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Autore: Fiamma Drakon    25/01/2009    0 recensioni
Quando Alphonse la vide rimase estasiato, mentre un sentimento nuovo che mai aveva provato fino ad allora si faceva lentamente strada dentro di lui...
[dedicata with love alla mia onee-chan]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Verdementa 4_Appuntamento sotto le stelle Appuntamento sotto le stelle
Il mattino seguente Alphonse si svegliò calmo e rilassato. Rimase disteso sul proprio letto a fissare il soffitto, sovrappensiero, mentre questo veniva illuminato dalla luce del sole che iniziava a filtrare attraverso la finestra.
Quella mattina si era svegliato un po’ più tardi del solito. Purtroppo, la quiete che aveva trovato grazie al sonno non durò troppo a lungo. Verso le sette, Edward si svegliò. Era un evento che aveva dell’incredibile: una delle più uniche che rare occasioni nelle quali si svegliava completamente da solo! Sbadigliando, si alzò e, mentre si stiracchiava, esclamò: - Allora, stasera esci con Nina, vero? -. La fortezza di tranquillità che era andata formandosi nell’inconscio di Alphonse durante la notte fu totalmente rasa al suolo da una semplice frase, una frase che sortì l’effetto di una bomba atomica.
Demolito il forte di quiete interiore, l’angoscia prese di nuovo possesso di Alphonse, mentre Edward si vestiva, ignaro del micidiale effetto delle sue parole.
L’appuntamento era fissato per quella stessa sera. Non c’era neanche il tempo di organizzarsi. Nonostante la sera prima suo fratello e Fiamma gli avessero detto di stare calmo, di calma non ne aveva neanche un po’. Ogni minuto che passava diventava sempre più nervoso. Prima o poi sarebbe stato assalito da una crisi di panico esagerata. Il suo nervosismo, in qualche modo, attirò l’attenzione di Edward, che si voltò verso suo fratello, visibilmente preoccupato. - Al? Al, tutto bene? - chiese, avvicinandosi. Alphonse annuì meccanicamente. In occasioni di assoluto nervosismo come quella, sia lui che Edward andavano in automatico: si muovevano, pensavano e parlavano senza che la coscienza intervenisse. Erano occasioni rare, ma già verificatesi.
Alphonse continuava ad annuire, benché Edward avesse ormai afferrato il concetto. - Ehm... Al? Guarda che ho capito... - mormorò il biondo. Niente da fare: Alphonse continuava ad annuire fissando davanti a sé, imbambolato. - Dannato automatismo... - sussurrò a denti stretti il biondo, chinandosi davanti al fratellino. Ovviamente, essendo Alphonse un’anima legata ad un’armatura, non poteva prenderlo a schiaffi, come invece faceva Alphonse quando ad andare in automatico era lui. - AL! Al, smettila! - esclamò Edward, cercando di farlo ritornare in sé, ma senza alcun esito. Stufo di quella sceneggiata, l’Alchimista d’Acciaio afferrò il pennacchio bianco di Alphonse e gli prese la testa. In quell’istante, lui ritornò in sé. - Fratellone! Ridammela! - esclamò l’armatura. - Prima mi devi promettere che smetterai di angosciarti tanto da arrivare all’esaurimento fino a stasera. Prometti! - ordinò Edward, facendo ciondolare la testa di Alphonse. - Non posso! Non ci riesco! - ribatté quest’ultimo. - Almeno sforzati! Provaci! Non voglio essere costretto a tenerti al guinzaglio fino a stasera! - controbatté il biondo. - Non ti costringe nessuno! - sbottò l’altro. - Sì, mi costringi te! Stai andando fuori di testa per Nina! - sbraitò Edward. Alphonse scattò al suono del nome di Nina e in un istante fu addosso a suo fratello.
L’uscio si aprì con un violento schianto. - Si può sapere che cos’è tutto questo macello a quest’ora del mattino?! - esclamò Fiamma con voce autoritaria. Quest’ultima si fermò sulla soglia di fronte alla scena che gli si parava dinanzi. - Al... perché stai tenendo Ed per la treccia? E Ed... perché hai in mano la testa di Al? Avanti... spiegatemi! -. Il tono era quello di chi conteneva a stento la rabbia e cercava di mantenere la pazienza. All’unisono, i due esclamarono: - Ha iniziato lui! -.
