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Autore: Wyatt White    01/08/2015    4 recensioni
Edward è un ragazzo anglo-coreano di diciotto anni che, dopo aver vinto un concorso per imitatori degli SHINee, dovrà convivere con gli stessi componenti del gruppo musicale che sconvolgeranno tutti i suoi equilibri.
[accenni JongKey]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Minho, Nuovo Personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era in centro a Seoul a girovagare per i negozi.
Ormai era passato un anno da quando gli SHINee se n’erano andati dal suo condominio e a lui mancavano molto; all’inizio avevano mantenuto i rapporti ma poi, un giorno, i cantanti non risposero più a nessuno dei suoi messaggi; avrebbe tanto voluto sapere perché lo avessero cancellato dalle loro vite in un modo così repentino; immaginava che sarebbe potuto succedere però sperava almeno che gli dicessero:
“Ci siamo stancati di te...non siamo più amici...”
O qualcosa del genere; tanto per mettersi l’anima in pace.
Continuava a guardarsi intorno, spiando l’interno dei negozi in cerca di qualcosa da comprare; forse le vetrine era un po’ troppo pretenziose per lui tuttavia, sinceramente, non gliene importava più di tanto.
All’improvviso, vide riflesso nella vetrina una sagoma alta e slanciata che passava proprio dietro di lui; si girò incuriosito: era Minho che stava camminando mentre parlava al cellulare; non poté fare a meno di sorridere: non era cambiato di una virgola; sospirando, tornò a guardare la vetrina, ripensando al tempo passato insieme; probabilmente quello era stato il periodo più bello della sua vita; peccato che, dopo tutto quel tempo passato insieme, quei ragazzi non si sarebbero neanche ricordati il suo nome.
Ad un certo punto, sentì qualcuno dirgli:
“Ehi, ma tu sei Edward.”
A quelle parole, lo studente si voltò, trovandosi  davanti il rapper che gli sorrideva; non capendoci più niente, chiese:
“Ma come? Ti ricordi sul serio di me?”
“Ma certo...come potrei dimenticare quell’idiota che pensava davvero di essere nostro amico...ancora ridiamo...sul serio credevi che ci importasse qualcosa di te?”
“W-What...?”
Il suo cuore si strappò in mille brandelli; con che coraggio gli stava dicendo una cosa talmente orribile; l’altro, intanto, era scoppiato a ridere, facendolo sentire ancora più stupido.
Come aveva potuto fidarsi di lui?
Come aveva potuto innamorarsi di lui?
Era andato completamente nel pallone; continuava a pensare:
“Perché mi stai facendo questo? Che cosa ti ho fatto di male?”
Nella confusione più totale, qualcuno gli disse:
“Edward...Edward, svegliati...è solo un incubo...”
Nel giro di pochi secondi, allora, il cantante sparì e una luce molto intensa lo avvolse, costringendolo a chiudere gli occhi; quando li riaprì, era nella sua stanza con Jonghyun che lo teneva per le spalle, nel tentativo di farlo svegliare; ancora sconbussolato, scosse la testa.
Quindi stava solo sognando?
Era tutto talmente reale.
Una volta Bae gli aveva detto che se, mentri dormi, vedi qualcosa di fin troppo realistico può essere che sia una sorta di visione dal futuro; all'inizio, pensava che fosse solo una stupida superstizione; non pensava che potesse essere vero; Adesso, però, iniziava a crederci anche lui.
Il più grande, intanto, continuava a guardarlo in apprensione; non lo aveva mai visto così agitato.
 
Era uscito un secondo dalla sua stanza per prendere un bicchiere d'acqua.
Quella notte non era riuscito a chiudere occhio; non ce la faceva più: il segreto di Minho stava diventando troppo insopportabile da custodire; non  riusciva a vedere uno dei suoi più cari amici soffrire come un cane.
Entrò nella cucina dello studente: ormai mancavano solo un paio di giorni alla partenza e perciò non si erano preoccupati di fare la spesa; non appena varcó la soglia, iniziò a sentire dei strani rumori provenire dalla camera del minore; non capendo, si precipitó a vedere cosa stesse succedendo; gli si spezzò il cuore: Ed si agitava nel letto spaventato; aveva i pugni serrati e i capelli erano appiccicati alla fronte per il sudore.
 
