Disclaimer:
i personaggi e le situazioni qui descritte non sono di mia invenzione,
ma
provengono dalla fertile immaginazione di Stan Lee e degli altri autori
della
Marvel.
Si
era allontanata un attimo per andare in bagno: la birra e i cocktails
che aveva
bevuto quella sera avevano, alla fine, concluso il loro percorso e
aveva dovuto
correre ai ripari. Non era il tipo di donna a cui piaceva bere, anzi,
solitamente preferiva farne a meno: la sua posizione richiedeva che
avesse
sempre il pieno controllo della situazione e gli alcolici erano un
lusso che
non poteva permettersi.
Ma
quella sera non era nel mezzo di una missione, non aveva un target da
individuare, né
uno stuolo di criminali armati fino ai denti
con lo scopo di ucciderla; quella sera era circondata da colleghi,
persone di
cui, chi più
chi meno, si fidava e poteva concedersi di
abbassare un poco la guardia.
E
poi, dovevano festeggiare: la missione a Sokovia si era conclusa con
successo
e, cosa ancora più
straordinaria, erano tutti insieme.
Era
da New York che non le succedeva di stare assieme a tutti gli altri
Vendicatori
nella stessa stanza e, per quanto le riguardava, era quello il vero
motivo per
cui far festa.
Nella
sua testa era ancora difficile associare la parola "amico" a
qualcuno: dai tempi del suo addestramento nel programma Vedova Nera del
KGB le
era stato inculcato a forza in testa che chiunque fosse un potenziale
target e
che stringere legami rappresentasse un ostacolo per la buona riuscita
della
missione.
I
vecchi insegnamenti sono difficili da estirpare: certe volte, quando
gli incubi
tormentavano il suo sonno, la tentazione di ammanettarsi al letto1
vinceva sulla consapevolezza di quanto denigrante fosse quel gesto, ma
la
sensazione del metallo sul suo polso era, in qualche modo, così
rassicurante e familiare.
I
segni rossi bruciavano alla mattina, ma almeno la notte era tranquilla.
Da
qualche tempo a quella parte, però,
non ne aveva più
sentito la necessità:
quel gruppo di uomini
rumorosi e pieni di testosterone riuscivano a distrarla dai fantasmi
del suo
passato e sapere di far parte di un gruppo di persone problematiche e,
al
contempo, eroiche le permetteva di dormire più
serenamente.
Forse
non erano "amici", ma qualcosa di molto vicino, soprattutto Barton e
Rogers.
L'acqua
corrente scorreva fresca tra le sue dita sottili mentre le lavava
accuratamente; "Sapone al gelsomino" pensò
la donna, annusando la
fragranza della miscela "Questo è
il tocco di Pepper".
Sorrise al ricordo dei mesi trascorsi come P.A. della signorina Potts
per
tenere sotto sorveglianza Stark: tutto sommato si era divertita e
Pepper era
un'ottima compagnia.
Si
asciugò
con le salviette di carta e si diede un'ultima
occhiata allo specchio: il rossetto era leggermente sbiadito, ma almeno
i
capelli erano in ordine. Aveva fatto bene a tagliarli: combattere con
dei fili
che si infilano a tradimento in bocca e negli occhi poteva risultare
estremamente scomodo, soprattutto se dall'altra parte c'era un soldato
dell'Howling Commandos che ha subito il lavaggio del cervello ed è
stato addestrato dall'Hydra
a non provare alcuna emozione mentre le vertebre del collo di una
vittima si
sbriciolano sotto le sue mani.
Lei
per prima sapeva quanto possono essere pericolosi individui del genere
e aveva
contribuito alla ricerca del Soldato d'inverno assieme a Steve e a Sam,
ma poi
le nuove attività
criminali dell'Hydra avevano avuto la priorità
e la pista che il fantasma
aveva lasciato dietro di sé
si era raffreddata. Non
sarebbe stato facile trovare una nuova traccia.
Mentre
attraversava il corridoio per tornare nel salotto in cui gli altri
stavano
discutendo animatamente di chissà
che, lo sguardo la cadde sul
tavolino di vetro alla sua destra: tra una pila di riviste di
automobili,
Mjolnir se ne stava lì,
abbandonato su quella
superficie smerigliata come un qualunque soprammobile.
