Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: Baldr    04/08/2015    0 recensioni
Realgar è un esploratore mercenario, uno dei pochi temerari, o forse folli, disposti a sfidare l'inospitale superficie marziana per accontentare le più disparate richieste dei clienti, che si tratti di recuperare oggetti rubati o consegnare materie pregiate tra i vari avamposti disseminati sul pianeta rosso, colonizzato quasi due secoli prima.
Quando verrà ingaggiato per consegnare un'eredità a un'anonima ragazzina, si troverà suo malgrado coinvolto in uno spregevole gioco di potere che potrebbe portare alla distruzione delle città cupola e all'annientamento della vita sul pianeta Marte.
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Kamar







-12-

 
 

 


Samantha riprese i sensi, complice il tremendo mal di testa che le martellava dietro le tempie. Una luce soffusa giungeva sino a lei, rimbalzando sulle pareti rocciose, virando il proprio colore in tonalità rossastre.
Dolorante, Sam alzò la mano sinistra, per massaggiarsi le tempie, poi lanciò un’occhiata distratta allo scanner e sgranò gli occhi, tappandosi la bocca. Era senza maschera e il campo di pressurizzazione aveva esaurito la sua energia.

Sam aggrottò la fronte. Era viva, non c’erano dubbi. Sfruttò quel poco di batteria che rimaneva al dispositivo sul polso e analizzò la composizione dell’aria. La pressione era sufficiente a non far andare in ebollizione l’acqua all’interno del suo corpo e, anche se rarefatto, la concentrazione di ossigeno era tale da consentirle di respirare in tutta tranquillità.

Samantha si mise seduta, stando attenta a non picchiare la testa contro il basso soffitto di quella nicchia scavata nella parete di roccia.  Cercò di ricordare gli accaduti e i suoi pensieri corsero a Realgar. Uscì dalla nicchia e si guardò intorno.

Sam si trovava in un cunicolo sotterrane. Le pareti sembravano di origine lavica, lo capiva dalla porosità della roccia, in certi punti presentavano blocchi di vetro vulcanico, molto simili all’ossidiana se non per il colore rosso.

Samantha tese le orecchie e, non percependo nulla, decise di muoversi in direzione della luce che rimbalzava sulle pietre. Udì un rumore alle proprie spalle e trasecolò: i blocchi che aveva scambiato per vetro lavico si muovevano!

Sam, paralizzata dalla paura, venne raggiunta, afferrata per le braccia e sollevata da due creature umanoidi, che sembravano fatti di vetro di un opaco color rosso acceso.

Le due creature la portarono in un’ampia grotta con una volta fatta di quarzo trasparente, da cui entrava la luce. Gran parte della caverna era occupata da un lago dall’acqua rosata, a causa del colore del fondale. Sulle rive c’erano altre di quelle strane creature e stavano maneggiando gli oggetti di…

«Realgar» squittì Samantha.
Uno dei carcerieri sgrano gli occhi azzurrissimi e la lasciò andare, comportandosi in maniera strana. Sembrava quasi spaventato. Il compagno berciò qualcosa in una lingua assolutamente incomprensibile, fatta di schiocchi e suoni gutturali.

Sam approfittò della situazione, strattonò il braccio  trattenuto e riuscì a liberarsi. Corse a perdifiato verso il gruppo che aveva gli oggetti di Realgar, ma quando arrivò da loro, la testa le girava così tanto, che crollò in ginocchio.
Gli alieni erano arretrati, abbandonando a terra i vestiti dell’esploratore e Sam si trascinò verso di essi a fatica. Nella caverna echeggiavano quelle che potevano essere intese come grida, da parte di quelle creature così simili a statue di pietra. I due guardiani giunsero di corsa berciando parole incomprensibili e brandendo delle aste di pietra.
Sam ebbe paura e, temendo per la propria incolumità, si rannicchiò a terra, iniziando a piangere, coprendosi il capo con le braccia.

