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Autore: AngelsOnMyHeart    02/08/2015    2 recensioni
Sequel della fanfiction "Cuore di Tenebra"
Due anni sono passati dall'ultimo attacco di Pitch Black ai danni dei Guardiani e dei bambini di tutto il mondo, un massimo sacrificio è stato dato per arrestare la sua avanzata e garantire una pace duratura.
Ma il tempo porta il cambiamento e, con esso, un nuovo nemico sta per emergere, lasciando alle sue spalle delle menti perse nell'oblio.
Joel, un ragazzino sulla soglia dell'adolescenza, sembra essere in qualche modo collegato alla nuova entità, finendo per essere perseguitato da visioni su di essa.
I Guardiani si troveranno nuovamente costretti ad unire le loro forze per affrontare, ancora una volta, chi mette a repentaglio le gioie dell'infanzia, e non solo, dovranno mettere da parte vecchi rancori per il bene dell'impresa.
Riuscirà la purezza di un ricordo a rimettere insieme i pezzi una mente ormai andata in frantumi?
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Cinque Guardiani, Nuovo personaggio, Pitch, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo XV 
Il vento del Cambiamento.

 


La camera era di forma ovale, scavata nel terreno, calda ed accogliente. I mobili che ne costituivano l'arredamento -letto, comodino, armadio con specchio ed una cassapanca- erano di betulla, nel legno erano intagliate sfarzose decorazioni dai richiami floreali e colorate uova di Pasqua. 
Una porta, anch'ella ovale, costituiva l'unica via d'uscita ed una finestrella, posta in alto sulla parete circolare, lasciava filtrate un sottile raggio di sole, fornendo così l'unica fonte di luce presente nella stanza, fatta eccezione per una piccola lampada sistemata su di un comodino di fianco al letto. Spenta in quel momento, per non disturbare il sereno sonno della ragazza che lo stava occupando. 
Scarlett dormiva beatamente, avvolta in morbide lenzuola verde pastello. 
Sandman, seduto su di una poltrona di vimini dall'alto schienale, vegliava silenziosamente su di lei, tenendole stretta la mano. 
Con il capo abbandonato in avanti, si trovava sul punto di addormentarsi, quando la sentì cominciare a muoversi da sotto le coperte, stirando le gambe. 
:-Dovrei smetterla di svegliarmi in questo modo, si sta facendo imbarazzante-. La sua voce era impastata dal sonno e gli occhi grigi semi aperti le conferivano un'espressione intontita ma...stava sorridendo. 
Il Guardiano dei Sogni rimase fermo a guardarla, con espressione incredula e felice mentre lei, con cautela, iniziava a mettersi seduta, poggiandosi contro la spalliera :-Ti ho tolto le parole di bocca eh?-. Scherzò, constatando poi che il braccio sinistro, rotto, le era stato immobilizzato con una stecca e poi bendato con una fascia che le girava dietro il collo. 
Sandman sorrise alla battuta della ragazza, annuendo. 
:-A giudicare dal fantasioso arredamento, direi che siamo nella tana di Calmoniglio, dico bene?-. Chiese lei, squadrando velocemente la camera. 
:-E' così palese la cosa?-. 
Scarlett trasalì per un attimo ed anche Sandman sobbalzò dalla poltrona, mettendocisi in piedi, per guardare oltre lo schienale. 
Non lo avevano proprio sentito entrare, Calmoniglio. 
:-No dai, non è così palese. Dopotutto in ogni casa è evidente l'accumulo ossessivo di oggetti, mobili e soprammobili di forma ovale ed uova pasquali, in ogni dove-. Rispose la ragazza alla domanda del Pooka, scoppiando poi a ridere. 
:-Ma tu senti, quanta sfacciataggine-. Si finse offeso il Pooka. 
Quando la debole risata di Scarlett sfumò, rimase una piccola frazione di silenzio, che venne presto colmata dalla curiosità della ragazza. 
:-Quanto tempo ho dormito?-.Domandò togliendosi le lenzuola di dosso, scoprendo così di avere indosso un pigiama con canotta e pantaloncini, su cui erano impresse delle stampe a forma di...indovinate che cosa? 
“Ok Houston! Abbiamo un problema!” 
:-Un paio d'anni, o quasi mi sembra-. 
:-QUANTO?-. Urlò lei, facendo pendere le gambe lungo il bordo del letto e rischiando quasi di cadere in avanti se non fosse intervenuto subito Sandman per sorreggerla. 
Calmoniglio tentò un'espressione seria ma fallì miseramente, non potendo trattenere la prorompente risata, rivelando subito lo scherzo. 
:-Scusami, avevo scommesso con il ghiacciolo se ci avresti creduto o meno e, a quanto pare, ho vinto. Hai dormito solo per cinque giorni-. 
:-Lo fai sembrare come se fosse comunque poco-. Sospirò Scarlett, portando la mano libera al cuore, dove andò a sfiorare la cicatrice, semi scoperta dalle bretelle della canottiera estiva. 
:-Si è rimarginata, ora-. Commentò, guardando poi Sandman. 
Il Guardiano allora si alzò in volo, levitandole all'altezza degli occhi, per fissarla dritta in volto. L'espressione contratta di profondo rammarico. 
Finalmente era giunta per lui l'opportunità che aveva desiderato quasi ogni giorno, negli ultimi due anni: chiederle perdono. 
Gli occhi di Scarlett si inumidirono un poco :-Oh! Era tutta colpa di quel cappotto rosso- gli disse, continuando a scherzare, con voce emozionata – è normale che ti abbia distratto ma, ora, non pensiamoci più. E' acqua passata-. 
E gli posò un bacio sulla fronte dorata. 
:-Ok, io non vorrei interrompervi ma..-disse loro Calmoniglio, grattandosi la nuca con fare imbarazzato -..gli altri non vedranno sicuramente l'ora di rivederti, se te la senti è ovvio. Nulla di ufficiale, sia chiaro, per i chiarimenti possiamo aspettare fino a quando non sarai pronta-. 
Scarlett sorrise mostrando tutti i denti e con gli occhi, colmi di gioia :-Io non posso nemmeno credere che vogliate ancora vedermi, e che vi stiate prendendo cura di me, dopo tutto quello che vi ho fatto passare-. 
:-Sh sh sh!- la zittì Calmoniglio, facendo a Sandman un cenno del capo, lasciando intendere che dovevano uscire -Tu non preoccuparti di niente! Nell'armadio troverai qualcosa da metterti-. Le disse infine congedandosi per poi dirigersi entrambi verso la porta ma... 
:-Ok..ma cosa? No..no no! NO! Ragazzi?-. Gridò Scarlett, richiamando l'attenzione dei due che, nel vedere la scena che si presentò ai loro occhi, non poterono fare a meno di scoppiare a ridere. 
:-Non ridete! E' una cosa seria, tiratemi giù!-. Gridò infine mentre ruotava nell'aria, iniziando a scivolare con la testa in giù. 
:-Ce ne sarà di lavoro da fare-.

