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Autore: two_dollar_bill    29/07/2015    1 recensioni
"Lydia, lo sai che in una stanza blu il cuore batte più lentamente?"
Non ci credo che ho scritto una [STYDIA]
Dio dello Sterek, se puoi, perdonami.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lydia Martin, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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when

 

 

 

*Io che scrivo una Stydia, dunque forse è vero che l'Apocalisse è vicina.
E' che mi manca Derek, tanto. Se non posso avere lo Sterek che mi concedano almeno lo Stydia.
Piccole precisazioni sulla storia: temporalmente possiamo inquadrarla nella stagione attuale ( la quinta ) senior year, ma come vedrete a parte gli ovvi protagonisti, io ho mantenuto la vecchia guardia. E ci rileggiamo alla fine.

 

 

 

 

 

"Quando è successo?" il ghiaccio tintinna leggero nel bicchiere, mentre Lydia scostando una ciocca di capelli, agita distrattamente la cannuccia, non accennando a scostare lo sguardo profondo ed interessato da Stiles, che le siede di fronte.
Le siede di fronte e non la guarda, ha gli occhi persi, lontani, distratti e lei non se ne capacita, ne soffre. Sono lì, insieme ma Stiles non la guarda. E lei si sente invisibile, vuota, scioccata. E' come un prurito fastidioso che non si placa, quella sensazione nuova che non aveva mai provato, come un lieve dolore diffuso che non capisce da dove parta e dove si possa - o come si possa - fermare.
"Mh?" il ragazzo, abbandonando riluttante ciò che stava fissando, si volta a guardarla.
"Quando è successo?" ripete lei fintamente tranquilla, con un lieve sorriso sul volto. Costruito. Per un attimo torna la vecchia Lydia, quella protetta da un muro infrangibile. Stringe sensuale le labbra intorno a quella colorata cannuccia, tirando su un lungo sorso, guardandolo dritto negli occhi vacui, provocante. E rischia di cedere, smarrita in quelle iridi mutevoli, profonde, cangianti ed imperscrutabili, che al sole del pomeriggio sembrano ambra incandescente. Stiles la osserva incuriosito e perplesso e lei sorride alla sua impassibilità, al rossore che non appare, all'imbarazzo che non lo abbraccia, al divagare che non lo accompagna quando finalmente le risponde, alla calma e la fermezza del suo tono, incrinato solo dal dubbio.
"Quando è successo cosa, di preciso?" le chiede, concedendole tutta la sua attenzione e ruotando il busto in avanti.
"Quello sguardo." comincia lei con calma "L'hai sempre riservato a me. Solo a me. Quando hai smesso di guardarmi? Quando l'hai dato via?" e sul finire la voce si fa tremula, inconsistente. Flebile.
Le parole le suonano male, non dovevano uscire così ma se ne rende conto quando ormai è troppo tardi, finendo quasi per mordersi le labbra infastidita da se stessa. Stiles sbattè ripetutamente gli occhi, stupito, apre lievemente la bocca ma non sa davvero cosa risponderle. Lydia gli regala un sorriso più aperto, luminoso, sereno, cerca di salvare il salvabile. Le apparenze contano.
 "Hai ragione, che sciocca." esclama poi, all'improvviso, agitando una mano con fare sbrigativo, fingendo di interessarsi ad una qualunque delle cose lì intorno pur di non guardarlo "E' stato inappropriato."
Stiles la osserva ancora in silenzio, sposta lo sguardo da lei alle sue dita che tamburellano nervose sul tavolo, poi si volta leggermente accarezzando con lo sguardo ciò che stava osservando attento e rapito prima di quella uscita sorprendente e sorride, finalmente consapevole. Dal nulla scoppia a ridere: una risata forte e cristallina, Lydia sbuffa irritata, sentendosi quasi offesa e presa in giro, poggià le mani sul tavolo facendo perno per alzarsi e sgambettare via ma lui è più veloce, le afferrà un polso e la tira a sè, vicino, troppo vicino. Lei si lamenta e cerca di liberarsi ma con poca convinzione. Stiles, ancora sorride, la fa sedere sul bracciolo della sua sedia e le cinge i fianchi con un braccio mentre con l'altra mano le scosta i capelli. Quando è diventato così facile? Qualche anno prima un gesto del genere sarebbe stato impensabile, qualche anno prima Lydia non gli avrebbe neanche rivolto la parola. E nello stesso istante Lydia rimugina sulle stesse cose: quando è diventato così ipnotico? Quando è diventato così importante essere il centro del suo mondo? Da quanto quello sguardo che non aveva mai notato le manca? Non aveva mai avuto neanche il coraggio di guardarla negli occhi e ora la stringe, sicuro e deciso, la trattiene e inizia a parlarle tranquillo, con una naturalezza sconosciuta, appoggiando la testa sulla sua spalla. "Mai." le sussurrà piano, affinchè senta lei e lei sola. "Non guarderò mai nessuno come guardavo te. E mai nessuno sarà quello che tu sei stata per me. Quello che sei per me." asserisce leggero.
Lei si irrigidisce appena, non gli crede. "E tu lo sai." aggiunge lui, categorico.
Ci sono dei lunghi minuti di pausa in cui nessuno dei due parla, poi Stiles rompe di nuovo il silenzio "Tu non lo puoi sapere come ti guardavo, perchè non te ne sei mai accorta. Non mi vedevi." Dovrebbe esserci risentimento nella sua voce ma Lydia non lo percepisce, avverte invece dell'altro: una speranza, forse, ovattata e tiepida. E qualcosa che profuma di malinconia; possibile?