I due guardiani la pungolarono con i bastoni, intimoriti da quello strano atteggiamento. Sam sentì lo sciabordio delle acque e poi udì una voce, stavolta comprensibile.

«Non piangere, se si accorgono che produci acqua dagli occhi, non vorrei ti rinchiudano per usarti come scorta...»

La ragazza alzò lo sguardo sulla figura che era emersa nel bel mezzo del lago, la quale stava avanzando verso riva. Era un altro alieno dal corpo simile a vetro lavico dall’intenso colore rosso, se si escludeva la macchia di fango che copriva gran parte del fianco destro dell’essere.

Samantha si portò le mani davanti alla bocca, per reprimere l’urlo, poiché lo aveva riconosciuto. I lineamenti scolpiti in quella pietra lavica erano identici anche se, senza la crema a coprirli dando un apparente colorito candido alla pelle, l’associazione non era così immediata. «Re… Realgar?»

Lui raggiunse la sponda e si sedette a terra, di fronte alla ragazza e le sorrise. Lei lo squadrò da capo a piedi, incredula.

«Sei… proprio tu, sei vivo…» mormorò Sam a fil di labbra, mentre lui la guardava tranquillo. Lei sollevò una mano e gli sfiorò una guancia, avvertendo al tatto la consistenza della sua reale pelle. Era liscia come vetro, eppure sembrava morbida ed emanava un leggero tepore.

Realgar si strinse nelle spalle. «Be’, eccomi qui, senza crema protettiva addosso sembro un gambero...» commentò, per poi zittirsi, quando Sam lo abbracciò, cominciando a singhiozzare.

Realgar le coprì il viso con le braccia, camuffando quel gesto con l’abbraccio. «Ti ho detto di non piangere. Questi vanno pazzi per l’acqua, non so come potrebbero reagire se vedessero delle lacrime...»

Lei si asciugò il viso e si scostò, guardandosi attorno. I phobosiani facevano capolino da dietro alcune rocce, eccetto i due guardiani che erano rimasti vicino a loro e si rivolsero a Realgar, il quale scambiò qualche parola con loro, palesando però grandi difficoltà nel farlo. Lo sguardo di Sam si spostò al fianco del ragazzo, dove il fango ancora umido copriva la ferita.

«Hai rischiato di morire...» mormorò desolata.
«Fortuna che ti sei imbattuta in un paio di loro e che si sono accorti che ero uno di loro. Mi hanno curato… In maniera primitiva, ma comunque efficace per la mia fisiologia» rispose Realgar.

Sam guardò i guardiani, che si erano seduti in riva al lago, parlottando tra loro e gettando saltuariamente qualche occhiata verso di lei. «Come...» esordì, riportando l’attenzione su Realgar, senza però trovare le parole per esprimere le molte domande che le affollavano la mente.

«Come mai sono un phobosiano? Be’, sono nato così, anche se non ricordo molto di loro. Ero piccolo quando la mia famiglia venne sterminata dai coloni» raccontò lui, sdraiandosi a terra, godendosi a occhi chiusi la luce che filtrava dalla lastra di quarzo sul soffitto della caverna.

Samantha lo scrutò, affascinata e intimorita dal suo reale aspetto, soprattutto dal colore e dall’apparente consistenza di quel corpo che pareva fatto di vetro. «Non è possibile, sono cent’anni che non si hanno più notizie di scontri tra coloni e phobosiani...» mormorò pensierosa.

Realgar sospirò. «Sono stato allevato e cresciuto dai coloni che vivevano nella fattoria Loon, quella dove ci siamo fermati... Io ho cinquantaquattro anni marziani, pari a centodue terrestri.» Aprì un occhio per godersi l’espressione incredula di Sam. «Tuo padre mi confrontava spesso con le piante, ipotizzava persino che potessimo vivere secoli...»

«Ecco perché mi ricordo che venivi da noi quando ero bambina…» mormorò lei e poi sgranò gli occhi e si guardò attorno. «Ecco perché i phobosiani potrebbero salvare la Terra!»

