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Autore: _thantophobia    26/07/2015    5 recensioni
[DenNor con accenni lievi SuFin][ambietata durante l'Unione Svezia-Norvegia][Seguito di "Can we break free from chains of never-ending agony?"]
Ma ora e davvero solo: è un uccellino in una gabbia dorata, un trofeo da esibire – lui come tutto il popolo norvegese – ma anche uno strumento per far soffrire Danimarca. Se mai Mathias verrà a sapere che Svezia ha cercato di strozzarlo, Berwald sarà un uomo morto.
-Ma ora non è qui… - sussurra, la voce roca di chi fa fatica a parlare.
Di Mathias rimangono solo i ricordi di Lukas – i suoi sorrisi, i suoi abbracci, la sua risata – e quella piccola croce nordica.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Norvegia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[Seguito di Can we break free from chains of never-ending agony?]
[12Stones – World so cold]






We all must be dreaming this life away



 

Lukas riesce a respirare più o meno normalmente solo quando il pendolo rintocca le due – ovvero dopo circa mezz’ora. Mezz’ora che ha passato a tossire come un forsennato, piegato in avanti sul materasso.
Gli fa un male tremendo il collo e fa ancora fatica a prendere fiato, ma almeno non rantola e non tossisce più come prima.
Tossisce ancora un paio di volte mentre un folletto – l’unica creatura magica che ha deciso di seguirlo – gli si avvicina preoccupato.
Gli si arrampica su un braccio fino alla spalla, posa le piccole manine sul collo di Norvegia e gli chiede con gli occhi cosa sia successo.
Lukas sorride – o almeno ci prova – e si lascia cadere con la schiena sul materasso.
Per un attimo, Lukas ha temuto seriamente di morire. Sentiva le dita di Svezia premere contro le vertebre del collo, pronte a ucciderlo…
Cosa lo ha fermato? Non ne ha idea - ma qualsiasi cosa sia Lukas la ringrazia di averlo salvato.
Affonda la testa nei cuscini bianchi e chiude gli occhi, concentrandosi sul lieve profumo di pulito delle federe.
Da quante ore non dorme? Non lo sa.
Non ha sonno? No.
 
Ha sonno invece, e tanto.
 
Non vuole dormire? No.
 
Sì: vorrebbe dormire.
Ma se chiudesse gli occhi sognerebbe quel maledetto giorno.
 
Cerca di scacciare via quei pensieri e riapre gli occhi quando sente il folletto arrampicarsi sulla sua pancia e sedersi lì, preoccupato per lui.
Norvegia gli passa un dito sulla testa coccolandolo leggermente – e la piccola creaturina porge la testa verso di lui – e cerca di pensare ad altro.
Magari a quando era ancora libero, lontano dal giogo di Svezia.
Stretto tra le braccia forti ma gentili di Mathias, con la testa appoggiata contro il suo petto – sempre a sinistra, vicino al cuore – mentre Danimarca posava qualche lieve bacio trai suoi capelli o gli accarezzava piano la schiena nuda.
Lukas inspira forte l’odore di sapone delle federe. È diverso.
 
Quel cuscino aveva un profumo diverso.
Sapeva di Mathias.
 
Ma a dire la verità tutto è diverso.
I muri, quel letto… Tutto in quella stanza è diverso da quella in quella – ora lontana – casa nei pressi di Copenaghen.
Se la ricorda a memoria, la strada per raggiungerla.
 
«Dall’ingresso  gira a destra, poi sali le scale, conta quattro porte e apri la quinta.»
È facile. Lo diceva sempre Mathias.
Ed è anche veloce da raggiungere.
Così potevano sempre trovarlo senza cercare in lungo e in largo per i corridoi.
 
