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Autore: CreepyGirl97    29/07/2015    5 recensioni
"Una singola bugia scoperta è in grado di creare dubbio in ogni verità espressa."
Yoonmin.
Genere: Angst, Fluff, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo nove.
 
Era stata la madre a consigliargli di comprare quella coppia di fedine che, in quel momento, giacevano davanti ai loro occhi, una argento, l'altra nera, risaltando sul tulle celeste sul quale erano adagiate. La donna aveva comprato a sua volta un anello complementare ai due, cosicché, se il marito avesse fatto domande, avrebbero potuto dire che li indossavano per simboleggiare il loro rapporto madre-figlio. Lei era tanto sicura che Yoongi avrebbe accettato quel pegno, eppure quello sbiancare improvviso del suo viso già pallido non presagiva nulla di buono.
Lentamente il sorriso timido sul viso di Jimin iniziò a sparire. Il silenzio lo opprimeva ed iniziò a sudare freddo.
"Jimin, io..."
Il ragazzo chiuse il cofanetto e lo abbassò, con una traccia crescente di delusione sul viso.
"Ehi, non arrabbiarti..." cercò di prendergli la mano, ma lui ignorò il suo braccio.
"Non importa..." sussurrò rimettendo apposto la zaino.
"Jimin, non è colpa tua. Ti amo, davvero, ma... non sono abbastanza per te." balbettò afferrandogli delicatamente il polso. "Io non sono pronto."
Lui lo scrutò in viso confuso, triste, arrabbiato: "Come puoi non esserlo?" gli chiese senza capire. "É da mesi che ci frequentiamo, hai conosciuto i miei genitori, di me sai ogni minima cosa, abbiamo fatto l'amore insieme... che altro ti serve per sentirti pronto?" il suo corpo era perfettamente immobile, ma i suoi occhi urlavano, urlavano impazziti. Era sull'orlo delle lacrime e Yoongi si sentiva così in colpa... ma le parole di Namjoon non facevano altro che riecheggiare nel momento sbagliato per la sua mente. Nonostante il volto di Jimin fosse rivolto verso il basso, vedeva chiaramente le lacrime rigargli le guance e gli si strinse il cuore.
"Non... non piangere, dai..." lo supplicò bloccandogli la strada.
"Voglio tornare a casa." mormorò evitandolo ed uscendo dalla classe.
"Ti accompagno." lo raggiunse, anche se faceva fatica a stargli dietro.
"No, vado da solo." si mise a correre e Yoongi lo guardò andarsene, interdetto. Richiamò il suo nome, ma lui continuò a tirare dritto, senza fermarsi né lungo i corridoi, né per la strada. Jimin non riusciva a bloccare i suoi singhiozzi e se ne infischiò dei suoi genitori nel salotto che lo fissavano preoccupati e straniti. Si chiuse in camera sbattendo la porta e si lasciò scivolare lungo la porta, con il viso tra le mani. Si sentiva stupido, ma soprattutto incazzato. Jimin lo amava, quello non era abbastanza? Si era aperto con lui, gli aveva raccontato ogni singolo aspetto della propria vita, perché non capiva che era importante? Si sentiva come trattato peggio di uno zerbino e non ne sapeva nemmeno il motivo, dal momento che Yoongi aveva anche tentato di trattenerlo. Eppure avrebbe voluto che Yoongi lo avesse baciato violentemente tra le lacrime, implorando perdono.
'Non sei in un film, idiota.' si disse mentalmente, tirando su col naso.
Ancora una volta, desiderava che Yoongi lo venisse a salvare, sebbene fosse lui la causa del suo dolore, ma, di nuovo, Jimin non era Raperonzolo, né l'altro era il principe azzurro.
O forse sì?
Improvvisamente sentì un toc proveniente dalla finestra, seguito da tanti altri. Si alzò asciugandosi il naso e si avvicinò ad essa, aprendola, e per poco un sasso non lo colpì dritto in fronte.
"Cosa cazzo stai facendo?!" gli urlò poco elegantemente dall'alto.
"Attiro la tua attenzione come se fossimo in un film."
Jimin roteò gli occhi: "Va' a casa, Yoongi." fece per andarsene, ma la voce di Yoongi lo fermò.
"Per favore, Jimin, resta. Almeno... almeno ascolta ciò che ho da dirti."
Il ragazzo non rispose, ma fece un cenno con la testa per farlo continuare. Yoongi si schiarì la voce ed iniziò a parlare: “Mi dispiace. Davvero tanto.” sospirò ed alzò lo sguardo verso il suo. “Sono stato un idiota. Un emerito coglione, oserei dire. Il punto è che ho avuto paura quando me l’hai chiesto. Una paura immensa di ferirti e di non essere giusto per te. Poi mi sono sentito in colpa, perché nessun’altro potrebbe amarmi tanto quanto fai tu.” fece una pausa e tirò fuori una rosa rossa da dietro la schiena. “Fammi entrare, Jimin. Ci baciamo e facciamo l’amore, okay? Da fidanzati ufficiali, però.”
