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Autore: Owlfiction    26/07/2015    0 recensioni
Una catena di morti che si estende dai primi del '900 fino ai giorni nostri.
Una paura che riesce ad annullare lo stesso desiderio di vivere.
Un tipo di amore che ha superato la morte.
E un gruppo di normali ragazzi, o almeno, normali quanto possono esserlo cinque adolescenti americani in viaggio verso la East Coast, che vengono costretti ad una sosta vicino ad un bosco dal guasto del motore del camper. La cosa sembra un semplice evento sfortunato, all'inizio, fino a quando una strana figura non comincia a fare la sua apparizione nei dintorni, nel momento in cui i ragazzi trovano uno strano foglio bianco, con sopra scritto "Aiutatemi".
Ma Ian Diswarden sa che non è tutto frutto della loro immaginazione, perché lui, quell'uomo, lo aveva già visto in sogno. Era stato messo in guardia da qualcuno che non era riuscito a comprendere appieno, e adesso si ritrova portatore delle uniche speranze di salvezza dei suoi amici. Ma per sopravvivere dovranno cercare di vincere un gioco in cui non sono loro a dettare le regole, in cui sono solo pedine.
Perché Lui guarda sempre, ma non ha occhi.
Genere: Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 11
 
Redenzione

-È ancora qui?- si preoccupa Amy, guardandosi intorno.
-Sì.- confermo, facendo un cenno col capo nella direzione dove giace il fantasma -Adesso però non può più fare del male a nessuno.
-Però adesso devi dirci come hai fatto a capire che bruciare le pagine ci avrebbe salvato il culo.- insiste Richard.
Sorrido ancora. Mi sento sempre bene dopo essere scampato alla morte.
-Non è stato facile.- ammetto -Quando ho visto che le pagine si danneggiavano quando lui veniva ferito, ho messo insieme le tessere del puzzle. Quegli otto fogli erano una vera e propria parte di lui, dove aveva rinchiuso ciò che in lui era ancora umano, ciò che ricordava il dolore per James.
-Abbiamo dovuto usare anche un po' di energia spirituale per bruciarli- continuo -però facendolo abbiamo restituito alla sua mente il senso di colpa, e gli abbiamo tolto il suo gioco, cioè la sua protezione dal suo stesso dolore.
-Se togli il tesoro non puoi più organizzare una caccia al tesoro.- commenta Amy -Chiaro.
Richard le lanciò un'occhiataccia che stava a dire che non era così chiaro come lei sosteneva.
-Diciamo che hai avuto fortuna ad ammazzarlo.- propone Richard, cercando un compromesso.
-Non l'ho ucciso.- lo correggo -Ho distrutto la sua maschera, ma lui è ancora qui.
Guardo di nuovo l'uomo, fermo nella stessa posizione in cui l'ho lasciato, immobilizzato dal sigillo di Light. Probabilmente, se quel sigillo non ci fosse lui non si smuoverebbe lo stesso. Quello che era riuscito a dimenticare per tanto tempo ora lo sta perseguitando di nuovo, ed è questo a renderlo di ghiaccio, sia fuori che dentro.
-Datemi un secondo.- richiedo loro.
-Cosa vuoi fare?- domanda Richard.
-Cercare di farlo passare oltre.- rispondo, avvicinandomi alla figura a terra.
M'inginocchio. Adesso Slender è diventato come più piccolo, formando una figura curva, collassata sulla sua stessa altezza. Nessun colpo mentale accompagna la sua immagine, ora, né l'uomo cerca di agguantarmi, né si dibatte nel sigillo.
-Te l'avevo detto- gli parlo -che nemmeno tu vuoi vivere così.
Slender non si muove.
Una mano che si poggia sulla mia spalla mi interrompe. Giro la testa per vedere Richard abbassarsi di fianco a me.
-Senti, Ian,- comincia, titubante -io ci ho pensato e... non credo di volere che tu lo faccia.
-Cosa non vuoi che io faccia?- domando sorpreso.
