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Autore: Vikjiaku    31/07/2015    0 recensioni
Sophie Make è una quasi normale ragazza di 17 anni, che tiene nascosto il suo stato di albina, vive una vita adolescenziale tra la scuola e la casa. Dopo un “imbarazzate” incontro con il capitano della squadra di football, Leonard Cross, verrà inchiodata a lui per colpa di un ricatto. Lei, per volere di lui, lo dovrà seguire tra mari e monti, nelle sua spericolata quanto intensa vita.
Tutto questo farà sbocciare sentimenti che un giocatore di football non prova è una ragazza così cocciuta non capisce.
Tutto questo con un pizzico di gelosia, amicizia, cattiveria, divertimento e avventura.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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A volte la vita riserva brutti scherzi, come lo aveva riservato a me. Sin da quando sono nata ero stata speciale, tutto di me era strano ma allo stesso tempo magico, ero "diversa" dagli altri, solo che ancora non l'avevo capito, ero troppo piccola per rendermene conto e -troppo chiusa nel mio mondo per capirlo-.

Ma, però, la mia vita aveva continuato ad essere felice sino all'arrivo del primo anno di scuola elementare, allora sono arrivati i problemi; allora mi resi conto di essere "diversa". Quel giorno, tutto assunse un nuovo senso per me che, fino a quel momento avevo vissuto in una campana d'oro, ora quella stessa campana si era frantumata davanti ai miei occhi di bambina.

Ricordo perfettamente tutti gli sguardi straniti e schifati degli altri compagni, e in essi vedevo anche compassione, io nonostante ciò non capivo, e rimasi fredda e calcolata senza esprimere nessuna emozione. Poi arrivai a casa e per la prima volta dopo tanto tempo mi specchiai -approfonditamente- e notai la mia diversità. Ero bianca, totalmente e completamente. Dai capelli, alla pelle agli occhi di un colore informale, mai visto, quasi di un malva sbiadito o azzurro sbiancato,non saprei definirlo. 
I lunghi capelli bianco neve, contornavano la faccia pallida e liscia.

Allora capii, solo allora. Aveva capito il motivo per cui i miei genitori mi tenevano in casa, non volevano farmi soffrire oppure rendermi vittima dei continui sguardi delle persone che passavano per strada. Per questo gli ringrazio, e anche quando quello stesso pomeriggio, dopo aver osservato me stesse ed aver appresso la mia diversità che andai con un mare di lacrime agli da mia madre, chiedendogli semplicemente perché io ero strana ma la sua risposta mi fece ricredere in me stessa:
«Amore mio, tu non sei diversa, sei speciale...la principessa di ghiaccio, ecco cosa sei, è per questo che sei così, perché tu sei speciale...» 
Quelle parole mi rincuorarono e grazie ad esse, correvo per la grande villa, vestita di bianco...per mostrare di essere la principessa di ghiaccio.

Dolci ricordi.

La realtà è diversa, purtroppo, non si può decidere come nascere e anche come essere, si sa solo che, ora, ci siamo.

[...]

Al giorno d'oggi...

La giornata è fredda, i primi fiocchi di neve sono da poco caduti e rendono l'atmosfera più fiabesca, e sicuramente, quando si è in macchina -o nel mio caso sul bus- con le auricolari alle orecchie il mondo assume colori diversi e sfumature di una nuova vita o grosso modo di un altra parte di universo, ritratta solo per noi, tutto sembra più bello.

Guardare il finestrino e quello che passa davanti ai miei occhi mi da modo di pensare in modo alternativo e anche di trovare soluzioni ai problemi che affollano la mia mente. Il mio solito posto offre una visuale da paura...agli ultimi posti ci sono loro...-Gli intoccabili-come li chiamo io.

