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Autore: prussianparty    28/07/2015    0 recensioni
Un lutto nella famiglia da a Lily l'occasione di trovare le risposte alle domande che si è sempre posta dove meno se le aspettava: in chi per primo le ha fatto porre le questioni, chiudendo il circolo vizioso che è nato dalle incomprensioni e i segreti di chi le era vicino. La natura umana è complessa ma comprensibile, anche per una ragazza di sedici anni che, per prima, non ha ancora imparato a conoscere se stessa. Sapeva che erano cresciuti insieme. Che fosse strano o doloroso veder scomparire all'improvviso una parte del passato, pur non essendo quella che preferisci?
| Un personaggio è genderswapped. | Angst. | Racconto meno pretenzioso di quanto non sembri. | La storia inizia nel 1884. |
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Germania/Ludwig, Liechtenstein, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Svizzera/Vash Zwingli
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender
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Sembrava sul punto di dire qualcosa. Quell'impressione inquietante l'aveva inseguita sin da quando si era chiusa la porta di ciliegio alle sue spalle, vedendo la mano di sua madre toccare per l'ultima volta il freddo pomello d'ottone. Non ha bisogno di noi, aveva detto, c'è qualcuno a vegliare sul suo sonno. Non avrebbe comunque avuto bisogno di loro ora, comunque. 

Il baldacchino dello zio sembrava una statua di ghiaccio su cui quella candida e rigorosa figura era stata scolpita. Le lenzuola e le loro pieghe non si erano sposate di un soffio, immobili nella posizione che qualcun altro aveva designato per lui; era la prima volta che entrava nella sua stanza. A dir la verità, era la prima volta che entrava in casa sua. Non aveva avuto molto tempo di gettarsi occhiate attorno, al suo arrivo. Neanche il cappotto spesso e corvino che aveva indossato aveva avuto il tempo di scivolarle dalle spalle. Lei e la sua famiglia si erano catapultati di fronte alla porta su cui della cera era stata passata da poco. Sentiva di essere troppo piccola per arrivare alla comprensione di certi comportamenti degli adulti, in fin dei conti. Non aveva capito perché il loro viaggio fosse stato così sbrigativo, perché il silenzio fosse rimasto palpabile nell'aria fino a quel momento; all'improvviso, senza che lei se ne fosse resa conto, quella corda che si portavano dietro da tutti e due i giorni che ci avevano messo ad arrivare - con diversi cambi di treno - fosse arrivata a tendersi ed assottilirsi alle dimensioni di uno spago. La tensione le era piombata addosso senza preavviso e senza apparenti motivazioni. Sei iridi diverse erano posate sulla porta laccata, ma nessuno aveva allungato la mano per aprirla, rendendola barriera invarcabile e rendendo innegabilmente qualsiasi cosa vi si fosse nascosta dietro diverse volte più allettante. Non che lei avesse mai avuto questa gran passione per il macabro - il solo pensiero la disgustava il più delle volte - ma stava crescendo in lei una malsana curiosità, quella brama di confrontare i dettagli fra l'ultima e questa volta. Una normale pulsione l'aveva spinta ad avvicinare la sua mano alla sfera di metallo gelido; ma non era stata lei a raggiungerlo per prima. Delle dita affusolate lo accarezzarono appena, prima di girarlo con delicatezza, per potersi spingere in quell'ambiente proibito. Quando entrò, Lily raggiunse una conclusione: Dio doveva davvero esistere, perché la morte rendeva il sordido magico e l'oscurità luminosa, donando una purificazione distante ad ogni oggetto che fosse sfiorato dalla luce che pian piano svaniva da fuori, ma che baciava indistintamente ogni luogo. E poi, al centro, eccolo. Neanche i granelli di polvere si mossero quando finalente la sua figura si palesò nella stanza. E passarono secoli in un attimo e il signor Edelstein fece allora nuovamente la sua mossa: il rumore strascicato e lamentoso di un mobile che si spostava vicino al letto fu sua responsabilità. Eppure, neanche lui sembrava intenzionato a turbare quella perfezione rigida ed immobile che gli appariva di fronte, in un posto che lui non stava davvero osservando ma che doveva comunque riportarlo molto lontano e molto vicino al contempo, in luoghi che lei non avrebbe mai visto. Sembrava un quadro, visto dalla sua posizione: luci colorate che inchiodavano il moro accanto ad un'immagine fittizia di qualcuno che una volta avevano conosciuto; una