La prima volta in cui aveva dormito – insomma: dormito, lo corregge maligna la sua mente - in quella stanza era stata la prima vera volta che aveva permesso a qualcuno di vederlo senza difese.
Con le parole sussurrate roche alle sue orecchie e lievi carezze sulla schiena, Mathias era riuscito a far cadere ogni  singolo mattone del muro dietro cui Lukas si nascondeva – se fosse per la timidezza o per carattere, Lukas si nascondeva sempre dietro quella perenne apatia come se fosse la sua unica difesa – e a rubargli il primo di una lunga serie di baci.
Poi Danimarca gli aveva sorriso dolce, sussurrando un Ti amo prima di baciarlo di nuovo, questa volta con più foga. Il resto della notte per Lukas è un misto di ansiti e gemiti sommessi, di unghie che graffiano la schiena nuda di Mathias e Danimarca che gli morde piano il collo – lasciando comunque un vistoso segno rosso che sarebbe restato per quasi una settimana. Quando se ne era accorto, Lukas aveva preso Mathias a cuscinate - ma poi erano finiti a fare l’amore di nuovo e non si erano mossi da quel letto fino all’ora di pranzo.
Ma ora tutto è finito.
Quanto tempo era passato dall’ultima volta in cui avevano fatto l’amore? Anni? Decenni? Secoli?
Non lo sa di preciso: il tempo trascorre troppo lento - o troppo veloce - non sa nemmeno che giorno sia o quanto tempo sia passato dal trattato di Kiel[1] – e non è certo di volerlo sapere, perché questo implicherebbe anche sapere da quanti anni ha abbandonato Danimarca e Islanda.
Svezia lo tiene segregato in quella stanza e non gli permette nemmeno di scrivere una lettera al piccolo Eirik – però Islanda ha il diritto di sapere perché suo fratello gli è stato portato via mentre lui è rimasto con Danimarca[2].
Islanda è solo un bambino, non merita tutto questo.
Ma cosa può fare, Lukas, chiuso in una stanza in solitudine?
Si sente terribilmente impotente, in questi momento.
Maledizione!
Stringe le mani così forte da ferirsi i palmi con le unghie, stringe i denti e quote la testa.
Deve restare calmo. Non può impazzire proprio ora. Deve resistere.
Inspira ed espira un paio di volte, scatta seduto e gira la testa verso la cassettiera – il suo pranzo ormai sarà freddo, oltre che immangiabile – e si guarda allo specchio.
Il collo è un po’ meno gonfio, ma i segni rossi sono perfettamente visibili.
Si porta una mano alla clavicola, poco sopra l’orlo della camicia. Lì dovrebbe esserci un livido violaceo grosso più o meno come una moneta – ma non c’è perché è guarito ed è scomparso.
L’ultimo succhiotto di Mathias.
Mathias che non l’ha mai lasciato da solo, nemmeno quando era Lukas a chiederglielo.
Ma ora e davvero solo: è un uccellino in una gabbia dorata, un trofeo da esibire – lui come tutto il popolo norvegese – ma anche uno strumento per far soffrire Danimarca. Se mai Mathias verrà a sapere che Svezia ha cercato di strozzarlo, Berwald sarà un uomo morto.
-Ma ora non è qui… - sussurra, la voce roca di chi fa fatica a parlare.
Di Mathias rimangono solo i ricordi di Lukas – i suoi sorrisi, i suoi abbracci, la sua risata – e quella piccola croce nordica.
Norvegia la sfila – e si tira qualche capello, ma non gli importa – e la stringe tra le mani.
-Fa freddo… - mormora.
Singhiozza, prima piano, poi sempre più forte.
-Fa freddo.- ripete un po’ più forte, tra i singhiozzi.
Singhiozza ma non piange. Perché vorrebbe piangere, ma non ci riesce.
Vorrebbe anche urlare e cercare di uscire di lì in qualche modo… ma non ne ha la forza.
Cerca di convincersi che tutto questo sia un terribile incubo e che in realtà non sia accaduto nulla di tutto quello che è successo – Lukas non è stato afferrato per un polso da Berwald e trascinato fuori da quella casa, non è stato caricato a forza su quella carrozza mentre si dimenava come un animale braccato e non ha tirato una gomitata alla nuca di Svezia, causandogli la balbuzie.
È tutto solo un bruttissimo incubo, Lukas lo sa: Mathias lo sveglierà con un bacio che sa di latte e biscotti al burro, gli sorriderà e gli porgerà una tazza di caffè – magari prendendolo in giro per essersi addormentato sul divano.
È tutto un bruttissimo incubo, Lukas lo spera: si sente una bambola, una marionetta dai fili aggrovigliati e annodati nelle mani di un burattinaio incapace di muoverla.
Se avesse voluto davvero fare del male a Mathias, Berwald doveva portargli via anche Eirik, Groenlandia e Far Oer, lasciandolo solo - Mathias è come i conigli: odia la solitudine e potrebbe morire di essa.
Lukas no: lui è cresciuto da solo e ha continuato a vivere da solo, distante dagli altri.
O, almeno: così pensava Norvegia.
-Fa freddo.- bisbiglia ancora, stringe le croce contro il petto e guarda fuori dalla finestra. Su Stoccolma nevica fitto da non riuscire a vedere nulla. Solo il bianco della neve.
Si ributta con la schiena sul materasso, gli avambracci sugli occhi.
Spera sia lo scherzo di qualche Mareritt[3], tutto questo. Lo spera davvero – almeno saprebbe con chi prendersela.
Adesso aprirà gli occhi e si troverà davanti quelli bianchi di quella maledetta creatura, la scaraventerà a terra con poca grazia mentre lei riderà sguaiatamente, gracchierà Ancora! Ancora! Altri incubi! così forte da ferirgli i timpani e salterà intorno al suo letto – o al divano – neanche fosse una bambina in cerca di attenzioni o in vena di fare scherzi, per poi sparire nel nulla.
Spera davvero sia tutta colpa di una di quelle creature – ma in fondo, forse lo sa quella è la dura verità.
Stringe i denti per non urlare – per non dare a Svezia la soddisfazione di sapere che sta per impazzire e si morde con forza un labbro.
-Sono qui. Vieni a prendermi.- sussurra al nulla, la voce tremante di chi sta per piangere
 
 
 
 
 
 
 
Note&Riferimenti:
  1. Il trattato di Kiel sancì la cessione della Norvegia alla Svezia.
  2. Per una dimenticanza, sul trattato di Kiel non vennero segnati i territori di competenza della Norvegia - ovvero l’Islanda, la Groenlandia e le isole Far Oer - che rimasero alla Danimarca.
  3. Le Mareritt sono delle creature maligne della mitologia norvegese. Si divertono a dormire sulle persone e provocare con i loro poteri incubi spaventosi.
  4. I riferimenti alla bambola («[…]si sente una bambola, una marionetta dai fili aggrovigliati e annodati nelle mani di un burattinaio incapace di muoverla.») sono una semicitazione a Nora, protagonista della commedia Casa di Bambola di Henrik Ibsen.
  5. Il fatto che Nor cerchi di convincersi che sia tutto un incubo è relativa alla descrizione fatta dallo stesso Ibsen del periodo che la Norvegia ha passato come provincia – prima sotto il dominio danese e poi svedese - definendolo “la notte durata quattrocento anni”.
 
 
 
 
 
 
D.P.P.: Deliri Post Partum
Sono una persona orribile, lo so. Non odiatemi.
Credo che continuerò ancora per un po’ a lanciare tutta la mia vena angst su di loro, mi dispiace.
Per loro, per me e per voi.
 
Maki
  
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