pagò il caffè in tutta fretta. Non vide, così, il sorriso allegro smorzarsi sul viso di Alessandro, ma notò di sfuggita quella tremenda maglietta rosa fluorescente che Alessandro indossava. Mentre entrava in macchina il più velocemente possibile, con l'impressione di avere due occhi puntati sulla schiena, l'unico pensiero che riuscì a formulare fu chiedersi se, magari, Alessandro non fosse un pochetto effemminato. Beh, anche se fosse stato, a lei di certo non sarebbe importato per niente, propio no.

   
 
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