Pietà dei giorni nostri, le sarebbe piaciuto poter dire. L'avrebbe fatto se nello sguardo commosso di lui non ci fosse stato qualcosa di impossibile da tracciare. All'inizio le era sembrata una parvenza di maternità, che aveva però perso il proprio  motivo di esistere nella sua immaginazione nel momento in cui si era ricomposto e aveva preso a fissare le sue palpebre con sguardo vacuo. L'avrebbe fatto se non fossero stati entrambi tanto duri da sembrare disegni mal riusciti; non c'era quella morbidezza del tratto, non c'era nulla di quella dirompente passione che trabordava dagli occhi di Maria. C'era solo un crocifisso al collo del povero cristo, sguardi turbolenti e silenzi abbondanti e assordanti, pesanti ma immacolati. In certo senso, avrebbe rovinato la purezza della scena se avesse aperto bocca. Ma tutto sembrava così misurato, composto e studiato, che si aspettava di vedre lo zio balzare dal letto da un momento all'altro e spaventarla un'altra volta, come faceva sempre. Forse questa volta però lo scherzo l'avrebbe fatta davvero ridere, non come quelle volte che le aveva sussurrato parole incomprensibili, troppo difficili per lei da comprendere e troppo incomprensibili per avere la parvenza di essere sicure. Forse quella volta sarebbe davvero riuscita a capire cosa c'era di tanto divertente, perché valesse la pena di ghignare; e l'avrebbe terrorizzata meno vederlo sveglio che addormentato con quel tale abbandono, pallido, congelato in quella posizione, con la bocca schiusa come a dire le ultime parole. Eccola, eccola la sensazione che non sarebbe poi riuscita a scrollarsi di dosso, anche a giorni di distanza. Che volesse farsi un'ultima risata? Il signor Edelstein, quando erano uscite, era rimasto da solo con il corpo un'altra ventina di minuti, probabilmente a fissare silenziosamente il ricordo di tempi andati. Sapeva che erano cresciuti insieme. Che fosse strano o doloroso veder scomparire all'improvviso una parte del passato, pur non essendo quella che preferisci? Si era sempre lamentato dei suoi atteggiamenti, ma nonostante ciò lo aveva sempre invitato periodicamente a Ginevra, come se non riuscisse a lasciar andare i bei tempi andati. Anche se non poteva proprio immaginarsi che genere di 'bei tempi' potesse descrivere lo zio, o quale genere di ottime memorie si potessero vivere con lui. Era un tipo generalmente pessimista e alquanto cinico, che era sempre riuscito ad intimorirla con quella vena di smontare ogni cosa buona potesse anche solo immaginare. Sapere di essere nella sua abitazione le incuteva una lieve soggezione e ancor più impressione le aveva fatto vedervi delle fotografia dello zio, la zia ed il signor Edelstein tutti e tre assieme da bambini. E poi, lo specchio di una vita: fotogrammi strappati al mondo ed appesi ad un muro, con un austerità che il tempo della posa obbligava. E poi cose di cui non capiva il significato, una bandiera dell'Impero Tedesco appesa nel centro del salotto e qualche lettera dorata incastonata sopra di essa. Gott mitt uns. Accanto alla stessa, un fucile rendeva l'ambiente ancora più tranquillo e rilassato: come era sempre piaciuto al caro zietto, no? Le aveva raccontato aneddoti di guerra, addirittura su quel fucile, eppure in quel momento non riusciva a ricordare. La cosa non la frustrava, anzi. Trovava abbastanza ironico che proprio ora che non poteva più parlargliene i suoi aneddoti di guerra fossero davvero diventati interessanti ai suoi occhi, di fronte all'enigma di quel fucile che non aveva mai visto dal vivo ma di cui aveva sentito parlare. Non direttamente a lei, doveva ammetterlo. Aveva origliato, un Natale, una conversazione fra di lui e la zia e l'argomento era emerso al quinto bicchiere di vino e di rimorso, con quei gesti propri di un uomo ubriaco e molto, molto triste. Era così che lei lo vedeva: disillusionato, deluso dalla vita e diventato cinico di conseguenza. Oppure era sempre stato cinico e la cocnlusione era stata quella solitudine cronica in cui sembrava sprofondare anche in mezzo ai suoi parenti che lo chiamavano fratello e lo chiamavano amico. In mezzo ai tanti Gilbert rimaneva sempre unico ed inimitabile, un fallito ricco e vittorioso - aveva ricevuto numerevoli onoroficenze in guerra. Sembrava che fosse lui a non volersi mischiare a quelle cose così umane, così loro, così sciocche. Sembrava ridere di tutto il mondo, per tutto il tempo. Ma non quando si ubriacava con la zia, no. Quella volta sembrava a pezzi. Sembrava un pezzo. 
