Salve a tutti!
Ecco pubblicato il primo capitolo della mia primissima long fic su efp.
Non sarò bravissima a scrivere, non sarà una fic fantastica, non ho idea se potrà piacere a qualcuno ma sentivo comunque il bisogno di scriverla e ci tengo ad un vostro parere per migliorare.
Dedico questa fic a colei che mi ha costretta a forza di suppliche a riprendere e finire la serie di Merlin (grazie per la voragine che ho nel cuore ;.;) e ad Arthur… il mio cactus (detto Cacthur).
Chapter1
Era un freddo ed uggioso pomeriggio di febbraio.
Stava passeggiando per una via commerciale finché non si fermò di fronte ad una libreria dove, avvolto in un lungo cappotto scuro e con una cuffia che gli comprimeva la testa, Merlin osservava con curiosità le copertine esposte in vetrina.
Nuvolette di vapore sbuffavano da oltre la sciarpa rossa, talmente lunga da avvolgerglisi più volte intorno a collo e bocca, sino a quasi coprirgli il naso.
Amava leggere, o meglio, aveva imparato a farlo.
Con tutto il tempo avuto a disposizione nella sua vita aveva apprezzato sempre di più l’utilità della lettura che era diventato il suo passatempo preferito.
Leggendo aveva avuto l’occasione di colmare ogni lacuna e sviluppare una conoscenza infinita estesa in qualsiasi campo.
Non aveva preferenze particolari, leggeva di tutto, qualsiasi genere perché la curiosità che aveva sviluppato nel tempo sembrava non avere più limiti.
Non disprezzava nemmeno quei romanzetti che tutti guardano dall’alto in basso, quelli che alcuni definirebbero commerciali, perché per lui erano specchio della moda e dell’attuale modo di pensare dell’uomo medio.
Non c’era niente di meglio per tenersi al passo con i gusti della società.
Chi sa quante erano state le ore, o addirittura gli anni trascorsi nelle biblioteche o comunque col naso infilato tra le pagine di un libro… Gaius ne sarebbe stato fiero.
Era talmente vocino alla vetrina ad ammirare quei piccoli tesori che la condensa del suo respiro aveva appannato il vetro e, mentre lo stava ripulendo con la manica che gli fuoriusciva dalla giacca, il suoi occhi ricaddero curiosi sul riflesso che aveva di fronte a se.
Quel che vide lo sorprese.
Era un uomo, un uomo molto anziano.
Aveva fatto un leggero passo indietro, con la mano ancora poggiata alla vetrina, percorse tutta la figura dalla testa ai piedi con lo sguardo.
Si soffermò sui lunghi capelli bianchi le cui ciocche fuoriuscivano scomposte dal cappello, sottili fili argentanti, talmente sfibrati dal tempo da sembrare ragnatele.
Seguì poi la fronte, ampia, sempre corrugata in un’espressione afflitta, finché non si fermò ad esaminare gli occhi.
Quelle palpebre sottili e cadenti lo facevano apparire stanco, o forse lo era davvero considerando quelle occhiaie violacee che potevano appartenere solo a chi aveva sofferto e vissuto per troppo tempo.
Allo sguardo languido, l’iride di ghiaccio e la pupilla velata, lattiginosa, seguì il naso gonfio e rosso per il freddo.
Contemplò poi i lineamenti di quel volto: nel complesso era un viso molto magro, la pelle aderente sugli zigomi sporgenti facendoli sembrare ancora più prominenti e la mascella smunta davano al tutto un’aria spettrale.
Il pallore pronunciato metteva in evidenza le piccole vene azzurre sottopelle e qualche macchiolina scura faceva capolino sulle tempie.
Rimase a lungo a contemplare quell’insieme accarezzando con la punta della dita la figura del vecchio intrappolata nel vetro.
Continuava ad accarezzarlo, lentamente, per paura che fuggisse, per farselo amico, per consolarlo…
Provava pietà per quella povera anima.
Continuava a fissarlo, aveva l’impressione di conoscerlo eppure ancora non riusciva a capire chi fosse finché, portandosi la mano al viso, non si accorse che anche l’uomo di fronte a se si era mosso.
Sussultò colto alla sprovvista.
Aguzzando lo sguardo constatò che stava copiando i suoi movimenti.
Poi si bloccò di colpo.
Quello era il suo riflesso.
Quello sono io.
Rimase scioccato da ciò che aveva realizzato e rabbrividì, si stava ancora toccando il viso con le dita congelate.
Un senso di nausea fece presa nel suo stomaco e, voltate le spalle a quella visione, fuggi con lo sguardo basso nella speranza di non dare nell’occhio; anche se non vi erano molte persone in giro con quel freddo, avrebbe preferito non attirare l’attenzione dei passanti, soprattutto dopo quella scenata.
Corse stringendosi nel cappotto finché non trovò rifugio in un parco.
Era deserto.
S’abbandonò sconvolto su di una panchina e si prese la testa fra le mani.
“Che diavolo mi sta succedendo?” Fu la prima cosa gli sfuggì dalle labbra in un sussurro.
Non era da lui farsi prendere dal panico in quel modo.
Non gli era mai capitata una cosa del genere, d’accordo, era passato tanto, tanto tempo dall’ultima volta che si era guardato allo specchio ma…perché?
Perché?
Continuava a chiedersi perché aveva reagito in quel modo poi chiuse gli occhi cercando di rimettere ordine ai suoi pensieri.
Non era riuscito a riconoscersi, stava guardando il suo riflesso sulla vetrina come fosse stato quello di un altro.
All’inizio ne provava pietà, poi disgusto ed infine paura, paura che lo aveva fatto scappare in quel modo.
Sto forse impazzendo?
Nonostante si stesse facendo esplodere il cervello con i suoi continui ragionamenti non riusciva ancora a spiegarsi tale comportamento da parte sua.
Fece un respiro profondo, l’aria fredda e satura di umidità bruciava nelle narici
Quella sensazione, dopo una piccola scossa, lo aiutò a riallacciare i contatti tra il suo corpo e la sua mente turbata.
“Devo venirne a capo.” Disse deciso poggiando le mani sulle cosce.
Rimanendo in quella posizione si diede poi lo slancio necessario per alzarsi mentre sul suo volto si induriva in un’espressione sofferente, il forte dolore che provava mentre le ginocchia si distendevano gli ricordò la presenza dell’artrite che si portava dietro da anni.
S’avviò così zoppicando.
Merlin aveva deciso di rincasare, per quel giorno aveva fatto abbastanza.
Sperava che forse, nella tranquillità del suo appartamentino, avrebbe avuto la lucidità sufficiente per riflettere sull’episodio appena accaduto
Continua...
Proprio come tale, la sua stesura è stata improvvisa ed il contenuto mi ha sconvolta, non credevo di scrivere una roba del genere…temo di essere stata un tantino influenzata da Pirandello, boh.
Il titolo della fic è ispirato per assonanza a quello della canzone Time After Time pubblicata nel 1984 da Cyndi Lauper, ha un testo fantastico che va a braccetto col tema della mia fic (per chi non la conoscesse: googlatela che è bellissima!)
Anche se non avevo programmato niente di sconvolgente ho comunque scelto di dare un rating giallo per la presenza nei prossimi capitoli di linguaggio scurrile…lol (se non dovesse andare bene poi mi correggerete).
Ah, alla fine ho voluto affiancare testo e immagine per pura deformazione professionale, penso che renda il racconto più “reale”.
Per il momento è tutto, ci si vede al prossimo aggiornamento!