-Cercare di dargli pace!- continua, con più sicurezza -Insomma, hai pensato a quello che lui avrebbe fatto a noi se ci avrebbe presi?! E a quello che ha effettivamente fatto?! Si merita di restare qui a marcire, e di certo non si merita il tuo aiuto.
Rimango spiazzato. Mi era sembrato ovvio chiudere la faccenda una volta per tutte, ma forse ero solo rimasto condizionato dai ricordi del mostro che avevo visto attraverso le pagine.
-E tu cosa ne pensi?- chiedo ad Amy.
Quando scuote le spalle i suoi capelli catturano il bagliore del sole. Non pensavo che avrei mai rivisto il mondo attraverso la luce naturale del giorno, e probabilmente nemmeno Rachel lo pensava, dopo tanto tempo chiusa in quella fabbrica.
Pensare alla sorella di Amy mi fa realizzare che lei è ancora qui, legata allo Slender, seppur solo perché sua nemica.
-Non lo so.- ammette -Non si merita il tuo aiuto, questo è sicuro. Però Ian, se non glielo concedi...
Lotta contro pensieri contrastanti, lo capisco dalla sua espressione.
-Un'eternità di dolore.- sbotta infine -È a questo che lo condanneresti, ad un'eternità di dolore. Non sono sicura che qualcuno, chiunque sia, possa meritarsi questo. Forse è meglio mandarlo via e basta,
dopotutto, per quello che ne sappiamo, equivale a morire di nuovo.
-Non sono d'accordo col tuo “chiunque sia”.- protesta Richard.
Mi guardo attorno. Le anime che servivano il mostro sono quasi tutte scomparse, a differenza di quelle che lo combattevano, che sono rimaste, per assicurarsi che lo Slender Man non possa rialzarsi. Christofer non si vede da nessuna parte, ma ho la sensazione che non sia lontano.
-Se lo lasciamo qui, tutti quelli che ci hanno aiutato resteranno per bloccarlo, e loro non se lo meritano.- li informo -E preferisco saperlo morto che ancora in circolazione: Slender non è il tipo di conti aperti che ci si lascia dietro.
Il ragazzo tamburella sul terreno col piede per una buona decina di secondi, poi sospira
-Per la sorella di Amy, ma solo per lei, va bene.
Annuisco per fare segno di aver capito, per poi voltarmi ancora verso l'uomo prostrato. Non so bene come cominciare il discorso, dato che lui continua a fissare il vuoto.
-Ho bisogno che tu mi ascolti.- lo prego, tentando di suonare gentile.
Il mio tentativo è un buco nell'acqua: lui non si smuove nemmeno.
Prendo un respiro e immagino che la mia forza fluisca nell'aria che ho nei polmoni. Lui deve guardarmi.
-James- lo chiamo -guardami.
L'uomo alza il volto e quando incrocio le sue orbite vuote il suo dolore mi colpisce.
Che cosa vuole da me?
Cosa gli importa di me?
Lasciami in pace.
Dubito perfino che si ricordi una qualunque cosa della sua vita, sia da uomo sia da fantasma. Le due distinte personalità che si era creato si sono scontrate e il contraccolpo le ha mandate in frantumi.
-Lui ti voleva bene.
Quattro parole, eppure è come se fossero di più. Il nucleo di dolore si incrina al sentire quella frase e James Ritchardson senior, Slender Man, sbiadisce, fino a sparire.
Prendo un respiro.
-È finita.- annuncio.
-Stavolta sì.- conferma una voce femminile, da dietro le mie spalle.
So di essere bianco come un lenzuolo mentre mi volto lentamente, timoroso che quella voce possa sparire.
-Ian, stai bene?- si preoccupa Amy.
-È che... che...- balbetto e mi fermo, ma il fantasma mi sorride, incoraggiandomi -Karen è venuta a salutarci.