Il ragazzo alla finestra diventò rosso scuro e gli sibilò: “Yoongi! Ci sono i miei genitori, cazzo!”
Da sotto sorrise e gli soffiò un bacio: “Ti amo, Jimin.”
“Se me lo dici prima di baciarmi è più bello, però.” gli sussurrò con il battito cardiaco velocizzato.
“Fammi salire, allora.”
“Ma ci sono i miei, stupido.”
“Allora cala i tuoi lunghi capelli verso di me.” recitò baldanzoso.
“Idiota, non sono Raperonzolo.” mise il broncio.
“Però sei la mia principessa.”
Jimin lo fulminò con lo sguardo e Yoongi rise: “Sei il mio cucciolo, il mio orsacchiotto, la mia gioia…” elencò diventando sempre più rosso e accigliato ad ogni nomignolo che snocciolava. “Quanto dovrò diventare smielato prima che tu venga qua a baciarmi?”
Jimin ridacchiò e gli lanciò un bacio a sua volta: “Sei il migliore, Yoongi.” sussurrò innamorato, mentre si appoggiava al davanzale della finestra. Rimasero così per qualche secondo interminabile, a fissarsi negli occhi con un paio di sorrisi sulle labbra.
“Resta a cena.” gli disse poi. “Voglio che tu parli con i miei genitori.”
“Ma…”
“Solo come amico. Per favore, desidero che mio padre ti accetti.”
Yoongi annuì: “Va bene, solo come amico.” acconsentì e si allontanò da lì sotto, per andare verso l’entrata principale. Jimin scese le scale un po' terrorizzato e si ritrovò davanti il padre che stringeva la mano a Yoongi. Quell’immagine lo entusiasmò e lo spaventò allo stesso tempo. Vide la sorellina schivare le sue gambe per buttarsi tra le braccia del ragazzo: “Oppa!” gridò entusiasta. “Sei davvero bello oggi!”
Jimin aggrottò le sopracciglia quando Yoongi le lasciò due bei baci con lo schiocco sulle guance rosate: stava iniziando ad essere geloso delle attenzioni che Yoongi serbava indisturbato alla sorellina. La madre si avvicinò ridendo: “Che bambina irriverente…” disse ironica, prima di spingere Jimin verso di lui con un colpetto dietro la schiena. Yoongi gli sorrise e gli scompigliò i capelli: “Ciao, Jimin.” lo salutò molto semplicemente, ma con un alone di complicità dietro gli occhi.
“Ciao…” gli sussurrò in risposta, mentre un rossore gli imporporava delicatamente le guance. Il padre richiamò la sua attenzione e Jimin si voltò, sbiancando di colpo.
“Come mai sei tornato così tardi?” gli chiese e il figlio ne rimase interdetto per un attimo.
Yoongi arrivò in suo soccorso: “È colpa mia, signore. L’ho trattenuto a scuola perché non mi entrava in testa un argomento di algebra.” spiegò con quel sorriso che lo mandava in panne ogni volta che glielo rivolgeva. “Di solito sono eccellente, eppure mi sono trovato in difficoltà.” rise in modo affabile e a Jimin sembrò di vedere il padre prostrarsi ai suoi piedi. “A proposito…” frugò nello zaino che aveva in spalla. “Per sbaglio ho preso il tuo quaderno. E penso che tu abbia preso il mio, perché non lo trovo da nessuna parte.”
Jimin passò lo sguardo da lui a ciò che teneva tra le mani, con una faccia da pesce lesso. Quello non era affatto il suo quaderno, ma comunque lo afferrò e fece alcuni passi sulle scale, seguito da Yoongi. Gli rivolse un'occhiataccia, ma il padre aveva già perso interesse e la madre sorrideva complice, perciò decise di continuare la sua salita e di andare a recuperare un quaderno al ragazzo.
Quando entrò nella stanza, si voltò verso di lui per dirgli qualcosa, ma prima che se ne potesse accorgere si ritrovò le sue labbra sulle proprie. Chiuse gli occhi d'istinto e indietreggiò fino a toccare la porta con la schiena, mentre Yoongi respirava profondamente con il naso. Restarono in una posizione statica per qualche secondo, le mani di Yoongi sulle guance dell'altro, le braccia di Jimin alzate a mezz'aria senza uno scopo preciso. Dopodiché la distanza tra di loro si riempì di baci sfuggenti e carezze dolci e più passionali, finché Yoongi non si ritrovò sovrastato dal desiderio crescente di Jimin, il quale lo spinse contro la parete opposta, prendendogli i fianchi e stringendoli ai suoi, mentre la sua lingua cercava la gemella. Sorrise a contatto con le sue labbra, intanto che si staccava da lui, con disappunto di Jimin, carezzandogli con i pollici la linea della mandibola.
