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Autore: perkynurples    02/08/2015    3 recensioni
Bilbo Baggins conduceva una vita piuttosto tranquilla, grazie mille, fino a quando una vecchia conoscenza non ha deciso di stravolgerla, e ha finito per accettare un lavoro che è... diciamo che non è proprio la sua specialità, e potrebbe alla fine costargli un po' di più del suo prezioso stile di vita accogliente. Chi l'avrebbe mai pensato che fare il tutor al nipote un po' più che leggermente prepotente di un monarca leggermente minaccioso potesse rivelarsi una tale... avventura?
[Modern Royalty AU; Pairing: Bilbo/Thorin]
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bilbo, Fili, Gandalf, Kili, Thorin Scudodiquercia
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Bilbo parte e parto anch'io: avrò anch'io una piccola avventura, a Stoccolma, quindi dovrete aspettare un po' per l'ultimo capitolo. Sono una donna crudele, mi dispiace. XD
Giuro che traducendo questo capitolo un po' mi è venuto da piangere... un pochettino...
BUONE VACANZE A TUTTE! E grazie mille per tutto il vostro supporto e recensioni! Bye bye!


CAPITOLO XXIV

 

Dire addio non è un'abilità che Bilbo ha mai pensato di padroneggiare. Non ha mai dovuto, davvero. Essere in lutto per la morte di sua madre non conta; i mesi precedenti ad essa non contano. Non era pronto, allora, è successo tutto troppo in fretta, e si è rifiutato di accettare che stava accadendo fino a quando non... beh, è successo. Ha trascorso molto tempo dopo ad impegnarsi nel perdonare se stesso – per aver rimproverato la madre di aver parlato di lasciarlo, per non averle fatto vista in ospedale abbastanza spesso (anche se era lì praticamente ogni giorno, verso la fine), per tante altre cose che erano completamente naturali, a pensarci bene.

Ma ora... Non appena ritorna al Palazzo, ancora fragile e pallido, ancora a malapena in piedi, più ricco di un bastone e una quantità impressionante di pillole, inizia a dire addio a tutto. Ogni corridoio che attraversa zoppicando, pensa che lo potrebbe vedere per l'ultima volta. Si siede nella caffetteria in posizione goffamente innaturale per non tirare i punti di sutura, lasciando che Mirjam e Bombur lo colmino di attenzioni, e si affaccia su nella stanza con le poltroncine e un soffitto basso con un dolore che non ha nulla a che fare con la sua ferita in lentissima guarigione. Guarda fuori dalla finestra del suo piccolo appartamento, bloccati lì per quelle che potrebbero essere ore quando arriva la prima volta, gli occhi che scorrono sui giardini del Palazzo, gli alberi del parco che ora sfoggiano chiome pienamente autunnali di rossi intensi e gialli e arancioni, e si aspetta qualcosa, qualsiasi cosa che gli faccia cambiare idea.

Non è abbastanza in forma per tornare in realtà a tutti i suoi doveri, e quindi passa il tempo con i ragazzi durante i pasti, perlopiù, e nel pomeriggio, aiutandoli con i compiti e affini, e pensa che forse loro saranno quelli per cui... cosa? Vale la pena tutto questo?

La parte più ragionevole di lui (una meraviglia da avere ancora dopotutto) gli dice che è solo una questione di tempo – che è in un brutto posto in questo momento, e si stabilizzerà, calmerà, riconquisterà po' di serenità... Non è che può fare i bagagli e prendere l'ultimo volo della sera, in ogni caso. Deve rimanere nel paese, non è vero? Sì, a quanto pare che dovrà testimoniare in tribunale, anche se Gandalf gli ha promesso il contrario. E passerà un po' di tempo prima di potersi togliere i punti. E c'è quella partita di polo tra due settimane, a chiudere la stagione, e i ragazzi non vedono l'ora di vederla...

Ma tutto questo serve solo da aggiungere al suo... chiamiamolo piano, per la mancanza di una parola migliore. In realtà non sa se sarà mai più in grado di trovare la sua pace mentale qui, e questo è il problema. È una di quelle decisioni non vuole ammettere di aver già fatto la prima volta che ci ha pensato – una parte di Bilbo sa con certezza assoluta che ha bisogno di scappare, scappare da tutto questo (forse non per sempre, dice a se stesso, con una sorta di ottimismo di sciocco a volte) se mai spera di poter mettere la testa a posto.

Ma per ora, Gandalf è l'unico che sa di tutto questo, e Bilbo scopre ben presto che dire addio al marmo senza vita, e i suoi dipinti preferiti e i prati e i cespugli e le statue, è molto più facile che dire addio alle persone.

Tutti gli girano intorno in punta di piedi e lo trattano con una quantità inutile di cura, e protesterebbe se ne avesse la forza. Mirjam si assicura che i pranzi e le cene sono gli vengano sempre riscaldati, perché decide di mangiare dopo che la maggior parte del personale se ne va, piuttosto che sopportare gli sguardi compassionevoli e le domande esitanti. Frida controlla che stia bene regolarmente, assicurandosi che lui sappia che può sempre parlare, ma non ha il coraggio di dirle che non vuole parlare, e così sembra sempre troppo allegro quando parla di lei, che a sua volta lo fa sentire assolutamente nauseato. Bofur e Bombur prestano particolare attenzione a non parlare degli eventi che li hanno portati tutti qui, e scherzano e ridono e litigano, come al solito, ma il più delle volte, è quasi dolorosamente artefatto anche per i sensi attenuati di Bilbo.

Vuole dire loro di per favore smettere di preoccuparsi per lui e trattarlo come si merita, ma il consenso generale tra i suoi amici, anche se non detto, sembra essere quello che non ha fatto niente di male. Pensa che potrebbe scattare presto e gridare di come si sbagliano, che è tutta colpa sua e perché vi rifiutate di vederlo, porca miseria ma avrà bisogno riottenere un po' più di forza per farlo, e recuperare che è un processo estremamente lento.

I Principi sono gli unici che non cambiano il loro comportamento, e ne è grato, anche se deve spesso schivare l'interesse di Kíli nel vedere i suoi punti di sutura, e le richieste di Fíli di sapere che cosa è realmente accaduto. Ma anche con loro, nell'accogliente, calda sicurezza della loro stanza – e forse anche a causa di ciò – il senso di colpa di Bilbo è più forte che mai.

Vede molto poco Balin, ma il Capo di Stato Maggiore gli manda promemoria regolari e tutto, e praticamente lo tratta come un qualsiasi altro dipendente del Palazzo – ma Bilbo vuole tanto sedersi con lui e chiedergli perché non è stato licenziato, perché è ancora qui, a tutti è stato ordinato di trattarmi come porcellana preziosa?

Ci vogliono tre giorni di un girovagare lentamente e dolorosamente nel Palazzo prima di vedere di nuovo Thorin. È passata più di una settimana in totale da quando la sua brusca visita nel cuore della notte, e, beh, tutto il paese ha preso fuoco da allora, così Bilbo è effettivamente sorpreso che il Re abbia più di dieci secondi di tempo libero nel frattempo.

Bilbo capisce che è stato piuttosto coraggioso da parte di Thorin per aver tenuto comunque le elezioni in tempo, anche se i Servizi Segreti ereboriani si sono rivelati essere marci fino ai piani alti, anche se una dei partiti è stato screditato e i suoi leader stanno ora affrontando delle dure sentenze... Bilbo capisce che portare Bundushar alla giustizia ha un costo sull'equilibrio di Erebor, ed è in realtà più un casino e meno una vittoria, al momento. Capisce anche che Thorin si distingue per la sua politica di trasparenza, informando il pubblico regolarmente di tutto ciò che sta succedendo, mostrando la vera forza della Corona, mantenendo il paese ritto e sotto controllo, anche in questi tempi difficili. Tutti i media stranieri sono sulle spine, tremando con anticipazione al primo scivolone – uno sarebbe sufficiente per far pendere l'ago della bilancia e fare sgretolare il paese, ma Bilbo sa che la presa d'acciaio di Thorin sulla situazione non vacillerà, semplicemente perché essa non deve.

Inoltre sa e capisce che Thorin sta operando in tutta la sua modalità professionale da monarca, che comprende isolare tutto ciò che la vita gli ha gettato addosso di recente, stringere i denti e raddrizzare le spalle contro di esso perché se permette che gli si avvicini, minaccerà di distruggerlo all'istante... Ed è per questo che Bilbo è quasi scioccato di poter sbirciare dietro quella facciata scolpita in pietra.

Lo trova negli alloggi dei Principi quando va da loro per leggere la storia della buonanotte – viene accolto da una folla di guardie di sicurezza in un primo momento, naturalmente, e un nodo sgradevole si stringe nel suo intestino. Apre la bocca per dire qualcosa quando ha di fronte a Dwalin, ma il Responsabile della Sicurezza fa solo cenno a Bilbo di entrare, chiaramente non in vena di rispondere alle domande, o di parlare con lui se è per questo.

E allora Bilbo deglutisce forte, la sua presa sul bastone si stringe, ed entra nella stanza, anche se apparentemente ogni cellula nel suo corpo gli sta urlando di non farlo. Thorin è alla scrivania di Fíli, entrambi chinati su questo o quello libro scolastico, mentre Kíli è seduto rintanato nelle coperte del letto, sfogliando le pagine della sua rivista preferita... La vista di loro è così incredibilmente bella, così dolorosamente domestica, così terribilmente pacifica, che Bilbo quasi gira i tacchi e marcia via da lì.

Ma Kíli lo nota subito, ovvio che lo nota.

“Bilbo!” esclama, “guarda, dicono di come costruire un tuo abùghud... un, uh...”

“Aquilone,” fornisce Bilbo distrattamente e si va a sedere sul letto del bambino, grato di avere momentaneamente la schiena rivolta agli altri occupanti della stanza.

“Scusa se non ho ancora finito i compiti,” dice Fíli proprio quando Bilbo riesce a sedersi quasi senza dolore, “ma avevo bisogno di aiuto con questi problemi, e...”

“E ho promesso di aiutarlo, ma non avevo tempo fino ad ora,” spiega Thorin con calma, la sua espressione totalmente impenetrabile – ma forse è perché Bilbo non osa guardarlo nemmeno con la coda dell'occhio.

“Non fa niente,” riesce a dire, “hai finito adesso?”

“Sì,” Fíli annuisce, “leggiamo la storia adesso – oh, scusa. Âkmînruk zu, Indâd.”

“È stato un piacere,” Bilbo sente, ma non vede, il leggero sorriso nella risposta di Thorin, e si schiarisce la gola per liberarsi del sapore amaro del nervosismo.

“Ora, dov'è quel libro,” dichiara, poi, individuando la copertina colorata del quinto libro di Artemis Fowl nella libreria di Fíli dall'altra parte della stanza, sospira, “oh, eccolo. Fammi...”

“No, sta seduto!” ordina Fíli in modo sorprendentemente rapido e severo, e va lui stesso a prenderlo.

Bilbo riesce a fare un piccolo sorriso, il suo sguardo incrocia quello di Thorin per un momento fugace – il Re lo distoglie più velocemente di quanto possa Bilbo, ed è sufficiente per fargli provare dolore ovunque, davvero.

“Grazie,” mugola, quando il Principe più grande gli passa il libro e si siede accanto a lui.

Si aggiusta gli occhiali, i suoi occhi non si allontanano mai dalle pagine mentre le sfoglia, alla ricerca del segnalibro. Il Capitolo Dieci attende. Ma la presenza di Thorin è come peso aggiunto ai sensi di Bilbo, apparentemente distorcendo l'aria in tutta la stanza intorno a lui, ed è così difficile concentrarsi. Bilbo si agiterebbe se ne fosse capace e non rischiasse di tirare i punti di sutura, probabilmente.

“Posso leggere io,” annuncia Fíli, poi, con un pizzico di preoccupazione, “non hai un bell'aspetto. Posso farlo io.”

“No, tu non sai fare le voci!” grida Kíli, e Bilbo li fissa a bocca aperta impotente, Thorin ancora in bilico sul bordo del suo campo visivo (purtroppo non abbastanza lontano da scomparire nel suo punto cieco)...

“Lascialo provare,” decide infine, radunando almeno un po' della sua risolutezza rimastagli, e Fíli è raggiante, prendendo il libro da Bilbo.

Kíli si lascia sfuggire un profondo sospiro sofferente, e si raggomitola contro Bilbo.

“Bene,” dichiara, “ma la prossima volta ci provo io.”

Quello che segue è forse la mezz'ora più imbarazzante che Bilbo abbia mai sperimentato nella sua vita, contando anche venir sparato e sanguinare su un tappeto costoso, non così lontano da qui. La sua attenzione è divisa tra il correggere la pronuncia di Fíli qua e là, e il fantasma di Thorin, che è alla finestra sul lato opposto della stanza, le mani intrecciate dietro la schiena, guardando fuori, probabilmente perso nei suoi pensieri. I ragazzi non sembrano badare minimamente alla sua presenza, mentre Bilbo preferirebbe essere altrove...

È proprio questo il problema, non è vero? Non molto tempo fa, avrebbe considerato un momento come questo prezioso oltre ogni misura, bello e rilassante, da essere conservato con amore... Ora, tutto quello che gli fa provare è un rimorso amaro e orribile, il senso di colpa come ami da pesca che si conficcano sotto la sua pelle. Come potrà mai essere in grado di superare questo? Come farà mai ad essere di nuovo in grado di andare avanti normalmente? Ha paura che la risposta in bilico sul retro della sua mente – non ce la farai, mai – sia quella corretta.