Per fortuna, non gli ci volle molto a svegliare l'altro da quello che sembreva un incubo terribile.
Ora, il più piccolo aveva aperto gli occhi e si guardava attorno disorientato; sembrava veramente sconvolto.
Forse quello era il momento migliore per chiedergli cosa provasse nei confronti del ranocchio; avrebbe dovuto prenderla alla larga ovviamente; non poteva certo dire semplicemente:
“Lo ami o no? Tra due giorni partiamo, sai?”
Annuì a se stesso: era senz'altro meglio un approccio indiretto.
Ed, nel frattempo, scuoteva la testa come a scacciare un pensiero fastidioso; pensó:
“O adesso o mai più....”
Gli appoggiò una mano sulla spalla per attirare la sua attenzione; solo in quel momento vide i suoi occhi: non erano del solito colore blu elettrico che ipnotizzava chiunque lo guardasse; erano grigi, quasi neri e tutte le sfumature che di solito animavano il suo sguardo si erano volatilizzate, lasciando le sue iridi spente e scure.
Cos'aveva sognato il suo povero Little Brother?
Sempre più agitato, chiese:
“Tutto ok, Ed?”
“Sinceramente in questo momento non saprei cosa risponderti...”
Dino, a quella risposta, non ce la fece più; lo strinse forte tra le braccia; non lo aveva mai visto cosí: sembrava sul punto di crollare per la tensione; iniziò ad accarezzargli la schiena, nel tentativo di confortarlo.
Edward, intanto, non riusciva a parlare; non si era mai sentito così debole e indifeso.
Quando l'altro lo abbracciò, non resistette, scoppiando in un pianto disperato; aveva tanto bisogmo di sfogarsi con qualcuno ma non sapeva con chi potesse parlare; si vergognava troppo per aprirsi con qualcuno; si limitò, quindi, a sopprimere le lacrime, fingendo di star bene.
Si rimese seduto composto sul letto; si sentiva un po' stupido: non era da lui piangere in quel modo per un semplice brutto sogno; si asciugó gli occhi dalle ultime lacrime rimaste; disse:
“Scusami tanto...non volevo spaventarti...”
“Non ti preoccupare...non é successo nulla...ma piuttosto, cosa stavi sognando?”
A quella domanda, si pietrificó di colpo; sperava tanto che non glielo chidesse; non sapeva cosa rispondere; non poteva certo dirgli che aveva sognato Minho: avrebbe scatenato un effetto domino inarrestabile.
Alla fine, sentendosi osservato dall'altro, balbettó:
“N-non me lo ricordo...”
“Ah sì...e come mai ho l'impressione che tu mi stia mentendo?”
Lo studente, non sapendo cosa fare, abbassò lo sguardo; a quel punto non c'era niente che potesse discolparlo.
Jonghyun sospirò; doveva essere qualcosa di molto personale se non ne voleva parlare; provó a pensare un attimo a cosa potesse fare per mettere l'altro più a suo agio; forse, sarebbe stato più facile se fosse stato qualcun'altro a parlare con Ed.
Convinto della sua idea, disse:
“Senti, Ed...vado a svegliare Minho così potete parla-”
Non fece nemmeno in tempo a finire di parlare che il minore lo afferrò per un braccio prima che potesse alzarsi dal letto; era confuso: che volesse impedirgli di andare a chiamare l'altro?
I suoi dubbi furono confermati quando il più piccolo sussurrò:
“Jonghyun ti scongiuro...non chiamarlo...tutti ma non lui, ti prego...”
Sbarró gli occhi per la sorpresa: tutti ma non lui?!
Ma che stava succedendo?!
Fino al giorno prima erano così legati; non potevano essere diventati nemici nel giro di una notte; doveva esserci per forza un altro motivo; qualcosa di abbastanza privato da imbarazzare lo studente.
All'improvviso, un'idea balenò nella testa del cantante; pensò:
"Che Ed...?"
Curioso di verificare le proprie ipotesi, si rimise seduto composto sul materasso, accarezzando la mano che gli stringeva il bicipite; lentamente la presa del più piccolo si allentò e così Jonghyun, con un gesto rapido, prese la sua mano, cercando di dargli coraggio; non voleva forzarlo a parlare ma, allo stesso modo, desiderava porre chiarezza a tutta quella storia.
Ne accarezzó il dorso: non si era mai accorto che la pella di Ed fosse così candida; forse era solo un gioco di luce; oppure un calo di zuccheri.
Chissà?
Scosse il capo, dandosi dell'idiota; aveva cose più importanti a cui pensare; si avvicinò leggermente all'altro e, sussurrando, chiese:
“Little Brother...tu ami Minho...non é vero? Era lui che stavi sognando?”
Edward non rispose subito; si limitò a guardarlo negli occhi quasi a voler capire se fosse serio; non pensava che qualcuno gli avrebbe fatto veramente quella domanda; un po' però era sollevato: non ce la faceva più a nascondere tutto ciò che provava; sospirò rumorosamente, giocherellando con l'orlo della sua maglia; e adesso cosa doveva fare?
Rispondere sinceramente o mentire?
No: era troppo stanco di mentire agli altri e soprattutto a se stesso.
Prese un ultimo respiro per poi dire in apnea:
“Sì...o almeno...credo di sì...nel mio cuore ci sono talmente tanti sentimenti contrastanti che non so più cosa pensare...”
“Ma Ed...perché non lo hai detto a nessuno?”
“Non é così facile...fino a qualche giorno fa ero etero e ora...non so nemmeno come definirmi...”
Irritato, si accasció all'indietro soffocando un grido che tratteneva da non sapeva quanto tempo.
Dino, intanto, stava ancora metabolizzando quello che aveva appena sentito; Ed amava Minho; non stava più nella pelle; se era veramente così allora era tutto risolto; non vedeva l'ora di dirlo al ranocchio.
In quell'ultimo periodo, lo aveva visto quando non c'era lo studente: tutto ad un tratto il suo sorriso si spegneva e i suoi occhi si riempivano di oscurità; aveva perso il conto di tutte le volte che aveva provato a dirgli di buttarsi e di dichiararsi; ogni volta la stessa storia:
 
“Andiamo Jonghyun...quante speranze ho contro una ragazza?”
 
Forse, finalmente, qualcosa si stava muovendo per quei due ragazzi.
Guardò un attimo lo studente: aveva nascosto la testa tra i cuscini, nel tentativo di nascondersi dal mondo intero; sorrise; non aveva mai visto una ragazzo così carino in tutta la sua vita; a parte Kibum, ovviamente; lo tirò a sé, stringendolo forte; disse:
“Little Brother, ascolta...é normale sentirsi confusi e spaventati...io ho provato le stesse cose quando mi sono innamorato di quella Divah che si veste un po' troppo spesso di rosa...all'inizio é stata dura ma poi, quando ho trovato la forza per dirgli ciò che provavo, la mia vita é diventata meravigliosa...”
Mentre parlava aveva tenuto lo sguardo fisso verso la parete; su quel muro gli era sembrato quasi di vedere riflessi tutti i momenti passati con Kibum; insieme a lui aveva vissuto i suoi giorni migliori; in principio, non era stato facile nascondere davanti alle telecamere tutto il loro amore ma ne era valsa la pena: potevano amarsi senza che nessuno li rimproverasse.
Abbassò lo sguardo verso il più piccolo, che aveva appoggiato sul suo petto; gli prese con due dita il mento e gli fece alzare il viso così che lo potesse guardare: aveva ancora gli occhi lucidi; quella situazione doveva proprio averlo destabilizzato; gli scompigliò i capelli, dicendo:
“Ed...da’ retta a uno che in amore ha già commesso un sacco di errori...parla con lui e digli quello che senti...vedrai che andrà tutto bene...”
Lo studente, a quell'affermazione, riabbassó il capo, rispondendo:
“E anche se lo facessi, cosa cambierebbe? Non ho alcuna possibilità che lui possa essere interessato a me in quel modo...”
Jonghyun non sapeva più cosa fare; continuava a pensare:
“Accidenti! Ma lui é sul serio interessato a te in quel modo!”
Purtroppo, non poteva dire nulla del genere: aveva promesso a quello stupido del suo amico di mantenere il segreto, soprattutto con Ed ed era un uomo di parola; si portò le mani al volto, sentendosi perso; fece un altro tentativo.
“Ma Little Brother...non puoi saperlo se non ci provi...”
“Non ne ho bisogno...insomma guardami...”
Nel dirlo si era alzato in piedi, aprendo le braccia in un gesto plateale.
Il cantante lo squadró dalla testa ai piedi; chiese:
“Che c'è che non va, scusa? Mi sembri un bellissimo ragazzo...”
“Oh, andiamo! Lui é Choi Minho: rapper, modello, sportivo, bello...praticamente perfetto! Mentre io...sono un ragazzino timido che per qualche strano scherzo del destino assomiglia ad un cantante famoso...non sono niente in confronto a lui.”
Il maggiore a quel punto, batté piano il pugno sul materasso, sconfitto; quanto desiderava fargli capire che si sbagliava; il problema era che se lo avesse fatto, avrebbe tradito la fiducia del suo amico dagli occhi grandi e lui se faceva una promessa la manteneva sempre; si alzò in piedi e si mise davanti all'altro; gli occhi di Ed sembravano diventare sempre più vuoti ogni minuto che passava.
Lo strinse di nuovo al petto, sussurrandogli:
“Va bene...non voglio forzarti a far niente...ma promettimi almeno che ci penserai.”
“Te lo prometto, hyung. Ma non credo che cambierò idea...”
 
