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Autore: Helena Kanbara    07/08/2015    1 recensioni
Mi è arrivato addosso come un tornado, incendiandomi con un bacio che mi ha lasciata eccitata e recettiva in ogni minima parte del mio corpo. Non sono mai stata il tipo da baciare un perfetto sconosciuto, ma sento che con lui è tutto diverso – o forse è solo perché sono ubriaca, chissà – fatto sta che ho voglia di ripetere l’esperienza, perché lui mi piace da impazzire e questa notte voglio solo stare bene. Alla fine riesco a ritrovarlo quando sto quasi per gettare la spugna, priva di speranza. Se ne sta nelle vicinanze del bar dal quale io stessa sono scappata solo pochi minuti prima e i nostri occhi si ricongiungono senza che io faccia nulla per cercare a tutti i costi un contatto. È una cosa bellissima.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Happy new year





Eravamo insieme, tutto il resto del tempo l’ho scordato.
 
 
Autorizzo, ancora una volta, i miei occhi cangianti ad esplorare l'interno del locale nel quale sono rinchiusa – per mia immensa gioia – da qualcosa come due ore o poco più. È per la gran parte buio, solo alcuni neon fosforescenti danno luce al posto e soprattutto a scene che in un'altra situazione mi rifiuterei di guardare con così tanta nonchalance. La musica è altissima e perlopiù sconosciuta, ma non me ne lamento. Non mi lamento di nulla. Perché, per una delle prime volte da tempo immemore, sono libera e felice.
Lascio che un uomo sulla cinquantina mi si spalmi addosso contro il bancone bar del locale, sono ancora troppo impegnata a cercare Rei dagli occhi a mandorla, l'amica giapponese che ho conosciuto quasi per caso e della quale mi sono totalmente innamorata. Voglio ringraziarla per avermi portata in questo posto magnifico e per essere riuscita a distrarmi, facendo sì che mi preparassi al Capodanno incombente con un'uscita degna di nota.
Il cinquantenne al mio fianco continua a sussurrarmi parole morte all'orecchio, ma io non lo ascolto. Mi limito ad accettare il drink che mi porge e a buttarlo giù tutto d'un sorso. Non mi preoccupo di cosa possa essere, anche se il colore blu elettrico della bevanda mi spinge a farmi qualche domanda. Tuttavia, metto tutti i miei quesiti a tacere e butto giù. Non voglio farmi domande.
Prima di finire in questo bellissimo postaccio, io e Rei siamo andate a cena e ho fatto fuori una pinta di birra senza neanche battere ciglio. Non sono affatto lucida e una parte di me sa benissimo che dovrei fermarmi, ma l'altra – quella più divertente e spigliata – fa sì che mi volti a sbattere le ciglia verso l'uomo che mi affianca da ormai un po' di tempo, squittendo maliziosa nella sua direzione: «Ne voglio un altro, per favore».
So già che accontenterà la mia richiesta, farebbe di tutto purché finissi a letto con lui, e per un attimo voglio fargli credere che davvero la cosa accadrà. Voglio illuderlo e renderlo felice, fosse anche solo per qualche minuto. Come immaginavo, lui accontenta la mia richiesta senza battere ciglio e nel giro di pochissimo mi ritrovo a confronto con l'ennesimo bicchierone di sconosciuto liquido blu elettrico. Butto giù anche stavolta senza problemi e non appena l'alcool mi raggiunge la gola, raschiandola, sento la testa prendere a girare vorticosamente e ho l'ennesima conferma del fatto che sì, dovrei seriamente darci un taglio. Ma se lo facessi – se giocassi ancora una volta alla brava ragazza, quella tutta casa e Università che tanto ho odiato durante questo lunghissimo e faticosissimo anno – poi che divertimento ci sarebbe? Non è forse questo il bello di essere lontana da casa? Potersi fingere chiunque si voglia e fare qualunque cosa senza inutili pressioni?
Mi pongo queste domande mentre butto giù altro alcool. La testa continua a girarmi e le mani del cinquantenne di fianco a me iniziano a farsi esploratrici. Le sento dappertutto, e ciò fa sì che un improvviso conato di vomito mi risalga in gola. Basta. La festa è finita.