Fíli procede con il capitolo con impressionante bravura, e anche se a volte Kíli si lamenta, sta sonnecchiando sul grembo di Bilbo alla fine di esso. Dopo aver portato il Principe più grande a letto, Bilbo rimbocca Kíli con qualche difficoltà, poi si alza con difficoltà ancora maggiori, e vede Thorin e Fíli che si scambiano un paio di parole, troppo a bassa voce perché lui possa sentire. Si appoggia al bastone, del tutto insicuro di cosa dovrebbe fare – fuggire dalla situazione finirebbe probabilmente col metterlo in imbarazzo, dal momento che non è capace di qualcosa più veloce di una passeggiata.

Thorin e lui si incontrano alla porta, Bilbo a corto di fiato per la vicinanza, e il Re spegne le luci, e augurano ai ragazzi la buonanotte, e camminano nel corridoio fianco a fianco... Oh, al diavolo i punti, Bilbo presto correrà via.

Uno sguardo penetrante verso Dwalin che Bilbo fa finta di non notare più tardi, sono quasi da soli nel corridoio, le guardie che stazionano alle due estremità di esso, e Bilbo continua a non farcela a guardare Thorin negli occhi.

“Beh,” si schiarisce la gola maldestramente, le dita che strattonano i lembi del suo cardigan e tirandoli giù, un tic nervoso che ha da tutta la vita, pensa, “Io... vado. Penso.”

“Posso camminare con te?” arriva una domanda sommessa, senza alcun accenno di emozione nella voce del Re, tuttavia...

“Cammino molto lentamente in questi giorni,” sottolinea Bilbo, guizzando lo sguardo in direzione di Thorin appena in tempo per vedere il debole bagliore di ciò che, sotto una buona luce, potrebbe essere considerato un sorriso triste.

“Lo so.”

E così si avviano, e la distanza da qui all'appartamento di Bilbo ora sembra terribilmente lunga. E in effetti cammina molto lentamente – non potrebbe accelerare nemmeno se ci provasse, non dopo una giornata a dire a se stesso un'altra breve passeggiata di certo non può farmi male più e più volte.

“Come ti senti?” è inevitabilmente ciò che inizia la conversazione.

“Io?” Bilbo ridacchia senza divertimento, gli occhi che appena divagano dal corridoio davanti a sé, “Sto... bene. Diciamo. Probabilmente un po' intossicato, in realtà – Mirjam continua a prepararmi tutte queste tisane... Tu?”

“Anche a me potrebbe servire un po' di tè alle erbe, penso,” viene una risposta dopo un lungo, pesante silenzio dolente, “per farmi superare le elezioni.”

Bilbo offre quello che spera sia un compassionevole mezzo sospiro, mezzo risata, e il silenzio regna di nuovo. Ci stanno provando, Bilbo lo sa. Entrambi. Piuttosto difficile, infatti, ma si sono appena guardati negli occhi da quando si sono incontrati oggi, e i timidi tentativi di chiacchierare non risolveranno nulla in tempo breve.

“Gandalf mi dice che vorranno farmi testimoniare,” dice, l'unica cosa che riguarda anche leggermente i loro problemi che scivola dalle labbra con facilità.

“Nell'udienza contro Surkaz, presumo,” replica Thorin, e rischia uno sguardo di sbieco, Bilbo vede che sta fissando dritto davanti a sé con determinazione, mascella serrata.

“Credo di sì. È tutto molto... poco chiaro. Mi dicono che alcune delle udienze non possono aver luogo prima...?”

“Beh, alla luce di tutte le informazioni recentemente riaffiorate, non possiamo essere sicuri esattamente se tutti i giudici siano al cento per cento...”

“Capisco.”

“Così, dopo che abbiamo provveduto a quello – troveremo qualcuno degno di fiducia. Presto, spero.”

Presto, spero. Le frasi incompiute e tutte le parole che vorrebbero davvero dirsi strattonano i contorni sfilacciati della loro conversazione con sempre più intensità. Fantastico. Come si può risolvere un problema del genere, davvero?

Bilbo si prepara per le scale davanti a sé, l'impresa resa un po' più facile quando si rende conto che potrebbe benissimo essere la cosa meno dolorosa che dovrà vivere nel futuro immediato in ogni caso, ma...

“Non pensi che... voglio dire, non dovresti prendere l'ascensore?”

La genuina preoccupazione nella voce di Thorin ferma Bilbo di colpo, e deve guardarlo allora, finalmente. Vede negli occhi di Thorin una calma fratturata da qualcosa a cui Bilbo non riesce a dare un nome. Rimpianto, forse.

“Lo prendo quando devo salire,” fornisce quella che è sorprendentemente una frase normale date le circostanze, e poi, quando Thorin apre la bocca, senza dubbio per protestare, Bilbo riesce a fare persino un sorriso, aggiungendo, anche se un po' forzato, “non ti preoccupare. Mi fa solo bene, penso.”

“Mah,” dice Thorin, ed è un suono così familiare e bello che il sorriso di Bilbo si estende in uno genuino, e si gira dall'altra parte in fretta, perché non venga troppo preso dal momento. La sua discesa è ovviamente molto più laboriosa di quanto dia a vedere, ma preferirebbe morire piuttosto che lasciare che Thorin sappia che sta avendo qualche problema – il Re è sempre al suo fianco, e Bilbo si sente in colpa anche per questo, per farlo camminare così lentamente, buon Dio.

“Potrebbe volerci un'ora, sai,” borbotta.

“Ho tempo?”

“Sul serio? Le elezioni non sono domani?”

“Beh, sì. Domani.”

“Per come vanno le cose, potresti rimanere ancora bloccato qui per allora – oh cacchio.”

Il suo equilibrio ancora non così stellare lo tradisce allora, ed inciampa in avanti dopo aver preso male uno scalino – è costretto a stabilizzarlo mettendo peso sul piede sbagliato, e la sua anca agisce su di conseguenza, un acuto spasmo quasi accusatorio di dolore si impenna da un alto e gli ricorda quanto stia facendo l'idiota. Ma la mano di Thorin è lì sul suo braccio per sostenerlo, rapida e solida, e non lascia andare anche quando Bilbo lo guarda a bocca aperta, un po' attonito.

“Davvero,” sottolinea il Re seccamente, “gli ascensori sono lì per un motivo.”

Bilbo fa un oh pfft evasivo, agitando la mano e riguadagnando l'equilibrio, ma la mano di Thorin rimane – Bilbo sente il calore che si diffonde sulle sue guance, e se non passano oltre presto, potrebbero finire in un territorio per cui Bilbo è totalmente impreparato...

“Odio vederti così.”

Oh, a quanto pare ci sono già.

“Sto bene, sto bene, davvero,” balbetta Bilbo, “non sono abituato a camminare con un bastone, ecco, ovviamente...”

“Non posso fare a meno di pensare che questo sia tutto–”

“Se dici che è stata colpa tua," lo interrompe Bilbo severamente, “penso che potrei trovare abbastanza forza per colpirti con il bastone, sai.”

Ma lo sguardo di Thorin è privo di senso dell'umorismo, e la sua mano scivola via il braccio di Bilbo molto lentamente, e in realtà sembra sofferente, mentre abbassa la testa... oh, questo è meraviglioso. Incredibile. Dannazione. In nessun caso Bilbo voleva finire qui, in questo momento, non su una rampa di scale, con una manciata di guardie del corpo e un dipinto di questo o quel monarca importante a tenere loro compagnia.

“Sì, beh,” dice Thorin pesantemente, “ti hanno sparato a casa mia. Che dovrebbe essere il posto più sicuro sulla Terra, o almeno così mi dicono. Affermazione smentita per la seconda volta.”

“Thorin...”

“Mi dispiace, Bilbo. Mi dispiace che questo sia successo a te, e non so cosa avrei potuto fare per fermarlo.”

La mano di Bilbo vola verso Thorin prima che possa davvero fermarsi, e ha l'effetto desiderato – sciocca il Re abbastanza da guardarlo.

“Niente,” gli dice Bilbo con fermezza, “te ne rendi conto, vero? Non lo sapevi. Dovrei essere io a scusarmi con te, per la miseria. Non... non so dirti perché ho deciso di credere loro quando mi hanno detto che era meglio che non sapessi nulla. Sono – sono impressionato tutti i giorni dal fatto che tu... non so, non ti frantumi in mille pezzi con tutto quello che ti lanciano addosso. Mi dispiace, per averti mentito, e per aver messo tutti in pericolo, e per non aver pensato in modo lucido, io...”

Per fortuna, la voce di Bilbo si affievolisce per conto suo, ed è lasciato prosciugato. Thorin e lui sono ora molto vicini, la mano di Bilbo che sta ancora afferrando il polso del Re anche se forse nessuno dei due se n’è reso conto, e forse questo è il modo giusto per affrontare questo. Intimità nei momenti più inaspettati.

Ma Bilbo è a malapena in piedi ora. Si sente allo stesso modo in cui si sentiva quando si è svegliato in ospedale – debole e sofferente, la gola secca, il sapore amaro in bocca, la sua ferita che lo appesantisce da quasi non farlo respirare. Non c'è sollievo in vista.

“Sai,” mormora con la voce roca, gli occhi che guizzano sul pavimento, “pensavo davvero… ah, pensavo che ti stessi aiutando.”

Un debole sospiro spezzato viene da Thorin, e le sue dita trovano quelle di Bilbo, entrambe le mani che le circondano.

“Ma l’hai fatto.”

Bilbo apre la bocca per protestare, ma la sua risoluzione non resiste al viso di Thorin – il dolore sottostante è così evidente nei suoi occhi, il sorriso ha un accenno tristissimo.

“Mi hai aiutato,” borbotta il Re, quasi sussurra, “senza di te, io – non sarei mai durato. Mi hai ridato i miei nipoti. Mi hai fatto credere in – mi hai fatto sperare in cose che non avrei mai pensato di potermi concedere di nuovo, hai capito?”

Bilbo pensa che potrebbe gridare per quanto ingiusto tutto questo sia. Anche dopo tutto quello che hanno passato, Thorin crede ancora che Bilbo sia stato un bene per lui, e, beh...

“Sono stato egoista,” riesce a dire, in modo esausto ma risoluto, la sua mano che scivola dalla presa di Thorin e si stabilisce sul suo bastone, perché un braccio non è improvvisamente abbastanza per sostenere il proprio peso, “continuavi a ricordarmi fin dall'inizio che non ero stato assunto come questo o quello... com’era, terapista familiare? E tutte quelle altre cose... Avevi ragione. Ma per molto tempo, ho pensato che sarei potuto essere tutto questo. In qualche modo. Che sarei stato davvero abbastanza. Dio, sono impressionato che non mi hai licenziato non appena ho aperto la bocca.”

“C’ero quasi,” mormora Thorin, e Bilbo sa che sta cercando di portare la conversazione fuori dalle sue acque torbide, ma è troppo tardi per questo.

“Avresti dovuto farlo,” dice semplicemente, e anche se la mascella serrata di Thorin tradisce il suo violento shock, Bilbo sa che ormai non può più tirarsi indietro.

“Non avresti mai dovuto darmi il tempo per rovinare tutto quanto.”

“Non hai–”

“Certo che l’ho fatto. Guardaci. Niente di tutto ciò sarebbe successo se ad un certo punto non mi fossi messo in testa di poter essere degno di te.”

“Bilbo,” sbotta, la sua mano stringe la spalla di Bilbo più saldamente ora, costringendolo a sollevare lo sguardo, ma sono ovviamente entrambi allo stesso modo orribili a dire ciò che vogliono dire, perché Thorin semplicemente lo fissa, incapace di continuare. C'è qualcosa del vecchio Thorin in lui ora, dai primi giorni in cui Bilbo a malapena lo conosceva e il Re a malapena conosceva i propri nipoti, con la rabbia che gorgoglia in superficie. Ancora una volta, Bilbo ha oltrepassato i confini senza nemmeno dare loro un avviso di passaggio, ma questa volta, sa che deve continuare su questa strada. Deve.

“Mi dispiace,” ripete, ora debolmente, “lo sai che ho ragione.”

Lo sguardo di Thorin è praticamente infuocato adesso, e per un attimo sembra che potrebbe scattare, o gridare, o baciarlo, ma poi la luce feroce nei suoi occhi... muore. Le spalle si abbassano, e la presa scompare, il viso si contrae mentre sbatte le palpebre contro tutto ciò che sta minacciando di sopraffarlo. Fa un passo indietro, inspirando profondamente e raddrizzando le spalle, fissando ancora Bilbo, ma senza alcuna forza particolare adesso.

“Non ho mai...” prova a dire, ma deve ricominciare tutto da capo quando la sua voce viene fuori come un sospiro lacerato e fievole, “Non mi sono mai fermato a considerare quello in cui ti stavo... ti stavo trascinando, pensavo…”

“Pensavi che l’avrei gestito meglio?” fornisce Bilbo con un accenno di un sorriso amaro, “non ti preoccupare, pure io.”

***

Non è sicuro di come abbia fatto a finire nella sua stanza, o nella doccia, o nel letto se è per questo. Non è davvero sicuro di come farà ad andare avanti d’ora in poi. Trascina il suo corpo in gran parte poco collaborativo attraverso corridoi e corridoi, operando con un pilota automatico esausto e molto inaffidabile. Le elezioni vengono vinte il giorno successivo – il partito di Dáin vince, così, e Bilbo si siede tra le persone in festa nella caffetteria e il loro entusiasmo e le risate non sono altro che un rumore di fondo per lui.