"Fidati di me quando ti dico che ti sbagli, Lydia Martin. Per una volta, in vita tua, ti sbagli su di me." Adesso Stiles suona stanco, quasi appesantito da un macigno invisibile che lo porta a piegare il capo leggermente ed osservarla "Ed ora Lydia, mi vedi?" con un sorriso sgembo ad increspargli il viso chiaro.
"Quello sguardo. E' solo tuo." sospira il ragazzo, ammorbidendo leggermente la stretta intorno alla sua vita. In un gesto fin troppo naturale porta le mani dietro la nuca e fissa il cielo, tranquillo, quasi dimentico del discorso che vibra su di loro.


E sono solo tre parole,  semplici chiare, ma suonano male nella mente di Lydia. Il suono si accartoccia, si stiracchia, piroetta nel suo cervello e quello che sente è altro, quello che crede di sentire, quello che forse vorrebbe sentire è "E sono tuo..." E per un attimo l'aria le manca, la testa le gira, si sente presa a schiaffi e  stupida. Una ragazzina stupida, ingenua e viziata. Di scatto si solleva afferra la borsa e va via, accennando solo un saluto e borbottando qualche scusa, lasciandolo lì con un sorriso amaro sul volto, mentre la osserva allontanarsi da lui, un'altra volta. 
Per la seconda volta Stiles torna a guardare l'oggetto del suo interesse. E l'altalena cigola lenta sospesa dal vento, quell'altalena dove l'aveva vista la prima volta. Una bambina in un abito rosa confetto, una treccia morbita ad incatenare i suoi capelli biondo fragola e lo sguardo imperioso che già sbocciava sui candidi lineamenti. Non c'è nessuno lì intorno, solo un parco, vicino al bar dove fino a poco prima era seduto con lei.
Non c'è nessuno, solo ricordi lontani. E Lydia non lo sa, è intelligente ma è anche un pò sciocca.
E Stiles lo sa, è intelligente ma è anche un pò ingenuo.

 