Tolgo la maschera di ragazza facile che ho indossato fino a questo momento per raggiungere i miei fini e mi volto a fissare l'uomo di fianco a me solo dopo essermi fatta lontana dal suo corpo con uno strattone. Sorrido derisoria della sua espressione confusa, poi mi preparo a dissolvermi nel mare di corpi accalcati in pista da ballo affinché quell'uomo viscido possa non ritrovarmi mai più.
«Non verrei mai a letto con te», è l'ultima cosa che cinguetto nella sua direzione, prima di scappare.
Mi permetto addirittura di agitare le dita in segno di saluto e posso vedere perfettamente l'espressione adirata che arriva a distorcergli il viso dopo la mia frase sussurrata. Poi all'improvviso non ne so più nulla: divento invisibile – proprio come desidero – tra la folla di corpi danzanti, e lascio che le gambe traballanti sui tacchi a spillo mi portino verso nemmeno so io dove. Sono una ragazza brilla e senza nome che vuole disperatamente divertirsi e cominciare l'anno nuovo nel migliore dei modi, mentre il cinquantenne che prova inutilmente a seguire il mio cammino si trasforma in nient'altro che l'ennesima maschera senza volto che ho conosciuto durante il mio soggiorno qui a New York. Solo un uomo di mezza età che mi ha offerto due drink, facendo sì che mi ubriacassi alla grande senza spendere un centesimo. Nulla più, nulla meno.
Sto ancora vagando senza meta quando mi sento afferrare un braccio all'improvviso. Non mi aspettavo di essere strattonata così di colpo e non posso fare a meno di perdere l'equilibrio, salvo poi riacquistarlo quando mi ritrovo seduta – senza nemmeno essermene resa conto del tutto – su un morbidissimo pouf bordeaux. Ancora stordita, non solo da questo cambiamento repentino – ma piacevole – ma anche dal ballo sensuale che una ragazza ha improvvisato intorno al mio corpo mentre vagavo per la pista da ballo e dal bacio che l'ennesimo sconosciuto ma bellissimo tipo è riuscito a rubarmi senza che potessi – né volessi – fare nulla per impedirlo, mi ritrovo seduta di fianco a Rei e non posso far altro che aprirmi in un gran sorriso.
«Bevi!», la sento che urla nella mia direzione – nella speranza di sovrastare la musica altissima, passandomi una caraffa piena per metà di liquido ambrato ancor prima che possa provare a dirle anche solo “Ciao”.
Vorrei parlarle davvero, ma scopro di non averne la forza. Sono stanchissima, ma non voglio che la serata finisca – non prima della mezzanotte – ed ecco che afferro la caraffa senza farmelo ripetere due volte, riempiendo un bicchiere appartenente a non so chi con quel liquido che ha tutta l'aria di essere birra.
Rei mi è accanto, sento i suoi occhi a mandorla osservare attentamente ogni mio gesto e la vedo aprirsi in una risatina non appena ho mandato giù la falsa birra. Perché, ovviamente, non si tratta affatto di quest'ultima.
Vorrei chiedere a Rei cos'ho appena bevuto, ma anche questa volta evito. Lascio che sia lei a spiegare, osservandola mentre si fa vicina al mio orecchio e dice: «Non è il Paradiso in Terra?».
Non posso far altro che annuire. Non ho idea di cos'ho appena mandato giù, ma proprio non posso negare che avesse un buon sapore. Tanto che quasi sono tentata dall'idea di riempirmene un altro bicchiere.
Rei mi conosce da pochissimo, eppure si è sempre dimostrata grandiosa nel saper leggere i miei pensieri. Con aria tramortita, la vedo infatti sporgersi verso la caraffa e nel giro di pochissimo mi ritrovo a stringere tra le dita l'ennesimo bicchiere ricolmo che svuoto velocemente.