- Qualche ora dopo -
 
6:50.
La sveglia non suonò quella mattina: Edward l'aveva disattivata durante la notte, non riuscendo più ad addormentarsi; nella sua testa risuonavano continuamente le parole di Dino.
Che avesse ragione lui?
In effetti, non era esattamente uno sgorbietto; però, rimaneva il fatto che se i cantanti non avessero dovuto passare del tempo in quella scuola, non lo avrebbero mai degnato di uno sguardo.
Si raggomitoló sotto le coperte, buttando fuori tutta l'aria che aveva in corpo; ancora non riusciva a crederci di essersi messo in quella situazione; non avrebbe mai dovuto affezzionarsi a quei ragazzi; non sapeva se sarebbe riuscito a salutarli, sapendo che poteva anche non vederli mai più.
Quello era l'ultimo giorno che avrebbe passato insieme a loro; non voleva alzarsi: voleva far durare quella giornata in eterno; si strinse ancora di più nel copriletto, sopprimendo le lacrime; si sentiva così stupido; nemmeno quando i suoi genitori tornarono a Londra versò una lacrima; possibile che cinque bambini un po' troppo cresciutelli fossero in grado di ridurlo così?
All'improvviso, sentì la porta aprirsi; un leggero raggio di luce filtró attraverso il tessuto della coperta, mettendolo in agitazione; forse la cosa migliore era fingere di dormire; strinse le palpebre, cercando di sembrare rilassato; dopo poco, il materasso incominciò a piegarsi sotto il peso di un'altra persona; tremó: sperava tanto che non fosse lui.
La coperta come per magia sparì, lasciandolo completamente in balia degli eventi; respiró profondamente: il piano non era cambiato e se voleva salvarsi doveva continuare a fingere; le distanze tra lui e il ragazzo misterioso si accorciarono sempre di più; riconobbe immediatamente il suo profumo: era proprio Minho.
Il ranocchio gli sussurrò:
“Piccolo...guarda che so benissimo che non stai dormendo...”
Sbuffò: quel rapper, ormai, lo conosceva troppo bene; si mise a gambe incrociate sul letto, dicendo:
“Uffa, Big Brother...ma non potevi illudermi di averti ingannato?”
“Non aveva funzionato neanche la prima volta...perché doveva funzionare la seconda?”
A quella domanda, Edward guardò da un'altra parte, imbarazzato; nemmeno Simon ci era mai cascato; sospirò, triste; lui e il più grande erano diventati molto legati e gli si spezzava il cuore al solo pensiero di dovergli dire addio; forse aveva ragione Bling Bling; forse doveva svelargli i suoi sentimenti.
Scosse il capo: non ne era ancora del tutto convinto.
Più ci pensava, più il suo cervello si polverizzava; non ce la faceva proprio più; desiderava tanto distruggere qualcosa e urlare tutta la sua frustazione; sfortunatamente, l'unica cosa che riuscì a fare fu piangere; senza che se ne accorgesse, infatti, le sue guance iniziarono ad essere rigate da calde lacrime che resero i suoi occhi ancora più luccicanti.
Il cantante, immediatamente, chiese:
“Ehi ehi...perché stai piangendo?”
“No...niente...é che...mi mancheranno i tuoi buongiorno di prima mattina...”
Il maggiore, vedendolo così, non resistette e lo abbracciò forte; anche a lui sarebbe mancato tanto l'altro; lo amava moltissimo; ogni volta che lo vedeva gli veniva voglia di baciarlo; ancora si ricordava  quando si erano parlati per la prima volta.
 
“Stai bene?”
“Sí, tutto bene! É che non mi era mai successo di investire una star del k-pop di prima mattina!”
 
Non avrebbe mai immaginato di affezzionarsi a tal punto a lui; all'inizio, sembravano diametralmenti opposti ma poi, giorno dopo giorno, vennero a galla tutte le loro somiglianze; avevano un sacco di cose in comune; allo stesso tempo, però, tra di loro c'erano delle piccole differenze che rendeva il minore ancora più speciale; quando guardavano lo sport, ad esempio, Minho continuava a sbattere i piedi e urlare contro l'arbitro mentre Ed si limitava ad analizzare millimetro per millimetro il campo di gioco, riuscendo persino a prevedere i fuorigioco; persino i suoi tratti fisici facevano un effetto diverso sul minore.
Edward era unico; non poteva essere definito un suo sosia.
Gli scompiglió i capelli, ridendo; disse:
“Dai...asciuga quelle lacrime...non é mica l'ultima volta che ci vediamo...sai quante volte ci incontreremo alla SM Entertainment? Non ti libererai così facilmente di noi.”
Dolcemente, gli passò i pollici sulle guance, scacciando alcune gocce che facevano scintillare i suoi occhi; un po' gli dispiacque: quando i suoi occhi erano liquidi, sembravano due pezzi di cielo stellato; al solo pensarci, gli venne da arrossire; non gli era mai successo di prendere una sbandata del genere per qualcuno; aveva provato in tutti i modi a convincersi di amare Karen ma, purtroppo, il suo cuore aveva le idee fin troppo chiare.
 