Quando rientra a casa, il riverbero della porta sbattuta con troppa veemenza, annuncia alla madre il suo arrivo, i tacchi risuonano violenti sul marmo freddo del pavimento e la signora Martin non ha bisogno di vederla per sapere che qualcosa non va "Lydia" la chiama allora "guarda cosa ho trovato. Vieni a vedere!" e quando appare nella cornice della porta, il suo viso è solo una muta conferma. La donna la chiama a sè, con un sorriso tiepido ed incoraggiante le porge qualcosa. Lydia indugia, vuole solo scappare e rintanarsi in camera sua, lontano dal mondo, dove può essere solo una ragazzina, smarrita, con il trucco imperfetto e una tristezza bollente negli occhi. Eppure qualcosa la spinge ad avanzare, si avvicina piano, abbandona la borsa sul morbido divano e afferrà quel pezzo di carta tra le mani. E' una foto. Una foto vecchia, sbiadita ai bordi, troppo tempo chiusa in qualche cassetto di una villa troppo grande e solitaria. Lydia la studia per lunghi secondi, le sembra di ricodare il momento esatto in cui è stata scattata ma è impossibile, perchè è troppo vecchia e la bimba che le sorride saputa è troppo piccola. I suoi occhi si dilatano, piano, diventano ampie distese di erba fresca al tramonto, i suoi lineamenti corrucciati si stendono e la sorpresa si fa strada sul suo viso mentre si guarda, felice in un abito rosa confetto, seduta come una regina su un'altalena maestosa. C'è il riverbero di un sole estivo tra le fronde degli alberi intorno e quel tepore quasi lo sente sulla pelle, poi lentamente passa un dito sull'angolo basso, su quella piccola figura che inconsapevolmente è finita in uno scatto estraneo, un imprevisto. Una casualità.
E quel bambino Lydia lo riconosce subito, piccolo e gracile nella sua maglia arancione brillante e dei pantaloncini blu, che sembrano troppo grandi per lui. Sta guardando lei, con innata e abbagliante adorazione. Lydia lo riconosce e qualcosa dentro di lei scricchiola. Vede quello sguardo e non ha dubbi. "Stiles..." le sfugge dalle labbra, senza preavviso.
"Stiles?" la madre la guarda sorpresa. "Davvero? Non me ne ero accorta." aggiunge, ignara, continuando a trafficare nel viale dei ricordi che ha tirato fuori chissà da quale meandro buio. E Lydia stringe più forte, mentre un pò le tremano le mani. Qualcosa risale dal basso, dentro di lei, si fa strada piano piano, striscia per uscire e mentre avanza, brucia lentamente. Lo stesso brivido che prova prima di ogni urlo. 
E' l'urgenza, questa volta, la necessita. Una sensazione che la travolge e la lascia muta ed impotente. Poi lentamente, incredibilmente tutto cambia, senza preavviso, il nodo si scioglie e lei si sente più leggera, più sicura, più decisa. Sospira, gettando fuori il vuoto, nessun urlo, solo l'infelicità e fa spazio ad una chiara consapevolezza, ad una ritrovata forza. Lydia sorride come non sorrideva da tanto, si sente una sciocca ma questa volta le sta bene, stringe la foto al petto, possessiva, e ringrazia qualcuno, qualcosa, sua madre. Non lo sa, ringrazia e basta.

                                                                                                                                   ***

Il giorno dei saluti, Lydia arriva per ultima, non per la solita convinzione che le persone importanti si fanno aspettare, ma più per allontanare il momento. Aveva deciso di fare una passeggiata fin lì e si era beata della brezza leggera che l'aveva abbracciata appena fuori la porta, carezza piacevole sulla sua pelle accaldata, con quel profumo di autunno al retrogusto d'estate. Il sole sta scemando all'orizzonte ma i bambini giocava ancora vivaci nei floridi giardini delle case. Scorge qualche coppietta appartata tra i cespugli e lo sguardo severo di una vecchietta poco lontano. Sorride, mentre concentrata respira piano, un passo dopo l'altro,  convinta che la strada l'avrebbe aiutata a metabolizzare il distacco e armarsi di tutto il coraggio che le serve per il resto. Sono minuti che sembrano ore e nonostante questo, la sorpresa le avvolge il viso, quando dopo soli dieci minuti, contro ogni aspettativa, il parcheggio della scuola entra brutale nel suo campo visivo. Automaticamente si ferma, prendendosi un lungo momento per osservare ed ascoltare il silenzio intorno. 
Chi è il pazzo che sceglie un posto del genere come luogo di incontro? Eppure Lydia lo trova stranamente appropriato, in quella stessa scuola hanno affrontato di tutto. Si sono trovati, persi, scontrati e ritrovati ancora. Hanno rischiato di morire e visto la morte nelle sue mille forme.