Le ombre che bisbigliavano le condoglianze a zio Lud erano arrivate verso le nove. Si erano messi in fila ed avevano iniziato a sputare frasi che aveva già sentito diverse volte; ma non sembrava arrabbiato né infastidito dalla loro falsità. Lily non ne era sicura, non di tutti; ma sapeva che a qualcuno non interessava davvero del defunto. Erano lì per salvarsi la faccia e, per quanto lo rispettasse, avrebbe apprezzato che fingessero meglio di fronte a suo zio. E allora cos'era che faceva torcere le mani all'armadio biondo? Le sue labbra ebbero un fremito ma nessuno si degnò di chiedere che avesse. Erano tutti troppo occupati a fare condoglianze e supposizioni, in fin dei conti. Non era il tipo da farsi prendere dalla rabbia, lei. Non lo era mai stata. Ma ora, di fronte all'oscenità e la meschinità di alcune ipocrisie, non era facile trattenere quella rabbia facile che prende all'età che aveva. Ma si contenne. Era il giorno prima del funerale di zio Gilbert e non voleva essere lei a fare scompiglio. Sfortunatamente - non ce ne fu bisogno. Alla fine lo zio Lud esplose.« Potresti...evitare? »Fece un cenno al signor Edelstein. Da prima dell'arrivo degli ospiti aveva accarezzato il pianoforte e ora lo suonava dolcemente, senza pretese. Non era molto conveniente che lo facesse. Ma Lily lo conosceva abbastanza da dire che non si stava beffando dello zio; era un segno di rispetto. La melodia a lei sconosciuta fluiva dolcemente nella stanza e, sicuramente, da qualche parte, raggiungeva anche chi non poteva sentirla lì con loro. Due ametisti dal taglio nervoso scattarono sul co-protagonista della serata. « Non vedo perché. »La questione fu riaperta quando anche l'ultimo merletto nero scomparve, all'infuori di quelli della zia e di Alina. Le avevano intimato di andare nella sua stanza, che aveva timidamente cercato di attutire le grida dei suoi parenti - ingenui parenti, che credevano che le povere mura sarebbero riuscite a coprire simili divergenze; no, le pareti non l'avevano mai separata dai conflitti. Era saltato fuori che Roderich - che strano pronunciare così il suo nome, quando vi era così poco abituata - aveva scelto di suonare un pezzo di Tchaikovsky in quella casa, per giunta il giorno in cui a Gilbert sarebbe dovuto essere portato più rispetto! E per quanto la cosa sembrasse un'ingiuria mentre si insinuava ed esplodeva fra le labbra irose di Ludwig, lei non ne comprendeva il significato. Aveva sentito solo qualche altra parola chiave, senza comprendere. 'Russi', 'odio', insinuazioni poco chiare. Uno schiaffo.




{ notina }
Chiedo venia per il capitolo corto e per tutto questo show don't tell, ma è soltanto il prologo!
Temo che per saperne di più dovrete aspettare il prossimo capitolo. I capitoli dovrebbero venire abbastanza lunghi, a parte questo. Poi: se dovessi commettere errori sul contesto storico, sentitevi liberi di dirmelo! Tutta la trama è racchiusa in un arco che va dal 1850 al 1884, l'inizio del POV di Lily ( anno della morte dello zio ). So che siete perplessi anche su di questo, ma le spiegazioni arriveranno! Capito chi è Alina?
In ogni caso, alla prossima!
   
 
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