Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer
Segui la storia  |       
Autore: Ranyadel    31/07/2015    1 recensioni
Quando incrociò il mio sguardo, sembrò incassare leggermente la testa nelle spalle e sollevò un angolo della bocca in un minuscolo sorriso. Quanto poteva essere… cucciolo?!
Ecco, era un cucciolo. Avevo deciso.
***
“Oh, Coralie ha una capacità particolare. Sa leggere gli occhi come nessuno” disse Carol.
***
“So… so capire come sono fatte le persone solo guardandole negli occhi e osservando come si muovono” dissi a bassa voce. “Ti psicanalizza con uno sguardo” Fece Manuela ridacchiando. Luke mi guardò sorpreso. “Sarei curioso di provare.”
***
"Di solito le persone hanno paura."
"Di cosa?"
"Di sé stesse."
***
"Vieni con me."
"Eh?"
"Coco, vieni con me. Venite con me, tutte quante."
"Ma io non..."
"Ti ho promesso che ti sarei stato vicino, e ormai dovresti aver capito che mantengo sempre le mie promesse."
***
"È che ho troppi fantasmi alle mie spalle e mostri nella mia testa per poter essere davvero felice."
"Oh, ma li vedo."
***
Una ragazza particolare, che sa leggere gli occhi.
Coralie.
Un ragazzo speciale, con occhi che la catturano e la intrigano, così semplici da leggere e allo stesso tempo così complessi da capire.
Luke.
Un amore nato da sguardi e gesti.
***
trailer: https://www.youtube.com/watch?v=nPR1CdGLUV8
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic

Attenzione! Questo capitolo sarà moooolto, mooooooooooooolto corto; è solamente di passaggio e mi scuso in anticipo. Per capire meglio, sarebbe preferibile aver visto High School Musical 3 (sì, ho sedici anni e mi piace HSM. Problemi?); se così non fosse, sarebbe opportuno cercare su Youtube il video di “Can I have this dance?”. Seconda cosa: importante leggere il testo della canzone “Your love is a lie”, dei Simple Plan; se non si ha voglia di cercarlo, le parti salienti sono nel capitolo, IMPORTANTE LEGGERLE. Dopo questi avvisi, buona lettura!!

Your love is a lie.

Il mattino dopo, Emmaline ed io eravamo in giardino. Ci eravamo svegliate prima di tutti gli altri – perché sì, alla fine ero riuscita a convincere i due a dormire da noi: Diana si era offerta di trasferirsi sul divano per una notte, lasciando a loro la stanza degli ospiti – desiderose di passare un po’ di tempo insieme e di risolvere la questione del giorno prima.

“Scusami se mi sono messa a urlare contro di te. So che mi volevi solo aiutare.”

“Tranquilla, hai fatto bene. Almeno ti sei sfogata. Da quanto volevi dire tutte quelle cose?”

“Un bel po’.”

“E ora, come ti senti?”

“Meglio.”

“Visto?” fece lei con un sorriso. Rimase un attimo in silenzio, poi continuò: “Comunque, se dovessi sentire di nuovo quella voce – e non guardarmi così, sai che è possibile – chiamami subito, va bene?” Io annuii e lei sorrise di nuovo. “Ti ricordi le tre lettere che ti ho spedito quando ancora ero in ospedale?” chiese. Io, con una morsa allo stomaco, confermai e lei continuò: “Ricordi come dicevo che il passato mi aiutava a restare coi piedi per terra?”

“Dovrei ancorarmi al mio passato, quando sai che è il motivo per cui sto così male?”

“Io non intendevo quel passato; più indietro. Ricordi felici, sai? Ho vissuto con te più della metà della tua vita, posso assicurarti che hai molti ricordi felici.” Il tono con cui lo disse mi fece scoppiare a ridere. “Va bene, va bene. Hai qualche suggerimento?” chiesi poi. Lei annuì vigorosamente. “Oltre a quelli che ti ho scritto, ce n’era uno a cui mi aggrappavo spesso” disse, sbloccando il cellulare. Mi impedì di vedere cosa stava combinando, sorridendomi. “Emma, mi fai paura.”

“Non devi avere paura della tua sorellona. Sono perfettamente innocua, quando voglio.”

“E ora vuoi?”

