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Autore: Anaire_Celebrindal    29/07/2015    1 recensioni
Una ragazza fugge su una fredda pianura in groppa a un cavallo dal passo leggero come la brezza.
Davanti a lei le terre del Beleriand si stendono ostili e minacciose, oscurate dall’ombra di un nero potere che cresce inesorabile. Dietro di lei un passato macchiato di sangue la chiama a sé, tenendola prigioniera di una promessa fatta quando ancora il sole e la luna non erano sorti. Una maledizione, la più terribile e funesta mai lanciata, la segue come un’ombra.
Per lei e per tutto il suo popolo, gli Elfi Noldor, la sconfitta non è un rischio, ma una certezza.
Saranno i ricordi, le promesse, gli incontri, i pericoli, le speranze, che scandiranno le tappe di un viaggio lungo un’Era intera, la strenua battaglia della vita e dell’amore contro la condanna del destino. E quando sarà giunta la fine... il sacrificio è davvero l’unica strada per la vittoria?
Storia di Serinsérë Nauvantára, principessa dei Noldor, figlia di Fëanor.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Then comes the sun...

then comes the sun ...

"

 
 
 ~1~
Fuga dal colle


"I'm packing my stuff

crying 'cause he's gone

I'm not gonna see any of you there

I'm gonna go so far

I have to be faster

maybe I'll get there before the pain

won't leave anything

won't take anything

only a story to tell one day


 
It can't be too hard

I keep telling myself

while the ground's missing

what's coming after?
[...]"


 
 
 -Andiamo, ti prego, fai in fretta... - sussurro all’orecchio di Gwileth, il mio cavallo.
Sembra quasi che non riesca a sentirmi, o non voglia ascoltarmi; resta il fatto che galoppa con la stessa, identica velocità di pochi istanti fa, come se io non avessi parlato, o come se non esistessi nemmeno. Non capisce quanto tutto questo sia importante per me.
La mia voce è roca, sottile, sembra non venire fuori. Chino la testa, soffocando un singhiozzo di rabbia. Nessuno può vedermi, adesso, eppure non riesco a piangere.
Ho trascorso la mia vita sollevando la testa, difendendo il mio misero orgoglio. Adesso che sono sola, il pianto fatica ad arrivare, stretto in un nodo a metà tra la gola e il petto.
Gwileth continua nella sua andatura lenta, un trotto controllato, e questo non fa che irritarmi ancora di più. Vorrei che lui corresse come il vento, volasse, quasi, mi portasse fino a toccare il cielo e poi mi scaraventasse giù. Vorrei che mi disarcionasse o che mi portasse in una selva tanto intricata da rimanere prigioniera tra le fronde, ferirmi e sentire dolore, avere una ragione per gridare, fare a pezzi il turbine di sentimenti che mi corrode dentro.  
Invece il suo passo è leggero e soave come la brezza di cui porta il nome.
I suoi zoccoli volano sul terreno senza lasciare traccia, passi di danza degli spiriti della foresta, ma vorrei che calassero come il martello di Morgoth o gli artigli di un drago.
Gwileth non ha fretta, perché non vuole fuggire.
Sente la viltà come un veleno che contamina la mia natura: sa che quello che sto facendo non è giusto, non si addice a me e alla stirpe, al sangue che scorre nelle mie vene. Darebbe qualsiasi cosa per tornare indietro, se io non glielo impedissi; se non continuassi a spronarlo ad andare avanti.
Non voglio più vedere queste terre, questa pianura fredda come il ghiaccio e tagliente come una lama, il colle brullo e inospitale assediato da dita di nebbia in cui sono cresciuta, prigioniera, dopo la morte di mio padre.
Fuggire prima di una battaglia è una follia, una follia assoluta, nulla più di pura e semplice vigliaccheria. Per questo Gwileth vuole riportarmi indietro.
Io non ho intenzione di tornare.
Sento le parole di Curufin che mi rimbombano in testa, pesanti come piombo e vive nella mia mente come un incubo. Il loro eco è nel vento e il vento è dentro di me.
“Non puoi abbandonare quello che sei.”
“Non c’è nulla che mi tiene incatenata qui!”
Se non il tuo sangue.”
Per il sangue versato dalla mia stirpe, sono fuggita. Possibile che nessuno riesca a capirlo?
Neanche Amras, che ha perso il suo fratello gemello nel rogo di Losgar, ha mostrato comprensione per le mie intenzioni. Neanche Maedhros, che reputavo avere più giudizio degli altri.
Però mi hanno lasciato andare via.
Quello che prima, mentre volavo giù dalle pendici del colle in groppa al mio cavallo grigio come le nuvole, era sollievo, adesso è solo disperazione.
Mi rendo conto di non essere stata io ad abbandonare loro. Sono stati loro ad abbandonare me.
Per anni, secoli, mi hanno tenuto rinchiusa contro la mia volontà. Infine mi hanno lasciata andare, benché non ne siano stati per niente felici.
Se mia madre mi vedesse adesso, mi farebbe tornare indietro, a costo di riportarmi a forza dentro quelle mura. Che io non mi separassi mai da Maedhros, Maglor, Celegorm, Caranthir, Curufin, Amrod e Amras era il suo unico desiderio per il mio futuro. Voleva che rimanessi insieme a loro.
Amrod però è morto, Ada lo ha seguito e nessuno dei miei fratelli riesce a capire quello che provo. Non sanno chi sono, ma sanno che sono diversa.
Non abbastanza forte e orgogliosa per seguire il mio nome e il destino della mia gente; una ragazzina rimasta acerba, sperduta, prigioniera perché sciocca e indifesa.
Io non sono come loro.
Il mio orgoglio basta appena per reggermi in piedi, per poi lasciare che io crolli, sconfitta e abbattuta, dietro le minacce.
Il mio coraggio è finito quel giorno, dopo il calare della notte, quando piangevo stretta a mia madre e le ho giurato che avrei seguito mio padre, sempre e comunque.