I due ragazzi si voltano di scatto nella direzione in cui sto guardando, ma non possono vedere la figura bionda che ricambia il loro sguardo. Karen sembra stare bene, ha gli occhi del suo colore naturale e nessuna brutta ferita le si allunga su per la spalla.
Le tre lucciole si allontanano da me per avvicinarsi a Karen. Margaret ritorna una bambina quando è davanti a lei.
-Hai visto- dice -che non ti poteva tenere prigioniera?
Karen annuisce e poi alza lo sguardo su di me, per muovere lentamente le labbra a mimare la parola “grazie”.
Il fantasma scompare e riappare alla mia destra. Si china e mi sussurra all'orecchio, come se non volesse farsi sentire dai vicini Amy e Richard.
-Comunque- mormora -Rachel ha ragione su sua sorella, mi sembra strano che tu non te ne sia accorto.
-Non ho idea di cosa Rachel dica su sua sorella.- ripeto, cercando di non piangere -Voi ragazze e il vostro sesto senso femminile mi avete stancato.
Lei ride. Non ero mai riuscito a farla ridere così, solo Phil ne era capace.
-Sta andando via.- annuncio, come se gli altri non lo avessero capito dalla lacrima che ha cominciato a rotolarmi su una guancia.
È giusto, non sarebbe corretto per lei rimanere. Credo che non le piacerebbe neanche. I fantasmi
passano oltre perché lo trovano migliore di rimanere su questa terra come ombre, sono loro a volerlo fare. Ma mi sento triste lo stesso.
-Addio, Ian Diswarden.- mi saluta Margaret, prendendo la mano di Karen -Ti auguro una bella vita.
M'inchino leggermente.
-Farò del mio meglio perché il suo augurio si realizzi, signorina Andrews.- la saluto a mia volta.
Dopo ciò Karen Diffring, una dei miei quattro migliori amici, e Margaret Andrews, la bambina che mi aveva salvato la vita durante l'arco di tutta quella notte, scompaiono nel nulla, tenendosi per mano, ringraziandomi di ciò che avevo fatto per loro, quando sono convinto di essere io a dover ringraziare loro.
-Ehi!- esclama Richard -I cellulari prendono di nuovo.
-Sono svaniti numerosi fantasmi negli ultimi cinque minuti- rifletto ad alta voce, ricacciando a malapena un altra lacrima -non mi meraviglio che i telefoni riprendano a funzionare.
Cazzo, perché questo groppo in gola non se n'è ancora andato? Non può lasciarmi in pace? È finita adesso. Finita. Lui se n'è andato, Margaret se n'è andata, Karen e Phil pure.
Amy mi abbraccia all'improvviso, cogliendomi di sorpresa.
-Avevo ragione io- sussurra -Karen non te ne faceva una colpa.
Ricambio il suo abbraccio di getto, senza pensare. I suoi capelli ricci mi solleticano il mento, le sue braccia mi stringono all'altezza dello sterno, ed io mi sento in pace.
-Interrompiamo qualcosa?
Riapro gli occhi e vedo Christofer sorridermi in maniera maliziosa, inarcando le sopracciglia. Tra le dita gli fluttua una luce, anzi la luce per cui lui è rimasto ad affrontare lo Slender, la ragazza prima trasformata in proxy e poi uccisa.
-Se vi servono cinque minuti da soli- continua il giovane uomo -noi possiamo...
Mi separo da Amy con le guance che scottano.
-Mi spiace- mi scuso, facendo un cenno nella direzione dei due fantasmi -ma adesso sono venuti a salutare me.
-Potete riprendere dopo.- ci assicura Chris, annuendo con aria di chi la sa lunga.
Io scuoto la testa e mi avvicino alle due anime, notando solo allora che Christofer non ha più addosso tonnellate di cenere.
-Hai cambiato look.- gli faccio notare, fermandomi davanti a loro.
-Ho solo smesso di pensare alla mia morte.- mi spiega, accarezzando la lucciola -Ma prima lasciami fare le presentazioni.