"Facciamo l'amore, Yoongi..." sussurrava supplicante in continuazione l'altro ragazzo. "Facciamo l'amore, ti prego..." somigliava un bambino che voleva delle caramelle. Stava per rispondergli ma un tossicchiare imbarazzato attirò la loro attenzione, perciò si staccarono bruscamente. Jimin si tinse di rosso sotto lo sguardo sconcertato della madre, la quale però decise di lasciar perdere per il momento: "Vuoi rimanere a cena, Yoongi?" domandò cortesemente la madre.
"Non vorrei disturbare, però." rispose il ragazzo, sorridendo come se nulla fosse successo.
"Non preoccuparti, cucinare per quattro o cinque è la stessa cosa per noi." lo rassicurò la donna, prima di sparire dalla loro vista.
Prima che Jimin se ne potesse accorgere, Yoongi era al piano di sotto a discutere col il padre, seduti sul divano, di qualche argomento che non afferrava, per via della confusione che popolava la sua testa.
"Che lavoro svolge, signore?" chiese Yoongi, praticamente pendendo dalle sue labbra. Jimin lo maledì con il pensiero: quella domanda posta a suo padre scatenava una lunga serie di agguerrite e noiose frasi che il figlio odiava a morte. Probabilmente si sarebbe addormentato sulla spalla del ragazzo, se non fosse stato che la madre li chiamò a tavola, servendo al centro di essa un grande vassoio ricco di kimchi ed altre pietanze.
Jimin quasi s'ingozzò con tutto quel cibo: gli faceva piacere che Yoongi chiacchierasse allegramente con suo padre, ma quella mano che lentamente saliva verso il cavallo dei suoi pantaloni, sotto il tavolo, non faceva altro che sviluppargli una sudorazione fredda da far paura. Eppure era così... dannatamente... eccitante...
Jimin scacciò la sua mano con un colpetto e si tirò ancora più in avanti con la sedia: non aveva la minima intenzione di mostrare la propria erezione ai genitori.
"Quindi cos'hai intenzione di studiare dopo il liceo?" gli chiese il padre e Yoongi alzò lo sguardo dal piatto carico di cibo al suo volto.
"Mi piacerebbe far parte della facoltà di criminologia." disse con un sorriso. "Vorrei lavorare in quel campo."
Jimin alzò lo sguardo verso il padre e lo vide irrigidirsi per qualche secondo, ma tornò subito a rilassarsi e il figlio sospirò tra sé e sé. Probabilmente non avrebbe mai accettato un genero con il pallino della giustizia, per di più gay.
Perché in fondo lo sapeva che qualcosa non filava liscio con il lavoro del padre. Contrariamente a quanto tutti pensavano, non era un puttaniere, né si chiudeva in aula professori con le insegnanti più giovani. Questo lui e la madre lo sapevano bene, sia perché si fidavano, sia perché, in un periodo di smarrimento, la donna l'aveva controllato, ma mettendosi il cuore in pace quando si era accertata che di amanti proprio non ce n'erano.
Jimin inoltre sapeva, quasi inequivocabilmente, che il padre aveva qualcosa di ancora più grosso e sconosciuto sotto il proprio dominio. Quando quest'ultimo aveva chiesto al figlio di consegnare quelle centinaia di banconote dopo la scuola, ne era rimasto interdetto. Erano un sacco di soldi e la spiegazione sbrigativa che gli aveva rifilato non lo convinceva affatto. E da quel giorno aveva iniziato a notare di più i comportamenti dell'uomo, eppure... non aveva nulla di sospettoso. Jimin studiò attentamente il volto di Yoongi e il sorriso del padre, il quale stava rivolgendo un sacco di domande al ragazzo.
Improvvisamente una lampadina illuminò a giorno la sua testa: gli stava facendo una sottospecie di interrogatorio velato perché Yoongi aveva assistito allo scambio di soldi...
'Come ti chiami? Quanti anni hai? Di dove sei? Che fai nella vita? Cosa studi? Cosa ne pensi di questo e di quello?' quelle domande gli ronzavano per la testa quasi fossero un mantra.
"E tu, invece?" sentì la voce del padre interrompere i suoi pensieri, ma Jimin non aveva la minima idea di cosa stessero parlando in precedenza, quindi si limitò a fissarlo con una faccia da pesce lesso. Yoongi lo guardò, ma non disse nulla.
"Allora? Quanto hai preso nel test di economia, tesoro?" gli domandò la madre, accarezzandogli la mano premurosamente. Jimin sbiancò all'improvviso: "N-nel test...?"
"Yoongi dice di aver preso il massimo." commentò il padre, innervosendo ancora di più il figlio, il quale sospirò e guardò altrove: "Quarantacinque."