1 SETTIMANA DOPO. 

:-Era questo,quindi, il motivo per cui Aenigma voleva...eliminarmi?-. Chiese Joel a Scarlett. 
Erano tutti riuniti, come sempre, alla Fabbrica di Giocattoli di North, sistemandosi in una grande sala circolare, munita di camino ed abbastanza poltrone per far sì che tutti potessero trovare posto per sedere. Inoltre un tavolino centrale, continuamente rifornito dagli elfi, era imbastito di qualsiasi tipo di leccornia si potesse desiderare. Ed il ragazzo, giustamente, se ne era riempito le tasche. 
:-Sono anche per Grace, visto che non è potuta venire-. Aveva spiegato loro ma ci credevano poco. 
:-Sì, credo sia così, almeno- rispose Scarlett, in piedi dinanzi al camino, intenta a scaldarsi la schiena, rivolgendo la sua attenzione agli altri -non sono pienamente certa della cosa. Però ci sono stati dei casi in cui il mio riposo veniva disturbato da delle interferenze, fatte di immagini e voci. Sentivo qualcuno chiamarmi o ne percepivo il ricordo e questo lei non poteva permettere che accadesse-. 
:-In quei momenti, tu vedere anche Pitch?-. 
Trasalì, percependo un brivido lungo la spina dorsale, nonostante fosse ben scaldata dal calore del camino, non appena sentì pronunciare quel nome. 
Della notte in cui lo aveva visto per l'ultima volta, aveva solo un ricordo vago e, da allora, era svanito nel nulla. 
:-Mantengo la mia promessa-. 
E, a quanto pareva, stavolta stava realmente tenendo fede alla parola data. 
:-Perché questa domanda?-. 
:-Pitch diceva di riuscire a percepire dove Aenigma si trovasse, solo in determinati momenti ma, a noi, non ha voluto rivelarci come ci riuscisse-. Spiegò Dentolina, sorseggiando una tazza di bollente tè indiano e Dente da Latte, sulla sua spalla, mordicchiava un biscotto allo zenzero. 
Scarlett pensò per alcuni istanti alla cosa, camminando avanti ed indietro dinanzi al camino :-Non saprei...non ricordo nulla del genere-. Ammise infine. 
:-Ve lo dico io come faceva- parlò Calmoniglio -aveva solo un gran c..-. 
:-A-EHM!-. Lo interruppe Dentolina, facendo cenno con il capo verso Joel, il quale stava addentando un gustoso muffin alla cannella. 
:-Non preoccupatevi per me! Ho sentito uscire molto di peggio dalla bocca di mia sorella, specie ultimamente se l'argomento è Jack Frost- e quindi si volse verso lo Spirito dell'Inverno, sorridendogli beffardo -A tal proposito, come va la testa?-. 
:-Non me ne parlare-. Borbottò quello, voltandosi dall'altra parte, visibilmente offeso. 
Eh sì. Perché l'indifesa Grace, una volta ritornata nel vialetto di casa, scortati dai Guardiani alle prime luci dell'alba, non si era mancata l'occasione di vendicarsi. Sfilando di mano il bastone a Jack, per poi batterglielo violentemente in testa. :-E ringrazia che non te lo abbia infilato da un'altra parte!-. Gli aveva urlato contro, dirigendosi infine, come se nulla fosse, verso casa.
L'intero gruppo non poté fare a meno di ridere al ricordo di quella scena, persino Scarlett, a cui era stato raccontato in seguito. 
:-Solo una cosa non ho bene afferrato- cercò di cambiare discorso il mal capitato -Aenigma ha abbandonato il tuo corpo ma non è...morta giusto?-. 
:-No, era solamente molto debole- Spiegò Scarlett, ripensando allo Spirito con malinconia -ma non preoccupatevi, non credo tornerà, non tanto presto per lo meno-. 
:-Ha detto di essere una di Primi- disse North pensoso, con la fronte aggrottata -ha detto altro a te? Riguardo questa cosa?-. 
La ragazza scosse il capo, dispiaciuta di non poter essere d'aiuto :-Quel che so io, è quel che avete appreso anche voi, dai miei ricordi-. 
L'espressione preoccupata di North, però, sembrava lasciare intendere che lui ne sapesse qualcosa in più. 
:-Perché è una cosa importante?-. 
Ridestato da chissà quali pensieri, North scosse il capo e si mise a ridere :-Ho solo ripensato a vecchie leggende di quando ero bambino, secoli e secoli fa. Nulla di cui preoccuparsi. E, comunque- si sfregò le mani emozionato -presto festeggeremo tua nomina a Guardiana!-. 
Scarlett rimase in silenzio, abbassando lo sguardo ai piedi scalzi che levitavano sulla moquette rossa. 
Avrebbe dovuto saltare di gioia, forse, o essere emozionata quanto meno. 
:-Non credo di essere pronta per un simile compito- ammise con dispiacere, non voleva rovinare a North l'entusiasmo -anzi, penso di non meritarlo per niente-. 
Dentolina allora posò la tazza sul tavolino e si alzò in volo verso di lei, posandole una mano tra i boccoli neri che le fluttuavano morbidi attorno :-Tesoro, non è tua la colpa- volle consolarla -E' stata Aenigma ad averti deviata, tu non pote...-. 
:-Sono perfettamente capace di riconoscere le mie colpe- la interruppe lei, con evidente irritazione, con un tono di voce decisamente alterato -Sarebbe bello potermi illudere con questa fiaba ma, sappiamo bene tutti quanti che la verità è ben altra-. Addolcì la voce, scusandosi con lo sguardo per averla alzata. 
:-E' vero, Aenigma ha agito in maniera dannosa e quasi irreparabile ma, ciò che ha fatto, si è verificato solo perché sono stata io a concederglielo. No, non merito affatto il dono di divenire Guardiana, non riesco nemmeno a capire per quale motivo io possa essere stata scelta! Basti pensare che, quando l'Uomo nella Luna posò il raggio lunare sulla mia testa, avevo appena concesso al Re degli Incubi il potere assoluto. Non posso essere adatta per questo ruolo-. Concluse. 
:-Sì ma tu avevi anche combattuto grande battaglia interiore, facendo ciò che nemmeno Pitch credeva possibile. Ti sei risvegliata, portando con te tuoi ricordi sepolti ed hai affrontato paura, nonostante fossi circondata da tenebre. Non è poca cosa, ragazza mia-. Le spiegò North. 
:-Io ho teoria. Tuo potere risiede in tuo grande, grandissimo cambiamento che, come vento, è giunto a persone che conoscevi, persino noi. Per questo motivo tu ha potere anche su adolescenti. Sei stata scelta per aiutare loro a cambiare, lasciandosi infanzia alle spalle e crescere-. 
Si rivolse quindi verso gli altri, trovando il loro assenso :-E' tuo centro-. 
Scarlett soppesò le parole. Erano convincenti, doveva ammetterlo. E l'offerta? Diamine se era allettante ma...c'erano ancora troppe faccende rimaste in sospeso. :-Posso pensarci?-. 
North sbuffò, pensando scocciato di dover rimandare di mesi il grande evento e la festa. E lui adorava le feste. 
:-Puoi-. Le concesse. 
:-Hai avuto fortuna- le disse Jack ridendo -io sono stato portato qui a forza dagli Yeti, dentro un sacco, per essere nominato Guardiano-. 
:-Ma avevi detto che adoravi essere trascinato dentro sacco da Yeti!-. Gli disse North, sorpreso. Il che sorprese Scarlett, che si chiese come North potesse essere convinto di una cosa simile. 
:-Era ironia North-. Gli disse Jack. 
:-Ah! Meno male- sospirò Santa Clause -avevo paura di avere capito male per tutti questi anni-. 
Il Guardiano del divertimento, demoralizzato, si portò una mano al viso, scuotendo il capo. 
E così passarono una lieta giornata, tra chiacchiere e scherzi, senza che alcuna preoccupazione incombesse più su di loro. 
Più o meno. 
Scarlett portò una mano sul cuore, gesto che le era rimasto da quando era ancora umana. 
“Ci vorrà del tempo” Si disse.
* * * *