Giocatori di football e le "gentili" cheerleader, le solite brave ragazze presenti in ogni scuola superiore. Purtroppo non c'è modo di liberarsi di loro, sono peggio delle sanguigne.
Gridano e schiamazzano in modo poco educato e addirittura si scambiano effusioni molto poco caste in pubblico. O addirittura giocano con le carte arrotolandole e lanciandole ai ceti bassi della scuola...Chi sono? I nerd! E purtroppo tra questi ci sono anche io. La mia vita non potrebbe andare meglio di così. E proprio da previsione una palla di carta accartocciata mi arriva in testa, ma io ormai abitata, non gli do più peso. Dopo ben quattro anni di scuola ho imparato a evitare certa gente, appunto, loro. La carta oltre a raggiungere la mia testa incappucciata raggiunge anche le mie mani e aprendola si rivela a me uno stupito, brutto, scarabocchio. Dovrebbe rappresentare me. Con un corpo deformato e delle parole ai lati con su scritto "Il mostro di Lochness" ma io la strappo e ne butto i pezzi sotto la sedia. Questo è il continuo di molti altri.

Arrivo a destinazione, la scuola. 
Wilson Jack High School di Athlantic City.
Una scuola per niente male, innovativa, che però non prende molto in considerazione le belle attività ricreative come il teatro o la musica, ma prende in considerazione solo lo sport, «Il GLORIOSO FOOTBALL!!!» o almeno queste sono le parole del preside. E dunque è per questo motivo che i giocatori di football assieme alle loro ragazze-oche sono i più popolari della scuola. Purtroppo.

L'arrivo della scuola è abbastanza movimentato e io mi dirigo verso l'ora di fisica, con la presenza del prof. Cooper, uomo sulla quarantina è abbastanza severo, ma solo con chi di dovere. Con me è una persona dolcissima. Ma in generale i prof mi trattano bene.

L'aula Nr° 13 contiene appena quattro persone assieme a me e al professore, la campanella non è ancora suonata e come ogni normale studente io sono arrivata in aula con 10 minuti di anticipo. Già. Come gli studenti normali. Faccio un sorriso mentale mentre saluto con un sorridente «Buongiorno» il prof. e mi accomodo al mio posto in terza fila. Un altra giornata è cominciata.

Dopo una faticosa giornata di scuola, finalmente posso rilassarmi, e dov'è il posto migliore? Sotto l'albero Padre, il mio preferito dell'intera scuola. In questa parte c'è un grande giardino dedicato al club di giardinaggio, naturalmente, ben curato e con al centro un imponete faggio trapiantato che io chiamo albero Padre. Qui non c'è quasi nessuno e perciò posso tranquillamente stare qui a leggere un bel libro o scrivere sul mio diario. Mi rilassa molto prima di tornare a casa questo è il mio rifugio.

Mi sono seduta sul erba accuratamente tagliata e ho iniziato a scrivere, pensieri, parole ed emozioni prima di essere interrotta, da dei rumori apparentemente innocenti, ma, che poi si riveleranno essere diversi da quelli che credevo essere i fruscii degli alberi. 
Alzandomi e pulendomi i jeans e prendendo dietro di me lo zaino, mi indirizzai verso la provenienza di quei rumori, ed è stato allora che la mia gote per l'imbarazzo di quella scena diventò di un innaturale color rosa, senza via di scampo anche per il mio innaturale pallore. Erano due persone ben conosciute sia da me che da tutta la scuola, erano i re e la regina degli "Intoccabili" che si toccavano in posti troppo intimi per i miei gusti o anche per i miei principi. Leonard Cross e Katy Stright, si scambiavano gravi effusioni sospirando e producendo suoni fievoli e strozzati come le corde rotte di violino, inaudito.

Però non riuscivo a smettere di osservare nonostante la voglia di andarsene fosse immensa, le mie gambe non andavano d'accordo con il cervello, perciò rimasero ferme. Quelle traditrici. Tutto però fu fermato con la caduta di un qualcosa, un libro, per la precisione il mio diario, che fermò il tutto attirando la loro attenzione. Mentre io mi abbassavo per riprenderlo, sentendo il commento della Stright. 
«Hei! Che stai a guardare...smamma!!»
Io senza farmelo ripetere due volte incomincia a correre oltrepassandoli, con il viso in fiamme per l'imbarazzo è il mio diario stretto tra le mani, davanti al cuore.