Ben presto, i media stanno tutti parlando di quanto fosse bello, di come la vittoria fosse così vicina – di come la Corona abbia mantenuto la sua integrità, anche in questi tempi difficili, ma non senza fatica evidente. ‘Naturalmente, alla luce dei recenti eventi, ci si deve chiedere se le elezioni avrebbero avuto un esito molto diverso se le informazioni di condanna sull'avversario più forte della monarchia non fossero venute a galla in un momento così conveniente...

La risposta che ognuno sceglie è no. Chi se ne frega, davvero? Le elezioni sono finite, il paese ha vinto una ben nota stabilità per altri cinque anni, e anche guardando la situazione da un'angolazione conveniente, nulla è realmente cambiato – la barca ha ondeggiato in acque molto pericolose per un po' di tempo, ma la tempesta è stata elusa prima che potesse fare dei fori nello scafo. La stampa si sta ancora attrezzando per affrontare le prossime udienze, Bundushar è ancora latitante, in fuga, o quel che è – ma Bilbo va in città il giorno dopo le elezioni, per la prima volta da quando gli hanno sparato, e vede persone sciamare per le strade come al solito. Affrettandosi qua e là, svolgendo il loro lavoro, acquistando generi alimentari e andando in bicicletta al lavoro e portando a passeggio i cani – si rende conto che il gioco è fatto. Questo è tutto – la gente va avanti. La gente si eccita per pochissimo tempo, sta sulle spine, e poi quando viene offerto un risultato possibile, è pronta a tornare alla normalità di tutti i giorni. Perché non dovrebbe? A che serve indugiare nel passato? Bilbo si trova in uno dei bar che Frida gli ha fatto conoscere nei mesi della sua permanenza qui, uno dei suoi preferiti, e l’aspetta, guardando fuori sulla strada, e si sente come se fosse l'unico che non ha ottenuto il memo. Come se fosse sospeso nel tempo mentre tutti gli altri non demordono con insistenza. Dio, spera davvero arriverà un momento in cui si ricorderà questo e si lamenterà di quanto fosse patetico – spera che arriverà presto.

Anche Frida, allegra e graziosa e molto preoccupata per lui, non sembra essere capace di scuoterlo da questo suo punto morto. Gli chiede come sta, come stanno i ragazzi, discutono la politica e l'idea della pace, e Bilbo può individuare molto bene il sospetto persistente dietro gli occhi di lei, ma non trova il coraggio di parlare di ciò che vuole davvero parlare.

È stato uno sciocco molte volte in passato, sperando in un sacco di diverse cose sciocche. Sua madre gli diceva di smettere di perdere tempo a sguazzare nelle speranze, e di alzare le chiappe e di farne una realtà. Ma oh, anche alzare le chiappe è diventato così tanto faticoso in questi giorni.

“Perché pensi che non sono stato licenziato?” borbotta mentre pugnala debolmente con la forchetta il suo yogurt ai frutti di bosco disgustosamente sano, e sa che Frida lo sta guardando, il suo sguardo penetrante e lungo prima che lei risponde, ma tutto quello che Bilbo può offrire in cambio è uno sguardo fugace.

“È di questo che ti preoccupi?” domanda lei gentilmente, e Bilbo solleva un sopracciglio.

“Beh, sì,” sospira, “voglio dire, dopo tutto quanto…”

Dopo tutto quanto,” lo interrompe Frida, “sono sicura che tutti siano solo contenti che tu sia vivo. Lui è contento che tu sia vivo.”

Bilbo la fissa in modo smorto, sperando che il suo viso compassionevole sveli qualche risposta. Ma del resto, forse non ne riceverà nessuno a meno che non siano le proprie.

“Voglio tornare in Inghilterra.”

Lei non reagisce come lui si aspetta, e dovrebbe probabilmente esserne grato – nessun sussulto inorridito e nessun ‘non essere ridicolo’. I suoi occhi si allargano in stato di shock, ma si limita ad incrociare le braccia sul petto, appoggiandosi allo schienale della sedia.

“Perché?”

“Io non – senti, non so quando mi è venuto in mente. Ma ricordo di essere seduto sul mio letto d'ospedale, e tutti quegli uomini erano arrivati in massa per arrestare Surkaz, e io – io ricordo di aver pensato questo è molto di più di quello che ho accettato di fare. E una volta mi andava bene sopportare il plus ultra, perché includeva soprattutto, far uscire i ragazzi di soppiatto dal Palazzo, e, e dire la propria con un Re. Quello era divertente, e penso che avrei potuto passare il resto della mia vita in quel modo. Questo è minacce di morte, e pistole, e... come l’ha chiamata Bard? La storia di spionaggio del secolo? Io non... davvero non so come gestire tutto questo.”

“Ma l’hai gestito così bene,” fa notare Frida, e solo allora Bilbo rende conto quanto fioca e sottomessa fosse la sua voce era quando la donna prende parola.

“Non ho gestito assolutamente niente,” ribatte debolmente, e quando lei si acciglia, si affretta ad aggiungere, costringendo almeno un po’ di forza di nuovo nella sua voce, “guarda, non lo so... Io non... so solo che ho bisogno di scappare da tutto questo. Per un po’, forse, sai? Non per sempre. Solo temporaneamente.”

Lei lo scruta con attenzione.

“Sono la prima a cui lo dici?” chiede Frida alla fine, e quando lui annuisce, sospira pesantemente.

“Lo sai che non voglio pretendere di presumere che cosa è meglio per te. Spetta a te deciderlo. Quindi, per favore non sentirti come se volessi farti sentire in colpo se ti chiedo questo – ma i ragazzi? E,” il modo in cui dà un'occhiata cauta in giro quasi lo fa ridacchiare con affetto, perché lei si preoccupa ancora così tanto di qualunque segretezza pensa che meritano, “il Re?”

Si prende il suo tempo prima di rispondere, sorseggiando il suo tè freddo. È ancora una quantità incredibile di lavoro, trasmutare i suoi pensieri in parole che in realtà siano abbastanza adatte per descriverli.

“Qualche volta penso che mi basteranno loro – i ragazzi,” inizia un po’ goffamente, “e sono… e loro valgono davvero la pena per tutto questo dramma ogni singolo giorno, ovviamente. È solo che… anche quello è distorto ora. In questi giorni non posso fare a meno di sentirmi così in colpa ovunque vada nel Palazzo. E potrei – suppongo di poter passare il resto dei miei giorni a correggere i compiti di grammatica di Fíli e insegnare a Kíli a dipingere animali diversi, ma…”

Ecco dov’è – tutta l'emozione rimasta dentro di lui. Immaginare di lasciarsi alle spalle i due Principi, immaginare di dire addio a tutto quello che sono riusciti a costruire tra di loro, immaginare di non vederli tutti i giorni e di non essere lì per vederli crescere, tutto questo è sufficiente a farlo soffrire più di qualsiasi ferita da arma da fuoco. Tuttavia.

“Non sono nemmeno consapevoli dell'intera portata della situazione, sai,” ammette con molta calma, “Io non ho... ancora non mi sono messo a spiegargli tutta la storia. E loro continuano a chiedere, lo fanno. Se non lo faccio presto, penso che Fíli potrebbe sorprendere il Re nel bel mezzo di un incontro solo per tirarglielo fuori, io...”

Lei sorride dolcemente mentre lui ridacchia.

“Hanno il diritto di sapere,” decide Bilbo.

“Certo che ce l’hanno. Ma mica... firmerai la tua condanna a morte se glielo dici, sai.”

“Forse,” sbuffa Bilbo, “ma mi sento come... Sono abbastanza sicuro che ogni conversazione che ho avuto da quando – da quando mi sono svegliato, ha portato da qualche parte terribile. Non avevo davvero intenzione di essere così deprimente, e iniziare a parlare di andarmene, sai. Mi dispiace. Dio, dimentica quello che ti ho detto. Vedi? Non posso – non posso abbandonarli così. Fíli ha una verifica importante di matematica che si avvicina, per l’amor del cielo!”

Oh, una volta era così bravo ad introdurre i toni più leggeri in conversazione. Adesso non più così tanto – Frida lo guarda ancora accigliata.

“Basta che provi a parlare con loro,” gli dice.

“Lo farò. Devo farlo. Sì.”

“Per quanto riguarda la seconda parte della mia domanda...”

“Che era?”

“E il Re?”

La guarda imbambolato. Trovare nient’altro che parole leggermente impacciate quando si tratta di parlare dei Principi è una cosa, ma Thorin? E lui? Come può Bilbo descrivere che è pensa sia meglio mantenere le distanze? Che una piccola parte di lui ancora spera che possano risolvere la situazione, senza parlarne sul serio? Che forse, se sono fortunati, tutto ciò di cui entrambi hanno bisogno è spazio e tempo? Che forse presto potranno trascorrere un po’ di tempo nella stessa stanza senza sentirsi completamente orribili? Che tutto questo… capiterà, in qualche modo, lungo la strada? Scrolla le spalle. Impala una fragola con la forchetta, e la fissa invece di mangiarla.

“Speravo…” inizia, e si arrende ancor prima di capire come finire quella frase.

Non ti ha licenziato per un motivo, sai,” dice lei.

“Hmm?”

“Voi due avete parlato da… sai?”

“Oh, abbiamo parlato.”

“E?”

“E se ricordo bene, l’ultima cosa che gli ho detto è che non ero... degno di lui.”

Frida emette qualcosa tra un sospiro spezzato e un sussulto incredulo.

“Oh, Bilbo.”

“Lo so,” geme, cedendo al bisogno improvviso di riempirsi la bocca, ed è per questo che le sue parole successive sono molto più ovattate che disperate, in realtà, “Sul serio, non sembro più avere alcun controllo su quello che dico in questi giorni. Io non... non so come parlare con lui.”

Ammetterlo fa male – lo allieva con più yogurt, ammassandolo in cima al dolore fino a farlo scomparire giù per la gola e dissolvendolo, almeno momentaneamente.

“Sai una cosa,” Frida sospira, ancora adocchiandolo fortemente adirata e preoccupata, “per quanto non lo voglia dire, potresti avere ragione.”

“Su?”

“Hai bisogno di allontanarti da tutto questo.”

Bilbo fissa, un po’ spiazzato – ma del resto, è quello che Frida fa. Completa onestà. Se voleva qualcuno che fosse indulgente con lui, avrebbe parlato con Bofur, forse. Oh, grandioso, adesso dovrà dirlo a Bofur, e teme di sapere come sarà quella conversazione. Frida non offrirà rassicurazioni inutili, non gli dirà per favore pensaci, non andare, ed entrambi sanno che in realtà è più facile così, alla fine. Si sente abbastanza in colpa così com'è, non ha bisogno di aggiungere sulla pila sentirsi male circa le decisioni che prenderà per il proprio benessere...

Quindi questo è tutto? Stranamente, si sente stranamente rinvigorito dopo l'incontro con Frida. Per quanto rinvigorito possa essere nel suo stato, ovviamente. Ricorda molto chiaramente i giorni in cui la vista dei ciottoli nel vasto piazzale antistante il cancello principale del Hurmulkezer che scintillavano dopo una breve pioggia con i castagni che chinavano i rami sopra di loro, era la sua cosa preferita da guardare, quando lo riempiva di comfort e familiarità e un senso di appartenenza. Diavolo, si ricorda la primissima volta che vide tutto questo – deve esserne innamorato all’istante di tutto ciò che si presentava davanti a lui. Fissa tutto ora, completamente esausto dopo il viaggio, attento a non entrare in contatto visivo con il suo autista mentre aspettano che la porta si apra, e sorprende se stesso ad iniziare a pensare in termini di rimpianto. Meglio fare qualche foto prima di andare. La sua mente vaga all'album di foto che Fíli gli ha dato per il suo compleanno – nessuna foto del Palazzo lì, stranamente...

Ha intenzione di arrancare fino alla sua stanza e strisciare nel suo letto fino a quando i ragazzi non tornano da scuola, ma i suoi piani vengono interrotti proprio all'inizio da Balin, in cui si imbatte appena entrato nel Palazzo.

“Posso vederti nel mio ufficio?” gli chiede il Capo di Stato Maggiore in un modo inusualmente gentile, e Bilbo gli offre un leggero sorriso.

“Certo. Che succede?”

“Niente di importante,” spiega Balin mentre si allontanano molto lentamente dalla Sala Principale, “beh – è stata decisa la data della prima udienza.”

“Oh?” mugola Bilbo.

“Sì, tra due settimane. Sua Maestà ha usato ogni mezzo per accelerare le cose il più possibile.”

“È… un bene,” Bilbo sospira, non riuscendo nemmeno a convincere se stesso.

“Sì. Tutto quello che devi fare è firmare un accordo di riservatezza, solo un paio di documenti, il solito. In modo che tutto sia legale e corretto, sai.”

“Sì,” borbotta Bilbo, “lo so.”

Entrando nel corridoio molto familiare che porta all'ufficio di Balin, Bilbo è sopraffatto – improvvisamente, lo vede come se fosse ieri. Mettere piede in questo posto per la prima volta, sedersi al tavolo di Balin e sfogliare furiosamente il ridicolo contratto, marciare fino al Re prima ancora di sapere che era il Re...