L'inconfondibile Jeep di Stiles è la prima cosa che riconosce, accanto quella di Scott, nuova fiammante: un alfa. Regalo di diploma. Imbarazzante, commenta tra sè e sè, ruotando gli occhi al cielo e senza neanche pensarci continua ad avanzare perchè di loro non vi è traccia ma sa bene dove trovarli.
I suoi passi sono leggeri sul selciato, non indossa le solite décolleté vertiginose ma avanza in comode scarpe da tennis.
Le aveva guardate titubante per lunghi minuti prima di convincersi ad indossarle, le aveva girate e rigirate, studiate nel dettaglio, le sentiva strane e le sembrava di camminare scalza ma tutto sommato doveva ammettere che non era una sensazione spiacevole e si abbinavano bene con i jeans che aveva tirato fuori dal reparto più nascosto del suo armadio. Semplice, voleva essere semplice. Voleva qualcosa di semplice una volta tanto. E di tutto quel cambio di rotta , in un attimo di debolezza o semplice puerile romanticismo, l'espressione impagabile sul viso della madre la diverte al punto che vorrebbe riderle in faccia ma si trattiene.
"Cosa... Ti vedo, emh... comoda." aveva commentato la donna, senza trovare le giuste parole.
"Una cosa come un'altra." l'aveva liquidata prontamente, con un alzata di spalle, mentre tirava su la zip della sua felpa, un pò troppo grande, un pò troppo accesa.

Non fa in tempo a raggiungere il campo di Lacrosse che girato l'angolo, Scott e Allison le appaiono davanti "Sei in ritardo!" la saluta la cacciatrice con tono fintamente critico 
"Iniziavamo a pensare che non saresti venuta..." fa Scott con l'espressione da cucciolo, sua capacità innata.
"Iniziavamo, chi?" chiede lei, inclinado leggermente il capo.
"Non io." esclama Allison, ridacchiando.
Scott sposta lo sguardo da una all'altra confuso ed Allison non ha bisogno di parole per capire, poggia leggera una mano sul suo braccio, amorevole ed incoraggiante "E' ora." sussurra semplicemente, con la voce un pò incrinata e lo sguardo duro che scricchiola sotto gli occhi verdi della sua più cara amica.
Scott si spinge avanti coraggioso ma incerto e Lydia sorride saputa mentre annuisce un muto consenso e lo abbraccia per la prima volta. "Prenditi cura di lei." gli sussurra all'orecchio, pianissimo, perchè solo lui possa sentire, mentre con gli occhi non perde di vista la ragazza e silenziosi fiumi di parole scorrono tra di loro. "Prenditi cura di lui."  dice di rimando, Scott, la voce così flebile che Lydia pensa di averlo immaginato, mentre paterno le bacia la fronte in un gesto tanto profondo e spontaneo da lasciarla interdetta.
"Lasciane un pò anche a me!" Allison s'intromette e smorza la tensione, strappando Lydia dall'abbraccio del lupo, la guarda ancora una volta, intensamente. Loro non hanno bisogno di molte parole, si sono trovare fin dal primo istante, si sono incrociate, avvicinate e hanno continuato a camminare insieme, vicine. "...Ci vediamo presto." Lydia annuisce, regalandole un sorriso. "Mi dovrai chiamare ogni giorno, o almeno a giorni alterni. No, ogni giorno va bene." E ridono, alla sua espressione seria e corrucciata, di quella gioia intoccabile, infrangibile. Quella gioia che avvolge le famiglie e le stringe e le lega in maniera indissolubile. "Adesso, vai." ed il tono di Allison è perentorio, indiscutibile, seppur un caldo sorrise le incornicia ancora il viso dolce. La stringe forte, così velocemente da non darle il tempo di rispondere, un bacio rapido sulla guancia ed un nuovo imperativo "Vai. E sii felice." 
Lydia prende fiato, si concede un solo secondo per guardarli entrambi e imprimere nella memoria quell'immagine felice "Vi voglio bene!" esclama, come la più grande delle rivelazioni umane, e prima ancora che possano parlare inizia a correre, a perdifiato, come se da quello dipendesse la sua vita. Non ci sono più ostacoli, più tappe intermedie, adesso c'è lei ed una combinazione, quella vincente. Quella su cui avrebbe dovuto puntare sin dall'inizio. 

 

In principio è il blu. Una macchia di universo indistinto, un cielo senza nuvole, il mare della sera. Blu, le vene che corrono al cuore. La fiamma più rovente.   
E' così costante, così presente, tutto quell'infinito oceano di blu e non vederlo, non sentirlo.
Lei non c'ha mai fatto caso a tutto quel blu, lo vede ora, come per la prima volta. Lo vede, lo respira; iridescente esplode piano davanti ai suoi occhi, l'avvolge, la abbraccia.

Lydia, lo sai che in una stanza blu il cuore batte più lentamente?