“Certo.”

“Allora sono tranquilla.”

Ci mettemmo a ridere e lei posò il cellulare, alzandosi in piedi e porgendomi una mano. Contemporaneamente, sentii delle note inconfondibili sprigionarsi dal cellulare. “Mi concedi questo ballo? Come quando eravamo piccole” mi chiese Emma con un sorriso enorme. Io sorrisi a mia volta al ricordo: avevo dieci anni la prima volta che avevamo ballato quel valzer, e lei tredici.

“No, Coco, aspetta, è il contrario!” fece Emmaline ridendo. “Ma non ho capito!” mi lamentai. “È facile: tu devi ballare come se fossi Gabriella e io ballo come se fossi Troy, però tu canti come se fossi Troy e io canto come se fossi Gabriella!” mi spiegò. Avevamo appena finito di vedere High School Musical 3 per l’ennesima volta, un film che ci piaceva tantissimo; tanto da voler imparare il valzer di ‘Can I have this dance?’. Stavamo provando da tanto, ma continuavo a inciampare. Emmaline, però, non si dava per vinta: mi faceva rialzare, diceva: “Da capo! Stavolta ce la facciamo, ne sono sicura!” e ricominciava. Io non conoscevo bene le parole, così canticchiavo a caso, al contrario di lei, che si era studiata bene tutto il testo e la coreografia. “Emma, non ce la faremo mai!” feci mesta all’ultima caduta. Lei scosse al testa. “Io dico di sì. Dobbiamo solo impegnarci al massimo. Siamo o non siamo Wildcats?!”

E ce l’avevamo fatta. Dopo un anno di tentativi, ce l’avevamo fatta. Emmaline aveva imparato a sollevarmi come faceva Troy con Gabriella perché io ero più leggera di lei, e io avevo imparato la parte della canzone di Troy perché lei aveva la voce più acuta. Da quel momento, avevamo provato così tanto che ancora ricordavo tutto.

“E dai, Coco. Come quando eravamo bambine” disse Emmaline, ancora con la mano tesa. Io mi alzai e: “Se mi fai cadere giuro che faccio di tutto per atterrarti addosso.”

“Ehi, guarda che non hai più dieci anni. Sei discretamente pesante.”

“Mi stai dando della grassa?!” feci con voce stridula e isterica. Lei mi mandò a quel paese con lo sguardo e scoppiammo a ridere. “Allora, mi concedi questo ballo?” chiese di nuovo lei, impaziente. Io annuii e lei, raggiante, fece ripartire la canzone. Si posizionò di fronte a me e prese la mia mano tesa, iniziando a cantare, proprio come quando eravamo piccole. Ci mettemmo a ballare l’unica coreografia che avessi mai imparato, l’unica che aveva un risultato che mi soddisfacesse. E mentre volteggiavamo per il giardino, facendo attenzione a evitare tutti gli ostacoli – portava lei – non riuscii a fare a meno di ricordare tutti i momenti migliori passati con mia sorella, prima che lei avesse avuto il crollo. Mi chiesi come avevo fatto, in quegli anni in cui lei era chiusa in ospedale, a fare a meno della sua presenza.

Quando finimmo, ero carica di una nuova energia e di una malinconica felicità. “Mi era mancato tantissimo ballare così” disse lei con gli occhi lucidi, prima di abbracciarmi. Io ricambiai, stringendola più forte che potevo.

Sentimmo qualcuno che batteva le mani dalla porta sul retro e ci voltammo: Balthazar e Luke ci guardavano con dei sorrisi inteneriti, mentre il primo batteva piano le mani. Ragazze, siete fenomenali” fece Luke per tutti e due. “Vi abbiamo svegliato?” chiesi io. Balthazar rispose e Emmaline tradusse: “Ha detto che si sono svegliati perché avevano freddo, dato che noi non eravamo più nei nostri letti, così si sono alzati e ci hanno trovato qui.”

“Piccola, mi avevi detto che non sai ballare” fece Luke avvicinandosi a me. “È così. Questo è l’unica coreografia che so fare.”

“Beh, eravate bellissime.”

“Grazie” rispondemmo in coro io e mia sorella.