Era l'ora di educazione fisica.
Si stava disputando un acceso torneo di pallavolo e la squadra di Ed e Minho era arrivata in finale; ancora non ci credevano di avercela fatta; all'inizio della lezione nessuno avrebbe scommeso un centesimo su di loro, invece, più la sfida andava avanti, più loro diventavano forti; ad un certo punto, il resto del team avrebbe potuto andarsene e nessuno se ne sarebbe accorto.
Entrambe le squadre a due minuti dal suono della campanella erano al match point; la tensione era palpabile: a quel punto, nessuno era intenzionato a perdere.
Fu questioni di pochi secondi: la palla fu messa in gioco, intercettata immediatamente da Ed che la mandò di nuovo in aria mentre Minho fece una schiacciata così potente che quasi rimase il segno sul pavimento; il professor Chung fischió segnalando la fine della partita; l'intera squadra, in quel momento, iniziò ad urlare e a saltellare come un branco di pazzi.
Nel mezzo dei festeggiamenti, Edward, preso dall'euforia, si buttò tra le sue braccia.
 Non appena lo abbracciò, le gambe del rapper iniziarono a tremare e il cuore diventò un martello pneumatico; non capiva cosa gli stesse succedendo: non si era mai sentito così.
Nella sua mente, poi, apparve la risposta:
“Little Brother...ma allora...io ti amo...”
 
Temeva da morire l'arrivo del giorno dopo.
Non credeva che sarebbe stato in grado di dirgli addio; avrebbe voluto impacchettarlo e portarselo via; però, anche se lo desiderava tanto, non ne aveva il coraggio: farlo avrebbe significato confessargli ciò che provava e quindi rischiare di perdere la persona più importante per lui; avrebbe fatto qualsiasi cosa per continuare a vederlo: si sarebbe imposto di non mostrare più nessuna emozione se fosse stato neccessario.
Se lo portò al petto per consolarlo; lo studente sembrava veramente molto triste; un po' la cosa gli faceva piacere: voleva dire che anche lui teneva a loro; allo stesso tempo, ci stava anche male: odiava vederlo così malinconico.
Provó ad accarezzargli la schiena, per infondergli un po' di benessere; per fortuna quel giorno c'era uno sciopero generale e le lezioni erano state annullate; potevano fare tutto quello che volevano; avevano passato tutta la sera a discutere su come passare quella giornata; alla fine avevano pensato di andare un'altra volta al centro commerciale: Taemin doveva comprarsi delle cuffiette e Kibum voleva comprarsi dei leggins da accompagnare ad una canotta che aveva comprato qualche giorno prima.
Gli diede un ultimo bacio tra i capelli; disse:
“Va un po' meglio?”
“Sí, grazie Minho...scusami.”
“Non ti preoccupare. Adesso preparati...gli altri si stanno già vestendo.”
Detto questo, il ranocchio se ne andò, lasciando l’imitatore da solo.
Edward era ancora scombussolato dalla notte precedente; da un parte c’era l’incubo che aveva fatto, mentre, dall’altra c’era la conversazione con Jonghyun; le sue parole continuavano a rimbombargli nelle orecchie.
 
...non puoi saperlo se non ci provi...
 