L'uomo spalancò gli occhi e diventò furioso in un batter d'occhio: "Quarantacinque su cento?!" urlò con voce tanto alta da bucare i timpani. "Come hai fatto ad ottenere un punteggio tanto basso?!"
"Papà, io..." il ragazzo cercò di parlare, ma aveva una voce tanto flebile da non essere minimamente percepita.
"Perché cazzo non hai studiato?!" si alzò in piedi minaccioso e sbatté così forte il pugno sul tavolo da farlo vibrare incontrollato.
"Papà, io ho studiato, ma..." non fece in tempo a finire la frase che uno schiaffo gli colpì il viso, provocando uno schiocco che fece sussultare i presenti. Jimin abbassò la testa istantaneamente, preso in contropiede: il padre non era mai stato manesco. Le lacrime non tardarono a pizzicargli gli occhi, sotto le grida del genitore: "Non rifilarmi quelle scuse del cazzo!" sbraitò. Yoongi si sentiva così in imbarazzo, ma provava anche un sacco di pena per lui: avrebbe davvero voluto aiutarlo, ma non sapeva in che modo.
"Sei uno spreco di soldi! Se ti mando in una scuola privata, significa che pretendo che tu sia un ragazzo di successo, non uno stupido idiota!"
Jimin si morse il labbro inferiore, cominciando a singhiozzare sommessamente sotto quegli occhi severi, ma la madre lo salvò da ulteriori minacce.
"Basta!" gridò contrariata. "Jimin, va' in camera tua."
"Ma mamma..."
"Va'. Per favore." chiuse gli occhi per un secondo, stanca. Il ragazzo corse via in un batter d'occhio, salendo le scale con le lacrime lungo il viso. Si chiuse in camera, ma non sbatté la porta.
"Yoongi, per piacere, torna a casa." lo pregò la donna con un sorriso tirato, mentre dava un'occhiata ansiosa ed arrabbiata al marito. Annuì subito e si congedò cortesemente, in un misto tra preoccupazione e paura. Sbirciò la finestra della camera di Jimin quando uscì, ma le luci erano spente e le urla dei due coniugi all'interno gli fecero passare la voglia di intrufolarsi nel giardino per richiamare l'attenzione del ragazzo. Nonostante gli dolesse il cuore a lasciare il piccolo da solo in uno stato del genere, decise di allontanarsi da quel litigio, ma il vibrare del proprio cellulare volle diversamente. Non ebbe nemmeno il bisogno di leggere il mittente della chiamata: sapeva che era Jimin.
Prima ancora che Yoongi potesse dire qualcosa, i singhiozzi di Jimin gli arrivarono alle orecchie: "Non andartene, ti prego..." lo supplicò con una voce flebile che mai aveva sentito. "Ho paura, Yoongi... Non litigano da un sacco di tempo..." disse tirando su col naso.
"Va... va tutto bene, su..." non era proprio il ragazzo adatto a confortare le persone.
"Ti prego, portami con te..." sussurrò rimettendosi a piangere. Yoongi riusciva a percepire la paura e la disperazione di Jimin.
"Non posso..." bisbigliò mortificato in risposta.
"Sì, invece. Ti prego, non dirò nulla... Ho paura..." lo pregò singhiozzando e Yoongi non poté fare a meno di accettare con un sospiro, poiché non voleva ferire il ragazzo. Gli si sciolse il cuore quando la voce di Jimin risuonò sollevata: "Tu va' a casa, io ti raggiungerò dopo."
"Sei sicuro che...?"
"Sì, sono sicuro. Ti raggiungo dopo, lo giuro." insistette e l'altro respirò profondamente.
"Se succede qualcosa però chiamami, okay?"
"Lo farò." ci fu una pausa, poi Jimin riprese a parlare. "Yoongi... grazie."
I singhiozzi erano diminuiti e il ragazzo sorrise. Purtroppo non ebbe il tempo di rispondere che la chiamata risultò interrotta. Diede un'occhiata alla sua finestra e pregò tutti i santi che sarebbe andato tutto bene. 



Il mio spazietto: Ehilàà~ Scusate se ci ho messo così tanto ad aggiornare, ultimamente ho un blocco da far paura per quanto riguarda i capitoli prossimi, quindi molto probabilmente allungherò i tempi di pubblicazione, almeno fino a quando non finisco di scrivere quel dannato capitolo dodici...  ㅠㅅㅠ
   
Probabilmente anche con questo aggiornamento mi sto mettendo nei casini totali, ma mi sentivo in colpa, quindi ditemi almeno cosa ne pensaaate, per favore *si inchina* Vi amo tutti (◕‿◕)    
Alla prossima♥

(fa anche piuttosto vomitare questo capitolo, ma dettagli.)
   
 
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