***

Più tardi, quella mattina, eravamo tutti riuniti – e stretti – attorno al tavolo della cucina per fare colazione. Manuela si stiracchiò assonnata. “Ho fatto un sogno strano” biascicò. “Cosa, cupcake?”

“Ho sognato il valzer di High School Musical. La musica sembrava così reale…”

Io, Emma, Balthazar e Luke ci guardammo complici: la finestra di Manuela dava proprio sul giardino. “Devo aver mangiato pesante ieri” liquidò la questione lei. “Sì, probabilmente.”

“Credo sia una cosa ovvia.”

“Sono sicura che sia andata così” facemmo noi tre, mentre Balthazar annuiva con nonchalance. Manuela ci guardò perplessa. “Va bene” fece, affondando un Pan di Stelle nel barattolo di Nutella. “Comunque sciete stani” aggiunse, con la bocca piena. Noi annuimmo di nuovo, prima di scoppiare a ridere.

“Allora, a che ora partite, oggi?” chiese Calum. “Appena finita la colazione dobbiamo metterci in auto.”

“Di già?!”

“Sì, abbiamo il traghetto e non possiamo fare tardi.”

“Peccato…”

“Dai, quando torniamo restiamo qui una settimana. Vi facciamo pentire di aver sentito la nostra mancanza.”

“Quando tornate?”

“Fra tre settimane.”

“Allora non troverete la metà di noi.”

“Eh?”

“Fra dodici giorni partiamo. Inizia il tour.”

“Che cosa?!”

“Coco non ti ha detto nulla?”

“Sì che me l’ha detto, mi ha raccontato tutto, ma… CHE COSA?!”

Scoppiammo a ridere. “Oddio, sarò amica di quattro cantanti famosi” fece Emmaline. “Vero che mi presenterete Dylan O’brien quando sarete famosi?! E Tyler Hoechlin?! E Avril Lavigne?!”

“Quella posso già presentartela io” dissi. “Eh?”

“Ho il suo numero.”

Emmaline mi guardò basita per qualche secondo. “Tu… tu hai il…”

“Sì.”

“E QUANDO INTENDEVI DIRMELO?!”

Scoppiammo a ridere tutti; persino Balthazar si esibì in una silenziosissima risata. “Se non me lo invii giuro che ti scomunico, ti diseredo, ti stermino!” fece lei. “Abbiamo anche quello degli One Direction.”

“Qualcuno mi regga, sto per svenire.”

***

Una mezzoretta dopo, la coppia partì, come promesso, ma non prima di una lunga sessione di commossi saluti. Passammo il resto della giornata a non fare nulla e il pranzo si svolse in una monotonia assurda. Già ci mancava quella botta di energia che ci avevano portato Emma e Balthazar.

Il pomeriggio, Diana uscì. “Vado a trovare Evie” disse a Luke, che a quanto pareva conosceva la famosa Evie. Eravamo sul divano, quando gli chiesi: “Chi è?”

“La sua migliore amica. Non si vedono da tanto.”

“Ah, capito. Ma dove abita ora Diana?”

“A un paio d’ore da qui, però è sempre un’impresa per lei venire qua.”

“Capisco.”

“Sai, credo che fra un po’ uscirò anche io.”

“E dove vai?”

“A… a trovare Lucian. Sì, ecco. Credo che mi dovrò scusare per essere scappato dalla sua festa in quel modo.”

“Vengo anch’io, allora!”

“No, è meglio di no.”

Il mio sorriso si spense. “Perché?” chiesi. Lui evitò il mio sguardo e, in difficoltà, rispose: “Sai com’è, potrebbe esserci sua zia, e la sua famiglia non è proprio un bijou, e…”

“Va bene” feci io, un po’ abbattuta. Luke mi stampò un bacio sulle labbra, senza approfondirlo. “Scusami. Torno in un paio d’ore, okay?” chiese. Io annuii e lui mi fece un mezzo sorriso, prima di alzarsi, prendere la giacca, salutare tutti con un urlo e uscire.

Rimasi qualche secondo in silenzio, poi sentii dei passi sulle scale. Manuela sembrò sorpresa di vedermi. “Ehi, ma… Luke non è appena uscito?”

“Sì.”

“Pensavo che fossi con lui. Di solito non vi mollate un attimo.”