Il resto è tutto uno sfocato insieme di immagini e ricordi: vedo Rei che mi presenta due o tre ragazzi e mi pare di capire che siano australiani – o neozelandesi? Non ho tempo né voglia di chiedermelo, mi limito ad elargire risatine stupide. Sono davvero ubriachissima e non capisco più nulla, se non che ho il bisogno – spasmodico quasi – di ritornare a ballare. Lì sulla pista, mentre cercavo Rei affannosamente, ho fatto delle conoscenze molto interessanti – e non mi riferisco alla ragazza che ci ha provato con me, no – e ne sono ben consapevole mentre rientro in quel mare di corpi accaldati e sudati alla ricerca del tizio sconosciuto che mi ha baciata solo pochi minuti prima.
Mi è arrivato addosso come un tornado, incendiandomi con un bacio che mi ha lasciata eccitata e recettiva in ogni minima parte del mio corpo. Non sono mai stata il tipo da baciare un perfetto sconosciuto, ma sento che con lui è tutto diverso – o forse è solo perché sono ubriaca, chissà – fatto sta che ho voglia di ripetere l’esperienza, perché lui mi piace da impazzire e questa notte voglio solo stare bene. Alla fine riesco a ritrovarlo quando sto quasi per gettare la spugna, priva di speranza. Se ne sta nelle vicinanze del bar dal quale io stessa sono scappata solo pochi minuti prima e i nostri occhi si ricongiungono senza che io faccia nulla per cercare a tutti i costi un contatto. È una cosa bellissima.
Mentre mi si fa vicino, nella penombra del locale, riesco a vedere quanto siano dannatamente chiare le sue iridi – più delle mie – ma la scarsa luminosità mi impedisce di capire bene di che colore siano. Non me ne curo più di tanto comunque, perché ci incontriamo entrambi a metà strada e all’improvviso non esiste più nulla. C’è solo lui: un perfetto sconosciuto di cui non so nulla, nemmeno il nome; che mi tiene stretta a sé mentre mi bacia, incendiandomi completamente come nessuno mai prima d’ora. Non sono certo una verginella inesperta e ho avuto il mio bel cumulo di esperienze con l’altro sesso anch’io, ma mai mi sono sentita così tanto eccitata – e per un semplice bacio, poi!
Sento le sue mani ovunque e la sua lingua gioca con la mia in un modo così meravigliosamente piacevole che non posso far altro che stringermi di più contro il suo corpo, attirando il suo viso contro il mio ancor di più mentre faccio scorrere le mie mani tra i suoi capelli biondicci. La sensazione dei suoi ricci contro i miei polpastrelli è così bella che all’improvviso non riesco a trattenere un gemito mentre mi chiedo se per caso non sono morta e sto gustando già un assaggio di Paradiso. Questo ragazzo non può esistere sul serio. È troppo bello per essere vero.
Ma non ho tempo di pensarci, non ho tempo per ammazzarmi di congetture che come al solito finiscono per rovinare tutto. Lui mi tiene stretta a sé, mi lascia respirare giusto il minimo indispensabile, e quando mi propone di seguirlo al suo albergo sono ancora così tanto inebriata dal suo profumo e dalle sue labbra che non posso far altro che dirgli di sì. Vado con lui perché so che è la cosa giusta da fare e perché so che è lui che voglio – nient’altro, nessun altro.
Continuiamo a baciarci finché non siamo fuori nel parcheggio e sento le sue mani farsi più intraprendenti: mi solleva il vestito quasi sui fianchi e mi accarezza l’interno coscia, strappandomi diversi brividi che mi scuotono totalmente mentre mi stringo contro il suo fisico slanciato e atletico. È ancora completamente vestito, ma la sua camicia nera e attillata lascia davvero poco all’immaginazione. Sento la consistenza dei suoi pettorali sotto le mie dita e non posso far altro che sorridere: quest’uomo sembra un vero e proprio dio, un adone greco giunto in regalo solo per me. Il mio regalo. Per iniziare questo 2014 al meglio.
Non faccio altro che sorridere per tutto il tragitto, anche mentre siamo in taxi e continuiamo a baciarci ed accarezzarci, totalmente incuranti del guidatore che di tanto in tanto ci lancia occhiatine indispettite dallo specchietto centrale. Non ci curiamo più di nulla né di nessuno: è come se all’improvviso il mondo intorno a noi avesse cessato di esistere e ci fossimo solo io e lui. E va benissimo così, mi dico, mentre entriamo a grandi falcate nella hall e la sua mano scivola nella mia, grande e calda, mentre chiede alla receptionist la chiave della sua stanza e quasi gliela strappa di mano, rendendo ben evidente la sua – la nostra – fretta. Ma noi continuiamo a fregarcene.
