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Autore: aujosh    08/08/2015    1 recensioni
Si racconta che se alle Pietre di Nemeton si suoni il Corno di Cathbad, questo apre un velo tra il regno dei vivi e quello dei morti. Merlino ora si trovava al centro di questo imponente cerchio tenendo il corno in una mano.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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  Si racconta che se alle Pietre di Nemeton si suoni il Corno di Cathbad, questo apre un velo tra il regno dei vivi e quello dei morti. Merlino ora si trovava al centro di questo imponente cerchio tenendo il corno in una mano. Il luogo, nonostante gli anni passati, era rimasto immutato, stessa erba, stesso vento che lambisce la collina. Ciò che era cambiato era ciò che vi era intorno. Merlino aveva visto gli uomini progredire grazie alle loro scoperte: i motori a vapore, poi quelli a scoppio, la nascita delle industrie e le prime macchine; poi vide gli uomini usare questo stesso progresso che li aveva portati a vivere dignitosamente e diversamente dai tempi di Camelot usato contro loro stessi. Guerre. Sfruttamenti. Speculazioni.  Merlino però continuava ad aspettare Artù e a lungo aveva aspettato che il suo Re si destasse dalla tomba. Le profezie erano chiare, Kilgharrah aveva detto che Artù sarebbe risorto quando Albione avrebbe riavuto bisogno di lui. Re una volta e Re in futuro. Ma dov’era Albione? In tutto quel cemento dove si trovava quel regno di castelli e scontri di spade? Mentre aspettava, Merlino occupava la sua mente aiutando le persone che in tutto quel caos non c’entravano nulla visto che ognuno in quel nuovo mondo era abbandonato a se stesso. Usava la magia per curare malattie ma a volte quando il senso di nostalgia si faceva più acuto del solito ricorreva all’Arte degli intrugli che Gaius gli aveva insegnato come un padre avrebbe fatto col figlio. La gente di quel periodo era più tollerante nei confronti della magia. A dire il vero, spesso, essendo ignorante, non capiva neanche che si trattasse di magia. Sebbene gli anni di Camelot fossero finiti da lungi, Merlino aveva ancora paura di usare il suo potere, come se qualcuno dietro l’angolo potesse spiarlo e denunciarlo ad un re immaginario pronto a fare giustizia. Anche quando era nel suo appartamento, dove era sicuro di essere solo, trasaliva quando magari per comodità faceva fluttuare qualche oggetto per portarlo vicino a sé. Un tremito ogni qualvolta che non si comportava come un perfetto umano. “Perfetto”, rideva a quella parola. Come poteva essere lui perfetto? Provava ripugnanza per se stesso. Non aveva scelto lui di essere nato così. Era più potente di chiunque altro eppure a Camelot scambiavano la sua gentilezza per debolezza. Comunque non poteva fare nulla per stare bene con se stesso. Aveva vissuto troppo tempo nel terrore di essere scoperto per dimenticare tutto. I massacri ai druidi e a chiunque fosse dotato di magia ordinati da Uther erano ancora ben impressi nella sua memoria. Gli avevano sempre fatto credere che la magia fosse cattiva, che faceva solo del male. Ripensò a Morgana. Era colpa sua se si è scatenato quell’effetto domino. Lui aveva costruito quell’arma e quella stessa arma venne per distruggere ciò che lui aveva imparato ad amare. Allo stesso tempo Merlino aveva tentato di muoversi sempre per il bene. Artù era stata la persona che l’aveva aiutato ad accettarsi, conoscersi e migliorarsi. Ora invece si sentiva (perso?) vuoto. Il vuoto portava il nome di Artù. Ormai ricordava poco dei tempi di Camelot. Ricordava a malapena la voce di Gwen. Egli stesso per ricreare le pozioni di Gaius dovette passare due mesi a fare tentativi su tentativi per ricordarsi gli ingredienti e le proporzioni esatte. Ma di Artù, sì, di Artù ricordava tutto, il modo in cui il sole colpiva i suoi capelli facendoli sembrare filigrana, la posizione che assumeva nel suo letto quando dormiva: sul fianco nonostante ora nella sua tomba fosse disteso sulla schiena. O come si lamenterebbe se solo (fosse vivo) potesse! Una sola cosa non riusciva a ricordare: il suo tocco. Ogni volta che pensava ai suoi ultimi momenti di vita, alle sue ultime parole (“C’è qualcosa che devo dirti... tutto quello che tu hai fatto. Lo so ora. Per me, per il regno che mi hai aiutato a costruire … Voglio dire qualcosa che non ti ho mai detto prima … Grazie.) percepiva un vago calore ma nulla di più. Nulla di più di quella scena in cui il giovane mago stringeva il Re morente che spesso sognava. Quando sembrava che stava passando dei giorni tranquilli ecco che prepotentemente il sogno di quella stretta lo veniva a trovare, a ricordargli che lui non ne uscirà mai perche tutto quel dolore è sempre lì in attesa di essere provato. Nonostante quella scena si ripetesse come un disco incantato Merlino continuava a non ricordare che sapore potesse avere quel tocco, solo calore. Non sentiva nulla e si faceva male per questo, un incubo, tuttavia si sforzava di sognare questi ultimi momenti di Artù. Dio sapeva quanto gli faceva male vedere il suo amato morire ogni notte eppure, quegli istanti gli servivano  per poterlo guardare ancora una volta negli occhi. Non ne valeva forse la pena? Da un paio di notti quando si addormentava cadeva in un oblio e quando si svegliava che era mattina non ricordava nulla di quello che aveva sognato. Non sognava più. Era per questo motivo che ora si trovava al centro di quel Nemeton. Stanco ma deciso soffiò nel corno e un suono sordo uscì da quest’ultimo. Chiuse gli occhi per via del vento che si era generato e ad un certo punto una mano gli si posò sulla spalla. Si girò ancora con gli occhi chiusi non vedendo che il Suo Re, bello come sempre, lo aspettava. Si abbracciarono e fu un abbraccio forte. Subito fu come se un fulmine lo colpisse. Lui era il figlio della Terra, del Mare e del Cielo. Lui era nato dalla magia e lui stesso era Magia. In quel momento tutto quel potere che aveva dentro lo travolse. Aveva ancora gli occhi chiusi mentre stringeva Artù e quando li riaprì sembrava che un fuoco giallo ardesse in fondo a quelle pupille. Finalmente quel calore indefinito si era trasformato in pressione sulla sua pelle esercitata dal tocco di Artù. L’aveva percepito nonostante quello che avesse davanti fosse solo un fantasma che non poteva lasciare il regno dei morti al quale apparteneva. Il suo Re gli sorrideva, finalmente poteva vederlo. Il tempo però scorreva e Merlino sapeva che se fosse rimasto ancora un minuto in bilico tra i due Regni non sarebbe potuto più tornare indietro. Decise di restare.   And you saw me low  alone again.  Didn’t they said that only love will win in the end?
  
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