Jaime Bennett sedeva alla propria scrivania, nella sua casa a Burgess, tornato per alcuni giorni di vacanza, finalmente libero dagli esami ma comunque impegnato nello studio. 
Il clima era caldo e, per far entrare un po' d'aria, aveva deciso di aprire la finestra, iniziando però a pentirsene quando il canto dei grilli, da fuori, cominciò col solito concerto pomeridiano. 
Una folata di vento, poco più forte delle altre, lo portò a guardare con la coda dell'occhio verso la finestra. Per un solo istante, il suo cuore perse un colpo ma continuò a comportarsi come se nulla fosse, restando sul proprio libro. 
:-Chi non muore si rivede eh?-. 
Chiese, apparentemente, a nessuno in quella camera. Chiunque avrebbe detto che vi erano solo lui ed una fervida immaginazione, probabilmente. 
:-Come hai fatto a sentirmi?-. Gli chiese Scarlett, passando in volo dalla finestra, con evidente stupore. 
:-Non avrai mica creduto di essere silenziosa, spero!?-. Sorrise lui, alzando lo sguardo. 
:-Wow- si lasciò sfuggire, non appena la vide -sembri una sposa-. 
Si stava riferendo al suo vestito. 
In realtà non era sfarzoso come quello che Scarlett immaginava indossassero le spose nel giorno delle nozze. 
Si trattava di una lunga veste bianca, il cui corsetto le stringeva appena sui fianchi, mettendo in evidenza il punto vita, con delle mezze maniche che le ricadevano giù dalle spalle e la gonna, forse un poco pomposa, partiva dai suoi fianchi e scendeva giù, morbida, sino ai piedi, dove svaniva come bianco vapore. 
Aveva scoperto, nei giorni a seguire il suo risveglio, di essere in grado di far apparire da se le proprie vesti, che al tatto erano di vero tessuto, così come poteva fare Aenigma, solo che il suo non era fumo ma una piacevole nebbiolina bianca. 
:-Oh tu dici? E' solo la prima cosa che ho trovato-. Scherzò lei, con leggero imbarazzo. 
:-Dite tutte così-. Controbatté lui, alzandosi. 
:-Sono felice di rivederti-. Disse infine la ragazza, smettendo di scherzare. 
E fu così, che ogni forma di diffidenza e rancore che il ragazzo ancora provava nei suoi confronti, si dissolse come per magia. Lanciandosi quindi verso di lei per abbracciarla. 
Scarlett ne fu sbalordita, sapeva che il ragazzo era stato parecchio arrabbiato con lei e non si sarebbe di certo aspettata una simile reazione da parte sua ma, comunque, ne fu felice, e si beò di quell'abbraccio. 
:-Mi sei mancata-. 