L’ufficio di Balin ha lo stesso aspetto di allora, e Bilbo affonda pesantemente nella poltrona vintage bellissima ma poco funzionale al tavolo mentre Balin fruga tra i cassetti. L'antico monarca del grande dipinto sul muro sta fissando Bilbo in mezzo a un campo di battaglia, come se volesse sfidarlo a confrontare le loro rispettive situazioni difficili. Bilbo si arrende per primo, distogliendo lo sguardo.

Firma obbediente qualunque cosa Balin metta di fronte a lui, ascoltando la lezione sulle questioni legali con tutta la concentrazione che riesce a radunare. Azzarda vagamente che dovrebbe essere sollevato dopo aver appreso che tutto quello che dovrà fare è testimoniare un paio di volte, nessuno lo ha citato in giudizio per qualsiasi cosa...

“Balin,” mormora in quello che spera sia il momento meno maleducato, “c'è qualcosa che vorrei…”

“Sì?” l’uomo lo fissa con circospezione.

“Io non so come... beh,” Bilbo si schiarisce la voce, radunando abbastanza coraggio per guardarlo negli occhi, almeno, “penso che dovrò... tornare in Inghilterra. Prima o poi. Dopo che tutto questo sarà finito.”

Il silenzio è come un pugno di ferro che preme su entrambi – Balin non si sciocca facilmente, Bilbo lo sa, e se succede, raramente lo mostra. Ora sembra... molto sinceramente sconcertato.

“Stai dando le dimissioni?” chiede quasi con cautela.

“Beh, non adesso,” Bilbo tenta di ridere, “Io... è che ho bisogno di… recuperare. Sai. Lontano da qui. E non – non so quanto tempo ci vorrà. Di quanto tempo avrò bisogno.”

Balin si prende molto tempo prima di dire qualcosa, ma Bilbo deve riconoscerselo, almeno lui ha abbastanza forza per non rompere il contatto visivo. Quasi.

“Beh, devo dire che non l’avevo previsto,” ammette infine il Capo di Stato Maggiore, ancora adocchiando Bilbo come se fosse preoccupato che potrebbe rompersi da un momento all'altro, “c'è... un preavviso di due mesi se poi decidi di dare le dimissione, è una parte del contratto. Potrei essere persuaso a ridurlo a solo uno se necessario. Poi c'è... beh, puoi sempre prendere le ferie. Un congedo. Penso che tu risponda abbastanza chiaramente ai requisiti ‘motivi medici’, quindi non dovresti preoccuparti dello stipendio…”

“Non è quello,” lo interrompe Bilbo, “non è – scusami, non dovrei saltarmene fuori con questo di punto in bianco, quando anche io stesso a stento so cosa voglio. È solo... so di aver bisogno di scappare da tutto questo, da–”

“Capisco,” dice Balin gentilmente, poi apre la bocca per dire di più, non ci riesce, fissa Bilbo un po’ di più, poi sospira pesantemente. La sua prossima domanda viene posta quasi in tono di scusa, come se sapesse esattamente quanto dolore che provoca a Bilbo nel porla.

“Sua Maestà lo sa?”

Bilbo abbassa la testa, e spera che basti come risposta.

“Capisco. So che non sei… obbligato a dirglielo. Voglio dire, qualunque cosa deciderai d’ora in poi, puoi anche venire solo da me. Considera però di prenderti un po’ di tempo per esserne veramente sicuro.”

“Certo,” Bilbo sorride alle proprie mani incrociate in grembo, “Riesco a malapena... parlerò con lui solo quando ne sono certo. Sei la seconda persona a cui l’ho detto oggi senza in realtà volerlo. Mi dispiace.”

“Bilbo,” dice l'uomo chiaramente, in modo sufficientemente chiaro per attirare l'attenzione di Bilbo – Balin lo guarda con una tale gentilezza nei suoi occhi, e Bilbo è abbastanza certo di non meritarsela.

“Non importa quello che pensi di poter aver fatto di male, sei ancora un prezioso membro del mio staff. Mi dispiacerebbe perderti – dispiacerebbe a tutti perderti – ma farò del mio meglio per aiutarti in qualunque cosa tu decida.”

Bilbo si sente molto piccolo sulla sedia allora, torcendosi le mani in grembo, offrendo un sorriso lacrimoso.

“È molto gentile dirlo da parte tua,” mormora, “grazie, io – prometto che ci penserò per bene prima di prendere qualsiasi tipo di decisione.”

La sua ferita inizia a fargli male non appena esce dall'ufficio di Balin, come se sapesse, come se volesse punire Bilbo per aver mentito.

***

Fortunatamente, la quota di Bilbo di balbettamenti su quello che la sua mente elabora a chiunque sia nella sua stessa stanza con lui è soddisfatta per un paio di giorni, a quanto pare. Non ha molto lavoro da fare, oltre a cercare di pensare positivamente ogni volta che è con i ragazzi (e trovare un buon momento per avere una conversazione importante con loro), anticipare la data del processo, e, sì, evitare un po’ Thorin. Si vedono ancora tutti i giorni, e consuma le riserve di Bilbo di energia, determinazione e felicità lentamente, ma costantemente.

Fíli ha bisogno dello zio spesso ora, perché si stanno preparando per quella importante verifica insieme, e così Bilbo trova il Re nelle stanze dei ragazzi praticamente ogni sera. È lì a pranzo ogni tanto. Bilbo ha uno strano talento per zoppicare attraverso l'Ala Comune ogni volta questa o quella delegazione molto importante viene scortato attraverso di essa, con Sua Maestà a fianco di diplomatici e politici, circondato dalle guardie, e anche se sono divisi dall’ampiezza di una vasta sala il più delle volte, e ci sono altre persone che corrono qua e là, Bilbo si sente come se ci fossero solo loro due, come se qualunque spazio in cui si trovano non potrebbe mai essere abbastanza grande per sciogliere la tensione tra loro.

Poi l'ultima partita di polo della stagione si svolge sulla proprietà del Hurmulkezer il fine settimana – ancora un'altra cosa che ricorda a Bilbo dei suoi esordi qui – e così si perde nei suoi pensieri, così occupato a concentrarsi sul cuore spezzato e occasioni perdute, che è quasi offeso quando un'altra parte della sua realtà si annuncia.

Bilbo sta combattendo il freddo con un grande cappotto poco attraente dentro cui può seppellirsi e non uscire mai fuori, e desidera solo essere in grado di bere la portata appena fatta dello hurusmazrâl di Mirjam, la bevanda fruttata calda con un profumo speziato e, purtroppo per Bilbo, con dentro un bel po’ di alcol. Ha trascorso la prima parte della partita rabbrividendo – molto discretamente, però, perché ha avuto modo di sedersi con i ragazzi, il Re e suo padre sulla tribuna maggiore, e davvero non voleva sembrare ingrato – e così ora lascia che Bert e Tom si prendano cura dei Principi, che hanno deciso di intraprendere una ricerca di una tazza di tè per la loro ‘tata’ e il nonno, entrambi che stanno lentamente morendo congelati nei loro rispettivi modi.

È tutto molto surreale così com'è, Bilbo che lancia occhiate verso Thorin più spesso che no, il Re in piedi in un agglomerato di persone senza dubbio molto importanti ancora una volta dalla parte opposta del campo – quasi sobbalza prendendosi un brutto spavento quando sente il 'Bilbo!', e si rimprovera per questo subito dopo.

È Bard, che si separa dal suo stesso gruppo di Persone Con Cui Parlare, e, sì, c'è Gandalf, in ghingheri come sempre, entrambi gli uomini fin troppo allegri quando si avvicinano a lui – Bilbo non vede Gandalf dall'ospedale, il giornalista da anche più tempo, e non sa davvero come sentirsi. Alzarsi e andarsene via in questo momento sarebbe scortese, decide.

“Ciao,” mormora, guardando subito Thráin, sepolto sotto una coperta e sembrando pronto ad assopirsi da un momento all’altro mentre ascolta questo o quel giornalista molto eccitato – Bilbo si volta, abbracciandosi le spalle contro una raffica particolarmente violenta di vento autunnale.

“Come ti senti?” chiede Bard, e prima che Bilbo possa costringersi a rispondere, continua, “il nostro eroe! Spiacente non ho trovato il tempo di farti visita in ospedale – ero troppo impegnato a convincere Sua Maestà non deportarmi.”

“C’è mancato poco,” nota Gandalf, ed entrambi ridono, mentre Bilbo li fissa a bocca aperta, attonito e un po’ nervoso – Sua Maestà non è poi così lontano, e Bilbo non sarebbe troppo sorpreso se cambiasse idea e decidesse di deportare Bard in questo momento.

“Come ti senti, Bilbo?” chiede poi Gandalf, con interesse genuino – o qualunque sentimento più vicino a quello sia in grado di produrre.

“Bene,” dice Bilbo, “Sto bene.”

“Ottimo, sono contento di sentirlo. Ancora propenso a dare le dimissioni, allora?”

Bilbo si pietrifica, e gli occhi di Bard si quadruplicano di dimensione.

“Dimissioni? Chi si dimette? Bilbo?”

“No, io–”

“Senti, devi darmi un'intervista prima di farlo – se lo farai, ovviamente. Non che io lo voglia, ma–”

“Sono sicuro che Bilbo è qui per restare,” lo interrompe Gandalf, ridacchiando, e anche Bilbo apre la bocca per rispondere, ma poi qualcosa gli si incastra in gola. Qui per restare? Che cosa sanno quei due, davvero? Su di lui, su qualsiasi cosa? Quando mai uno di loro non l’hanno usato per il loro guadagno? Dio, che i danni al fegato siano dannati, ha bisogno di un drink.

“Non è così,” dice seccamente, e, ovviamente, abbastanza chiaramente, perché si fermano e lo guardano imbambolato. Solleva un sopracciglio, improvvisamente sprezzante.

“Non penso di essere qui per restare,” dice lentamente, in modo chiaro, sorprendentemente con fermezza, “vedete, in tutto questo tempo mi hanno sparato, ho indossato una cimice alle conversazioni, mi hanno scambiato per una spia, e, ultimo ma non meno importante, mi hanno chiesto di testimoniare in tribunale, tutto ciò nel giro di un paio di mesi per un lavoro che tu, Gandalf, mi avevi promesso sarebbe stato una piccola avventura innocua, e adesso io non – io non so più dove mi trovo. So solo che ho bisogno di scappare da tutto questo nel più breve tempo possibile, grazie mille, e vorrei che non fosse così, davvero.”

Per un breve momento beato, il silenzio si abbatte su di loro, delineato solo dal fruscio delle foglie e delle chiacchiere distanti. Gandalf sembra quasi triste, mentre Bard sembra solo un po’ scioccato e molto incuriosito, e va bene, forse quello di cui Bilbo aveva bisogno non era un drink. Forse era questo – finalmente essere un po’ più arrabbiato e un po’ meno depresso.

“Signori.”

Thorin appare dal nulla, Dwalin qualche passo dietro di lui, e Bilbo si sente calore che sale sulle guance - da quanto tempo era lì? Oh, questo è semplicemente grandioso.

“Vostra Maestà,” Gandalf inclina la testa, lo sguardo che guizza da Bilbo, e Bard pronuncia la stessa cosa, nascondendo le mani in tasca, sembrando di colpo quasi dispiaciuto.

Bilbo sbuffa con rabbia e seppellisce il naso nel suo ascot, ostinatamente guardando lontano e concentrandosi nell’abusare del vecchio legno della tribuna con la punta della scarpa. L'odore rivelatore di colonia di Thorin è molto forte in questo momento per qualsiasi motivo, e lo odia. È in vena di odiare quasi tutto in questo momento, onestamente.

“Una splendida partita,” dice Gandalf educatamente.

“Infatti,” risponde Thorin, e Bilbo sente gli occhi su di lui.

“Vostra Maestà,” Bard usa il suo miglior tono professionale, come se nessuna delle parole di Bilbo importassero affatto, come se lui non ci fosse più, “potrei convincervi a considerare di permettere che il Professor Baggins qui mi dia un'intervista ufficiale?”

Oh, così a quanto pare Bilbo è qui, ma non è una parte della conversazione in corso. Si schiarisce la gola indignato.

“Perché lo chiede a me?” fa notare Thorin, e qualcosa nel suo tono fa rivolgere lo sguardo di Bilbo verso di lui, “se ha l'impressione che posso far fare al Professor Baggins qualcosa, si sbaglia gravemente.”

Adesso Bilbo lo fissa a bocca aperta – sta sorridendo a Bard molto gentilmente, e Bilbo lo riconosce come una del suo vasto repertorio di espressioni professionalmente distaccate. Freddo come il ghiaccio, anche – per fortuna Bard sa ancora cosa sia un bene per lui.

“Allora ne concludo che non vi darà fastidio,” scherza con leggerezza, e il fantasma di qualcosa di duro e solido come l’acciaio contrae i lineamenti di Thorin per una frazione di secondo prima che lui ribatta, “e io ne concludo che lei sa cosa sta facendo. Una cortesia, non è d'accordo?”

“Certo,” Bard annuisce, e si impegnano in una gara di sguardi, mentre Bilbo squadra le spalle e accetta lo sguardo un po’ compassionevole di Gandalf, scuotendo la testa in modo quasi impercettibile.

“Grazie, Vostra Maestà,” dice Bard infine, ammettendo la sconfitta momentaneamente, “parleremo più avanti, Bilbo.”