Frastornato, si alzò dal letto e si diresse verso l’armadio per prendere i vestiti; aprì le ante senza neanche sapere cosa stesse cercando; sinceramente, quella mattina non aveva voglia di fare niente: avrebbe preferito di gran lunga rimanere in pigiama, guardando un film alla TV; rovistò tra i suoi vestiti, sperando che una maglia o un paio di pantaloni gli dessero l’ispirazione che gli mancava.
Ad un certo punto, il suo sguardo cadde su un capo in particolare: la sua ex felpa fortunata; la prese in mano dubbioso; l’ultima volta che l’aveva indossata la preside lo aveva costretto a esibirsi sul palco insieme ai suoi Big Brothers; ormai era convinto che avesse perso tutto il suo potere; forse non era il caso di indossarla ma, poi, pensò:
“Beh...mi sono appena svegliato e mi sento da schifo...l’amore della mia vita sta per tornarsene a Seoul e forse non lo rivedrò mai più...peggio di così non può andare...”
Aprì la cerniera e la tolse dalla stampella dove era appesa; dopodiché, prese una maglietta verde pastello e un paio di jeans neri; indossò il tutto, controllando che i capi si abbinassero bene tra loro: ad un primo sguardo non sembrava stare male, anzi, come completo non era affatto male; annuendo a se stesso, si mise gli occhiali e uscì dalla stanza, dirigendosi verso il bagno per rinfrescarsi.
Finalmente, dopo una decina di minuti fu pronto e con passo spedito si avviò in cucina per vedere se gli altri stavano già facendo colazione; andò nell’altro appartamento e con sua grande sorpresa trovò la tavola piena di dolci che, all’apparenza, sembravano essere deliziosi; fece un paio di passi all’interno della stanza per capire cosa stesse succedendo; lì dentro c’era solo lui e non capiva dove fossero finiti tutti.
In quell’esatto istante, sentì qualcuno sussurrare:
“Ragazzi sbrighiamoci...Ed sarà pronto da un momento all’altro...”
“Tranquillo...manca solo questa scatola di biscotti, no?”
Il primo ad entrare fu Jinki che, vedendo il più piccolo, si rattristò; disse:
“No, uffa...volevamo farti una sorpresa...”
“Beh...anche se non era tutto al proprio posto, é riuscita lo stesso...”
A quel punto, entrarono anche gli altri ed ebbero la stessa reazione; Edward, triste di avergli rovinato i piani, li abbracciò uno ad uno per consolarli.
Chissà quanto avevano speso per comprare tutto quel cibo?
Quei ragazzi erano veramente incredibili; quei gesti per loro molto probabilmente erano normali ma per lui non lo erano; lo facevano sentire speciale; gli venne quasi naturale coccolarli; alla fine, Minho, tenendo ancora tra le braccia il più piccolo, disse:
“Vabbeh...ormai che siamo tutti qui...che ne dite se facciamo colazione?”
Gli altri annuirono sorridendo così, senza farselo ripetere due volte, si misero intorno al tavolo pronti a mangiare; stavano per servirsi, quando, sfortunatamente, squillò il telefono che si trovava nell'altro soggiorno; Kibum, allora, disse:
"Se mangio tutte queste cose ingrasso...vado io..."
Non fece nemmeno in tempo a finire la frase che era già uscito della cucina a passo spedito; i cinque rimasti si guardarono un secondo negli occhi per poi iniziare a ingozzarsi di biscotti e pasticcini; tra un morso e l'altro, Ed chiese:
“Ma ragazzi...come mai avete comprato così tante cose?”
“Questo é il nostro ultimo giorno insieme...perciò abbiamo deciso di viziarti un po'...”
Mentre rispondeva, Jonghyun gli sporcó la punta del naso con un po' di panna; a quel gesto, Little Brother sorrise: nemmeno suo fratello gli faceva scherzi così stupidi; intanto gli altri si erano messi a ridere; solo il ranocchio aveva un'aria triste: stava provando ad immaginare la stessa identica scena con solo lui e il resto degli SHINee; si era reso subito conto che non sarebbe mai stata la stessa cosa perché la persona che ora costituiva tutto il suo mondo non ci sarebbe stata.
Senza che se ne accorgesse, smise di sentire quello che gli stava intorno; era troppo concentrato a disperarsi per fare attenzione a quello che succedeva nella stanza.
Qualcuno gli appoggiò una mano sulla spalla, riportandolo alla realtà; sussultando, si girò e vide che il suo imitatore lo guardava con aria preoccupata; chiese:
“Che c’è, Ed?”
“Niente...é che ti vedevo così sofferente...stai bene? É successo qualcosa?”
Sospiró.
Quel ragazzo riusciva a leggere la sua anima; ormai ne era certo; appoggiò la sua mano su quella dell'altro e, sorridendo, rispose:
“Non ti preoccupare...sto bene...ho solo qualche pensiero per la testa...”
Prese un tovagliolo e tolse della panna che era sfuggita all'altro, che arrossì immediatamente; si perse un attimo nei suoi occhi: quel giorno sembravano essere di un blu talmente intenso da renderlo ancora più etereo.
“G-grazie, Big Brother.”
“Figurati.”
Gli scompigliò i capelli, cominciando finalmente a ridere.
All'improvviso sentirono Key, dire:
“Yes...just a minute...Ed é una chiamata da Londra...quello al telefono dice che deve parlarti assolutamente...”
“Really?”
La Divah annuì; allora, l'anglo-coreano si alzò dal tavolo e, dopo aver preso dalle mani del più grande il telefono, si allontanò per avere un po’ di privacy.
Non appena se ne andò, Jonghyun e Tae iniziarono a fare un interrogatorio in piena regola a Umma; volevano sapere tutto ció che aveva detto quella persona; continuavano a chiedergli:
“Chi era? Un amico? Ti ha detto se era un suo parente o un semplice conoscente?”
“Non lo so...ripeteva senza sosta che doveva parlare con lui...”
I cinque cantanti si guardarono perplessi; anche se nessuno voleva ammetterlo, stavano morendo dalla curiosità; provarono a fare delle ipotesi sull’identità dell’interlocutore; una più assurda dell’altra; all’inizio avevano provato a rimanere con i piedi per terra, immaginando che fosse un suo zio che lo chiamava per sapere come stava; dopo un po’, però, iniziarono a raccontarsi storie di spionaggio in cui Ed costituiva il vertice di un’organizzazione di agenti incaricati di proteggere il mondo.
Passarono alcuni minuti e il ragazzo non tornava; iniziarono a preoccuparsi.
Che fosse successo qualcosa di grave?
Che qualcuno avesse fatto un incidente e che quello fosse il medico che aveva il compito di dare a Edward la notizia?
Ormai, erano sul punto di scoppiare; non ce la facevano più ad aspettare: dovevano sapere.
Ad un certo punto, sentirono avvicinarsi il più piccolo; riuscivano quasi a distinguere delle parole in inglese; presi alla sprovvista, gli SHINee provarono a darsi un tono, inutilmente: nel tentativo di sembrare calmi, risultarono ancora più innaturali e tesi.
In quel momento, rientrò lo studente, a passo lento; sul suo volto c'era un'espressione di stupore mista a malinconia; Minho, temendo il peggio, chiese:
“Ehi, piccolo, che succede? Brutte notizie?”
“Mi hanno offerto una borsa di studio in un'università di belle arti...”
Jinki, allora, orgoglioso del ragazzo, chiese:
“Ma perché hai quel muso lungo, scusa? É una notizia meravigliosa...”
Il minore, tentennó; si rigirava il telefono tra le mani, senza dire una sola parola; per Dino non serví altro per capire la situazione; lo guardò con aria severa e, scandendo bene le parole, chiese:
“Se accetti dovresti tornare in Inghilterra, giusto?”
L'altro abbassò la testa: un ‘sí’ muto inequivocabile.
Erano tutti sconvolti; non potevano crederci; non volevano crederci: il loro fratellino stava per andarsene e forse non lo avrebbero più rivisto.
Kibum, quasi in apnea, balbettó:
“M-ma come? Te ne vai? E il contratto con la casa discografica?”
“Non ho ancora preso nessuna decisione...ho tempo fino a domani per accettare l'offerta...”
L'altro, a quel punto, stava per ribattere di nuovo, ma, prima che potesse dire qualsiasi cosa, Taemin gli strinse una mano sotto al tavolo per dopo fargli segno di tacere quando questo lo guardò.
Ci fu un attimo di silenzio; nessuno aveva il coraggio di aprir bocca.
Per fortuna, volendo sbloccare la situazione, il leader disse:
“Su ragazzi...cosa sono quelle facce tristi? Io dico che bisogna festeggiare...non é una cosa di tutti i giorni ricevere un'opportunità del genere...io vado ad accendere l'auto così andiamo...vi aspetto giù...”
Così, finito il suo monologo, si alzò dalla sedia e andò verso la porta; mentre stava uscendo, si avvicinó a Edward e gli scompiglió i capelli; era sinceramente felice per lui ma, in un certo senso, era anche arrabbiato con lui: se fosse tornato a Londra, non avrebbero più avuto modo di vedersi e la cosa lo faceva stare male; si diresse verso il pianerottolo senza mai guardarsi indietro.
Scese le scale, sovrappensiero; continuava a grattarsi la testa in cerca di un’idea; si fermò di colpo su di uno scalino, con sorriso ebete che avrebbe fatto ridere persino una guardia di Buckingham Palace; correndo giù per il resto della rampa, tirò fuori il suo cellulare dalla tasca e compose un numero che ormai conosceva a memoria.
La linea era libera ma non rispondeva nessuno; aspettò che qualcuno dall’altro capo del telefono dicesse qualcosa.
Uno squillo...
Due squilli...
Poi:
“Pronto?”
“Signor Choi Jin, sono Jinki...avrei bisogno di un favore...”
“Onew, é un piacere sentirti...certo, chiedi pure...”
“Per caso lei sa se ci sono degli istituti d'arte a Seoul?”
 