Approfittarono di quel caldo pomeriggio per ritornare indietro nel tempo, come se nulla fosse accaduto, come se i due adolescenti che passavano interi pomeriggi a studiare insieme- chiamasi anche giocare ai videogame -non se ne fossero mai andati. 
:-Sei cambiata molto-. Constatò Jaime, mentre se ne stavano entrambi seduti sul suo letto. 
:-Sì..me lo hanno detto-. Sorrise lei, sfuggendo lo sguardo ai disegni d'infanzia che il suo amico aveva lasciato sul muro. 
:-Sarebbe felice, di vedere come sei adesso e che, finalmente, sembri felice-. 
Era inevitabile, lo sapeva. 
Ma alla fine era proprio quello uno dei motivi per cui era voluta andare lì, a pochi passi dalla sua vecchia casa, dove il ricordo ardeva più intenso che mai. 
:-Se solo fossi rimasta vicino a lei, invece di agire in quel modo egoista- si rammaricò la ragazza -glielo avevo promesso, sai? Le avevo detto che non l'avrei mai lasciata...e non ho mantenuto la promessa-. 
Jaime le posò una mano sulla spalla, restando in silenzio. Non c'era niente che avrebbe potuto dirle, nulla poteva risanare ciò che era accaduto.
Però ebbe un'idea, forse la più semplice e scontata ma comunque giusta.
:-Se vuoi, puoi andare a parlargliene tu stessa-.
QUI GIACE HELEN SOLVERSON 
1975-2013 
DONNA DI BUON CUORE 
AMOREVOLE MADRE

Questo era inciso sulla grigia lapide che fuoriusciva tetramente dal terreno, circondata da erba verde tagliata da poco. 
Scarlett la osservò in silenzio, avvolgendosi nelle proprie braccia mentre una leggera brezza serale si alzava, spazzando via qualche foglia secca o petalo dalle altre tombe. 
Ai piedi della lapide vi erano dei fiori freschi, depositati a terra: erano dei tulipani gialli e arancioni.
:-Li hai portati tu?-. Chiese lei, inginocchiandosi, senza distogliere, per un solo istante, lo sguardo dalla foto di sua madre che era stata sistemata sulla lastra di pietra. 
:-No- ammise il ragazzo -Saranno state mia madre o mia sorella, forse-. 
Scarlett sentiva ciò che le stava dicendo ma già non lo ascoltava più :-Capisco-. Rispose distratta, accarezzando con l'indice il viso in bianco e nero. 
:-Potresti..?- si interruppe, volgendo appena il capo verso di lui, un poco vergognandosi ma il ragazzo afferrò al volo la sua richiesta, senza che continuasse. 
:-Ti aspetto fuori-. 
I suoi passi si fecero via via sempre più lontani e, si ritrovò presto in un pacifico silenzio, finalmente sole loro due. 
:-Ciao mamma- iniziò a dire -sono a casa, vedi? Sono tornata da te-. 
Prese un respiro profondo. 
Eccolo che stava tornando: le fitte al cuore, il nodo alla gola che le creava difficoltà a parlare, gli occhi che iniziavano a bruciare. 
Il dolore era alle porte ma lei non avrebbe finto di non esserci, scappando di nuovo. No. Lei avrebbe aperto quella porta, accogliendolo e poi lo avrebbe sradicato dal suo cuore, per affrontarlo. 
:-Ti ricordi- continuò a parlare con gran fatica, il viso già rigato da alcune lacrime -..ricordi quando da piccola avevo i miei soliti incubi? Io fin troppo bene ma sai, ricordo anche che tu venivi la notte, anche tutte se dovevi. Ti sedevi vicino a me ed iniziavi ad accarezzarmi i capelli, cantandomi una ninna nanna. Era sempre la stessa-.
Scarlett sorrise nostalgica a quel ricordo, poggiandosi con una guancia contro la lastra fredda. 
:-Tu, probabilmente credevi che io non lo sapessi ma in realtà, alcune volte, restavo sveglia di proposito, in attesa di sentirti aprire la porta della mia camera e sapere che tu eri lì, vicino a me per proteggermi dalle mie paure. E cantavi..
...Little child
Be not afraid
The storm clouds mask your beloved moon
And it's candlelight beams
Still keep pleasant dreams
I am here tonight

Little child
Be not afraid
The wind makes creatures of our trees
And the branches to hands
They're not real, understand
And I am here tonight 

And I hope that you'll know
That nature is so
This same rain that draws you near me
Falls on riv..*
-.