“Di solito.”

“Ehi, perché quella voce triste?”

“Perché mi ha propinato quella che è evidentemente una scusa. Avrei preferito che mi avesse detto che non voleva dirmi dove andava.”

Manuela si sedette di fianco a me, in silenzio e pensierosa. Poi, batté una mano sulla mia coscia. “So io cosa ci vuole qui” disse, prima di farmi alzare e trascinarmi di peso al piano di sopra. “Manu, ma che…”

“Mettiti in pigiama. Niente vestiti stretti, questo pomeriggio.”

“Cosa vuoi fare?”

“Tu fidati di me!”

Io obbedii, mentre lei usciva. La sentii dire, sulla porta – chiusa – della stanza di fianco: “Carol, smettila di accoppiarti con Ashton come se foste due conigli, ho bisogno di te.” Un paio di secondi, e la porta cigolò. “Per tua informazione, non ci stiamo accoppiando. Ci stavamo per addormentare.”

“Bene, allora svegliati. E caccia Ashton, per favore.”

“Eh?!” fece la voce del mio migliore amico da dentro la stanza. Io mi alzai per osservare la scena: I tre erano sulla porta e Ashton aveva uno sguardo perplesso. “Perché dovrebbe cacciarmi?”

“Perché prima che vi conoscessimo, spesso facevamo dei pomeriggi nerd, di sole ragazze. E ora dobbiamo assolutamente farne uno.”

“Perché?”

“Perché ne ho voglia, va bene?!” la ringraziai mentalmente del fatto che non avesse detto la verità. Ashton sbuffò. “Va bene. Andrò a fare una partita a calcio con Luke, che ti devo dire?”

“Luke è uscito prima” disse Carol. Ashton fece una faccia sorpresa, prima di guardarmi. “E Coco è ancora qui?”

“Già.”

“Ma di solito sono inseparabili!”

“Già” ripeté Manuela torva, guardandolo in maniera così eloquente che mi sorpresi della lentezza con cui Ashton capì tutto. “Va bene, va bene. Allora porterò via Mikey e Cal.”

“Grazie.”

“E Maddy?”

“Da quel che mi risulta, lei non ha i pendagli fra le gambe, quindi è ben accetta.”

“Comunque non è valido.”

“Lo so bene. Ora vai a fare i capricci in un campo da calcetto, per favore?”

“Ma…”

“Scusate la rudezza, ma primo, sapete che sono fatta così; secondo, so quando una persona ha bisogno di un pomeriggio nerd.”

Ashton non ribatté più e sbuffò, tornando in camera per prepararsi.

Nel giro di venti minuti, eravamo tutte in sala. Madison era perplessa: era la prima volta che partecipava ad un pomeriggio nerd, e non aveva nemmeno idea di cosa si trattasse. Manuela aveva preparato ogni cosa: il tavolo era ingombro di patatine, pop-corn, Nutella e cose del genere; il divano era stato spostato in mezzo alla sala, proprio davanti al televisore; su di esso, quattro telecomandi della Wii. “Si gioca a Mario Kart, ragazze!” disse allegra.

“Ma cosa sta succedendo?” chiese Madison ridacchiando. “Ti spiego: quando una di noi era triste, o arrabbiata, facevamo questi pomeriggi nerd, giocando alla wii. Ti assicuro che ti diverti molto, e inoltre sfoghi tutte le tensioni. Dovresti sentire gli insulti che partivano… alcuni non hanno nessun senso logico, ed è proprio quello che fa ridere. Fidati, ti piacerà.”

“Va bene, mi fido” fece Madison allegra. Eravamo solo noi in casa: questo significava nuovi insulti a gogò.

“Io sto in squadra con Coco!” esclamò Manuela, sedendosi di fianco a me. Madison e Carol si guardarono. “Tu sai giocare?” chiese Carol. “Forse” rispose Madison con un sorriso furbo.