Solleva il palmo per avvicinarmi la lucciola agli occhi.
-Ian, questa è Kate.- ci presenta -Kate, questo è Ian.
Quando mi concentro sul bagliore dello spirito una serie di immagini mi pervade la mente. Una versione più giovane di Christofer salta tra gli alberi di un bosco al tramonto, mentre io lo seguo a malapena. Cacce ai fantasmi contro il volere dei genitori per poi sussultare ad ogni minimo rumore durante la notte, e riderne il giorno dopo. Gli anni si susseguono come secondi e vedo una ragazza, Lauren, sorridermi vicino ad un Christofer più grande. Poi la ragazza se ne va. Un trasloco? Sì, ha traslocato, nonostante nessuno di noi volesse. E non saremmo mai dovuti andare a fare quell'ultima caccia ai fantasmi. Mai. Mai. Mai. Lui ci vide, sì. E da quel momento lui ci seguì sempre, sempre, non ci lasciò mai. Poi ero da sola. Ma io non volevo! No! Ero da sola nel bosco, e lui mi seguiva. Mi seguiva sempre. Poi mi prese, e fui sua.
Ero al buio. Non sentivo niente, né il mio corpo, né i miei pensieri. Ma qualcosa di me doveva pensare no? Ero morta? Non lo sapevo. Sapevo solo di non essere più viva.
Ero sola.
Kate.
Quella fu la prima volta che sentii la voce di Christofer dopo la mia morte, e da allora rimase con me, sempre.
Abbiamo fatto un patto. Ti salverò, Kate.
Chris.
Poi, il buio si squarciò nel fragore delle fiamme e il peso che mi schiacciava tentennò. E tornai a
vedere la luce.
Torno in me stesso, torno in Ian Diswarden, sentendomi come se mi avessero appena lanciato contro una secchiata di acqua gelida.
-Hai rivissuto più di vent'anni in pochi secondi.- si meraviglia Christofer -Devi sentirti uno straccio.
-Chris...- comincio, ma lui mi interrompe alzando anche l'altra mano
-Frena.- mi blocca -Non chiamarmi mai più Christofer. Per gli amici, io sono solo CR.
-CR?- domando, spiazzato.
-Le mie iniziali.- spiega -Christofer Riley, C e R, CR. È un soprannome che mi ha dato Kate. Ho finito per firmare tutte le mie lettere così.
-Allora suppongo di dovermi sentire onorato di essere entrato nel club.- lo ringrazio.
-Nah, quello è un grande disonore, siamo terribilmente impopolari di recente.- risponde lo spirito -Quello di cui ti dovresti sentire onorato, è ciò che hai fatto oggi, perché tutti noi siamo liberi solo grazie a te.
-Noi siamo vivi solo grazie a voi.- ribatto.
-Modestamente.- si elogia Christofer -Ma resta pur sempre un'idiozia. Non sarei riuscito a fare metà di ciò che ho fatto oggi se non fosse stato per te, e non mi riferisco solo all'attingere dalla tua forza.
Mi sento scaldare dentro. Probabilmente è la sensazione più vicina a quella che si prova ad essere un supereroe che mai sentirò, perciò me la godo. Peccato che con questo pensiero io spezzi la poesia del momento.
-E rimanendo in tema di ringraziamenti e giochi di parole- continua Christofer -prova a togliere le prime tre lettere dal tuo cognome.
Inarco un sopracciglio, ma lo faccio comunque.
-Rimane... Warden- rispondo -Warden come...
-Guardiano.- termina lui.
Mi sembra strano non avere ricordi di essere stato preso in giro a scuola a causa del mio cognome, siccome “Warden” in inglese significa “Guardiano”. Quindi o lo Slender ha deciso di essere il primo a farmelo notare oppure l'appellativo “Guardiano” con cui si rivolgeva a me aveva un significato preciso.
-La tua famiglia ha origini antiche- racconta Christofer -più o meno come quella di tutti, ma la tua è particolare. In fondo, sin dall'antichità ci sono state persone che millantano di poter comunicare con i defunti, no?