Un singhiozzo la costrinse ad interrompere, prendendo un respiro profondo. Rivolse lo sguardo al cielo arancio su di lei :-Faceva più o meno così, vero?-. 
Il dolore non bussò semplicemente alla sua porta, la sfondò invece, con tutta la prepotenza e crudeltà possibili.
Scoppiò in lacrime, buttandosi col viso contro il terreno ed il gran desiderio di iniziare a scavare a mani nude. Voleva raggiungerla, abbracciarla di nuovo. 
Perché il ricordo di quell'ultimo abbraccio sfuggente datole nell'ombra, era il suo peggior tormento. 
:-Mi dispiace- urlò tra i singhiozzi, affondando le dita nella terra -mi dispiace così tanto mamma!-. 
E, per la prima volta, tutta l'amarezza iniziò a scorrere via dal suo corpo e dal cuore, gridando con tutto il fiato che aveva e graffiandosi la gola nel farlo, finché non rimase altro che il vuoto. 
Si disse che era meglio così. Nasconderlo aveva solamente tardato ciò che era inevitabile, per quanto Aenigma ci avesse provato, quella era una cosa che nemmeno lei poteva controllare. 
Quando ogni lacrima fu versata, il cielo aveva iniziato a puntellarsi delle prime stelle. 
Lo Spirito passò il polso destro sugli occhi, asciugandoli. Era giunta ora di tornare a casa. 
:-Ora devo andare- disse a sua madre -devo ancora risolvere delle cose ma, quando sarà tutto finito, ti porterò altri fiori. Tanti, di tutti i colori e specie del mondo, e poi ti racconterò come se la cava questo disastro di tua figlia-. 
Fece per alzarsi ma poi si fermò, fissandosi la mano destra :-Intanto..-. 
Andò a posare l'intero palmo sul terreno e nel farlo chiuse gli occhi, meditando attentamente. Inspirò ed espirò e, per un momento, credette che del fuoco avesse iniziato a scorrere nelle vene del suo braccio. Lo ritrasse istintivamente ma quando aprì gli occhi, rimase incantata. 
Non era proprio quello il risultato che aveva plasmato nella propria mente ma come inizio poteva bastare. I suoi poteri dovevano ancora maturare, dopo tutto.
La lapide era ora incorniciata da piante rampicanti, con fiori a campanula dai colori delicati ed una nuova scritta era apparsa sotto l'incisione originale.
QUI GIACE HELEN SOLVERSON 
1975-2013 
DONNA DI BUON CUORE 
AMOREVOLE MADRE 

BUONANOTTE 
MA NON ADDIO.
 
* * * *
 
Diversi giorni erano passati ma, ancora una volta, non riusciva a togliersi quel chiodo fisso dalla testa. 
Camminava avanti indietro, attraversando il grande giardino, lo stomaco stretto in una morsa mentre mente e cuore tentavano di prendere una decisione. Questa cosa andava avanti da più di un'ora e non era nemmeno la prima volta che accadeva, specie in quegli ultimi giorni. 
“Vado o non vado? Ma è mai possibile che io non sia capace di fare le cose in maniera normale?” Pensava “E' anche vero che non ho alcun obbligo nei suoi confronti, alla fine se l'è cercata, non è così?” 
Sandman, il quale se ne stava seduto su di un uovo di pietra, era intento a plasmare la Sabbia tra le sue mani, per ingannare il tempo, tenendola d'occhio. 
L'Omino dei Sogni andava da lei, ogni qual volta il lavoro gli permetteva di allontanarsi, dirigendosi quindi alla Conigliera di Calmoniglio, dove la ragazza ancora alloggiava, in attesa di trovare una nuova sistemazione. 
Ma non era affatto facile e voleva esserle d'appoggio, ne aveva bisogno lui stesso, specie in quel momento delicato in cui i pezzi avevano appena ricominciato a mettersi insieme. 
:-Maledizione-. Borbottò lei, senza accennare ancora a fermarsi. 
Sandman cominciò a preoccuparsi che, di lì a poco, avrebbe scavato un fossa, lì nel punto dove stava marciando. 
“Se solo trovassi una risposta, o un singolo segno che mi dica VAI!”
Una sottile venticello le sfiorò le guance.
:-Oh!-. Esclamò fermandosi e guardando un punto indefinito davanti a se. La risposta era lì, sempre avuta a portata di mano. Cos'altro voleva attendere? 
:-Ho deciso!-. Gridò vittoriosa, cambiando il proprio percorso e dirigendosi verso il Guardiano, in volto l'espressione più seria che potesse sfoggiare :-Devi accompagnarmi in un posto!-. 

:-..come non detto. Ho cambiato idea, non posso farlo!-. Ripensò lei, una volta dinanzi il grande portone di ossidiana :-Andiamo a casa!-. 
Sandman alzò sconsolato gli occhi al cielo. 
Era già la terza volta che ripeteva quella stessa frase allontanandosi di qualche passo per poi bloccarsi rivolgendo un'occhiata perplessa al portone e, puntualmente, ritornarci davanti. Ma stavolta avrebbe spezzato quel circolo, senza permetterle di indugiare oltre. 
Non appena ripeté, per la quarta volta “Andiamo a casa!” lui le si piazzo davanti, le braccia incrociate sul petto ed un'espressione di rimprovero. 
Una freccia di sabbia sulla sua testa indicava la porta alle spalle di Scarlett. 
:-Ehi! Tu non dovresti invogliarmi ad andarmene e non il contrario?-. Gli chiese sorpresa. 
“Te ne pentirai” Le dissero gli occhi del Guardiano dei Sogni. 
Scarlett sospirò. 
Quando uno aveva ragione...era ormai giunto il momento di mettere un punto anche a quella faccenda, una volta per tutte. 
:-Quasi inizio ad odiarti quando mi sbatti in faccia la ragione in quel modo-. Sorrise infine, incamminandosi verso il portone, aprendolo :-Tu aspettami qui-. 