Bilbo non gli concede nient’altro che uno sguardo fugace e un qualcosa di simile a un hrmph in risposta.

“Bene, vedo che la partita sta per riprendere,” Gandalf sceglie una menzogna sfacciata per tirarsi fuori dalla situazione, ancora una volta, “meglio andare a trovare il mio posto prima che me lo rubi qualcuno di più giovane e molto più veloce. Resterò in contatto, Vostra Maestà.”

“Lo faccia, sì."

“Abbi cura di te, Bilbo.”

“Hrmph.”

Entrambi lo guardano allontanarsi allegramente, salutando la gente mentre si assicura che il suo cappello non voli via – Thorin non mostra alcuna intenzione di andarsene molto presto, e Bilbo cerca di scomparire nel suo cappotto, chiedendosi quanto del freddo che sente è in realtà causato dal peggioramento del tempo.

“Ti hanno dato molto fastidio?” chiede il Re quasi sottovoce, e Bilbo lo guarda – quel tanto è in grado di affrontare.

“Non proprio, no. Niente che non potevo gestire.”

“Solo per la cronaca, non sei obbligato a concedere interviste – è in realtà un tuo pieno diritto mandarli a quel paese.”

“Sì, penso di averlo appena esercitato,” Bilbo sorride poco.

“Bene, io–”

Ma poi Bilbo nota i Principi che ritornano, vittoriosi con fumanti tazze di tè, con l’assistente di Thráin che lo porta da loro con la sedia a rotelle, e prende la decisione più veloce, più semplice che possa pensare – non vuole che ancora un altro momento si dissipi inutilmente.

“Ho bisogno di parlare con te,” dice a Thorin, guardandolo dritto negli occhi – una grande impresa, ma sa che avrà l'effetto desiderato.

“Non oggi, non domani, solo... quando trovi il tempo.”

“Sì,” risponde semplicemente Thorin, esitando appena, “Troverò il tempo.”

Si fissano l'un l'altro senza dire una parola – è passato molto tempo da quando sono riusciti a farlo, e una volta che hanno iniziato, fermarsi è sempre difficile, naturalmente. Bilbo ha da tempo proibito a se stesso di chiedere scusa, ha deciso che resisterà al desiderio con cui la parola preme alle sue labbra, scivolando tra di loro così facilmente – le scuse possono servire fino ad un certo punto. Anche Thorin sembra avere qualcosa da dire, e per un momento, Bilbo è così preoccupato che questa potrebbe essere l'occasione migliore e l'ultima che avranno, per qualsiasi motivo – ma poi i ragazzi arrivano, chiassosi e vivaci, e il momento è perso, qualunque cosa esso avrebbe potuto essere.

“Bilbo, qui,” Fíli spinge una tazza di tè nelle sue mani mentre il fratello fa lo stesso a Thráin, “uh, mi dispiace, Indâd, non abbiamo preso niente per te.”

“Puoi avere il mio!” esclama Kíli, la vista di lui che alza la tazza tra le mani verso lo zio che domina su di lui si scolpisce subito sulla retina di Bilbo per sempre, un’immagine bella ed amara allo stesso tempo.

“Sto bene, grazie, Kíli. Tienilo,” il Re sorride con affetto.

La partita riprende abbastanza presto. Il Principe più giovane si arrampica in grembo di Thorin, soffiando sul suo tè e sorseggiandolo molto attentamente, sembrando troppo adorabile per esprimerlo parole – un fatto che è presto documentato da tutti i fotografi che lo notano nel frattempo. Bilbo spera solo di non essere nella foto dato che non può essere un’aggiunta molto bella alle foto della famiglia reale nel suo stato. Si domanda anche se a qualcuno sia capitato di scattare foto di lui che conversa solo con il Re, e quando Thorin gli lancia il primo sguardo di lato esitante, è riuscito ad iniziare a sentirsi di nuovo piuttosto infelice.

Ma il punto è questo – per quanto infelice e lacerato e confuso sia, sa che sta facendo qualcosa di giusto per se stesso, almeno. Fare qualcosa di giusto per se stesso una volta costituiva dire addio all’Inghilterra in quella che potrebbe essere definita solo come fretta assolutamente sconsiderata, lasciando la sua vita alle spalle ed intraprendendo una... sì, un'avventura. E lo ha lasciato più ricco, letteralmente e figurativamente – ha imparato una nuova lingua (beh – ha iniziato ad impararla, comunque), ha scoperto un nuovo paese, scoperto un nuovo lato di se stesso, trovato amici, nuove esperienze, l'amore.

Ma se c'è una cosa in cui è sempre stato orribile, è prendersi cura di se stesso. Aveva dedicato un paio di anni ai suoi studenti quando era un vero professore – una volta era disposto a fare qualsiasi cosa per loro, per il loro futuro, crescita e felicità. E venire qui, prendersi cura dei ragazzi, convincere il loro zio a vedere il suo punto di vista con ogni mezzo necessario... Come poteva essere così diverso? Tutto ciò che ha fatto qui, che ha fatto per i ragazzi. E per Thorin. Pensavo che ti stessi aiutando. Sì, è sempre stato quello il problema. Quello, e cadere vittima dell'idea di una falsa patria.

Le avventure non parlano di lasciare casa propria, ma di trovarla. Non si ricorderà mai chi l’ha detto. Forse è solo una delle sue creazioni. Il punto è che è sbagliato. Cerca di chiudere gli occhi e pensare a casa, e tutto ciò che vede è la casa dei suoi genitori, la carta da parati a fiori ingiallita e le mattonella di terracotta in cucina. E anche quella non c’è più. Rendersi conto di essere un po’ solo e un po’ perso è sconcertante, ma nulla che non si aspettasse. Tutto quello che può fare ora è ritrovare la via di casa il più presto possibile.

***

Diventa più coraggioso come risultato. Non so per quanto tempo durerà, ma decide di usarne il più possibile adesso che può. Inizia col raccontare a Fíli e Kíli quello che ha fatto – nessuno gliel’ha sconsigliato, e nessuno gli ha dato qualche consiglio su come affrontarlo, e lui sa che in questo, lo stesso come in molte altre cose d'ora in poi, dovrà fidarsi del proprio istinto.

La cosa è molto più facile di quanto avesse previsto, in realtà. Domenica fa sedere i ragazzi e gli racconta una versione della storia lunga ed intricata che pensa che contenga tutte le informazioni importanti, ma omette qualsiasi tipo di punto di vista soggettivo, e la maggior parte dei fatti appartenenti alla madre dei ragazzi, per adesso. Oh, e il fatto che Thorin e lui abbiano deciso da qualche parte lungo la strada di portare il loro… rapporto al livello successivo. Non ha senso confonderli con questo – non che Bilbo pensi che non sarebbero stati in grado di gestire la cosa, ma già si stanno impegnando a dare un senso alle cose così come sono, e non hanno bisogno di più informazioni da elaborare.

“Allora,” dice Fíli, seduto a gambe incrociate sul tappeto mentre Kíli cerca di salire sulla sua schiena – in qualche modo entrambi riescono ancora ad adocchiarlo con profondo interesse, con circospezione, “non sei davvero una spia.”

“Non proprio, no,” Bilbo scuote la testa.

“Ma hai una pistola!” ragiona Kíli nello stesso momento in cui Fíli sospira, “peccato.”

“Sì, peccato,” Bilbo ridacchia, poi, in modo più chiaro, “beh, allora. Ho pensato che meritaste di sapere che cosa stava succedendo. Perché tutto è così teso.”

Gli occhi di Kíli sono ancora incollati a lui, grandi e curiosi, come se stesse aspettando che la storia continui, ma Fíli sta guardando fuori dalla finestra ora, un po’ accigliato, la fronte solcata da rughe preoccupate – sta pensando molto intensamente a qualcosa.

“Ehm… qualche domanda?” offre Bilbo, e Kíli scuote la testa solennemente, ma l'espressione di Fíli non cambia per niente – ci saranno domande, più tardi.

“Fíli?” nota Bilbo quasi con cautela, ed è come se avesse svegliato il ragazzo da un sogno – lo guarda come se si fosse appena accorto della sua presenza, poi scuote la testa, lentamente.

E Bilbo deve ammirarlo (quando non l’ha mai fatto, è la vera domanda), perché si trattiene per un giorno intero, finché non sono soli lunedì pomeriggio, alle prese con la Storia, mentre Kíli ha la sua lezione di pianoforte. Fíli finisce i compiti obbediente, ma è ovvio che sta lottando per concentrarsi; perde la concentrazione di tanto in tanto, gli occhi che guizzano via distrattamente.

“Bilbo,” dice non appena chiudono il libro scolastico, “Ho bisogno di chiederti una cosa.”

Sembra così serio che Bilbo sente davvero un piccolissimo brivido nervoso lungo la schiena.

“Certo, qualsiasi cosa.”

“Hai intenzione di – ci lascerai?”

Bilbo apre la bocca per rispondere immediatamente, ma finisce per fissarlo imbambolato in silenzio scioccato.

“Perché ho pensato,” si affretta Fíli a continuare, “hai fatto sembrare come se pensassi che l'attacco – sai, quella notte, e poi siamo andati alla casa in montagna... sembrava come se pensassi che fosse colpa tua. Ma non è così! E non poteva esserlo. E Thorin–”

“Fíli,” lo interrompe, con voce un po’ spezzata, ma il Principe è momentaneamente inarrestabile.

“No, ascolta. Thorin me l’ha detto. Quando gliel’ho chiesto. Che ti sei ritrovato, uh... coinvolto nel mezzo? Una cosa del genere. Non so tradurla. Ma comunque, mi ha detto di non preoccuparmi per te, e poi Balin e Deidre continuava a dirci di essere gentile con te, e che stavi attraversando un... un periodo difficile, e Thorin mi ha promesso che avrebbero trovato le persone che ti hanno fatto questo–”

“Fíli,” ripete Bilbo, ora intensamente, mettendogli una mano sulla spalla, cercando così duramente di mantenere ferma la voce, “Fíli.”

Il Principe lo fulmina con lo sguardo, quasi arrabbiato per qualcosa, e Bilbo scopre di essere un po’ a corto di fiato. Inspira profondamente, cercando di fare ordine tra i suoi pensieri, cercando di trovare un buon modo per dire quello che deve dire. Deve essere sincero con Fíli. Deve farlo.

“È... così bello che ti preoccupi così tanto,” inizia, lo sguardo di Fíli inflessibile, quasi spaventosamente penetrante, “e sto – sto attraversando un periodo difficile. Ma quello che ho effettivamente cercato di dirti nel raccontarti tutta la storia è che... sono dove mi trovo adesso solo per colpa mia, e non di qualcun altro.”

“Non ti sei sparato da solo,” sottolinea Fíli.

“No, è vero, non l’ho fatto. Ma pensavo – pensavo di essere a conoscenza di molte cose in cui in realtà non avrei dovuto immischiarmi. Quella è colpa mia. E anche se non lo fosse… guarda, qualunque cosa succeda, voglio che tu ti ricorda sempre che quello che decido di fare, non lo faccio perché qualcuno mi ha costretto. Ma tu come – chi ti ha dato l’idea? Che me ne vado?”

Fíli lo fissa a bocca aperta un po’ più a lungo, e poi abbassa la testa, stuzzicando l’angolo logorato del libro scolastico.

“Deidre ha detto che hai bisogno di una pausa. E ho immaginato…”

“Hai immaginato il peggio,” Bilbo sospira.

“Già.”

Bilbo contrae il volto in una smorfia disperata che Fíli non può vedere – oh, non è così che voleva andassero le cose.

“Ascolta,” dice piano, la mano che si stabilisce sul braccio di Fíli teneramente, “Ho solo bisogno di... Deirdre ha ragione. Ho bisogno di una pausa. Io stesso non so... non so bene quanto lunga dovrà essere. E non è una pausa da voi. Dio, tu sai quanto mi piace stare con voi ragazzi. Ma non è – ho bisogno di raccogliere le idee, dopo tutto quello che è successo. Sai? Vorrei, vorrei davvero tanto che ci fosse un modo per me di farlo qui. Ma anche se me ne vado, non significa che smetterò di volervi bene. Siete i ragazzi migliori e più brillanti che abbia mai conosciuto, e lasciarvi sarà la cosa più difficile che dovrò mai fare. Puoi – te lo ricorderai?”

È solo per qualche miracolo che la sua voce non si spezza. Fíli lo guarda, finalmente, e il suo sguardo ricorda a Bilbo tanto quello di Thorin, così incredibilmente gelido e costante. Passano secoli prima che risponda.

“Ho bisogno di te,” dice alla fine, ma suona quasi accusatorio, “e Kíli ha bisogno di te. E Thorin ha bisogno di te.”

“Avevate bisogno di me quando sono arrivato qui,” risponde Bilbo gentilmente, “ma guardati adesso. Stai andando alla grande. Tutti voi. Ricordi quando non volevi nemmeno pranzare con tuo zio?”

“Sì,” praticamente ringhia Fíli, poi, rialzandosi, "abbiamo finito qui, giusto? Posso andare ora?”

“Andare dove?” chiede Bilbo con disagio.

“Torno subito,” ribatte Fíli, “Dirò a Balin che sono scappato da te.”

“No, Fíli – aspetta!”

Ma è troppo tardi – il Principe si alza risolutamente e marcia fuori dalla stanza prima che Bilbo possa persino ottenere una buona presa sul bastone per alzarsi.