-Io non sono il primo- realizzo -Slender ne aveva già affrontati altri.
Christofer annuisce, compiaciuto del fatto che io cominci finalmente a capire.
-Le persone come te vengono chiamate Warden, Guardiani, da chi ha una conoscenza approfondita della loro storia. Credo che il prefisso “Dis” sia stato aggiunto al tuo cognome in seguito, mentre all'inizio il nome della tua famiglia indicava semplicemente che questa caratteristica era presente in qualche membro della discendenza.- continua Christofer.
-E tu come fai a sapere tutte queste cose?- lo interrogo, meravigliato.
-Quando muori impari un sacco.- si vanta lui -Si condividono alcuni ricordi con molti fantasmi e... mio nonno nella vita non aveva niente di meglio da fare che studiare negromanzia.
-La mia materia preferita nei giochi di ruolo.- commento, ridacchiando.
-Giochi di ruolo?- chiede Christofer, sorpreso.
-Lascia stare.- lo tranquillizzo -Avevo dimenticato che sei vecchio per i miei standard.
Lui non ribatte e la conversazione giunge ad un punto morto. So che i due fantasmi se ne stanno per andare, che cercano solo un modo per staccarsi e dire addio.
-Immagino che questo fosse il tuo modo di sdebitarti.- asserisco, per salutarlo, a mo' di bizzarro congedo.
Lui annuisce e abbassa lo sguardo sulla luce, venendo pervaso da un sentimento agrodolce che arriva fino a me.
-Slender aveva torto.- lo richiamo, forse con foga eccessiva.
Christofer alza di scatto la testa.
-Tu non sei un egoista.
Il suo sorriso si allarga sempre di più, finché il fantasma non incomincia a ridere, e a dissolversi. Christofer se ne va ridendo, in una maniera a lui confacente, e sicuramente non imitata da molti.

-Un animale?- chiede di nuovo l'agente di polizia, incredulo.
Annuisco, cercando di apparire sincero.
-Noi n-non l'abbiamo visto...- balbetto e perdo le parole -abbiamo visto solo... Phil.
Apparire sotto shock mi riesce facile, probabilmente perché lo sono davvero e ne sento gli effetti solo ora.
-E perché vi siete chiusi nella fabbrica?- insiste lui.
L'uomo è piuttosto basso, con folti baffi castani e lunghe basette. Sarà sulla quarantina, ha un'espressione scontrosa sul volto e sembra poco incline a credere alla mia storia.
Avevamo concordato un alibi a lungo prima di chiamare la polizia, perché non volevamo raccontare la verità, che ci avrebbe fatto chiudere (di nuovo) in manicomio. Avremmo sostenuto di aver trovato Phil dopo che questi era stato ucciso da un animale (cosa che per certi versi era vera).
-E l'altra vostra amica?- continua lo sbirro.
Ma non molla mai? Mi lamento con me stesso.
-Eravamo nella fabbrica da un po' quando Karen...- sospiro -lei è... è... come impazzita. Mi ha aggredito. Mi stava strangolando quando Richard l'ha spintonata via, e poi lei è solo... caduta.
-Sei piuttosto alto- osserva l'agente -strano che una ragazza sia quasi riuscita a strangolarti.
Adesso basta. Alzo il mento e gli mostro la gola, dove i lividi ed i graffi causati dalle dita di Karen, che evidentemente sono sfuggiti ai suoi occhi da Sherlock Holmes, sono ancora ben visibili.
-Questi come me li sono fatti allora?- domando.
La risposta colorita del mio interlocutore mi viene risparmiata dal gracchiare della sua radio.
-Bill, mi ricevi?- risuona la voce di una donna all'altro capo della linea.
-Forte e chiaro Jane.- conferma Bill, interrompendo l'interrogatorio.