- Non m’importa chi ha iniziato! Alphonse metti giù Ed... Edward, restituisci ad Al la testa... SUBITO! - ordinò Fiamma. I due ubbidirono all’istante. In due mesi di viaggio insieme a lei erano arrivati a stabilire un’unica regola universale che sarebbe valsa fino alla fine dei loro giorni: non irritare mai e per nessun motivo Fiamma, perlomeno non oltre i limiti della sopportazione umana.
- Ora... Al, come ti senti? - chiese la ragazza, ricomponendosi.
- Nervoso... - si limitò a rispondere lui.
-Ok... è una reazione accettabile... avete voglia di uscire oggi? - domandò lei, più ad Alphonse che a Edward. L’armatura annuì e il trio uscì dall’albergo.
Il sole brillava alto nel cielo senza nuvole. Nell’aria aleggiava il profumo tipico dei fiori: rose, fresie, fiori d’arancio e molti altri. Fiamma pareva stranamente più eccitata del solito, probabilmente per l’evento della serata, anche se non era lei ad avere un appuntamento.
Lentamente, il timore e il nervosismo che attanagliavano Alphonse si dissolsero, sostituiti da una sensazione più pressante, che lui identificò come impazienza: era impaziente di rivedere Nina. La malinconia di quella mattina svanì e Alphonse ritornò a comportarsi come sempre, con l’unica eccezione di un piccolo accenno di iperattività. Edward e Fiamma furono stupiti dall’improvviso cambiamento ma, al contempo, sollevati: almeno non soffriva più.
Edward in particolare, era contento che suo fratello non fosse più angosciato: iniziava a preoccuparsi e temeva ripercussioni gravi sul suo inconscio, tipo traumi o cose del genere.
L’ora di pranzo arrivò in un lampo. Edward quella mattina era particolarmente affamato e il pranzo riuscì ad ammansire la sua sorprendente voracità.
Dopo, non si sa il perché, Alphonse insistette per tornare al fiume. Ormai, era diventato il suo posto preferito e forse, pensò Edward, voleva tornarci per controllare se anche Nina era lì.
Quando arrivarono, Alphonse non scorse alcuna esile figura immobile ad osservare il corso d’acqua. Nessuna traccia di Nina. Edward e Fiamma, seguiti a ruota da Alphonse, scesero lungo il pendio erboso che portava alla riva del fiume. La ragazza si sedette e, piegate le gambe, ci appoggiò sopra il mento, mentre osservava la superficie del fiume che risplendeva alla luce solare. Edward si sedette a gambe incrociate vicino a lei, osservando il cielo.
Alphonse, un po’ più in là, stava tracciando qualcosa su un pezzo di terreno dove non c’era l’erba.
- Edward... riguardo a quella cosa che mi hai detto ieri... - mormorò Fiamma, spostando lo sguardo sul biondo seduto accanto a lei, che d’un tratto si era voltato a fissarla, perplesso. - Quale cosa? - chiese, sorpreso. - Ecco... - proseguì lei senza badargli - ... mi chiedevo se... ti andrebbe di uscire stasera? -. La domanda lo aveva colto alla sprovvista. Forse non aveva capito bene: Fiamma gli aveva seriamente chiesto di uscire? - Ehm... va bene... - rispose, titubante. Fiamma sorrise e chinò di nuovo lo sguardo, riportando la sua attenzione sul fiume. In fondo, era il loro primo appuntamento e valeva la pena di tentare.
Edward era imbarazzato dall’improvvisa richiesta della ragazza, ma non gli dispiaceva affatto l’idea. L’unica cosa era che, non essendo mai uscito con nessuna, non sapeva come comportarsi, ma non se ne fece un gran cruccio.