“Dannazione,” sibila, trascinandosi in piedi, e fa del suo meglio per inghiottire le imprecazione molto più forti che minacciano di rotolare fuori dalla lingua, “Oh, questo è semplicemente fantastico.”

Avrebbe dovuto sapere che questa era una cattiva idea – ma onestamente, come avrebbe potuto prevedere che le cose sarebbero guastate così in fretta?

Il peggio è che non ha la minima idea di dove Fíli potrebbe essere andato. Quando esce dalla stanza, vede quello che aveva previsto – che Bert la guardia del corpo ha seguito il suo Principe assegnato.

“Dove sono andati?” chiede alla guardia più vicina, camminando fino al lato opposto del corridoio.

“Non ne ho idea,” dice l'uomo, poi indica, “da quella parte. Al piano di sotto.”

“Meraviglioso,” brontola Bilbo, “semplicemente incantevole.”

Zoppica lì il più velocemente possibile senza tirare i punti, che devono durare una settimana o giù di lì. Ricorda la sua conversazione con Thorin quando la scala sopraggiunge, e decide di prendere l'ascensore questa volta. Il suo telefono ronza subito dopo aver premuto con forza il pulsante per il piano terra, ricordandogli che ha bisogno di andare a prendere Kíli dalla sua lezione. Oh, eccellente. Le tempie stanno iniziando a pulsare. Così tante grandi idee ultimamente, Bilbo Baggins.

L'ascensore viaggia estremamente lento, ma fortunatamente il primo volto che vede quando le sue porte finalmente si aprono, è di Balin, notandolo abbastanza presto.

“Bilbo! Che ci fai qui, va tutto bene?”

“No, non proprio. Non trovo Fíli.”

“Che vuoi dire che non lo trovi?”

“Voglio dire, è scappato via da me adesso – abbiamo parlato di…”

“Oh,” Balin sospira, sempre chiaroveggente, “dove pensi se ne sia andato? La sua guardia è con lui?”

“Sì. Ma io non so dove – ascolta, mi puoi aiutare? Devo ancora andare a prendere Kíli dalla sua lezione, e io non...”

“Non ti preoccupare,” Balin annuisce, “vai a prendere Kíli, io cercherò Fíli. Ti farò sapere quando lo troverò.”

“Grazie,” esala Bilbo con voce tremante, “grazie.”

Si rende conto dove Fíli se n’è andato molto prima di raggiungere Kíli e il suo tutor nella biblioteca, molto prima che Balin lo chiami. L'ufficio di Sua Maestà. Certamente. Bilbo nemmeno è – nemmeno è sorpreso. Il modo in cui le cose stanno andando, questo è in realtà il culmine perfetto di tutte le sue disgrazie.

“Cosa sta succedendo?” chiede Kíli, e Bilbo si rende conto di quanto angosciata sia probabilmente la sua espressione.

“Uh... devo andare a prendere Fíli.”

“Dov'è? Ha il permesso di uscire dalla sua stanza adesso?” si lamenta Kíli.

“No, no, non ce l’ha. Questo è il problema. Tom?” Bilbo si gira verso la guardia del corpo del piccolo Principe, “può per favore scortare Kíli nella sua stanza?”

“Non posso venire con te?”

“No, no... non ora,” risponde Bilbo un po’ disperato, “aspettaci in camera, torneremo tra poco.”

“Bene,” Kíli sospira, scivolando la mano in quella di Tom molto, molto più grande, e lasciando che l'uomo lo porti via, già chiacchierando su questo o quello... Bilbo non può immaginare ciò che il confronto davanti a sé potrebbe essere con Kíli presente. Non che promette così bene adesso.

Quando arriva all'ufficio di Thorin – deve costringersi fisicamente a camminare più lentamente, perché la sua ferita è tesa e sta tirando, il nodo rivelatore di dolore sordo nella sua parte bassa della schiena gli ricorda che per oggi è stremato – ha immaginato ogni possibile scenario che lo aspetta nella sua testa. Eppure è tutto tranne che pronto.

Balin è fuori dalla porta, e tutto quello che offre è un cenno con la testa e uno sguardo molto compassionevole, e Bilbo sussulta. Fíli è seduto nella stanza di fronte, rannicchiato su un divano e avere il broncio non è sufficiente a descrivere la sua espressione amareggiata. Bert la guardia del corpo si profila vicino alla finestra, e anche lui ha uno sguardo altamente comprensivo, quasi dispiaciuto in serbo per Bilbo.

“Fíli–”

“Thorin vuole parlare con te,” dice il ragazzo meccanicamente, “mi dispiace che sono scappato.”

“Perché qui?” chiede Bilbo, “che cosa hai detto a tuo zio?”

Fili lo guarda, e sembra quasi che stia per rispondere, ma poi sbuffa e si volta.

“Va bene allora,” esala Bilbo, cercando di farsi coraggio, almeno un po’, “aspettami qui, o torna alla tua stanza, non mi importa in entrambi i casi. Ma abbiamo bisogno di parlare un po’ di più.”

Fili lo fulmina con uno sguardo incredulo per un po’, quasi ferito, ma poi semplicemente grugnisce e si alza in un movimento ampio, marciando fuori dalla stanza, Bert che lo segue in fretta. Bilbo intrattiene l'idea di andarsene anche lui, ma poi sente Thorin che si schiarisce la voce nel suo ufficio, e per quanto dolore provi, decide di andare fino in fondo.

Il Re è seduto al suo tavolo con una pila alta di documenti, il suo computer portatile e una tazza ancora fumante di caffè, ma per quanto sembri occupato a prima vista, Bilbo sa che non è concentrato su niente. Sta fissando lo schermo del computer con aria assente, e quando Bilbo entra e alza gli occhi, sembra... malato. Per la mancanza di una parola migliore. Pallido e fragile, nulla della sua solita facciata risoluta e impenetrabile. Il cuore di Bilbo salta diversi battiti, e per un momento, si limitano a fissarsi a vicenda.

“Mi dispiace tanto per–” inizia Bilbo, ma Thorin lo interrompe subito, tranquillo ma non meno da arresto cardiaco.

“Te ne vai.”

“Io–”

“Fili ha fatto irruzione qui di punto in bianco, mi ha accusato di aver mentito, e di averti spinto ad andartene. Immagina la mia sorpresa.”

“Oh Dio, Thorin, io–”

“Ho passato il nostro breve tempo insieme cercando di convincerlo che non avevo idea che avessi preso... qualunque decisione tu avessi preso, ma si è messo in testa che è colpa mia se tu...”

Vuole continuare, ma deve serrare la mascella contro qualunque emozione che minaccia di sopraffarlo, e Bilbo pensa che se il terreno sotto ai suoi piedi si aprisse in questo momento e l'inferno lo inghiottisse, sarebbe una benedizione.

“Non ho mai... Non ho mai voluto che lo venissi a sapere così,” mormora debolmente, “e non ho mai voluto che Fili lo venisse a sapere così. È solo che – la situazione mi è un po’ sfuggita.”

“Ovviamente.”

Non c'è veleno in esso, e tuttavia Bilbo si sente come se i suoi punti di sutura venissero tolti in questo preciso momento.

“È ufficiale?” chiede Thorin pesantemente, “non ho ricevuto un preavviso da Balin, o niente, quindi...”

“No, no,” si affretta Bilbo a dire, “avevo intenzione di, ehm... dirlo a tutti, prima di renderlo... ufficiale.”

“Capisco.”

Fuggi. Scappa adesso. Questo è orribile. Bilbo sa che nessuno dei due ha la capacità di guidare questa conversazione nel modo giusto, non qui, non ora.

“Parlerò con Fíli,” offre, “Ho cercato di spiegargli prima che tutto questo non è colpa di nessuno, tranne che la mia. E non voglio che lui... non posso lasciare che biasimi te.”

Non posso lasciare che loro – e te – deterioriate in qualcosa di così terribilmente simile allo stato in cui vi ho trovato. Incapaci di parlare tra di voi, comunicare attraverso incomprensioni... Non posso lasciarvi così.

“Beh, buona fortuna con quello,” dice Thorin con un'amarezza apparente molto atipica di lui, “mi biasimo già da solo, quindi questa sarebbe difficilmente un’aggiunta inaspettata.”

“Thorin...”

Thorin si alza dal suo posto lentamente, quasi faticosamente, e Bilbo è troppo incantato dalla vista per prestare attenzione ai campanelli d'allarme che suonano nella sua testa quando Thorin gira intorno al tavolo e si avvicina a lui.

“Tu dici che non vuoi che i miei ragazzi mi incolpino,” dice molto tranquillamente, come se stesse facendo un controllo incrociato di ogni parola prima che lasci la sua bocca, “ma vorrei che lo facessero. Vorrei che tu lo facessi. Invece di incolpare te stesso.”

Bilbo lo fissa, occhiali severi e rughe morbide intorno agli occhi e la sottile linea tesa delle sue labbra, e ci vuole tutto quello che ha per non mollare proprio lì all’istante.

“Beh allora,” risponde, tanto teneramente quanto può, “sembra che abbiamo raggiunto un impasse.”

La risata sommessa è reciproca, e Bilbo sospetta che porti anche simili livelli di angoscia. Da un momento all'altro, dice a se stesso. Da un momento all'altro, qualcosa accadrà, qualcosa che influenzerà la tua decisione, che ti convincerà di restare. Ma, naturalmente, decide di soffocare quella brace prima che possa diventare una scintilla, e la scintilla un incendio che lo inghiottirà tutto.

“Non posso restare qui,” dice, quasi sussurra, i polmoni a stento soddisfano le sue esigenze per l'aria, “e non sei tu. Per favore, non sei tu. Lo sai. È... questo. Tutto il resto. Spari e udienze, e microspie in stanze di ospedale, e si parla di spionaggio come se non fosse niente, e... è tutto tranne che te.”

Prende la mano del Re senza pensarci più di tanto – la tiene fra le proprie, grande e calda e morbida, delicatamente, per paura che possa ritirarla in qualsiasi momento, ma anche perfettamente deciso a dargli abbastanza spazio per quello. Thorin lo guarda e Bilbo pensa che quello sguardo lo perseguiterà fino alla fine dei suoi giorni – è come se tutte le emozioni che Bilbo sta provando si rispecchiassero là, il rimpianto e la disperazione e l'amore in dosi ugualmente letali.

“Io sono una parte di tutto questo,” osserva il Re come se volesse ricordare a Bilbo di un fatto banale che ha stupidamente omesso, “questo è ciò di cui la mia vita consiste. Di cui la tua vita consisterebbe, se tu... capisco. Capisco che non è particolarmente allettante.”

“Thorin, io…”

Mi dispiace, vuole dire, ma non può. Vorrei davvero che tu fossi senza tutto questo peso. Vorrei passare il resto della mia vita con te – il modo in cui ho imparato a conoscerti, il modo in cui so chi puoi essere. Vorrei avere la forza di restarti accanto nonostante tutto questo. Mostrarti che la vita può consistere di così tanto di più di questo. Vorrei essere più coraggioso, e vorrei essere stato più sveglio.

“Sono grato,” Thorin sospira, “per quello che mi hai mostrato. Per tutto. Pensare che potesse durare era solo io che ero… sai. Poco professionale.”

Lo sbuffo di risata è del tutto inaspettato, e tira fuori con violenza tutta l’aria dai polmoni di Bilbo, quasi spezzandolo a metà.

“Vorrei trovare un modo,” dice al fermacravatta di Thorin, perché non può alzare lo sguardo più di così.

“Sì, anch’io.”

Quando ritorna alle stanze dei Principi, Fíli sta tenendo il muso nel suo letto con un libro, e Kíli ha pianto. Passa il resto della serata a riparare quel danno, e pensa che alla fine dovrà ringraziare Thorin per non avergli implorato a rimanere. Forse deve ancora venire, pensa Bilbo. Forse sto davvero sognando.

***

Tutto accade così incredibilmente in fretta in Erebor.  È disgustoso, davvero. E terrificante. Bilbo indossa il suo secondo miglior abito in tribunale, e trascorre una giornata ad ascoltare la propria voce dalla registrazione della sua conversazione con Bundushar, con lo sguardo fisso in avanti, rispondendo a domande come meglio può, e guardando Thorin dal lato opposto della grande sala. È, prima di tutto, deluso. Ha sempre avuto questa serie di immagini nella sua testa, su come le cose sarebbero andate. Una di loro includeva dire tutto a Thorin di persona, essere lì per ogni sua singola reazione... Ma la verità è che a Bilbo non gli verrà concesso questo. Mai.

Ha trascorso il momento più cruciale confinato in un letto d'ospedale. Non saprà mai come Thorin ha reagito quando ha saputo della portata della storia. Non saprà mai come Thorin ha passato quelle settimane, sforzandosi di tenere insieme un paese, così come se stesso, e non saprà mai come sta ora, non proprio.

Una volta avevano una strana sorta di intimità – si sarebbero seduti fianco a fianco sul divano nell'appartamento di Thorin, per ore, e avrebbero parlato di nulla di importante, ma lo sapevano. Una volta a Bilbo era permesso di avvicinarsi e rimanergli vicino.

Ora, osserva il Re nel suo vestito grigio chiaro mentre la storia si svolge davanti a loro in una serie di fatti freddi e sommari e prove, e non può nemmeno dire se Thorin lo sta guardando, con la distanza che li separa.