Lui aggrottò la fronte e si sedetta, stringendosi le ginocchia contro il petto. Guardò Samantha con curiosità e lasciò che lei proseguisse.

«Nei dati che mio padre ha lasciato...» esordì lei, per poi diventare pallida e alzarsi in piedi di scatto, guardandosi freneticamente attorno. «Dove sono gli hard disk?» chiese allarmata, facendo mettere in guardia anche i due guardiani che ancora la tenevano d’occhio.

Realgar si alzò e si avvicinò loro. Cercò di chiedere informazioni, anche se non era facile relazionarsi con una razza della quale non parlava la lingua molto spesso. Dopo alcuni minuti si riavvicinò a Samantha. «Sono ancora vicino alla Tianmu» spiegò. «Il problema è che tu non puoi uscire da qua, non senza una maschera con i serbatoi carichi...»

Sam lo afferrò per un braccio. «Devo recuperarli! Senza di essi non posso dimostrare nulla delle scoperte di mio padre! Lo hai detto tu stesso, mio padre ti paragonava spesso alle piante. Tu, e credo tutti gli altri phobosiani, effettuate una specie di fotosintesi e producete ossigeno. Convertite le particelle di piombo dello smog e altri inquinanti in qualcosa a livello epidermico che vi permette di resistere all’assenza di pressione, e in questo modo riducete anche il livello di tossicità dell’aria. Siete come filtri, per questo dico che potreste salvare la Terra.»

Realgar si allontanò, raggiunse la riva del lago e si inginocchiò su di essa, raccogliendo un po’ d’acqua con le mani per lavarsi il viso. Si rivolse a Samantha, continuando a darle le spalle. «Posso aiutarti a recuperare quei dati, ma non posso aiutarti ad andare oltre.»

La ragazza scosse il capo, incredula. «Cosa? Ma non capisci l’importanza di questa cosa? Potremmo aiutare l’Umanità!”»

«Condannando i Phobosiani?» chiese lui irato, voltandosi di scatto. Gli altri alieni si nascosero tra le rocce, mimetizzandosi grazie al colore della loro pelle. «Gli umani sparano a quelli come noi, prima ancora di stabilire se abbiamo intenzioni ostili o meno. All’inizio della colonizzazione, quando l’Uomo scoprì la nostra esistenza, organizzò dei safari per sterminarci, per avere l’esclusiva su questo pianeta. Adesso mi stai chiedendo di aiutarvi? Ma ti rendi conto che se consegniamo quei dati, tutti cercheranno i phobosiani sopravvissuti per ridurli in schiavitù? Guardali!» urlò, indicando i phobosiani, rannicchiati dietro le rocce. «Sono un popolo primitivo, semplice e pavido. Se quei dati arrivano alla Fratellanza, li condanneresti a morte.»

Sam serrò le labbra, stringendo i pugni lungo i fianchi. «Mio padre è morto per questo studio...» protestò.

Realgar sgranò gli occhi e si passò una mano tra i capelli. «Tuo padre è stato ucciso, i custodi hanno cercato di catturarti, credo volessero quei dati… La Fratellanza è probabile che sappia...»

La ragazza lo guardò incredula. «È assurdo! Perché dovrebbe tacere questa cosa?»

Realgar scosse il capo. «Non ne ho idea e non riesco a capire...»



 
Sono in ritardo. Sono indietro, perdono! Ho avuto un blocco e c'ho messo un sacco a finire questo capitolo che è pure breve. Non l'ho nemmeno riletto. Sono imperdonabile.

Grazie a tutti i lettori.
Se la storia vi piace, per cortesia, mettetela nei preferiti/seguiti/ricordati per darle visibilità.

Se trovate errori, orrori o semplicemente volete farmi sapere la vostra opinione, mandatemi un pm o potete lasciare una recensione: non mordo!
Daniela

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: Baldr