- Più tardi al centro commerciale -
 
Erano appena entrati in un bellissimo negozio di abbigliamento, in cerca dei leggins che servivano a Kibum.
La Divah non aveva dato nessun indizio su come dovevano essere; si era limitato a dire:
“Devono esaltare la mia bellezza.”
Un po' confusi, decisero di dividersi in tre gruppi: il primo sarebbe stato formato da Key e Jong, il secondo da Taemin e Onew, mentre l’ultimo, per esclusione, da Minho e Edward; le squadre di ricognizione, perciò, si separarono e iniziarono la loro missione.
Il ranocchio era molto nervoso; l’idea di stare da solo con lui lo metteva in agitazione.
Cosa sarebbe successo se in un momento di confusione lo avesse baciato?
Doveva restare calmo altrimenti sarebbe stato peggio; respiró profondamente, tentando di rallentare il battito cardiaco; quando si sentì più sicuro, chiese:
“Ehi, fratellino, iniziamo?”
“S-sí certo...andiamo...”
I due ragazzi, allora, cominciarono ad aggirarsi per i vari espositori, evitando accuratamente di guardarsi negli occhi.
Passarono circa venti minuti ma i vestiti sembravano non voler finire mai; ormai erano esausti: non avevano mai visto così tanti pantaloni tutti in una volta; curiosavano tra le grucce, annoiati; nessun capo presente in quel negozio era abbastanza fashion da poter essere all'altezza del cantante.
Ogni tanto, uno dei due mostrava all'altro un paio di leggins o di pantaloni per sapere cosa ne pensava; la maggior parte delle volte, si limitavano a scuotere la testa o ad abbassare i pollici facendo una smorfia.
La tensione era fin troppo evidente; non si stavano ignorando ma avevano troppa paura per dire qualcosa.
Alla fine, il più piccolo, non resistendo più, disse:
“Yaaaah...I need a break...non ce la faccio più...”
“Sì anch'io...andiamo a bere qualcosa nel bar qua davanti?”
“Va bene.”
Uscirono velocemente da quella che ormai per loro era diventata una prigione e corsero nella caffetteria di fronte; ad un primo sguardo, il locale sembrava molto carino: le pareti erano di un marrone-cappuccino tenue mentre l'arredo era tendente al vintage con delle sedie dallo schienale molto elaborato.
Decisero di sedersi ad un tavolo all'interno per non dare troppo nell'occhio; purtroppo, a discapito dei loro progetti, lì dentro c’era un sacco di gente che si girò a guardarli, non appena entrarono; ovviamente, avevano riconosciuto subito il cantante e, stupefatti, dicevano:
“Ma é proprio lui? É Choi Minho?”
“Sì, é proprio lui...ma chi é il ragazzo insieme a lui?”
“Non lo so...forse é suo fratello...si assomigliano molto...”
Lo studente, sentendo tutte quelle cose, girò la testa da un’altra parte imbarazzato; tutti quegli occhi puntati addosso lo facevano sentire a disagio; Minho si accorse subito del suo forte fastidio; gli strinse una mano per dargli coraggio; poi, avvicinando le labbra al suo orecchio, sussurrò:
“Ma dai, piccolo...ti lasci spaventare da quattro ragazzini annoiati?”
Il minore, allora, sbuffò e, facendo la linguaccia all'altro, si andò a sedere su un tavolo che si trovava lí accanto a loro; il ranocchio, rise: persino quando si comportava da bambino era bellissimo.
Si sistemó davanti a lui, facendo un cenno ad una cameriera perché venisse a prendere le ordinazioni; la ragazza arrivò immediatamente e con un dolce sorriso, chiese:
“Buongiorno, cosa vi porto?”
“Un tè freddo al limone e...anzi facciamo due...”
Scrisse tutto sul suo tacquino e, con un altro sorriso, si congedó.
Il rapper, vedendola sparire dietro al balcone delle bibite, si girò verso Edward, dicendo:
“Sembra una ragazza molto simpatica...tu che dici?”
Il ragazzo non rispose; continuava a fissare il vuoto con un'espressione enigmatica.
Rise: gli sembrava di star parlando con un muro; schioccò un paio di volte le dita davanti al viso dell’altro, chiedendo:
“Little Brother, ci sei?...riesci a sentirmi?”
Ed, reagendo di nuovo, cominciò a guardarsi intorno, confuso; dopo qualche secondo, incontrò lo sguardo del maggiore e capì cos'era successo; scosse la testa, rispondendo:
“Sì scusami...ero distratto...”
"Questo lo avevo capito...a cosa stai pensando?"
“Alla telefonata di stamattina...mi ero completamente dimenticato di aver inviato il modulo...e adesso che faccio?”
“Tranquillo...per me devi solo dormirci sopra...”
In quel momento, tornò la cameriera con le loro bibite; i due ringraziarono cordialmente e, quando lei sparì, tornarono alla loro conversazione; il primo a parlare fu Edward che, con un filo di voce, disse:
“In realtà, penso di aver preso una decisione...”
Il maggiore bevve un sorso della sua bevanda, aspettando che l'altro finisse la frase, ma poi, si rese conto che l'aveva lasciata sospesa apposta; non gli ci volle molto per capirne il motivo; appoggiò il bicchiere sul tavolino e prese un tovagliolino di carta; iniziò a giocherellarci nervosamente: temeva quello che stava per chiedere.
“Hai deciso di tornare a Londra, vero?”
L'altro abbassò lo sguardo, annuendo col capo.
In quel momento, si sentì come se qualcuno gli avesse conficcato un pugnale in mezzo al petto; si strinse nelle spalle, soffocando la sua rabbia; pensava:
“Lo sto perdendo per sempre....non posso crederci...non voglio crederci...”
Sospirò.
Sapeva che sarebbe potuto succedere, però, nel profondo del suo cuore sperava tanto che il minore si trasferisse a Seoul così da poterlo vedere sempre; si sistemò meglio sulla sedia come se avesse avuto la sensazione di cadere e, dopo essersi schiarito la voce, chiese:
“Cosa ti ha fatto cambiare idea? Sul contratto intendo?”
“Per fare il cantante ci vuole una grande fiducia in se stessi e io sotto molti punti di vista sono troppo timido”
“Spiegati meglio...”
A quella richiesta, Edward si girò a guardare un tavolo che si trovava alla sua destra, dove erano sedute delle ragazze che, non appena notarono di essere osservate, fecero finta di controllare il menù, smettendo di fissarli; rise, ripensando al primo giorno dei cantanti a scuola: quasi tutte le sue compagne li scrutavano nello stesso esatto modo; si voltò di nuovo verso di lui, dicendo:
“Guardati attorno...siamo qui neanche da dieci minuti e già tutti i presenti stanno parlando di te...non riuscirei mai a sopportare tutti quegli occhi puntati addosso che non fanno altro che giudicarti...io posso essere al massimo l'assistente di scena...non il protagonista....”
“E sei sicuro di riuscire a rinunciare a tutte le tue abitudini coreane e tornare un semplice studente londinese?”
“L'Arts College di Londra é una delle migliori scuole in tutto il mondo...solo cento ragazzi su ventimila vengono presi...non so se riusciró a tornare com'ero prima di venire qui ma...penso che ne valga la pena...e poi il disegno é la mia vita...sono stati proprio i miei disegni a farci incontrare, no?”
“Sì, é vero.”
Il ranocchio mentí; lui, in realtà, lo aveva già visto molte ore prima.
 