 

Raggiunti gli spalti, Lydia si ferma, prende fiato, sente il cuore che tamburella una vecchia melodia, gli occhi scattano veloci e lo trovano, calamitati.
E lui è lì, seduto, con i gomiti a sorreggerlo mentre sdraiato guarda il cielo sopra di lui con sguardo assente.
"La vedi, stasera?"
Stiles sussulta ma non si volta a guardarla "Non sono così fortunato." risponde, scrollando le spalle.
"O forse, semplicemente, non sei abbastanza tenace."
"Io sono il prototipo della tenacia" esclama, indispettito "tutto quel tempo ad aspettare. Lei mi sfugge."
"Me ne parli?"
Stiles si prende del tempo, sospira ed il suo sguardo cambia, lei lo nota anche da lì, a distanza, mentre lo vede questa volta perdersi in un ricordo.
"La più bella." articola piano, ma quanto basta per farsi sentire. "Avevo sette anni quando l'ho vista la prima volta e sono rimasto lì, come un idiota."
"Non mi sorprende" commenta leì, adesso seduta molti gradini più in basso mentre lo osserva rapita, ma lui continua tranquillo.
"E c'era così tanta luce intorno, inspiegabilmente, luminosa oltre ogni immaginazione. Faceva quasi male a guardarla. E lei oscura ogni cosa; accanto a lei il resto scompare."
"500 volte più luminosa del sole..." afferma Lydia, facendo un passo incerto in quel ricordo, sbirciando dentro per raggiungerlo. E questa volta Stiles non resiste e si volta, con la sorpresa dipinta negli occhi, la cerca per una frazione di secondo e quando la trova si maledice per la tortura che si è autoimposto. Per non averla guardata prima. Quando la vede, il mondo ricomincia a girare nel verso giusto. L'aria si fa più leggera e se ci fosse il sole sarebbe più caldo, la luna è più misteriosa e candida e le stelle quasi retrocedono in coro, rispettose.

"Aldebaran" dicono insieme, nel medesimo istante.
"Te lo ricordi?!" non suona come una domanda ma non è neanche una vera affermazione.
"Io ho un ottima memoria." dice semplicemente lei, mentre si alza per raggiungerlo a piccoli passi. Ed è allora che Stiles la vede e come se le sorprese non fossero abbastanza per una sola sera, rimane nuovamente stupito, fa una faccia buffa e inizia a gesticolare mentre lei ormai è a solo un metro di distanza "Che cosa...perchè, insomma..." e non sa bene come esprimersi, senza suonare sgarbato. "E' che non ti ho mai visto così e... mio dio, è una felpa quella?!"
"Una felpa arancione." precisa lei e lo accarezza con lo sguardo, soffermandosi su quella maglietta blu che Stiles indossa. La sua preferita, quella di Capitan America, e Lydia si stupisce di saperlo ma lo sa e ne è felice, e sa che dopotutto c'è un ordine inconscio, complicato e profondo nelle maglie di Stiles. Una cosa bizzarra, un pò malsana ma lei la trova elegante, un codice segreto che ha imparato a decifrare.
Gli occhi di Stiles sono due pozze di caramello mentre segue il filo di quel discorso silenzioso "Come facevi a saperlo?!" le chiede allora e non sa cosa fare, si muove a disagio e si vorrebbe alzare, vorrebbe avvicinarsi, abbracciarla e non lasciarla andare mai, ma ha paura. Non sa se ha capito. Non può essere come crede, è assurdo, e quella è Lydia. E lei brucia più di ogni altra, lei che è la più brillante tra tutte le stelle.


"Lydia, lo sai che in una stanza blu il cuore batte più lentamente?"
"Questa dove l'hai sentita, Stilinski?!"
"Non ti fidi?!"
"No. E ti farei notare che questa non è una stanza. Siamo all'aperto. E per inciso fa pure freddo. Spicciati."
"Ah Lydia, Lydia... questa è la mia stanza blu!"


Per un attimo scivolano entrambi nello stesso ricordo e si rivedono insieme poco lontano da lì, in una serata simile a quella, al calar del sole, sotto un manto di stelle che affiora impudente.

"E quella splendida stella lì, proprio lì. E' la mia preferita. La vedi? Quella arancione. La più bella e luminosa. Ora dimmi, pensi ancora che arancione e blu non siano una buona combinazione?! Beh, Lydia Martin ti presento Aldebaran."