***

“No, accidenti a te, non mi superi, brutta tartaruga scheletrica! No! Ma sei infame forte, lasciami in pace! No, no, no!” urlò Manuela, mentre il suo personaggio – Mario – cadeva nel precipizio, spinto da Tartosso. Manuela mi guardò oltraggiata. “Mi ha spinto giù!” strepitò. “Ho visto” commentai, concentrata. “Ti vendicherò!” aggiunsi poi, sorridendo maligna: avevo appena ottenuto uno strumento, il guscio alato blu, e dato che Tartosso era il primo della squadra avvesaria… Manuela mi guardò e fece un sorriso malvagio. “Fallo saltare in aria, quello stronzo!” esultò. Io obbedii e in pochi secondi Carol urlò. “Ehi, io ero lì vicina! Non vale, hai fatto saltare in aria pure me, ero seconda!”

“Così impari a stare in squadra con uno scheletro che si diverte a buttare giù dal precipizio le tue coinquiline!”

“Siete delle pesti! Vai, Maddy, sei in testa, tu, fai vedere a queste due cosa significa vincere!”

“Lo farò, ormai sono arrivata!”

“Ah, no, mia cara!” dissi io, prendendo una scorciatoia che avevo scoperto tempo prima e trovandomi davanti a Madison. Tagliai il traguardo poco prima di lei, lasciandola di stucco. Manuela esultò. “Abbiamo vinto, abbiamo vinto!”

“Finisci la gara, Manu, sei ancora quinta!”

“Oh, giusto, giusto!”

Alla fine, Madison arrivò seconda, Manuela terza e Carol quinta. Io mi stiracchiai. “Quante corse mancano?” chiesi. “Dodici” rispose pronta Madison, che alla fine si era rivelata un’esperta. Stavamo correndo da  diverse ore: avevamo fatto prima un torneo di sedici corse – vinto da Maddy e Carol, per un punteggio di 334 a 298 – e avevamo cominciato un torneo da trentadue corse. Eravamo in testa io e Manuela, per un punteggio di 714 a 679; nonostante il distacco notevole, avrebbero potuto recuperare in poco tempo. Guardai l’orologio: erano passate quattro ore, fra pause e altro.

Stavamo per cominciare la ventunesima corsa, quando il campanello suonò. Io schizzai in piedi e andai ad aprire, speranzosa, ma mi ritrovai davanti Ash, Cal e Mikey, grondanti di sudore, e Diana. “Possiamo entrare? Per favore, il campo ha chiuso un’ora fa, abbiamo giocato qui davanti a casa tutto questo tempo… abbiamo bisogno di una doccia!” fece Calum implorante. “Falli entrare” urlò Manuela. Io obbedii e loro sospirarono di sollievo, schizzando dentro prima che il grande capo potesse cambiare idea. “E tu, Diana?” chiesi. “Io ero da Evie, ve l’ho detto” fece con un sorriso sognante, entrando e sparendo al piano di sopra. Manuela mi raggiunse. “Io non ce la faccio più” dissi. “A chi lo dici. Sto iniziando ad avere le allucinazioni” ribatté lei. “Andiamo a fare due passi?”

“Ci sto.”

“Andiamo a prepararci.”

“Vengono anche le altre?”

“Non so – mi sporsi per parlare con le due – ragazze, andiamo a fare un giro, venite?”

“No! Dobbiamo finire la corsa!”

“Ma non potete finirla senza di noi…”

“Invece sì. Sarà una gioia vedere i vostri personaggi fermi al traguardo!”

“Vi piace vincere facile, eh?”

“Sì, molto.”

Io tornai a voltarmi verso Manuela. “D’accordo, allora andiamo noi” disse lei. Andammo al piano di sopra e ci cambiammo in pochi minuti, trovandoci davanti alla porta. “Andiamo?” chiese lei. Io annuii e uscimmo. “Ho bisogno di cantare” dissi subito. Lei non si fece pregare: “Ho in mente questa canzone da tutto il giorno” disse, prima di iniziare a canticchiare:

I fall asleep by the telephone,

It’s two o’clock and I’m waiting up alone.

Tell me, where have you been?

Io mi unii a lei:

I found a note with another name,

You blow a kiss, but it just don’t feel the same,

‘Cause I can feel that you’re gone…

I can’t bite my tongue forever

While you try to play it cool

You can hide behind your stories,

But don’t take me for a fool…

You can tell me that there’s nobody else, but I feel it…

You can tell me that you’re home by yourself, but I see it…

You can look into my eyes and pretend all you want,

But I know, I know your love is just a lie!