-Quello che dicono i ragazzi è vero.- assicura Jane -Il maschio... non può essere stato nulla di umano, perché ha ferite da morso troppo estese e profonde. Della femmina non riesco a determinare la causa della morte, ma il cadavere non presenta lesioni interne o esterne, che io possa vedere, a parte una ferita superficiale al braccio.
Bill mi scruta ancora con sguardo accusatore, nonostante quello che la collega che è andata alla fabbrica a controllare gli abbia appena detto.
-Resta ancora da capire perché non hanno chiamato prima il 911.- protesta lui.
Sento la forza di Rachel colpire la radio, e allora unisco il mio potere al suo. Avvolgiamo la ricetrasmittente con un velo, e da quel momento dall'apparecchio escono solo interferenze.
-Mi ricevi?- riprova Bill.
Interferenze.
-Jane, mi ricevi?
Interferenze.
Lui guarda il congegno con aria pensierosa.
-Avevi detto che qui radio e telefoni non funzionano bene?- domanda.
Annuisco, nascondendo la soddisfazione che si sia bevuto la nostra storia. Stava solo cercando di fare il suo lavoro interrogandoci, lo so, ma nessuno di noi vuole passare i prossimi dieci anni in un istituto psichiatrico.
Bill mi lascia tornare dai miei amici. Un paramedico sta medicando un graffio che Richard si è fatto sul volto chissà dove e chissà quando. Però cambio idea all'ultimo momento e vado a sedermi sul terreno, leggermente discosto dagli altri, ma non tanto da dare l'impressione di uno che vuole fuggire.
-Sento che sei qui, Rachel- mormoro -tanto vale che ti mostri.
Lo spazio si deforma di fianco a me, e Rachel si teletrasporta alla mia sinistra dalla sua ignota posizione precedente.
-Stai diventando bravo.- si complimenta.
-E tu stai diventando potente.- ricambio -Saresti riuscita a manomettere quella radio anche senza il mio aiuto.
-Già.- ammette -Non mi aspettavo di rimanere così forte anche dopo... avere vinto.
Di nuovo silenzio. Non ne posso più di addii, così mi volto verso di lei.
-Vuoi che ti aiuti a salutare Amy?- domando di getto.
Ho trascorso meno di ventiquattro ore con quella ragazza, eppure è come se si fosse creato un legame tra me e lei. Di sicuro condividere sogni e sopravvivere allo Slender insieme non sono esperienze che ti lasciano indifferente alle persone con cui le vivi. Non posso credere che adesso anche lei se ne vada, il giorno in cui tutte le sue fatiche sono state premiate.
-Io...- comincia Rachel -Io ci ho riflettuto e... ho trovato buffo che adesso io ricordi persino come si riflette. Quando muori ti fermi nel tempo: non cambi opinioni, non ti senti confuso... nel senso umano del termine... non hai dubbi, sai il motivo per cui resti.
-Dove vuoi arrivare a parare?- domando.
Rachel si morde il labbro e si gira nervosamente una ciocca di capelli tra le dita.
-Non so come spiegarlo...- si lamenta.
-Preferisci farmelo vedere?- la interrompo.
Lei ci riflette sopra un secondo, ma poi scuote la testa.
-Penso sia meglio chiederlo a parole.- risponde -Vedi, io mi sento stranamente... viva da quando ti ho incontrato...
-Mi dispiace- fingo di scusarmi -ma ci sono troppe differenze tra me e te perché possa funzionare: l'età, il poter passare attraverso i muri, il fatto che tu sia morta...
Lei mi tira uno schiaffo scherzosamente, e la sua mano mi passa attraverso, facendomi percepire solo una folata di vento.
-Idiota.- ridacchia, alzando gli occhi al cielo.
-È di questo che stavo parlando.- sospira poi -Da quando sono morta è stato come se fossi stata immersa nel ghiaccio, e adesso sento il sole per la prima volta da tanto tempo.
-Stai usando troppe metafore per la nostra epoca, te ne rendi conto vero?- domando.