"Non la vedi da quella volta?"
Stiles, consapevole, annuisce.
"Magari tieni il telescopio puntato solo dalla parte sbagliata..."
"Come sai di quella storia?! E' stato mio padre, vero?!!!" Stiles sobbalza con la voce che automaticamente gli si fa più squillante, prima di rendersi conto dell'errore. "Io..." si gratta la testa mentre arrossisce imbarazzato. "L'ho sempre cercata. Aldebaran, colei che oscura tutto ciò che le sta intorno con la sua magnificenza, ma quello che ho trovato è qualcuno che oscura perfino Aldebaran." Stiles semplicemente lo dice, con una naturalezza disarmante, senza distogliere gli occhi dai suoi e Lydia ringrazia che lui non sia un licantropo o verrebbe assordato dal galoppo impazzito del suo cuore mentre una sensazione la sommerge e lei annega e si lascia trasportare.
Che suono ha la gioia? Che profumo?
Allora si arma di coraggio, lo raccoglie e lo concentra tutto in poche parole, semplici "Il cielo abbraccia Aldebaran, non può esserci errore in un abbraccio. Un abbraccio è una buona combinazione. Puoi dimostrarlo?"
Stiles è così sorpreso, soprafatto ma instintivamente si alza, sovrastandola e apre le braccia, non attende neanche che sia lei a lanciarsi. come fa, ma si spinge in avanti e si trovano a metà strada. Il cuore di Stiles, perde un battito, è quasi fermo, ma quello di Lydia è un tumulto, una tempesta, così forte da bastare per entrambi. Il ragazzo la stringe più forte, ne aspira il profumo mentre una mano spronfonda e scompare nei suoi capelli morbidi, lei passa le braccia intorno alla sua schiena e lo avvolge, abbandonata, poggiando una guancia sul suo petto.

Stanno fermi così per lunghi minuti, quando lei lo coglie alla sprovvista e con l'ultimo barlume di forza e coraggio lo strattona, facendolo piegare alla sua altezza, poi con ritrovata delicatezza lo bacia, di un bacio leggero, come una carezza. Una silenziosa risposta, una consapevolezza. E Stiles avvampa. Si sente ardere lentamente dall'interno, pezzo dopo pezzo, ma gli sta bene, è felice. Stordito, spaesato e sorpreso. Per una frazione di secondo ripensa ad Aldebaran, regina dei cieli, dimenticata, oscurata dalla ragazza che finalmente tiene tra le braccia. Ci pensa e ringrazia, qualcuno, qualcosa, una stella. Non lo sa, ringrazia e basta.

Lydia abbandona le sue labbra e lo stringe ancora di più, come potesse sfuggirgli, lentamente il suo cuore marcia verso un ritmo più umano ed intona il solito ritornello familiare. Stiles la avvolge e lei si sente protetta. Stiles le passa una mano sul viso e lei si sente serena.
"Questa è la mia stanza blu." sussurra mentre una mano scivola a cercare quella di lui e la stringe, in un perfetto incastro di dita.
Stiles ride, contro i suoi capelli e lei si sente amata. 

 

 

 

 

Nda.
Vi giuro che nella mia mente aveva senso.
Per chi non lo sapesse Aldebaran è una delle stelle più luminose, la 14esima per la precisione, appartiene alla costellazione del Toro ed il suo spettro varia dall'arancio prevalente ed il giallino. Ultimamente penso spesso a quella famosa citazione e dovevo inserirla in qualche modo, ambiguo e distorto. Se c'è qualche pezzo ad interpretazione libera, interpretate liberamente! Era da un pò che non scrivevo qualcosa, questo fandom mi mancava tantissimo. Approfitto, anche se non è detto che tutti i potenziali interessati lo leggano, per dare un informazione di servizio: la mia long Sterek ferma da un pò di tempo riprenderà, non basterebbero tutte le scuse del mondo ma il mio amato Pc mi ha lasciato, l'anno scorso in questo periodo circa, con dentro tutti i capitoli che avevo già pronti e tra il lutto - perchè io lo amavo come e anche più di quanto Stiles ama la sua macchina - e l'aver perso tutti i dati, la voglia di scrivere mi ha un pò abbandonata. Mi farò perdonare. In ogni caso, a presto. E grazie!
A.

 

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