Appoggiato
così
casualmente, con il metallo pieno di graffi e
il manico dal cuoio consunto, sembrava quasi impossibile che fosse
l'arma più
micidiale che Natasha avesse
mai visto in anni di carriera.
"Qualunque
uomo che solleverà
il magico martello sarà
degno di regnare su
Asgard", inutile dire che tra gli uomini della compagnia si era subito
instaurata una sfida su chi fosse riuscito a sollevarlo, con estremo
divertimento di Thor, che aveva assistito alla scena con un sorriso
sornione
sotto alla curata barba bionda.
Solo
una volta l'aveva visto vacillare, ossia quando era stato il turno di
Steve:
avrebbe potuto giurare di aver visto la testa del pesante attrezzo
oscillare
sotto le mani del super soldato, ma sarebbe bastato guardare in faccia
il
principe di Agard per averne conferma.
Per
un folle momento Natasha aveva desiderato alzarsi e urlare al Capitano
di
tirare più
forte: avrebbe pagato oro per assistere a
quello che sarebbe accaduto dopo!
Poi,
per qualche strana ragione, il martello era tornato al suo posto e Thor
aveva
festeggiato con un bel sorso di birra.
C’era
qualcosa che non andava
in quella storia: si poteva essere "quasi" degni? Oppure Steve aveva
semplicemente evitato di creare problemi?
Conoscendo
Rogers, la seconda ipotesi era la più
probabile: non avrebbe mai
cercato di sovrastare un amico, anche se, Natasha doveva ammetterlo,
sarebbe
stato divertente vedere Barbie Alieno cedere il suo bel mantello svolazzante
da
principe delle fiabe a Capitan Surgelato.
Rise
tra i denti all’immagine
di Rogers con il mantello rosso sulle
spalle e un bell’elmo
alato in capo, ma quel sorriso svanì
in fretta quando la sua
mente realizzò
una cosa: lei era da sola con Mjolnir.
Era
una sensazione strana: era abituata a trovarsi di fronte ad armi letali
e
pericolose (ben sapendo che non c’era
nulla i più
letale e pericolosa di lei),
ma quello strano oggetto era diverso, la incuriosiva.
-Qualunque
uomo…-
sussurrò
a se stessa la donna,
avvicinandosi al tavolino e osservando rapita la bellezza di quell’oggetto:
le cuspidi incise
sul bordo dei quattro lati esterni sembravano danzare sotto la luce del
led che
illuminava il corridoio e tutti quei graffi erano come le cicatrici di
un
guerriero. Quanto le sarebbe piaciuto sentire la storia di come se le
era
procurate.
“È
un trucco”.
La
voce di Clint le attraversò la mente
veloce come le sue frecce. Non aveva tutti i torti: come poteva un
oggetto
inanimato dimostrare il valore di una persona?
Il
suo sguardo mutò e nei suoi occhi blu
si dipinse la freddezza dell’inverno russo che covava dentro
di sé: -Chi sei tu
per giudicare me?- disse la donna, osservando il martello magico, quasi
si
aspettasse di sentirlo parlare da un momento all’altro.
Solo
qualche minuto prima si faceva a
gara per sollevare quell’oggetto, una competizione per
dimostrare chi fosse il
gallo del pollaio e dentro di sé Natasha rideva di come quel
gruppo di eroi si
divertisse a giocare a chi era il più forte. Ora, invece,
nel silenzio del
corridoio erano solo loro due, l’assassina addestrata dal
KGB, la spia di
decimo livello presso lo S.H.I.E.L.D., la Vedova Nera degli Avengers, e
il
mitico martello degli dei norreni.
Il
paragone, ora che ci pensava, era
piuttosto ridicolo: lei era vera, concreta, mentre quello di cui era
fatto
Mjolnir, che placidamente stava adagiato sul tavolino, circondato dalle
pagine satinate
delle riviste, era pura leggenda. Solo storie. E la vita non era fatta
per le
storie. Non la sua, per lo meno.