Sentiva che aveva fatto male e che ne avrebbe pagato le conseguenze.A volte la vita riserva brutti scherzi, come lo aveva riservato a me. Sin da quando sono nata ero stata speciale, tutto di me era strano ma allo stesso tempo magico, ero "diversa" dagli altri, solo che ancora non l'avevo capito, ero troppo piccola per rendermene conto e -troppo chiusa nel mio mondo per capirlo-.

Ma, però, la mia vita aveva continuato ad essere felice sino all'arrivo del primo anno di scuola elementare, allora sono arrivati i problemi; allora mi resi conto di essere "diversa". Quel giorno, tutto assunse un nuovo senso per me che, fino a quel momento avevo vissuto in una campana d'oro, ora quella stessa campana si era frantumata davanti ai miei occhi di bambina.

Ricordo perfettamente tutti gli sguardi straniti e schifati degli altri compagni, e in essi vedevo anche compassione, io nonostante ciò non capivo, e rimasi fredda e calcolata senza esprimere nessuna emozione. Poi arrivai a casa e per la prima volta dopo tanto tempo mi specchiai -approfonditamente- e notai la mia diversità. Ero bianca, totalmente e completamente. Dai capelli, alla pelle agli occhi di un colore informale, mai visto, quasi di un malva sbiadito o azzurro sbiancato,non saprei definirlo. 
I lunghi capelli bianco neve, contornavano la faccia pallida e liscia.

Allora capii, solo allora. Aveva capito il motivo per cui i miei genitori mi tenevano in casa, non volevano farmi soffrire oppure rendermi vittima dei continui sguardi delle persone che passavano per strada. Per questo gli ringrazio, e anche quando quello stesso pomeriggio, dopo aver osservato me stesse ed aver appresso la mia diversità che andai con un mare di lacrime agli da mia madre, chiedendogli semplicemente perché io ero strana ma la sua risposta mi fece ricredere in me stessa:
«Amore mio, tu non sei diversa, sei speciale...la principessa di ghiaccio, ecco cosa sei, è per questo che sei così, perché tu sei speciale...» 
Quelle parole mi rincuorarono e grazie ad esse, correvo per la grande villa, vestita di bianco...per mostrare di essere la principessa di ghiaccio.

Dolci ricordi.

La realtà è diversa, purtroppo, non si può decidere come nascere e anche come essere, si sa solo che, ora, ci siamo.

[...]

Al giorno d'oggi...

La giornata è fredda, i primi fiocchi di neve sono da poco caduti e rendono l'atmosfera più fiabesca, e sicuramente, quando si è in macchina -o nel mio caso sul bus- con le auricolari alle orecchie il mondo assume colori diversi e sfumature di una nuova vita o grosso modo di un altra parte di universo, ritratta solo per noi, tutto sembra più bello.

Guardare il finestrino e quello che passa davanti ai miei occhi mi da modo di pensare in modo alternativo e anche di trovare soluzioni ai problemi che affollano la mia mente. Il mio solito posto offre una visuale da paura...agli ultimi posti ci sono loro...-Gli intoccabili-come li chiamo io.

Giocatori di football e le "gentili" cheerleader, le solite brave ragazze presenti in ogni scuola superiore. Purtroppo non c'è modo di liberarsi di loro, sono peggio delle sanguigne.
Gridano e schiamazzano in modo poco educato e addirittura si scambiano effusioni molto poco caste in pubblico. O addirittura giocano con le carte arrotolandole e lanciandole ai ceti bassi della scuola...Chi sono? I nerd! E purtroppo tra questi ci sono anche io. La mia vita non potrebbe andare meglio di così. E proprio da previsione una palla di carta accartocciata mi arriva in testa, ma io ormai abitata, non gli do più peso. Dopo ben quattro anni di scuola ho imparato a evitare certa gente, appunto, loro. La carta oltre a raggiungere la mia testa incappucciata raggiunge anche le mie mani e aprendola si rivela a me uno stupito, brutto, scarabocchio. Dovrebbe rappresentare me. Con un corpo deformato e delle parole ai lati con su scritto "Il mostro di Lochness" ma io la strappo e ne butto i pezzi sotto la sedia. Questo è il continuo di molti altri.