Semplicemente ci rifugiamo nella sua camera – una matrimoniale semplice e accogliente, non molto diversa da quella che divido con Rei in un altro albergo della Grande Mela – ed io non riesco a staccargli gli occhi di dosso nemmeno per un attimo mentre lo vedo muoversi a suo agio nella stanza, accendere le luci e liberarsi della giacca. Lui sa che lo sto guardando e ne approfitta subito per fare altrettanto: mi mangia con gli occhi, mi guarda come se fossi già completamente nuda di fronte a lui e all’improvviso è così che mi sento – esposta. Ma, sorprendentemente, la cosa non mi infastidisce nemmeno lontanamente.
Di nuovo ci ritroviamo a metà strada ed io mi rifugio tra le sue braccia, osservando ancora e a lungo il suo viso prima di ritornare a baciarlo. È bellissimo e lo osservo nella speranza di imprimere a fuoco nella mia memoria qualsiasi particolare del suo viso dalla pelle chiara, sperando che i fiumi dell’alcool non cancellino tutto questo. Non potrei mai accettarlo, realizzo, mettendo su un’espressione imbronciata che lui non si perde affatto. Sento le sue dita correre a sfiorarmi le labbra e subito i miei occhi corrono alle sue, di labbra. Sono nuovamente ad un passo dalle mie, chiare e carnose ed invitanti, e non posso far altro che tornare a baciarle, stringendogli le braccia attorno al collo perché è qui che voglio rimanga – accanto a me, contro di me.
Le sue mani tornano sotto il mio vestito ed io me ne compiaccio perché adesso, nella solitudine e nella privacy della stanza, può fare quello che entrambi desideriamo da decisamente troppo tempo. E lo capisce anche lui perché non se lo fa ripetere due volte, non si trattiene più. Mi fa scendere i collant sui fianchi con gesti abili e veloci – senza sfilarli, il che gli fa acquistare numerosi punti – e ne segue la discesa inginocchiandosi ai miei piedi, accompagnandoli con delle carezze che si portano dietro brividi e pelle d’oca. Quando mi decido a cercare nuovamente i suoi occhi verdi-azzurri – è questo il colore, ora lo vedo bene, ed è così indefinito e così bello da farmi tremare il cuore di consapevolezza: occhi così non te li scordi, mai – sento le gambe diventarmi molli e quasi traballo sui tacchi a spillo, dei quali per fortuna mi libera proprio qualche secondo dopo, nemmeno avesse capito come mi sento – e all’improvviso sospetto che sia proprio così.
Mi lascia coi piedi e le gambe nude prima di ritornare alla mia altezza e cattura nuovamente le mie labbra con le sue, ma io me ne libero subito perché all’improvviso non ho più voglia di giocare. Scendo a baciargli il mento, la mascella pronunciata, il collo spruzzato di barba dorata e la giugulare che pulsa; sono sempre alle prese coi bottoni della camicia nera della quale riesco a liberarlo – per fortuna – senza troppi sforzi. E lo vedo restare a petto nudo di fronte a me e lo sguardo corre alla sua spalla tatuata, ma non ho tempo di chiedermi cosa sia quel tatuaggio perché il bisogno di sentirlo vicino a me – dentro di me – è troppo e cerco di farglielo capire, muovendo un solo passo nella sua direzione e stringendogli tra le dita il cavallo dei pantaloni. Lo sento subito liberare un sospiro roco e capisco allora, anche da ciò che sento sotto la mia mano, che il desiderio è forte e pulsante in entrambi.
Finiamo a letto nudi ancor prima che me ne possa rendere conto sul serio e lui mi è subito addosso: mi copre col suo fisico imponente e protettivo e all’improvviso mi sento così al sicuro da desiderare che questo momento possa durare per sempre, che all’infinito io possa essere qui, in questa posizione, con lui addosso che mi protegge da tutto e da tutti. E non c’è bisogno di parole, lo realizzo pienamente quando mi rendo conto del fatto che ce ne siamo scambiati davvero poche: non ci siamo nemmeno presentati. Non so nulla di lui, se non che sto per permettergli di entrarmi dentro – e non solo in senso fisico – senza il minimo rimorso. E capisco che basti.