E Bilbo se ne andrà da Erebor. Ormai non può essere evitato. Kíli singhiozzava e gli ha fatto promettere che non sarebbe stato per sempre. E chi lo sa – forse non lo sarà. Bilbo veramente non può vedere più avanti di... giorni. Settimane, forse.

È bravo con le scadenze, e così si informa sul suo vecchio appartamento prima che i suoi punti di sutura vengano tolti, e consegna il preavviso dopo averli tolti. Dopodiché inizia a dirlo a tutti – davvero dirlo a tutti. Va in tribunale altre due volte prima che Bundushar venga preso. Arrestato in un aeroporto in Spagna. Bilbo guarda l'esplosione dei media, l'ipocrisia e il tumulto, e si rende conto che non gli importa. Mai... non glien’è importato mai. Non proprio. Se non verrà mai a sapere l'intera portata delle cose, se non scoprirà mai chi in realtà gli ha sparato... Che importa?

Ora mi concederai un’intervista?” gli chiede Bard quando il suo volto appare nella stampa per la prima volta.

Bilbo dice di no. L'idea di ottenere qualsiasi tipo di riconoscimento prima di andarsene lo fa sentire male fino al midollo. Una volta aveva contemplato come sarebbe stato rimanere a fianco del Re – ci sarebbero stati profili su di lui, interviste, disinformazioni? Più che probabile. Pensava che quello sarebbe stato sicuramente un'avventura. Ora vuole solo scappare il più presto possibile, davvero.

Erebor gli concede questo, almeno, la cortesia finale del paese che un tempo aveva pensato che potesse essere la sua nuova casa.

La fine di un'era’ i giornalisti la definiscono. ‘Il futuro è incerto’, e ‘Smaug Bundushar ridefinisce i confini del crimine’, e ‘come reagirà l'Unione Europea?

Fíli guarda i notiziari ed esige risposte da suo zio, e mentre Bilbo è qui, deve appianare le cose - pensa di non essere mai stato una parte di qualcosa di più straziante di Thorin e lui che spiegano a Fíli una versione molto semplificata della verità. Che i suoi genitori non erano morti per caso. Questo è quanto. Thorin gli promette di raccontargli tutta la storia, un giorno, e Fíli nemmeno si lamenta.

“Un giorno sarà un re meraviglioso,” dice Bofur in modo insolitamente solenne dopo che Bilbo ha descritto la storia a loro – loro sono Bombur e sua moglie, e Balin, tutti seduti nella caffetteria a tarda notte, in una stretta cerchia di poltrone davanti al caminetto.

“Lo spero,” mormora Bilbo, e sente i loro sguardi su di lui, circospetti e ancora tristi, sempre un po’ tristi.

Bofur era stato quello con tutti i ‘non andare’ e ‘ne sei sicuro’, e più tardi, dopo che Bilbo lo aveva supplicato di per favore capire, ‘ci mancherai così tanto’. Bilbo vuole dirgli, vuole dire a tutte queste persone, quanto debba loro, quanto sia grato per averli incontrati, quanto sia come un colpo allo stomaco l'idea di non rivederli. A volte, pensa – riesce a convincere se stesso – che lo sanno. Devono saperlo.

Dedica tutte le sue energie per convincere i ragazzi che non se ne sta andando a causa loro. Perché a differenza di Bofur e il resto, i Principi non lo intuirebbero mai, non metterebbero mai insieme le tessere del puzzle. Dice a Kíli che vuole loro bene e che spedirà dei libri ogni mese e che parleranno via Skype, e che sì, alla fine guarirà. Agli occhi del bambino, la ferita di Bilbo è la fonte di tutto questo, ed è convinto che, una volta curata, Bilbo tornerà dalla sua 'pausa'. Bilbo contempla la creazione di una metafora sulle cicatrici che rimangono per sempre, non importa quanto bene le ferite guariscano, ma lo rattrista solo a pensarci.

Fíli non ascolta – non vuole. Dice a Bilbo chiaro e tondo che è arrabbiato con lui perché se ne va, e Bilbo dice che non lo biasima. Ma nessuna quantità di spiegazioni o rassicurazioni sembra funzionare con il ragazzo. Fa i suoi compiti obbediente, ascolta le storie della buonanotte di Bilbo o le legge lui stesso senza problemi, ma al di là di questo, niente.

Mancano sei settimane fino al suo ritorno in Inghilterra (ha anche intrattenuto l'idea di andare da qualche altra parte, Francia, Nuova Zelanda, gli Stati Uniti, ma ha respinto velocemente l’idea come un vagare ancora più senza meta); poi quattro. Poi due. Tutti sono molto comprensivi, nessuno cerca mai di... di ricattarlo emotivamente dopo che spiega che sta in effetti per partire. Nessun grande gesto o colpo di scena scioccante sembrano essere in serbo per lui.

Thorin non appare alla sua porta nel bel mezzo della notte, supplicandolo di restare, non una volta.

Bilbo non ha lunghe conversazioni approfondite circa le sue intenzioni con nessuno. Anche Frida, che l’ha portato fuori dopo averglielo detto, ha la decenza di mantenere la maggior parte delle sue opinioni per se stessa.

“Puoi sempre stare qui,” dice lei, dopo un po’ di lamentele sul tempo in questo periodo dell'anno in Inghilterra, “nel Paese, voglio dire. Affittare un appartamento in città. Cavolo, ti assumerei come insegnante in un batter d'occhio.”

Bilbo emette un pfft e sorseggia il frappè.

“Allettante,” sorride, e questo dura una decina di secondi – ben presto, stanno parlando di incontrarsi a Londra, e così via, e non importa più.

Non importa che Bilbo voglia con tutto se stesso rimanere. Solo rimanere. Dimenticarsi di quello che deve fare per stare meglio, dimenticare di essere responsabile, e adulto, e ragionevole, e solo rimanere. Ma già sta vivendo con i giorni contati qui – è come un sogno che rapidamente si dissolve, i colori che perdono luminosità più velocemente di quanto lui possa distinguerli, tutti i suoi ricordi che si offuscano. Se si trattiene troppo in Erebor, è preoccupato che non sarà in grado di preservare la bellezza di ciò che ha vissuto qui.

“Non posso fare a meno di sentirmi come se questo fosse colpa mia,” proferisce Gandalf – Gandalf, con cui Bilbo non ha voluto incontrare affatto, ma in qualche modo ha finito per ‘accidentalmente imbattersi in lui’ presso il Palazzo di Giustizia – e Bilbo, che è stufo di colpe e accuse, ride, una risata più secco della carta polverosa.

È colpa tua,” replica con calma.

Stanno seduti su una delle panchine in pietra del parco che circonda l'antico edificio, e il tempo è beatamente non autunnale, il sole che offre calore dove presto ci saranno solo le foglie chiare e leggere della quercia come un disegno allegro sui prati verde lussureggiante. Bilbo si sente ben riposato e piacevolmente stanco, e sicuramente non arrabbiato con Gandalf. Ha avuto abbastanza tempo per capire esattamente ciò che prova verso l'uomo, e non ha nulla da perdere ora, nessun problema a dire le cose come stanno.

“Mi hai dato una splendida opportunità, offrendomi questo lavoro,” dice, ignorando il cipiglio di Gandalf, “sul serio. Non ti incolpo per avermi trascinato in Erebor – tutto sommato, è la cosa migliore che mi sia mai successa. In un certo modo. Parti di essa. Ma ci sono molte altre parti che avrei volentieri evitato, e sì, la maggior parte di quelle sono successe perché mi sono lasciato far coinvolgere da te sempre di più nei tuoi piccoli schemi di cui non ne avevo la minima idea. Suppongo che sarebbe stato bello sapere che sarei finito per essere una pedina nei tuoi giochi ad alto rischio, ma eh, non si può avere tutto.”

“A proposito di giochi ad alto rischio,” Gandalf ignora completamente le parole di Bilbo, ancora una volta, “Potrei inserirti come risorsa per l'MI6, se vuoi. Se vuoi firmare–”

“No. Assolutamente no.”

“Significherebbe solo che l'agenzia avrebbe un file ufficiale su di te, e–”

“Al contrario di quello non ufficiale hanno adesso?” scherza Bilbo.

“Bilbo…”

“Gandalf, no,” Bilbo ride senza un accenno di umorismo, “non me ne frega un cavolo di quello che vuoi offrirmi. Non ho bisogno del tuo aiuto, o delle tue scuse mascherate come aiuto. Voglio solo allontanarmi da tutto questo, da te, e da tutto quello che rappresenti. È abbastanza chiaro per te?”

Gandalf trattiene solo il suo sguardo, senza dubbio rimuginandoci sopra nella sua testa, e Bilbo sa che finirà per essere amareggiato per questo. Buon Dio, una volta erano amici. Tanto tempo fa.

“Sei sicuro che io non possa assolutamente aiutarti con qualcosa?”

È abbastanza gentile, ma Bilbo ha finito con tutto questo.

“No. Hai fatto abbastanza, grazie. Tra poco torno in Inghilterra, e mi piacerebbe sapere che questo – tutto questo – sia finito. Che non apparirai alla mia porta di punto in bianco, con altre emozionanti avventure in serbo.”

Gandalf apre la bocca, ma saggiamente decide di non dire quello che stava per dire, e abbassa semplicemente la testa, sorridendo tra sé. Lo sguardo che poi lancia a Bilbo è quasi sinceramente commosso.

“È finita,” dice, “te lo prometto.”

***

Non è passato nemmeno un anno. Se ne rende conto che quando Kíli parla del Natale, e se potevano venire a Londra per allora. Non è nemmeno passato un anno da quando Bilbo è venuto qui, e festeggerà il Natale da solo. E il Capodanno. E non ci sarà per il compleanno di Fíli ('il 14 gennaio, segnatelo!'). Il segnalibro nella sua agenda spessa è ora sulla stessa pagina del grande cerchio rosso che racchiude la parola ‘Partenza’, ed è troppo tardi. Troppo tardi per venir sopraffatto dalla nostalgia e tirarsi indietro.

Il suo volo è domenica a mezzogiorno, la terza domenica del mese di Dicembre. Il suo contratto fa il proprio corso il primo, naturalmente, ma il consenso generale è che lui resterà il fine settimana per... beh, per dire addio. Per bene. Una volta per tutte. Ancora una settimana alla partenza. Un’ultima settimana alla partenza.

Aspetta un tempo decente per la metà di essa, per portare Fíli alla sua ultima lezione fuori. Lo aveva promesso. E non sarà molto una lezione, ovviamente. Camminano fianco a fianco, infagottati nei loro cappotti, beatamente soli, a parte Bert che li osserva da una distanza di sicurezza. Non sono diretti da nessuna parte in particolare.

“E se vengo rimandato a Letteratura quando non sei qui?” chiede Fíli, trascinando i piedi sulla ghiaia dolcemente smerigliata del sentiero, di tanto in tanto dando calci, le mani affondate nelle tasche, spalle squadrate.

“Sono sicuro che non accadrà,” Bilbo sorride, “parleremo comunque via Skype, ricordi? Ti prometto che saprò capirlo quando batterai la fiacca.”

Fíli fa uno sbuffo di scherno, ma sembra soddisfatto della risposta.

“Raccomanderai anche una nuova tata?”

“Se Balin trova qualcuno disposto a fare il lavoro, poi certo,” ribatte Bilbo giocosamente, e Fíli non può nascondere il sorriso per un secondo fugace.

“Non siamo poi così male,” accusa Fíli.

“No, non siete così male. Siete fantastici. Ma non sono molto sicuro che sarete così desiderosi di farlo sapere molto presto a chiunque prenderà il mio lavoro.”

“Questo perché non vogliamo nessuno che prenda il tuo lavoro,” replica Fíli molto semplicemente, aggiungendo poi, quasi divertito, “abbiamo già un patto, sai.”

“Oh?”

“Già. Di… com’era? Fare il diavolo a quattro? Già. Di essere così orribili che nessuna bambinaia – scusa, scusa, tutor – ci vorrà. Nessuno al mondo sarà in grado di gestirci, e così Balin alla fine dovrà richiamarti.”

Fíli sta ovviamente scherzando, ma il petto di Bilbo si stringe comunque dolorosamente.

“Beh,” si sforza di mantenere un tono leggero, “non rendete le cose troppo difficili per Balin. È anche il suo lavoro, sai, prendersi cura di voi.”

Il fatto che qualcuno lo potrebbe sostituire è ancora un'altra cosa di cui Bilbo non si è reso conto se non molto tardi – riesce a fargli completamente la nausea ogni volta che ci pensa. Qualcun altro che si avvicina ai ragazzi, che li vede quotidianamente, aiutandoli a crescere, condividendo i loro segreti… Sa che sono riluttanti a lasciarlo andare ora, ma che dire tra un anno? Due anni? Cinque? A malapena lo ricorderanno.

“Promettimi una cosa, Fíli,” dice molto più seriamente di quanto avesse previsto, e così evoca un sorriso quando il Principe gli presta più della sua attenzione, continuando più costantemente, “prenditi cura di tuo zio. Non essere arrabbiato con lui solo perché a volte non sa come parlarti. Sai – assecondalo, lascia che ti aiuti con la matematica e la fisica ogni tanto. Sei tutto quello che ha. Puoi farlo per me?”

Si fermano ad una panchina solitaria, in fondo al parco, non c’è un’anima in giro – la brezza incessante spoglia i castagni delle loro foglie e scompiglia i capelli del ragazzo mentre osserva Bilbo senza parole, per un lungo tempo.

“Credo di sì,” dice alla fine, pensieroso.