La mia forza è venuta meno dopo tutte le mie fughe scoperte, e le punizioni che meritavo.
Il mio valore è appena necessario per stringere l’elsa di una spada e parare i colpi che altrimenti mi ucciderebbero, rimanere in vita abbastanza per voltare le spalle e disertare, come ho sempre fatto.
Non fuggo dai nemici, né dai rimpianti. Ciò che mi spaventa è dentro di me, nel mio sangue.
Non importa per quali strade correrò, se le mie orecchie saranno vuote dalle ingiurie e i miei passi liberi da una catena: la maledizione dei Noldor mi seguirà. Parallela, al mio fianco, terrà il passo e si prenderà gioco di me e dei miei insulsi e patetici tentativi di ribellione.
Per questo voglio che Gwileth corra più veloce, per lasciare indietro il mio dolore, che si condensa finalmente in sottili lacrime bollenti.
Ho paura che mi cerchino. Qualcuno dei miei fratelli in un istante di lucidità potrebbe venire a riprendermi, e allora cosa farei?
Mi sembra di riuscire a sentire il vento chiamare il mio nome, fischiare nelle mie orecchie, grida di rimprovero che si moltiplicano attorno a me.
 -Sylthaîel! Sylthaîel!-
Non tornerò indietro, qualsiasi prezzo ci sia da pagare.
 -Sylthaîel! Aspetta!-
Elbereth Gilthoniel! Non è il vento a chiamarmi.
È Maglor...
Sapevo che non si sarebbe rassegnato alla mia scomparsa.
Io non voglio tornare, non ora che Maedhros prepara una guerra. Non ci riuscirei, non potrei sopportarlo. Né vivrei ancora con loro, gli assassini della mia stessa famiglia.
Mi chino di nuovo sul collo di Gwileth, gli accarezzo la criniera.
 -Corri più che puoi, ti prego, mellon nín. Non lasciare che mi raggiunga.-
Il mio destriero sbuffa, nitrisce appena, per esprimere la sua disapprovazione. Certe volte vorrei che anni fa Finrod non mi avesse donato un puledro così dannatamente intelligente.
 -Se non lo fai andrò a piedi- lo minaccio.
Non lo farei mai, ma Gwileth non lo sa.
Così finalmente inizia a correre come non ha fatto fino ad ora, calcando il passo sulle pendici delle montagne, travolgendo arbusti e scavalcando ruscelli, spezzando pietre. Ed io mi sollevo sul suo dorso, la testa alta, le briglie strette in mano, tengo le redini della mia vita, il comando del mio cammino.
Non resisto alla tentazione di voltarmi indietro: il profilo del colle di Himring scompare presto all’orizzonte, dissolvendosi nella nebbia. Gli ultimi bagliori delle torce scompaiono nella notte. Non ci sono stelle a illuminare la strada vuota, solo uno spicchio di luna, pallido e solitario. Nessuno sta più seguendo le mie tracce.
Le lacrime si consumano in fretta, cedono il posto al riso. Il buio cresce nutrendosi delle mie paure; l’oscurità è una dolce amica, complice degli inganni.
Sono finalmente libera. Devo solo decidere dove andare.
 