“Bene ragazzi, ecco a voi la nostra nuova prigione!”
“Jonghie, amore, non dire così: sono sicuro che sarà una bella esperienza.”
“Kibum ha ragione...non possiamo sapere cosa ci aspetta...”
Gli altri parlavano ad alta voce, ma lui le sentiva come dei sussurri lontani.
Si era incantato a guardare fuori dal finestrino gli scolari che si accalcavano davanti al cancello principale; gli sembrava così strano tornare al liceo; erano successe così tante cose da quando era diventato famoso; gli sarebbe piaciuto poter essere un normale adolescente.
Si soffermava su tutte le cartelle e i sorrisi che vedeva; gli piaceva tutta quella confusione e allegria; ad un certo punto, si accorse che, seduto con la schiena contro un muro, c'era un ragazzo che appariva molto diverso dagli altri: aveva i capelli biondi e la pelle molto chiara; probabilmente era straniero.
“Ehi, Keroro, ti muovi? La preside ci aspetta.”
“Ma...ma...”
Key, stanco di aspettarlo, lo tirò di peso fuori dall'auto; l'altro provó a guardare un ultima volta dal finestrino ma, purtroppo, il misterioso straniero era sparito.
 
Non avrebbe mai immaginato che quel ragazzo sarebbe dinventato uno dei suoi migliori amici.
Si alzò dal suo posto e si mise in ginocchio accanto a lui; gli appoggiò una mano sulla spalla, dicendo:
“Ascolta Ed, noi ci saremo sempre per te...non importa se sarai qui o in Inghilterra...tu farai sempre parte della nostra famiglia...”
I due, allora, si abbracciarono.
Forse quello era uno degli ultimi che si davano ma a nessuno dei due importava; volevano solo stringersi per un po', fingendo, anche se per poco, di poter star insieme per tutta la vita.
Una voce, sfortunatamente, li riportò alla realtà:
“Ecco dov'eravate finiti voi due...”
Quasi in contemporanea, alzarono lo sguardo e videro che davanti a loro c’erano Taemin e Jinki che, con un grosso broncio, disse:
“Mentre voi facevate i piccioncini noi abbiamo fatto il giro di quattro negozi diversi senza concludere assolutamente nulla...”
“Noi...stavamo so-”
“Dai andiamo, Jong e Key ci aspettano qua fuori...pagate il conto è sbrigatevi...”
Non gli ci volle molto per tornare a casa: al massimo un'oretta scarsa; di solito, intorno al centro commerciale si formava una fila lunghissima per uscire dal parcheggio ma, stranamente, quel giorno la strada era vuota e Jonghyun poté schiacciare più forte l’acceleratore.
Ogni tanto, mentre guidava, dava un’occhiata ai due "piccioncini" attraverso lo specchietto retrovisore; era veramente una tortura guardarli: si vedeva lontano un miglio che volevano dirsi qualcosa e che nessuno dei due ne aveva il coraggio; scosse il capo frustrato; non riusciva proprio a capire cosa passasse per le loro teste.
Arrivati davanti al condominio, parcheggiarono lungo il marciapiede in un posto riservato per l'edificio e si avviarono verso la portineria; una volta lì, il leader disse:
“Ragazzi voi andate su...finisco le ultime formalità e poi vi raggiungo.”
Ad Ed venne quasi da piangere; solo adesso si era reso conto veramente che quella era l'ultima sera che passava insieme ai suoi Big Brothers; cercò di non far notare la sua enorme tristezza, arrivando a mordersi a sangue il labbro inferiore; tenendo la testa bassa, iniziò a salire le scale seguito dagli altri che si erano ammutoliti di colpo, forse anche loro tristi.
Il resto della serata la passarono ridendo e scherzando; in un momento di noia, avevano deciso di guardare un film; non avevano un genere preciso in mente: bastava che fosse abbastanza movimentato e che non fosse troppo sdolcinato; Taemin tirò fuori tutti i Dvd che si era portato ma nessuno sembrava andare bene.
Lo studente, allora, disse:
“Tae prova a controllare in quell'armadietto: ci sono un sacco di film che non guardo mai.”
“Devo guardare qui dentro?”
“NO NON LÍ!”
“Ehi ma qui ci sono i nostri Cd...ecco dove li avevi nascosti....”
Si coprì il volto imbarazzatissimo; li aveva tenuti nascosti per due mesi interi e ora, per colpa della sua pigrizia, li aveva serviti praticamente su un piatto d'argento.
Pensò:
"Ma perché non mi sono alzato io??"
Minho, ridendo, lo strinse forte, dicendo:
“Ma allora non era vero che ci odiavi...”
“No no vi odiavo sul serio...li avevo comprati solo per lo SHINee Contest...”
Lo studente si pentí subito di quello che aveva detto: i cantanti, infatti, ascoltandolo, si erano rattristati e avevano smesso di sorridere; capendo la stupidaggine che aveva fatto, disse:
“Ma non fraintendetemi...ora che vi ho conosciuto vi voglio bene e mi mancherete da morire...”
“Anche tu ci mancherai Ed.”
I sei ragazzi si abbracciarono forte; rimasero così per qualche secondo, poi, si staccarono; a quel punto, i sei ragazzi si misero a chiacchierare del più e del meno; la conversazione era interessante ma lo studente era spossato e, senza che se accorgesse, si addormentó; in quel momento, la Divah, con tono pimpante, disse:
“Dai Minnie cerca un film...la notte é ancora gio-”
“Shhhhhh...fa' piano o rischierai di svegliarlo...”
“Svegliare chi, scusa?”
Non capendo cosa intendesse, si voltò verso Jonghyun e vide che il più piccolo era crollato tra le braccia di Minho, che sussurrò:
“Già mentre eravamo in macchina aveva rischiato di addormentarsi due volte...doveva essere veramente stanco...”
Key, trovando la cosa dolcissima, scostó alcune ciocche di capelli dalla fronte di Ed; disse:
“Ci credo...durante tutto questo tempo non gli abbiamo reso la vita facile...”
“Già...lo porto in camera sua...torno subito...”
Gli altri annuirono e il rapper, tenendo tra le braccia il minore, si avviò verso il corridoio e, una volta arrivato davanti alla porta della sua camera, entrò; facendo attenzione a dove metteva i piedi, raggiunse il letto e lì lo adagió dolcemente; gli sfiló gli occhiali e li appoggiò sul comodino; poi aprì la cerniera della felpa e gliela tolse, sperando di non svegliarlo; infine, lo mise sotto le coperte e si sedette accanto a lui.
Rimase a guardarlo per un po'; era talmente bello quando dormiva.
Sussurrò:
“Oh, amore mio...perché non riesco a dirti che ti amo? L'unica cosa che vorrei é poter passare la mia vita insieme a te...é così sbagliato?”
Mentre parlava, continuava ad accarezzargli una mano che era rimasta fuori dalla coperta; si sentiva stupido: stava parlando con una persona che non poteva neanche sentirlo.
All'improvviso, Ed, agitandosi nel sonno, aveva schiuso le labbra per respirare; Minho deglutí: la sua bocca era talmente invitante; aveva sempre voluto baciarlo ma temeva la reazione dell'altro; non resistette più: la tentazione era troppo forte; si chinò lentamente verso il suo volto e, tremando come una foglia, lo baciò per poi staccarsi dopo alcuni istanti.
Pensò:
“Ora posso illudermi di averti baciato almeno una volta...”
Si alzò e andò verso la porta; lo guardò un ultima volta prima di uscire; disse a bassa voce:
“Sogni d'oro, piccolo...”
 