Nel frattempo, Alphonse aveva finito e stava osservando compiaciuto la propria opera: con il gessetto che solitamente utilizzava per tracciare i cerchi alchemici aveva scritto il nome di Nina con una grafia davvero particolareggiata. All’intorno, aveva disegnato rose e gigli. Se non altro, aveva trovato un modo per sfogare l’iperattività.
Il pomeriggio trascorse lentamente. I tre rimasero in riva al fiume fino al tramonto, quando decisero di rientrare in albergo per prepararsi.
Fiamma e Edward si separarono in corridoio con un semplice bacetto sulla guancia. Una volta di nuovo solo con suo fratello, Alphonse fu assalito un'altra volta dal nervosismo che, a quanto pareva, animava anche Edward. Il biondo, infatti, frugava freneticamente nella valigia, alla ricerca di qualcosa di carino da mettersi per l’occasione.
Per Alphonse, il problema dei vestiti era irrilevante.
Dopo aver praticamente svuotato la valigia, Edward si voltò a fronteggiare il putiferio che aveva provocato nella stanza. - E ora che cosa mi metto?! Non ho niente di decente! - esclamò, in preda alla tipica crisi adolescenziale del primo appuntamento. L’indecisione sui vestiti era uno dei punti più critici. - Perché non vai senza la giacca rossa semplicemente? Risolveresti il problema! - consigliò Alphonse. Edward eseguì e si girò verso suo fratello.
- Ti sembrò presentabile? No... ho bisogno di qualcosa di meglio... qualcosa di...! - s’interruppe a metà della frase, mentre uno strano sorrisetto gli si dipingeva in volto.
- Al, mi passi quei pantaloni neri? - chiese, mentre radunava i vestiti sparsi per la camera, lanciandoli alla rinfusa nella valigia. Ne risparmiò solo tre: una camicia bianca a mezze maniche, un paio di jeans blu a vita bassa e un paio di consunte scarpe da ginnastica. Non era proprio l’abbigliamento perfetto, ma probabilmente era il meglio che potesse trovare. Si spogliò in fretta e si mise i nuovi vestiti: jeans e camicia gli stavano un po’ stretti. Le scarpe erano perfette. L’ampia scollatura della camicia lasciava intravedere la canottiera nera sotto. Il biondo si sistemò il bavero e si voltò verso Alphonse, che aveva osservato la scena immobile.
- Allora? - chiese Edward.
- Sì... penso che possa andare... - rispose l’altro. Edward si sedette accanto ad Alphonse. - Sei nervoso? - gli domandò. - Be’... un pochino sì, ma posso farcela. Tu? - domandò a sua volta Al. - Io? Be’... non sono esattamente il ritratto della tranquillità... - gli rispose il biondo con una punta di sarcasmo nella voce.
Rimasero a discutere fino alle sette meno cinque. A quel punto, i due si alzarono in contemporanea e si diressero verso la porta. Appena Edward aprì l’uscio, si trovò di fronte Fiamma.
- Sei... bellissima... cioè, molto più del solito... - mormorò il biondo imbarazzato. Fiamma sorrise.
- Grazie... - mormorò, lusingata. Squadrò Edward per qualche istante, poi prese la treccia del ragazzo e tolse il laccio che la teneva legata. I capelli del biondo gli ricaddero sulle spalle come tanti fili d’oro.
- Ecco... così sei molto più carino... - puntualizzò. Lui rimase immobile, imbarazzato dalla circostanza.
- Andiamo? - chiese Fiamma, avviandosi. Gli altri due la seguirono in silenzio.
Fiamma era davvero bella: per l’occasione aveva messo un vestito rosso sangue aderente che le arrivava fino alle ginocchia. L’ampia scollatura lasciava scoperto il marchio rosso e nero che aveva in prossimità del cuore. La capigliatura color cremisi era più mossa del solito e nascondeva un grosso paio di cerchi d’argento appesi ai lobi delle orecchie. All’anulare destro portava l’anello di fidanzamento di Edward. Ai piedi calzava un paio di stivaletti neri che le arrivavano alle caviglie. Ogni suo passo era accompagnato dal tipico rumore dei tacchi a spillo.