§§§
 
La porta si aprì cigolando e si richiuse con una ventata, lasciando la stanza nell’oscurità.
 -Guarda cos’hai fatto, Laurë!- esclamò un elfo -Fa’ più piano, la prossima volta- aggiunse, alzandosi -dove avrò messo i fiammiferi?-
 -Se n’è andata, allora?- esordì un altro, seduto di fianco al candelabro spento.
 -Sì- sussurrò Maglor -non sono riuscito a raggiungerla.-
 -Era ora che smettesse di comportarsi come una bambina- una voce dura proveniva da una figura accostata alla parete -Celegorm, i fiammiferi sono qui.-
L’elfo sbuffò e afferrò la scatola che il fratello gli porgeva. Una scintilla, una fiamma tremolante guizzò diverse volte e la luce inondò finalmente la stanza.
 -Non potevi dirmelo prima, Curvo?-
 -Non è il momento di litigare! Nostra sorella è appena scomparsa!- urlò all’improvviso l’elfo seduto accanto al candelabro, alzandosi in piedi.
 -Cerca di calmarti, Nelyo!- ribatté la figura immersa nell’oscurità, lontana dall’alone luminoso delle candele -è stata lei ad andare via. In fondo è libera di fare ciò che crede.-
 -Lo penserei anch’io, se non fosse scappata per colpa tua!- replicò Maedhros con durezza -Se tu non le avessi detto che non vuoi più vederla e non avessi tirato fuori quell’assurda discussione sui Silmaril!-
 -Penso di essere libero di parlare di ciò che voglio- esclamò Curufin, scostandosi dalla parete -Non è affare mio se Sylthaîel è così frivola da non comprenderne l’importanza. Si tratta del fëa di nostro padre, Nelyo. L’anima di Fëanáro! Cosa c’è di più importante?-
Per qualche istante l’unico rumore nella stanza fu solo il debole scoppiettare delle esigue fiammelle che danzavano sul candelabro.
 -Non è colpa di nessuno- esordì cupamente Maglor -progettava già di farlo. Non ricordate quando è fuggita dal Mithrim?-
 -Quella volta l’ha fatto per Nolofinwë- ribatté Curufin -Adesso non ha dove andare.-
 -Erano comunque anni che attendeva il momento giusto per andarsene- commentò Maglor tristemente -non abbiamo voluto accorgercene.-
 -Che faccia pure- mormorò l’elfo che aveva acceso le candele, scagliando con rabbia la scatola di fiammiferi sul tavolo -il suo destino non mi riguarda più.-
 -Comunque sia, Tyelka, non possiamo più preoccuparcene- disse Maedhros -Sarà già lontana quando la battaglia inizierà, non è così sciocca da dirigersi verso Angband; l’esercito è già allestito. Marceremo sull’Anfauglith il giorno di Mezza estate.-
 -Mancano ancora due astar- osservò Maglor.
 -Dobbiamo essere pronti- ribatté l’altro -in ogni caso Sylthaîel non ritornerà.-
 -No- concordò Celegorm -non lo farà.-
 -Ada non avrebbe voluto che ci separassimo- disse Maglor tristemente.
Non arrivò nessuna risposta. Solo l’ululato del vento fuori dalle finestre.

 
§§§

Sissignori, Anairë è tornata.  
Prima di introdurre debitamente questa storia risponderò alle vostre legittime proteste. Mi addolora moltissimo dirvi che non credo aggiornerò più nessuna delle mie vecchie storie, perché purtroppo in questi mesi (che sono diventati anni) mi sono dedicata ad altro e il mio stile di scrittura è cambiato molto. Se anche avessi idee per continuare, il seguito non sarebbe come l'avevo immaginato.

Vi prometto che posterò quest'ultima con costanza, se non altro perché ho pronti una trentina di capitoli per un totale di circa 500 pagine che ho impiegato due  anni e mezzo a scrivere. Perciò se la storia  avrà una buona accoglienza, vi regalerò questa parte della mia vita: un misero innesto nella grandezza dell'universo Tolkieniano.
Come al solito, sono tornata a scrivere sul mio primo e unico amore, la Prima Era della Terra di Mezzo, ma stavolta attraverso il punto di vista di un personaggio originale, Sylthaîel, nome Sindarin di Serinsérë, figlia di Fëanor. La caratterizzazione, l'ambientazione, il linguaggio, i rapporti tra i personaggi potrebbero non essere perfetti, ma mi auguro almeno che siano coerenti nella storia in sé, dato che un capolavoro simile al Silmarillion di Tolkien è assolutamente irripetibile. 
Come forse lettori più esperti avranno intuito, l'inizio della storia è collocato pochi mesi prima della Quinta Battaglia del Beleriand, che diverrà poi famosa come Battaglia delle Innumervoli Lacrime. 
Non scoraggio la lettura a chi non ha letto il Silmarillion o non conosce l'antefatto degli eventi della Terza Era, ma senza dubbio seguire il filo della storia si potrà rivelare difficile. Per questo motivo, a causa del gran numero di riferimenti alla History of Middle Earth che molti potrebbero non conoscere, posterò un intero capitolo dedicato alla genealogia, e con un indice dei nomi di persone, luoghi o eventi in ordine alfabetico
Per quanto mi riguarda, concludo qui. Sarei felicissima se chiunque vuole lasciasse un feedback, così deciderò se continuare a pubblicare o no. Il primo capitolo è introduttivo, perciò breve, ma non lasciatevi ingannare, i successivi non lo saranno altrettanto! 
Grazie in anticipo a chiunque seguirà questa storia, e ribadisco l'importanza che ha avuto anche nella mia crescita personale. Spero che chiunque mi conosca già capirà o perdonerà la mia metamorfosi e sarà disposto a seguire i miei deliri folli, e accompagnare Serinsérë in questo viaggio.
Hannon le! :*
A presto,

 
Anairë

P.S: La canzone è "It is what it is" di Elisa. Consiglio vivamente di leggere il capitolo ascoltandola in sottofondo. Peraltro tutti i capitoli recheranno all'inizio il testo di una canzone che vi raccomando di sentire, o tradurre, perché sia il testo che la musica mi sembravano entrare nell'atmosfera del racconto.
 
    
   
 
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