Accolgo con piacere il suo lasciarmi stare sopra: mi dà il controllo della situazione perché capisce quanto lo desidero – e lo apprezzo – e sono io a sentirmi la padrona, almeno per un attimo che però è così appagante da farmi credere che il cuore mi scoppierà nel petto da un momento all’altro. Lo sento sfiorarmi i seni e il ventre mentre mi muovo su di lui per farlo finalmente entrare dentro di me – dove dovrebbe essere – e lo osservo mentre si morde le labbra, trattenendo gemiti e socchiudendo gli occhi. È così bello e così mio – anche se solo per poco, solo per una notte – che mi sento sopraffatta dai sentimenti e dalle sensazioni, lasciando che mi sconvolgano mentre mi muovo su di lui e lascio che mi imponga il suo ritmo – almeno quello – mentre mi si arpiona ai fianchi morbidi. Ed è ad un passo dall’orgasmo più bello e violento della mia intera vita che lo sento: qualcosa mi esplode nel petto, rimbombando e scuotendomi completamente mentre fuori il cielo nero e buio della notte viene illuminato quasi a giorno dai fuochi d’artificio del primo dell’anno. È ormai passata la mezzanotte e il 2014 è iniziato. È un nuovo anno ed io sto facendo l’amore con un perfetto sconosciuto che ha saputo capirmi meglio di chiunque fino ad ora.
Gli riservo un ultimo lungo sguardo appannato dal piacere prima di rifugiarmi tra le sue braccia, con una guancia schiacciata sul suo petto muscoloso e il respiro ancora ansante. L’abbiamo fatto ed è stato bellissimo, sono tranquilla e felice come non mai mentre lo sento accarezzarmi la schiena nuda in punta di dita e penso a quanto vorrei – già da subito – ripetere l’esperienza. E ancora una volta lui sembra capire alla perfezione i miei pensieri, perché lascia passare pochissimo tempo prima di ribaltare le posizioni e darmi un piccolo assaggio di cos’ha intenzione di fare – e farmi.
E gli sorrido, sinceramente, anche se la mia smorfia mi si cristallizza sul viso quando lo sento cercare il mio orecchio e sussurrarmi: «Felice anno nuovo» con una delle voci più belle che io abbia mai sentito. Una voce che, sono certa, non dimenticherò. Proprio come non dimenticherò nulla di questa notte.
E per la prima volta gli credo sul serio: è un felice anno nuovo, almeno per ora, e penso che continuerà ad esserlo finché potrò avere lui al mio fianco.


 


La citazione ad inizio shot è di Walt Whitman, che ormai – anche se poco esperta “del genere” – credo di amare sempre più. L’ho scovata a caso su fb e l’ho trovata così adatta al contesto che non ho potuto far altro che inserirla.
Da come avrete potuto capire, è di un Capodanno a New York che si parla. Ma non di un Capodanno qualsiasi, bensì del Capodanno: quello che ha portato questi due miei bimbi a conoscersi. L’ho voluto assolutamente provare a scrivere, anche perché All about you si merita proprio un prequel color
arancio. Da come avrete potuto leggere nella descrizione, questa shot fa da prequel alla long Romantica che pubblicherò non so ancora quando, ed è proprio da qui – da questo Capodanno pieno di passsssione – che comincia poi la storia dei due protagonisti aka i miei bimbi bellissimi dai prestavolto ancora più belli (per chi se lo stesse chiedendo, sono Alex Pettyfer e Jessica Lowndes – ♡♡).
Potrei anche rivelarvi i loro nomi, a ben pensarci, ma preferisco non rovinarvi la sorpresa. Hihi. Spero solo che questa cosina possa piacervi tanto da – perché no? – lasciarmi un commentino-ino-ino, anche se ultimamente ricevere recensioni qui su EFP mi sembra più difficile che imparare il giapponese. Anyway ora mi defilo, un abbraccio forte dalla vostra hell!
   
 
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