Alphonse era di nuovo nervoso, ma non era nervosismo da crisi di panico, era più un nervosismo dettato dall’impazienza. Di lì a pochi minuti più tardi avrebbe rivisto Nina e l’idea lo elettrizzava. Accelerò il passo. Solo pochi metri lo separavano dalla ragazza dai capelli corvini striati di verde. Appena uscì nella tenue luce della notte, Alphonse si diresse frettolosamente verso la piazza.
E proprio lì, accanto alla fontana, una figura esile stava in piedi, illuminata dalla flebile luce emanata dalle lanterne appese a fili che intessevano una ragnatela di luci sulla piazza.
Alphonse si avvicinò titubante alla ragazza che, non appena lo vide, gli corse incontro e fece per cingergli con le braccia le spalle.
- Alphonse... - mormorò lei. Al contatto con Nina, il nervosismo impaziente del giovane svanì all’istante, sostituito dal “sentimento ignoto”.
Edward e Fiamma erano più indietro e stavano decidendo dove andare.
- Dove vuoi andare? - chiese Alphonse, titubante. Nina rimase in silenzio per qualche istante.
- Andiamo a cena fuori? - propose la ragazza.
- Ehm... - le rispose Alphonse, incerto. Lui non poteva mangiare e, se fossero andati in un ristorante, come avrebbe potuto giustificare il digiuno?
Nina evidentemente si era accorta che non voleva andare al ristorante.
- O se vuoi andiamo in un altro posto... ne conosco uno molto carino... è proprio dietro casa mia! - propose.
- Sì... va bene - accettò Alphonse. Nina lo prese per mano e lo condusse in una strada secondaria. Alphonse era felice come non mai. Era come se il contatto con Nina gli trasmettesse un costante influsso di felicità. Non si era mai sentito così bene con qualcuno.
Pochi minuti più tardi, Nina rallentò fino a fermarsi e si voltò verso Alphonse.
- Siamo arrivati... è proprio qui dietro... - mormorò. Appena girato l’angolo, Alphonse si trovò dinanzi ad un torrente. L’acqua scorreva lentamente, cadendo giù da una piccola cascatella. Le sponde del torrente erano un pendio sul quale spuntavano tantissimi fiori simili a ninfee. Sotto la luce delle stelle, quello scenario appariva più romantico, quasi magico.
Nina lo condusse verso la riva. Lì si sedette e lui accanto a lei.
- È bello, vero? - chiese Nina.
- Sì, ma non bello quanto te... - le disse Alphonse. Lei si voltò verso di lui e lo fissò per qualche istante, stupita. In quel preciso istante, Alphonse identificò il “sentimento ignoto”, che si andava intensificato di secondo in secondo: era l’amore. Era innamorato, era innamorato di Nina. Lei gli sorrise, poi tornò a fissare la superficie del torrente.
- Senti, Alphonse... posso farti una domanda? - chiese Verdementa.
- Sì...? - domandò lui.
- Come mai sei venuto in... armatura? - disse lei, guardandolo di nuovo. Per lui quella domanda era una sorta di schiaffo, la peggior domanda che avesse potuto fargli in un momento simile. Che cosa doveva risponderle?
Abbassò lo sguardo.
- Nina... c’è un... motivo se vado in giro sempre con l’armatura... - esordì lui.
- Cioè? - domandò lei, invitandolo a continuare.
- Ecco... è perché io sono... -. Non riuscì a terminare la frase: non trovava le parole. Dire a qualcuno che non era altro che un’anima legata tramite alchimia ad un’armatura vuota non era una cosa che si poteva dire così, alla leggera.
- Tu sei...? - mormorò Nina, incuriosita.
- Ecco... io sono... - ripeté lui.
- Sì...? - lo invitò a proseguire Verdementa.
- Non posso... non ce la faccio... mi dispiace... - sussurrò lui, chinando il capo.
Nina rimase in silenzio per qualche istante.
- Perché...? - chiese lei, alzando di nuovo lo sguardo su di lui.