Arrivo a destinazione, la scuola. 
Wilson Jack High School di Athlantic City.
Una scuola per niente male, innovativa, che però non prende molto in considerazione le belle attività ricreative come il teatro o la musica, ma prende in considerazione solo lo sport, «Il GLORIOSO FOOTBALL!!!» o almeno queste sono le parole del preside. E dunque è per questo motivo che i giocatori di football assieme alle loro ragazze-oche sono i più popolari della scuola. Purtroppo.

L'arrivo della scuola è abbastanza movimentato e io mi dirigo verso l'ora di fisica, con la presenza del prof. Cooper, uomo sulla quarantina è abbastanza severo, ma solo con chi di dovere. Con me è una persona dolcissima. Ma in generale i prof mi trattano bene.

L'aula Nr° 13 contiene appena quattro persone assieme a me e al professore, la campanella non è ancora suonata e come ogni normale studente io sono arrivata in aula con 10 minuti di anticipo. Già. Come gli studenti normali. Faccio un sorriso mentale mentre saluto con un sorridente «Buongiorno» il prof. e mi accomodo al mio posto in terza fila. Un altra giornata è cominciata.

Dopo una faticosa giornata di scuola, finalmente posso rilassarmi, e dov'è il posto migliore? Sotto l'albero Padre, il mio preferito dell'intera scuola. In questa parte c'è un grande giardino dedicato al club di giardinaggio, naturalmente, ben curato e con al centro un imponete faggio trapiantato che io chiamo albero Padre. Qui non c'è quasi nessuno e perciò posso tranquillamente stare qui a leggere un bel libro o scrivere sul mio diario. Mi rilassa molto prima di tornare a casa questo è il mio rifugio.

Mi sono seduta sul erba accuratamente tagliata e ho iniziato a scrivere, pensieri, parole ed emozioni prima di essere interrotta, da dei rumori apparentemente innocenti, ma, che poi si riveleranno essere diversi da quelli che credevo essere i fruscii degli alberi. 
Alzandomi e pulendomi i jeans e prendendo dietro di me lo zaino, mi indirizzai verso la provenienza di quei rumori, ed è stato allora che la mia gote per l'imbarazzo di quella scena diventò di un innaturale color rosa, senza via di scampo anche per il mio innaturale pallore. Erano due persone ben conosciute sia da me che da tutta la scuola, erano i re e la regina degli "Intoccabili" che si toccavano in posti troppo intimi per i miei gusti o anche per i miei principi. Leonard Cross e Katy Stright, si scambiavano gravi effusioni sospirando e producendo suoni fievoli e strozzati come le corde rotte di violino, inaudito.

Però non riuscivo a smettere di osservare nonostante la voglia di andarsene fosse immensa, le mie gambe non andavano d'accordo con il cervello, perciò rimasero ferme. Quelle traditrici. Tutto però fu fermato con la caduta di un qualcosa, un libro, per la precisione il mio diario, che fermò il tutto attirando la loro attenzione. Mentre io mi abbassavo per riprenderlo, sentendo il commento della Stright. 
«Hei! Che stai a guardare...smamma!!»
Io senza farmelo ripetere due volte incomincia a correre oltrepassandoli, con il viso in fiamme per l'imbarazzo è il mio diario stretto tra le mani, davanti al cuore.

Sentiva che aveva fatto male e che ne avrebbe pagato le conseguenze.

   
 
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