It’s nothing but a lie!

Una sferzata di vento mi fece ricordare una cosa: avevo dimenticato il cappello. Lo dissi a Manuela, che annuì, e tornai in casa, mentre la sentivo continuare:

You look so innocent,

But the guilt in your voice gives you away,

Yeah, you know what I mean…

Chiusi la porta alle mie spalle. “Già di ritorno?” fece Madison, concentrata. “Ho solo dimenticato una cosa” dissi io, andando al piano di sopra. Intanto, continuavo a canticchiare.

How does it feel when you kiss,

When you know that I trust you?

And do you think about me when he fucks you?

And could you be more obscene?

So don’t try to say you’re sorry,

Or try to make it right,

And don’t waste your breath,

Because it’s too late, it’s too late…

Sentii un urletto felice provenire dalla stanza degli ospiti, che aveva la porta chiusa. Era Diana. Mi chiesi perché stesse esultando; nonostante non fosse una cosa bella da fare, avvicinai l’orecchio alla porta. La sentii subito parlare, doveva essere al telefono. “Oh, Evie, non puoi immaginare che pomeriggio da favola ho passato!” stava dicendo. Io assunsi una smorfia perplessa: se fosse stata davvero con lei, l’amica avrebbe dovuto sapere di cosa stava parlando, no?

“Sì, tranquilla, posso parlare liberamente. Non c’è nessuno sul piano. Sì, sì, ero con lui oggi, che domande fai?!”

Con lui? Ero confusa. Con chi era stata tutto il pomeriggio?

Pensaci, Coco: chi è stato fuori tutto il pomeriggio, senza dirti dove andava e, anzi, propinandoti una scusa orribile? Fece una vocina nella mia mente. Sentii una morsa all’altezza dello stomaco. È solo una coincidenza, pensai. Ormai, però, avevo il tarlo del dubbio nella mente, così tornai ad ascoltare. Diana era rimasta in silenzio qualche secondo, ma quando ricominciò sentii ogni sua parola: “No, non lo sa nessuno… Sai che non possiamo dirlo in giro! Succederebbe un casino assurdo… Evie, te ne ho parlato altre volte, non fare la finta tonta! E no, non chiamarlo Loulou, è terrificante! Solo Luke!”

Quelle parole mi colpirono come un pugno in pancia. Visto? Avevo ragione! Si vantò la voce nella mia mente. Ormai avevo paura a tornare ad ascoltare, ma strinsi i denti e lo feci: Diana era appena scoppiata in una risata divertita, e, con un tono che sembrava sorpreso per una domanda, fece: “Certo che lo amo ancora, che domande!”

Basta. Era troppo. Mi staccai dalla porta e corsi al piano di sotto, uscendo di corsa. Manuela era seduta sul marciapiede, e canticchiava: “Your love is just a lie… You’re nothing but a lie… Your love is – Coco, che succede?!” chiese alzandosi, vedendomi con le lacrime agli occhi. Io non dissi niente e la abbracciai, mentre scoppiavo a piangere. “Coco, ma cosa…”

“Avevo ragione, Manu. Avevo ragione ad aver paura.”

“Ma che cos’è successo?!”

“Diana.”

Lei non disse più niente: si limitò a stringermi più forte che poteva, e per questo le fui grata. Singhiozzai sulla sua spalla a lungo, mentre nella mia testa si ripetevano sempre e solo le stesse dannate parole:

Oh, andiamo, non dirmi che non te lo aspettavi!

 

 

*Angolo autrice*

Eeeeeehi! Ciao a tutti!

Wow, sono stata veloce stavolta! Sì, lo so, il capitolo è corto e bla, bla, bla… Ma sono stata veloce!

È solo un capitolo di passaggio: sì, passaggio dalla relazione facile al difficile. Perché Luke fa il doppio gioco, signore e signori! Ve lo aspettavate? Coco no. Come credete che andrà avanti? Luke glielo dirà? Coco rivelerà ciò che ha sentito? Chiariranno? Romperanno? E soprattutto, lo faranno prima dei famosi dodici giorni? Fatemi sapere i vostri pareri in una recensione!

Beh, io vi saluto. Alla prossima!!!

Ranya

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer / Vai alla pagina dell'autore: Ranyadel