- Non voglio mentirti, ma... non riesco a dirtelo... - le rispose Alphonse.
Un improvviso alito di vento spazzò il luogo. Nina si rannicchiò sul posto e Alphonse le si avvicinò, cingendola con le braccia. Stretta nella sua dolce presa, Nina ribaltò all’indietro la testa di lui, che ricadde con un leggero tonfo sull’erba.
Con uno scatto repentino si rialzò in piedi e si allontanò di qualche passo dall’armatura.
- Che... che significa? Dentro sei... dentro sei completamente vuoto... - mormorò lei, spaventata. Alphonse si rimise la testa a posto e si alzò.
- Nina posso spiegarti... - esordì lui, facendo un passo avanti. Lei indietreggiò. Alphonse rimase di stucco quando incrociò gli occhi di lei: era uno sguardo vitreo, rimasto immobilizzato in una maschera di terrore. - Nina... - sussurrò lui.
- No... stammi lontano Alphonse. Non... non... - la ragazza fece ancora qualche passo indietro, prima di voltarsi e correre via.
- Nina... - mormorò lui, atterrito.
Non era possibile. Ma perché tutto era finito così? Si sentiva uno stupido. Perché aveva lasciato che il suo peccato gli rovinasse quella bellissima serata?
Ormai si rendeva a stento conto di dove fosse e di cosa facesse. Interiormente era in uno stato indicibile: dolore, tristezza, odio... emozioni negative che si sovrapponevano le une alle altre. Alphonse si voltò e, barcollando, fece ritorno all’albergo, mentre nel suo subconscio iniziava a formarsi uno squarcio sproporzionato e dolorosissimo.
Quando arrivò in albergo, andò dritto in camera sua e di suo fratello e si stese sul suo letto. Avrebbe tanto voluto morire. Una morte rapida e indolore, che avrebbe cancellato tutta quella tristezza dal suo inconscio. Nella sua mente continuava a presentarsi il ricordo degli occhi terrorizzati di Nina che lo fissavano vitrei. Erano un ricordo orribile che desiderava scacciare con tutto se stesso.
Solo qualche ora più tardi, Alphonse sentì la porta aprirsi e vide comparire Edward. Il biondo aveva uno sguardo trasognato ed un segno di rossetto sulla guancia destra.
Quando i suoi occhi si posarono su Alphonse, riprese subito il solito contegno di sempre e si sedette sul suo letto.
- Divertito? - chiese Edward al fratellino.
Alphonse non rispose.
- Al, che ti è successo? - domandò il biondo.
- È corsa via quando ha scoperto che dentro ero vuoto, ecco cos’è successo! Sono uno stupido, avrei dovuto dirglielo subito, spiegarle come stavano le cose... e invece ho rovinato tutto! - esclamò Alphonse. Non avendo gli occhi per piangere, almeno poteva sfogarsi a parole, anche se le parole non avrebbero mai potuto esprimere il caos interiore di quel momento.
- Io... Al, mi dispiace... - mormorò Edward.
- Di che ti devi dispiacere? Non è colpa tua. È soltanto colpa mia. Tutta colpa mia. E ora lei se ne è andata per sempre. Non la rivedrò mai più! - continuò Alphonse, distrutto. Edward rimase a fissarlo per qualche istante: suo fratello era davvero inquietato e lo vedeva bene. Chi altri poteva conoscerlo meglio di lui, il suo fratellone? Non gli era mai capitato di vederlo così afflitto.
- Al... - mormorò il biondo, sfiorandogli appena il braccio.
- Buonanotte! - esclamò Alphonse, interrompendolo bruscamente. Edward, resosi conto che il fratello non era nella condizione adatta a discutere, lasciò cadere il discorso e si spogliò. Appena pronto, s’infilò sotto le coperte senza fiatare.
Alphonse era ancora arrabbiato e stava lentamente sbollendo da solo: avrebbe avuto una vita intera per essere arrabbiato con se stesso. Appena si fu un poco tranquillizzato, la stanchezza lo colse all’improvviso, facendolo cadere in un profondo sonno tormentato.
   
 
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