“Grazie. Oh, e... ho qualcosa per te.”

“Che cos’è?” Gli occhi di Fíli si allargano, e si mettono a sedere sulla panchina, fianco a fianco.

“Questo,” Bilbo tira fuori il regalo trionfalmente, “Apparteneva a mia madre, e poi è appartenuto a me, e ora è tuo. Aggiungi la tua firma sull'ultima pagina... vedi? Qui.”

Il Principe gira il piccolo libro blu con un motivo e le lettere in oro in rilievo tra le sue mani, come se lo stesse vedendo per la prima volta.

“Tom Sawyer,” borbotta.

“Il primo libro che abbiamo letto insieme,” Bilbo sorride, “è un po’ vecchio, quindi trattalo con gentilezza, va bene?”

“Va bene. Uh... grazie,” mugola Fíli, gli occhi ancora incollati sulla copertina leggermente sbiadita.

“Prego. Adesso andiamo. Dobbiamo ancora dire a Balin dei nostri piani.”

I piani sono abbastanza semplici. Trascorrere un ultimo giorno piacevole con i ragazzi prima... beh, l'ultimissimo giorno. Bilbo ancora non dovrebbe guidare, ma Bofur accetta il lavoro abbastanza velocemente – insieme, vanno in città per prendere i ragazzi da scuola, e poi tutti trascorrono un fantastico pomeriggio a riempirsi di dolci e frappè nel negozietto preferito dei Principi. E questo è tutto, davvero. Niente di elaborato, niente di straziante se Bilbo può farne a meno. Eppure, i ragazzi si rifiutano di lasciare la sua presenza – Kíli in modo molto ovvio, e Fíli più sottilmente, ma difficilmente può protestare. Come non poteva protestare quando gli hanno chiesto di cenare all’appartamento di Thorin. Perché hanno imparato ad amarlo così tanto. Perché non hanno idea che Bilbo non ci ha messo piede lì dentro da quando è tornato a Palazzo dall'ospedale.

Ma non può protestare, e anche Thorin ha accettato abbastanza facilmente, e così loro cinque, insieme a Thráin, si siedono intorno al grande tavolo, e Bilbo pensa che se si impegna, sarà capace di respirare attraverso questa cena. Si aspettava che fosse in qualche modo più difficile, in effetti. Dio, tutto questo dovrebbe essere più difficile. Tutto questo.

Ma almeno ha l’occasione di vedere che qui, ha realizzato qualcosa. I ragazzi e lo zio chiacchierano abbastanza facilmente, Thorin getta spesso lo sguardo verso Bilbo, ma non atrocemente spesso... è bello. È bello così. Bilbo può lasciarli così. Ha a malapena avuto una conversazione di più di cinque minuti con Thorin dopo l'incidente con Fíli che si era arrabbiato con lui, e Bilbo suppone che sia così che le cose realmente accadono nel mondo reale. Con calma. Non senza dolore, solo... non in modo inutilmente drammatico. Ironico, veramente, rispetto a... beh, alla maggior parte delle sue bravate qui.

Il che è il motivo per cui è... sì, scioccato è una buona parola... scioccato, quando Thorin in effetti appare alla sua porta più tardi quella notte, molto tempo dopo che Bilbo ha messo i ragazzi a letto e gli ha promesso che potranno aiutarlo a fare le valigie domani. È nel bel mezzo del piegare le camicie in pile ordinate, contento di aver deciso di comprare una nuova valigia – il suo guardaroba è cresciuto notevolmente durante la sua permanenza qui – quando qualcuno bussa alla porta incerto. Bilbo lo sa subito.

Thorin non implora – Bilbo lo odierebbe. Lo bacia – dopo i primi momenti di chiacchiere un po’ soffocate, finalmente si rendono conto dove si trovano. Cosa c'è davanti a loro. Che non c'è molto di esso. Dio, Bilbo è davvero contento che succede. Qualcosa tra di loro scatta – un secondo prima, sta facendo un commento casuale sulla qualità dei calzetti ereboriani, e il secondo dopo, le mani di Thorin stanno cullando il suo volto e lascia cadere i calzetti sopracitati e cespica per ottenere una presa sulla parte anteriore della camicia di Thorin invece.

Non è molto ben pensato, e non è sicuramente uno dei loro baci più morbidi, ma fa il suo lavoro. Bilbo sente che un'ultima piccola parte di lui finalmente si colloca di colpo al suo posto. Ha fatto. Ha finito. Il cerchio si chiude, e lascia che un singolo bacio lo tenga insieme e lo frantumi allo stesso tempo, spezzandogli il cuore e ricordandogli anche che è in grado di battere.

“Me ne vado comunque,” mormora, le mani che si rifiutano di separarsi dalla fornace del petto di Thorin.

“Lo so. Volevo solo…”

“Sono contento che l’hai fatto. Davvero.”

Prenditi cura dei ragazzi. Prenditi cura di te stesso. Va a letto ad un’ora ragionevole, non lasciare che questo ti spezzi. Ti amo, ti amo, ti amo.

Ci sono così tante cose che Bilbo potrebbe dire, dovrebbe dire.

“Non lasciare morire le piante.”

La risata breve, sommessa di Thorin apre una voragine nel bel mezzo del petto di Bilbo, una che non pensa si chiuderà molto presto.

“Farò del mio meglio.”

“Bene. E nel caso dovessi, ehm…”

“Non reare?”

È la volta di Bilbo di ridere, e forse questo è il modo migliore per far andare le cose.

“Non reare, sì,” sorride, guardando in penombra gli occhi scuri del suo Re, “passa pure a trovarmi.”

***

E questo è tutto. Bilbo ricorderà sempre il suo ultimo fine settimana in Erebor con affetto. Il sabato trascorso con i ragazzi, e con Balin, a firmare tutto ciò che è necessario nel caso in cui decidesse di parlare della sua esperienza in Erebor, sarebbe costretto per legge a tenere la bocca chiusa sulla maggior parte delle cose che ha... beh, vissuto qui. Ma accidenti, tutto questo non importa.

Ciò che conta è i Principi che ridono e si lanciano i calzetti arrotolati mentre lo ‘aiutano’ col fare le valigie. Ciò che conta è la gente che si ferma a salutarlo mentre si affretta dietro Balin qua e là. Ciò che conta è Dwalin che cerca di convincerlo a tenere la pistola quando va a restituirla ufficialmente, burbero e severo, ‘chissà, potrebbe servirti qualche volta, voglio dire, guardati, letteralmente attiri guai’, e tutti e due ridono su Bilbo che la fa inceppare in Inghilterra causando problemi per Erebor, anche dopo essersene andato, no grazie.

Ciò che conta è che Bilbo non ha pianto, nemmeno una volta, quando è ritornato a Palazzo dopo il suo ricovero in ospedale, ma scoppia a piangere spontaneamente quando i suoi amici e colleghi si riuniscono per fargli una festa di addio a sorpresa molto improvvisato ieri sera, nella caffetteria, naturalmente.

Riceve abbastanza bottiglie di vino da venir arrestato all'aeroporto probabilmente, e un cesto di salumi e insaccati e formaggi da Deidre che non ha idea di dove sistemare, e pacche sulle spalle e saluti e risate e lacrime.

Pensa di essere forse fortunato. Forse le decisioni giuste ti fanno sentire così. Pensa forse, verrà un giorno in cui tornare qui, per una visita o per rimanere, non sarà un’idea inverosimile. Forse il suo futuro non è scolpito nella pietra, e forse coinvolge Erebor, e forse di non essere sicuro è una buona cosa.

Si sveglia prima che il suo allarme suoni la mattina dopo, ed è sorprendentemente fresco e meno sorprendentemente emozionale. Scivola nel suo designato abbigliamento da viaggio, controlla i documenti di viaggio, cerca di ricordare il suo stato d'animo da viaggio. Un fattorino viene per il suo bagaglio, e i Principi vengono ad accompagnarlo al piano di sotto, tenendogli le mani, entrambi, mentre l'ascensore li porta lentamente verso l'ultimo addio di Bilbo.

Fa freddo, e sta per piovere presto, e il respiro di tutti viene immediatamente congelato in nuvolette, ma sono tutti lì – Bombur con Mirjam a braccetto, Balin con Dwalin, Deidre e anche Thráin, ancora una volta sepolto in tutte le coperte che la sua sedia a rotelle può trasportare. E naturalmente Bofur, nella sua uniforme da autista, dato che sarà lui a portare Bilbo all'aeroporto.

Thorin, cappotto scuro su un abito scuro, in piedi contro il vento e freddo come una colonna.

Bilbo gli porta i ragazzi, e va a fare i suoi saluti. Baci su entrambe le guance da Mirjam. Un abbraccio spacca-ossa da Bombur. Mano sulla spalla e l'ordine di fare attenzione e rimanere in contatto da Balin. Un sorriso insolitamente serio da Dwalin. Un bacio sulla guancia e un commento sul mangiare correttamente, ‘anche se l'Inghilterra non è Erebor quando si tratta di pierogi’ da Deidre. Gratitudine e ‘è stato un onore conoscerti’ da Thráin, rassicurandolo ancora una volta che Bilbo si ricorderà davvero di scrivergli come da accordo.

Kíli e Fíli, le guance rosse e i capelli scompigliati dal vento, gli stringono entrambi la mano molto in modo molto serio, poi Kíli rompe l'incantesimo e si lancia tra le braccia di Bilbo. Bilbo lo solleva da terra abbastanza facilmente, nonostante la sua ferita, e lo ciondola dolcemente e gli sussurra di essere bravo e di essere coraggioso e sempre sorridente e prendersi cura di tutti perché è l'unico che può farlo, e si asciuga le lacrime con i pollici quando lo mette giù, assicurandosi che il sorriso lacrimoso resti al suo posto quando gli prende il naso tra le dita sempre con molta leggerezza.

Anche Fíli ricorre ad un abbraccio, non così lungo e non in un modo così trasparente ed emotivo, ma Bilbo si sente le mani affondano nel suo cappotto, e riconosce il respiro tremante che scuote tutto il suo corpo.

Una stretta di mano, naturalmente, una stretta di mano. Entrambe le mani del Re si chiudono sopra quella destra di Bilbo quando si muove per fare lo stesso, e così finiscono lì, aggrappandosi a vicenda nel freddo crescente.

“Grazie,” gli dice Thorin, voce profonda ma anche dolce, “per tutto.”

Bilbo annuisce. Grazie a te. Tienili al sicuro. Starai bene. Starete tutti bene. Starò bene. Prima o poi.

Ma non dice niente di tutto questo. Non dice proprio nulla, infatti, perché tutte le parole si impigliano in gola e non vanno oltre. Ma Thorin lo sa. Non è vero? Certo che lo sa. Sì.

Il calore sparisce fin troppo rapidamente dopo che si lasciano andare. E Bilbo scopre di essere prosciugato. Thorin gli fa un cenno con la testa, sempre così eccellente a tenere tutto sotto controllo, il suo sorriso dolce e solo un po’ sofferente, e Bilbo lo ricambia e sente dolore della gola.

Sale in macchina in fretta, perché le lacrime stanno ancora solcando le guance di Kíli e Fíli gli tiene la mano stretta, anche i suoi occhi lucidi, e Thorin lo guarda, e il Palazzo si staglia dietro di loro, grande e bianco e vecchio, e gli alberi, aiutati dal vento, gli sussurrano e gli sibilano di ressstare.

Comincia a piovere non appena Bofur guida la macchina fuori dal cancello, picchiettando dolcemente sulla tettoia, e Bilbo pensa che i rivoli e le gocce di pioggia sul finestrino oscurato possono essere considerati come un incoraggiamento sufficiente per lasciare scorrere le proprie lacrime scorrono finalmente libere.

L'ultima cosa che vede del Palazzo Reale di Erebor è la sua silhouette monumentale mentre l’auto fa un grande arco lontano da esso, le porte del pesante, alto cancello principale si chiudono lentamente. Afferra la sua borsa a tracolla in grembo e tira su col naso, poi geme esasperato.

“Cosa c'è?” chiede Bofur, fin troppo preoccupato.

“Oh, niente, niente,” balbetta Bilbo, la sua voce tremante, sopraffatta dalle lacrime, “è solo che ho messo tutti i miei fazzoletti nella valigia e ora non ne ho uno con me.”

E nessuno può dare loro la colpa se la prendono come un'opportunità per ridere piuttosto che per piangere.

***

“Ti auguro tutta la fortuna del mondo,” gli dice Bofur dopo che hanno raggiunto la loro destinazione in modo sicuro, abbracciandosi in abbondanza, “dico davvero.”

“Tieni d’occhio tutti quanti, per favore,” gli ordina Bilbo, e viene ricompensato con un saluto militare.

“Lo farò. Tu rimani al sicuro. E in contatto.”

“Sì,” Bilbo sorride, “Farò del mio meglio.”

Tutta la fortuna del mondo, pensa mentre addentra nella sala d’imbarco dell’aeroporto di Azanulbizar. Lascia Erebor più ricco di innumerevoli vestiti e scarpe e uno smoking molto raffinato, più ricco di una cicatrice da dodici punti molto nitida, più ricco di ricordi e cuore spezzato, e, naturalmente, più ricco delle quantità atroci di denaro, dirigendosi verso un piccolo appartamento freddo e vuoto di Londra, e pensa che l'unico colpo di fortuna che può desiderare sia l’assenza di pioggia in Inghilterra.

   
 
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