Dinanzi ad un grande specchio, Pitch controllava attentamente le proprie cicatrici. 
Bruciavano, cavolo se bruciavano ancora, ma almeno avevano ripreso a rimarginarsi. 
Una qualsiasi ferita, solitamente, avrebbe fatto presto a svanire dalla sua pelle ma quelle invece si erano impresse, marchiandolo. 
Un giorno ci avrebbe fatto l'abitudine forse, magari vantandosene anche, chissà, ma per il momento odiava anche solo guardarle. Cosa che comunque faceva, spinto da chissà quale istinto masochistico. 
Fortuna voleva che, per lo meno, gli era rimasta una discreta scorta di disinfettanti e bende di quando lei era ancora lì, da poter utilizzare. 
Dopo aver coperto le ferite, alzò per un istante lo sguardo sul proprio viso riflesso. 
:-Me ne andrò..svanirò per sempre dalla tua vita e sarai libera di dimenticarmi-. 
“Idiota” si disse, infastidito dal solo fatto si starci ancora pensando. 
Era una faccenda conclusa, ormai, la sua vita avrebbe ripreso perfettamente da dove l'aveva lasciata. 
Indossò la giacca nero pece, perso talmente nei propri pensieri da non essersi nemmeno accorto del piccolo fearling che era appena comparso dalle tenebre, tentando di richiamare la sua attenzione. 
“Sì ma dove l'ho lasciata, esattamente?” 
La piccola creatura iniziò a saltare, agitando in aria le braccia secche, urlando in maniera stridula e fastidiosa. 
:-Cosa vuoi?-. Gli sbraitò contro Pitch, accorgendosi, solo in quel momento che c'era qualcosa di diverso nell'aria. 
Ecco cosa la creatura era venuta a dirgli: degli intrusi! 
La sua amata falce apparve nella mano destra, che andò a stringere saldamente mentre scompariva nelle ombre, riapparendo in un turbine di sabbia nera, nella sala principale. 
:-Non si usa più bussare?-. 
L'intrusa, vestita di bianco, gli stava dando le spalle intenta nel curiosare in giro, sobbalzando non appena udì la sua voce, voltandosi sbalordita. 
Pitch esitò, l'arma stretta ancora nel proprio pugno. 
“Cosa ci fa qui?” 
:-Ehi-. Lo salutò timidamente lei con la mano destra, la sinistra era rotta e bloccata da delle fasciature, volgendo un'occhiata alla falce. Trasalì alla vista della lama nera sulla quale splendeva un tetro riflesso bluastro :-Forse è meglio che vada via-. 
:-NO!-. Esclamò l'Uomo Nero, pietrificandosi all'istante. Forse- ma forse eh?-lo aveva detto un po' troppo forte. 
La ragazza sorrise alla sua reazione, mentre lui tentava di darsi un contegno, dando un paio di colpi di tosse mentre la falce tornava nelle ombre. 
:-Come mai sei venuta fin qui? Non avevi detto di non volermi più vedere?-. 
“50 punti per il tatto Pitch Black, i miei complimenti” Si disse. 
Scarlett portò il braccio dietro la schiena, ciondolando appena sulle punte dei piedi :-In teoria, sì. E' quel che ho detto, credo. Ma in pratica...eccomi qui-. 
Solo in quel momento, Scarlett si accorse degli Incubi Purosangue che avevano iniziato ad affollare la sala. 
A primo acchito sentì le gambe tremare, alla loro vista ed al ricordo che essi portavano con se ma, nonostante questo, decise comunque di dirigersi verso uno di loro. 
:-Sai...mi hanno detto che dovrei essere nominata Guardiana, a breve-. 
:-Oh!- commentò apatico, non che la cosa fosse una novità per lui, di per se lo sapeva già. Eppure perché strinse talmente forte i pugni al punto tale da pungersi i palmi delle mani? 
La cosa bella era che ancora se lo stesse chiedendo: il perché. 
:-Però credo rifiuterò-. Continuò, avvicinandosi ad uno dei cavalli che, non appena vide la mano bianca di lei allungarsi incerta sul proprio muso, si trovò quasi sul punto di impennare. Solo quasi. Perché quando gli occhi della creatura incontrarono lo sguardo omicida del proprio padrone, questi decise volontariamente di chinarsi, permettendo allo Spirito di carezzargli il muso e la criniera. Non era poi così spiacevole il tocco di quella creatura che emanava luce bianca. 
:-E saresti venuta a raccontarmelo perché...-. Allungò di parecchio la “é”, attendendo che fosse lei a continuare la frase. 
:-..non sono pronta per un simile compito. Non per ora per lo meno- si spiegò Scarlett -Ho bisogno di tempo per imparare, non ci si può buttare in una simile impresa ad occhi chiusi. Ci sono così tante responsabilità e doveri ed io....-. 
Si interruppe per un momento, guardando Pitch dritto negli occhi, mentre si portava dietro le orecchie una ciocca fluttuante -...io mi stavo solamente chiedendo se, chissà, non potessimo provare ad imparare insieme-. 
“Ecco, l'ho detto. O la va o la spacca” 
Scarlett smise di accarezzare l'incubo che, infastidito dalla cosa, sbruffò per poi allontanarsi, seguito dagli altri. 
Nel mentre Pitch era rimasto a studiarla, silenzioso, il che non le creò altro che un grande disagio. 
:-Almeno dimmi qualcosa-. 
:-Avrei una domanda, in effetti-. Si decise a dire lui, infine, cominciando a fare alcuni passi verso di lei, le braccia incrociate dietro la schiena. 
Lo Spirito si risollevò, almeno non le aveva detto subito un secco “No!” :-Chiedi pure-. 
:-Soffri di una qualche variante della Sindrome di Stoccolma, per caso?-. 