- La mattina dopo -
 
Jonghyun e Taemin stavano caricando le ultime valigie in macchina.
Quella mattina si erano svegliati tutti prestissimo e perciò avevano deciso di partire subito così da non trovare traffico.
Kibum era insieme ad Edward e gli faceva le solite raccomandazioni; ad esempio:
“Non cacciarti nei guai.”
Oppure:
“Vai a dormire presto...devi riposare se non vuoi andare male a scuola...”
Lo studente rise; per tutto quel tempo, era stato lui a fare quel genere di raccomandazioni agli altri.
Lo abbracciò forte, dicendo:
“Non ti preoccupare...starò attento...”
Dopodiché, arrivò Jinki che, con tono scherzoso, chiese:
“Key posso salutarlo anch'io o lo vuoi solo per te?”
“Sì, va bene...ti concedo di salutarlo...”
Detto questo, Kibum lo lasciò andare; lui, allora, strinse tra le braccia Onew, dicendo:
“Ciao Jinki...mi mancherai...”
“Ehi Ed, non penserai mica di cavartela così facilmente?”
L'imitatore si distanziò leggermente, sorpreso.
“Che vuoi dire?”
Il leader, a quella domanda, tirò fuori dalla giacca un foglio ripiegato e lo consegnò al ragazzo che, sempre più confuso, lo rigiró tra le mani, chiedendo:
“What is it?”
“Aprilo.”
Esortato dal più grande, aprì il foglio e notò che sopra c'erano scritti un sacco di numeri di telefono insieme a degli indirizzi e-mail; alzò lo sguardo, lanciando un'espressione interrogativa a Onew che, avvicinandosi a lui, indicò la prima riga, spiegando:
“Questo é il mio numero...qui c'é quello di Taemin...quello di Minho...Key...Jong....il numero diretto del nostro manager...oh, questo é della casa discografica, da usare solo per le emergenze...mentre queste sono le nostre e-mail...”
“Scusa ma...come mai mi stai dando tutti i vostri recapiti?”
“Non é ovvio?...Così puoi rimanere in contatto con noi....vogliamo almeno una chiamata a settimana altrimenti ti veniamo a cercare...ci siamo capiti?”
Quell'ultima domanda l'aveva fatta puntandogli un dito contro in modo autoritario; l'altro annuì, sorridendo.
In quel, momento arrivarono gli ultimi tre componenti del gruppo; Ed li saluto uno per uno e poi li accompagnò verso l’auto; quando i ragazzi furono seduti ai loro posti, si avvicinó al finestrino del ranocchio, che si trovava alla guida, e, appoggiando una mano sul finestrino, salutò con un gesto della mano; gli SHINee ricambiarono sorridendo; Minho avrebbe voluto dire qualcosa ma con il vetro alzato non si sarebbe sentito nulla all'esterno; così, appoggiò anche lui la mano in corrispondenza di quella dell'altro, sillabando un ‘mi mancherai’.
Il motore si accese e la macchina lasciò il vialetto; Little Brother si mise in mezzo alla strada, agitando una mano in aria; continuava a pensare:
“Aspetta che girino l'angolo...aspetta che girino l'angolo...”
La macchina sparì e lui corse dentro al palazzo; entrò nel suo appartamento sbattendo la porta e lì scoppiò in un pianto disperato; cadde in lacrime sul pavimento, singhiozzando:
"Ti amo Choi Minho."

BANNER BONUS(fatto in autobus xD)
SPIEGAZIONE: sì lo so...esprime tanta tristezza ma è un banner ispirato all'ultima parte del capitolo in cui Ed dice addio a Minho quindi mi sembra azzeccato xD



 
Nei panni dell'autore

Edward POV
Ciaooo ^^
*saluta con la mano*
Oggi le faccio io le note finali perché Wyatt sta finendo di fare le valigie :)
Finalmente posso ringraziarvi per aver seguito la mia storia *^*
Quante di voi si ricordavano che avevo spedito un modulo d'iscrizione all'Arts College of London?
Era successo durante le prime righe della storia...quanti ricordi :)
*sorride*
Questo capitolo é molto ma molto più lungo degli altri ma io e Wyatt abbiamo pensato che, essendo il penultimo capitolo, sarebbe stato bello scrivere un po' di più ^^
Cosa succederà nell'ultimo capitolo?
Io e Minho ci incontreremo di nuovo? O tornerò in Inghilterra senza vederlo mai più?
Fateci sapere la vostra opinione: siamo molto curiosi di sapere le vostre teorie ^^
Grazie a tutti quelli che hanno letto la storia e ringrazio anche tutti quelli che hanno recensito ;)
Alla prossima <3

Wyatt: Ed, non stai dimenticando qualcosa?
Ed: Oh già...
E & W: Tanti auguri HikariKamishi <3
  
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