-Non sono poi tanto più vecchia di te!- esclama, indignata, dandomi un inutile spintone.
Sorrido. Vorrei ridere, ma ho paura di dare agli altri una cattiva impressione scoppiando a ridere senza alcun apparente motivo. Credo di sapere cosa mi vuole chiedere Rachel, ma non oso esprimere i miei pensieri a voce alta, perché la situazione diventerebbe troppo assurda.
-Tu vuoi restare, vero?- chiedo, dando fondo al mio coraggio.
-Io...-  sospira -Vorrei avere l'occasione di vivere la vita che mi è stata tolta. Ma se non lo faccio con te, è inutile, perché solo vicino a te mi sento di nuovo... reale. Credo sia uno dei tuoi poteri: io sto vivendo tramite te.
-Prima o poi anche io dovrò morire.- l'avverto.
-Ho detto di voler vivere una vita, non di voler scampare alla morte.- mi ricorda.
Non so come ho fatto a indovinare ciò che voleva chiedermi, non so se l'ho percepito, se l'ho intuito dal suo comportamento, o se ho semplicemente sperato che il mio desiderio coincidesse col suo.
-Allora va bene.- confermo, stendendo la mano.
Non avrei potuto dirle di no neanche volendo, non so perché. Il mio sesto senso ruotava intorno a quel “sì” come uno sciame di vespe impazzito, sussurrandomi che avrei avuto bisogno della compagnia di un fantasma.
Lei finge di stringere la mia mano, siccome non può farlo veramente.
-Allora va bene.- ripete lei -Non hai dei gatti in casa, vero? Odio quelle bestiacce.
Alzo la mia mano per scuotere la stretta, ma le mie dita passano oltre le sue, facendoci finire di nuovo con le mani separate. Fottuta immaterialità.
-No, niente gatti. E adesso dovrei dirlo ad Amy.- annuncio, preparandomi ad alzarmi.
-No.- protesta lei, sorridendo -Ho un'idea migliore.
Rachel scompare subito dopo. Il teletrasporto e la possibilità di passare attraverso i corpi solidi sono le due uniche cose che invidio dei fantasmi.
-Ehi, aspettami!- protesto, vanamente.
Il medaglione che Amy porta al collo si scalda, facendo alzare di scatto la testa alla ragazza. I suoi occhi, sbarrati, cercano i miei, ma io non posso fare altro che alzare le spalle.
La temperatura si abbassa all'improvviso, nonostante il sole brilli con forza nel cielo, mentre il finestrino dell'auto alla destra di Amy si appanna. Un dito invisibile traccia lentamente, sul vetro coperto di condensa, il disegno di una fiamma. Amy sfiora il vetro freddo con la punta delle dita, prima di cominciare a piangere, e poi a sorridere.
Se farai del male a mia sorella sento la voce di Light nella mia testa ti odierai per non avermi fatto passare oltre.
La sua minaccia è del tutto inutile: mi ucciderei da solo prima di avere la possibilità di torcere un solo capello a quella ragazza.
 Noto con la coda dell'occhio che la mia immagine si riflette in uno specchietto retrovisore. Ed ecco che vedo Ian Diswarden, diciassette anni, alto un metro e settanta, con i capelli mori che non sono un cespuglio solo perché ha l'abitudine di tenerli corti. Il suo viso è sporco, con un accenno di barba dovuta all'impossibilità di radersi causata dall'aggressione di un fantasma assassino. I suoi occhi sono scuri, forse li definirei persino intelligenti, ma di certo non sono gli occhi di un fantomatico Guardiano del confine tra la vita e la morte.
-Sei un inguaribile idiota.- dice Richard, strappandomi dalle mie riflessioni su me stesso fatte in terza persona.
Amy si volta e mi sorride. Prima che possa però avvicinarmisi, Richard mi afferra e mi sussurra ad un orecchio:
-Comunque, quello che tutti stanno cercando di farti capire da secoli è che tu le piaci, idiota.
 
   
 
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