La domanda colpì la ragazza che fissò allibita il proprio interlocutore per un breve istante, in cui ripassò la domanda nella propria mente più e più volte e, infine, scoppiò a ridere. 
Era una risata forte e forse un poco sguaiata ma, quanto meno, era vera, il che la rendeva piacevole. 
:-Chi può saperlo? Io ormai non me ne stupirei granché, non trovi?-. Continuò a ridere lei, chinandosi in avanti e tenendosi la pancia con il braccio libero. 
Pitch le sorrise a sua volta. 
:-Tornando alle cose serie- disse lei cominciando a fare alcuni passi verso l'uomo, il quale si accorse solo in quel momento, che gli occhi grigi della ragazza mutavano lievemente il proprio colore in base alle emozioni che stava provando. Ad esempio: ora erano verdi di Speranza. 
:-Mi hanno anche detto che, uno dei motivi per cui dovrei diventare Guardiana è perché porto il Cambiamento, con me. E sai una cosa? Comincio a credere che sia così. Perché posso sentirlo: nell'aria che mi circonda; o nella terra sotto i miei piedi; in questo preciso istante riesco a percepire che il cielo sta cambiando e... anche tu- lo guardò intensamente -non sei più lo spregevole uomo che ti vantavi tanto di essere, due anni fa. Non è così?-. 
Pitch abbassò lo sguardo al pavimento, amareggiato :-Credo che quel che tu mi stai proponendo sia al di fuori della mia portata, Scarlett. Sarai anche divenuta uno Spirito che risplende, forse un po' troppo, di luce propria, ma io...-si interruppe guardando le proprie mani, stringendole poi entrambe come due pugni -..io resterò sempre l'Uomo Nero e il mio ingrato compito sarà sempre quello di infondere la paura nei cuori dei bambini. Ci sono delle cose che, purtroppo, nemmeno tu puoi cambiare-. 
Scarlett si aspettava una simile risposta ma comunque, non si lasciò abbattere, sapendo perfettamente cosa doveva essere detto. 
:-Capisco quello che intendi ma prova, solo per un breve momento, a vederla da questa prospettiva: e se il ruolo che tu stesso ti sei imposto, non fosse quello a cui sei realmente destinato?-. 
L'uomo sorrise, stranamente incuriosito da quel che la ragazza stava cercando di spiegargli o forse, più semplicemente, non voleva vederla svanire così presto dalla sua vita. 
:-Spiegati meglio-. 
Negli occhi di Scarlett brillò una luce nuova. Una forza che portava con se e che, lentamente, trascinava tutto via. 
Che fosse quello? Il Vento del Cambiamento? 
:-Nessuno è predestinato per un singolo ruolo, a questo mondo. Noi tutti possiamo scegliere e, di conseguenza, sbagliare o cambiare ma restando pur sempre noi stessi. Possiamo chiedere scusa, perdonare ed essere perdonati. 
Non sono gli altri a definire il nostro “io”, quello spetta solamente a noi ed il nostro futuro dipende solamente da questo. 
:-Ora, tu puoi chiamarmi una sognatrice, oppure sono solamente una sciocca ma io credo che la paura non sia totalmente dannosa o sbagliata. Anzi, credo che sia da stupidi, vederla totalmente da quest'angolazione- “Ecco, ti sei pure beccato dello stupido” si disse Pitch -Perché è proprio la paura che a volte, con gli ostacoli che pone alla nostra mente e sul nostro cuore, ci aiuta a misurare il nostro reale valore. Perché gli eroi hanno paura ma agiscono comunque per un bene superiore; gli sciocchi, invece, sono incuranti del pericolo e vi si lanciano a braccia aperte, in cerca di gloria. Non trovi?-. 
Pitch si sorprese. Le parole che fuoriuscivano dalle sue labbra, come un fiume in piena, stavano iniziando a trascinarlo via con loro nella corrente :-Non mi sembra un ragionamento tanto sbagliato-. Ammise, portando una mano sotto al mento, assumendo una posa riflessiva. 
:-E poi, chissà, chi dice che la paura stessa non possa proteggerci?-. 
Questa volta però, risalì la corrente e le rivolse un'occhiata scettica, alzando un sopracciglio. 
:-Ok lo so cosa stai pensando- rise lei allo sguardo che l'uomo le rivolse -ma lasciami spiegare bene cosa intendo. 
:-Tu pensaci bene, senza la paura ad imporci dei limiti, bada che non sto parlando di vigliaccheria, non avremmo la lucidità di stabilire cosa è giusto o sbagliato, sia per noi stessi che per chi ci circonda. Un bambino privo della lucidità dettata dalla paura, potrebbe provare..che ne so..a lanciarsi in picchiata da un balcone, credendosi Superman, alla prima distrazione della madre-. 
:-Quello non è un bambino privo di paura ma un bambino stupido-. Puntualizzò Pitch. 
:-La paura non è l'errore- continuò lei, ignorando la sua risposta, benché questa l'avesse fatta sorridere -ma ciò di cui chiunque ha bisogno, così come un pizzico di follia ogni tanto, va solamente dosata-. Posò la mano sulla cicatrice che il vestito, con le spalline a metà spalla, lasciava intravedere :-Ma, alla fine, è necessaria-. 
Pitch sospirò, scuotendo il capo. 
Erano uno di fronte all'altra e Scarlett, sentendosi un poco in formato hobbit, decise di portarsi all'altezza dell'uomo, dandosi una lieve spinta con i piedi. 
:-Non pensi anche tu che sia così?-. 