Lei
era stata addestrata per analizzare
i fatti, collezionare indizi, studiare le vittime, pianificare omicidi
e
svanire nel nulla come una nuvola di fumo, senza lasciare traccia. Non
era tipo
da storie.
Eppure
aveva conosciuto un dio nordico e
il suo fratello pazzo omicida, gli alieni avevano invaso Manhattan solo
un anno
fa e uno dei suoi compagni di squadra diventava un gigante verde quando
perdeva
le staffe. Tutto ciò era andato ben oltre le
“storie”. Quella era la realtà.
Allora,
forse, quel martello dal manico
troppo corto per sostenere il peso della testa poteva veramente
esprimere un
giudizio sul valore di chi lo impugnava.
In
quel momento i suoi occhi videro
rosso, il rosso dei suoi files che grondava come il sangue di tutte le
persone
che il KGB le aveva indicato come target, gli uomini e le donne a cui
aveva
piantato una pallottola in capo senza provare mai ribrezzo o dolore o
vergogna.
Nulla. Ogni volta che aveva premuto il grilletto e osservato il sangue
caldo e
denso spillare da quei fori, non aveva mai provato nulla.
E
questo, se possibile, era un crimine
peggiore dell’omicidio stesso.
Era
per questo che non aveva voluto
unirsi a quella gara? Non solo per il suo solito abito di
superiorità che era
solita indossare come una seconda pelle, ma anche per non voler aver
conferma
di quello che già credeva. Ossia che non era degna. Non dopo
quello che aveva
fatto per anni e anni della propria esistenza, finché non
era arrivato Clint a
mostrarle cos’altro avrebbe potuto fare. Lei era stata il suo
target e lui
l’aveva aiutata.
Quello
che la faceva sentire sporca e
viscida era che se la situazione fosse stata invertita, lei avrebbe
portato a
termine la missione, come aveva sempre fatto.
“Non
sono degna” pensò la donna,
concentrando le proprie forze sul mantenere un contegno “Non
sono degna
dell’amicizia di Clint”.
Quel
pensiero la tormentava, come un
tarlo che lentamente e inesorabilmente scava nella
profondità del legno,
nutrendosene e corrodendone la struttura, un millimetro alla volta.
“E
di Steve?” si chiese, portandosi le
mani al volto, quasi potesse nascondersi da se stessa “Sono
degna del suo buon
cuore e della sua onestà?”.
Attraverso
la fessura creata dalle
proprie dita, Natasha vide di nuovo Mjolnir. Lascò cadere le
mani lungo ai
fianchi e prese un respiro profondo, un altro e un altro ancora,
finché non fu
certa di essersi calmata abbastanza da valutare la situazione con
lucidità.
-Non
sarai tu a dirmi se sono degna
oppure no!- disse, puntandogli contro l’indice -Non ho
bisogno del tuo
giudizio. Il mio passato non definisce chi sono. Sarà il mio
futuro a stabilire
il mio valore.
Un
nuovo sorriso, più largo, le illuminò
il volto, mostrando le due file di denti bianchi e dritti, mentre
indirizzava i
propri passi verso il salotto in cui i suoi amici stavano festeggiando.
Aveva
vinto.
1
Il
fatto che le bambine addestrate dal KGB per il progetto Vedova Nera
venissero
ammanettate ai loro letti per impedir loro di scappare nottetempo
è illustrato
nella serie prodotta da Marvel Agent
Carter
Angolo
dell’autrice:
salve a tutti e grazie per essere
passati a dare un’occhiata :)
Finalmente
ho pubblicato in questo
fandom! Pur non essendo molto ferrata nella stesura di testi brevi, ho
voluto
buttarmi e sviluppare un’idea che da un po’ mi
ronzava in testa.
Spero
di essere riuscita ad avvicinarmi
almeno un po’ alla psicologia di questo affascinante
personaggio e, al
contempo,di essere riuscita a trasmettere qualche emozione; se vorrete
lasciarmi un’opinione, sarò ben lieta di
accoglierla ;)
Alla
prossima!
Lady
Realgar