L'Uomo Nero pensò a lungo, le parole della ragazza gli sembrarono così veritiere che forse, anche lui, avrebbe potuto crederci. Perché no? Forse per lui si sarebbe finalmente aperta un'altra via possibile da seguire, che non fosse il male che si era sempre trascinato dietro. 
D'altronde non aveva mentito a Jack Frost, più di dieci anni prima, quando, proponendogli di passare dalla sua parte, gli aveva fatto presente di desiderare anche lui una famiglia. 
Poi la guardò: il braccio rotto e fasciato, la cicatrice sul petto che ne celava tantissime altre, una mente che lui stesso aveva contribuito a fratturare. 
Come poteva anche solo guardarlo in quel modo? Col sorriso stampato sulle labbra e degli occhi colmi di speranza. 
No, non sentiva di poterlo meritare. 
:-Non potrò mai farmi perdonare per quel che ti ho fatto...ciò che ho lasciato accadesse. Lo sai vero?-. Le disse infine, distogliendo lo sguardo da lei. 
Questo Scarlett lo sapeva bene, come sapeva anche che se poteva essere lì, in quel momento, non lo doveva solamente ai Guardiani.
E, nonostante una parte di lei non riuscisse ancora bene a comprendere perché si trovasse lì, in quel momento, non si sarebbe comunque tirata indietro. 
:-Sei già sulla buona strada...- gli disse lei, posando delicatamente i polpastrelli sul cerotto bianco che l'uomo portava sulla guancia ferita, spingendolo a guardarla nuovamente negli occhi -..e poi hai tutta l'eternità per farti perdonare, se vorrai-. 
:-Io, comunque, non sono venuta da te per incolparti o per dispensarti il mio perdono- piantò i suoi occhi, che avevano iniziato a tingersi di magenta, in quelli dorati di Pitch -..se sono qui, adesso, oltre per i motivi che già ti ho illustrato, è perché la voce nella mia testa, ha deciso di assillarmi in questi giorni. Parlava, parlava e parlava...supplicandomi disperatamente di venire qui . Non mi ha dato tregua, nemmeno per un solo istante!-. 
:-E per quale motivo, la tua voce interiore, avrebbe voluto portarti proprio qui da me?-. 
Scarlett avvicinò il viso ad un centimetro da quello di Pitch, il naso a punta di lei sfiorava quello aquilino di lui, e gli sorrise. 
:-E' proprio questo che voglio scoprire-. 
Le labbra di Scarlett si posarono repentinamente su quelle dell'uomo. 
Pitch, dopo un primo istante incerto, si trovò sul punto di abbracciarla. Stava per avvolgerla tra le proprie braccia quando, colpito ancora una volta dai sensi di colpa, si ritrasse bruscamente, allontanandola. 
La ragazza lo guardò confusa e in seguito alla reazione dell'uomo, smise di fluttuare, così come i suoi capelli. Gli occhi le si dipinsero di un triste blu :-Devo aver fatto un passo più lungo della gamba-. Mormorò dandogli le spalle, allontanandosi verso l'uscita, e desiderando intensamente di non essersi mai data ascolto. 
“Ma cosa mi è passato per la testa?” 
Pitch la guardò andare via, immobile. 
“Se la lasci andare, questa volta, non tornerà più. Lo sai.” Disse la sua di voce. 
Strinse i pugni. 
Lo sapeva, così come era perfettamente conscio che quella era la cosa giusta da fare. Lo sapeva.
Solo pochi passi e lei se ne sarebbe andata, uscendo definitivamente uno dalla vita dell'altra. Perché era così doveva essere, sin dal principio. 
“E' proprio questo quel che desideri?” Si chiese. 
Volse uno sguardo veloce, mentre la vedeva svoltare l'angolo. 
:-No-. Si rispose in un sussurro. 
Senza che nemmeno se ne accorgesse, iniziò a correre verso di lei. Non appena la raggiunse le afferrò per il polso destro, tirandola a se. Forse un po' troppo precipitosamente, visto che la ragazza, che già di suo non era il massimo dell'agilità, gli inciampò contro. 
Scarlett con gli occhi gialli di stupore, aveva smesso di levitare, si trovava con i piedi in terra, al che l'uomo si trovò costretto ad abbassare il capo per guardarla in viso.
:-Sei sempre una spina nel fianco-. Le disse con finta esasperazione, mentre le cingeva i fianchi. 
-Sei sempre in tempo per mandarmi via, se vuoi-. Rispose la ragazza con un sorriso, iniziando a percepire del calore disperdersi sulle guance. 
L'uomo le portò la mano destra dietro la nuca, mentre con la sinistra andò a poggiarle l'indice sotto il mento, alzandole il viso. 
:-Non ci penso proprio-. Le sussurrò infine Pitch, baciandola e premendo a lungo le labbra su quelle di Scarlett, intanto che le avvolgeva la vita per stringerla di più a se. 
Ma quel loro piccolo lieto fine durò solo un breve momento... 
Giusto fino a quando il suono di un sacchetto di monetine scosso violentemente, che andava via via ad avvicinarsi, non li fece sussultare. 
:-Temo di essermi appena messo nei guai, vero?-. Le domandò Pitch rassegnato, iniziando ad intravedere la “minacciosa” figura di Sandman avvicinarsi, con tanto di martello che, gli parve, essere raddoppiato rispetto all'ultima volta. 
:-Forse un po'-. Rispose Scarlett, ridendo.
Il cuore aveva ripreso a batterle forte contro il petto ma, stavolta, non fece male. Non più. 


* Estratto dalla canzone “Lullaby for a stormy night” di Vienna Teng (album Walking Hour/2002)
   
 
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