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Autore: Spiretta97    08/08/2015    0 recensioni
Undici anni dopo la morte di suo padre, Aiden si sente finalmente pronto per intraprendere la sua personalissima avventura Pokémon, convinto che tutto andrà finalmente per il verso giusto. Tuttavia non aveva fatto i conti con un piccolo e disubbidiente Shinx cieco e con due scalmanate ragazze che si uniranno a lui per viaggiare per tutta la regione di Unima. A mettere ulteriormente i bastoni tra le ruote sarà il rinnovato Team Plasma con nuovi malefici piani per dividere il mondo dei Pokémon da quello degli umani. Sembrà che toccherà proprio ad Aiden e alla sua squadra fermarli una volta per tutte, ma ne saranno capaci?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Infermiera Joy, N, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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CAPITOLO 1: Il ricordo di mio padre

 

Non è la prima volta che mi viene chiesto di raccontare di mio padre, della sua morte e del giorno in cui io e mia madre scoprimmo di essere orfani, soli. Non è nemmeno la prima volta che ripenso a quel giorno, che rivedo quel momento da diverse angolazioni, come se fosse un film o un videogioco completamente esplorabile. Più volte nella mia mente da bambino e da ragazzo ho provato a forzare l'andamento dei fatti, a cercare di darmi e darci un “lieto fine”, ma senza successo: per quanto mi sforzassi il mio ricordo terminava sempre allo stesso modo, sempre con l'agente Jenny con il cappello di mio padre stretto fra le dita.

Per anni io ho vissuto nei miei sogni, con un padre che, lentamente, non era più il mio,perdendo di notte in notte qualche piccolo dettaglio che lo rendeva autentico, fino a diventare quasi un fantasma implorante di lasciarlo andare...

In quel mondo alternativo e notturno che mi ero creato, il mio “altro padre” mi insegnava ad essere uomo, mi spiegava ripetutamente che essendo ormai io l'uomo di casa avrei dovuto proteggere la mamma dai pericoli ma sopratutto avevo il compito di farla ridere; di questo “ordine” sono grato al mio “altro padre”, davvero grato, perché sono convinto che se quel caldo pomeriggio di metà Agosto due mesi dopo la morte di mio padre Martin, io non fossi riuscito a far ridere mi madre, a quest'ora l'avrei persa per sempre. Grazie, davvero. È ora che io ricambi il favore, lasciandolo andare, abbandonando quell'assillante ricordo, rendendolo finalmente pubblico. È vero quello che ho detto prima, che non è la prima volta che mi viene chiesto di mio padre, tuttavia questa è la prima volta che ho intenzione di parlarne, liberandolo finalmente dalle catene che a causa mia lo hanno costretto nella mia mente per troppi anni.

Era il sette Giugno e le vacanze estive per me erano appena iniziate. Ricordo che ero entusiasta del fatto che quell'anno avrei iniziato le elementari e non vedevo l'ora di conoscere tanti bambini con cui fare amicizia, ridere scherzare e parlare di Pokémon, la mia grandissima passione. A quei tempi amavo giocare con l'Arcanine di mio padre e ricordo ancora quando, due giorni dopo l'accaduto, un collega poliziotto di mio padre lo venne a prendere sostenendo che appartenesse alla compagnia cinofila e non proprio alla famiglia dell'affidatario. Fu un trauma per me, mia madre ed Arcanine che fu trascinato via latrante poiché non aveva intenzione di entrare nella pokéball.

Quel giorno ero a giocare fuori sulle colline vicino a casa proprio con lui e con il retino che mi avevano regalato per il mio sesto compleanno ed ero troppo intento a cercare di catturare un Sewaddle o un Butterfree per accorgermi che l'auto della polizia stava accostando proprio davanti alla mia abitazione e quando me ne accorsi mi affrettai a scendere la collina con il retino stretto in mano ansioso di far vedere a mio padre il Pokémon coleottero che avevo acchiappato. Ero davvero convinto di trovarlo in casa ma quando arrivai davanti all'uscio di casa la scena era diversa.

L'agente Jenny mi dava le spalle,ma capivo che teneva in mano qualcosa,qualcosa che spaventava mia madre. Fu questione di secondi, ma a me parsero millenni: mia madre, che fino ad allora aveva tenuto salda la mano al pomello della porta, si portò lentamente entrambe le mani alla bocca scuotendo lentamente la testa, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. Tremava dalla testa ai piedi e indietreggiava farfugliando qualcosa che, per la lontananza, non potevo capire.

Il mio petto si gonfiava e sgonfiava ritmicamente mentre il cuore batteva così forte che avrebbe potuto rompermi una costola. Arcanine si era accorto del mio disagio e mi stette vicino fino all'ultimo, lasciandosi sfiorare dalla mia gamba nuda per via dei pantaloncini corti che indossavo. Rimasi immobile. Volevo muovermi, ma era come se qualcosa nel mio inconscio non me lo permettesse. Forse, nel profondo, avevo già capito cosa era successo ed andare a vedere il volto scuro dell'agente sarebbe stato superfluo e disturbante per un bambino della mia età, perciò rimasi immobile anche quando mia madre, con gli occhi gonfi di lacrime diede voce al suo dolore gridando così forte da far sussultare e accorrere Arcanine. Mia madre inciampò e cadde in avanti continuando a piangere e a gridare, cercando di rientrare in casa, il luogo dove si sentiva più sicura, più protetta. L'agente Jenny la chiamò per nome, affrettandosi ad aiutarla ad alzarsi. Facendo ciò lasciò cadere a terra una divisa ed un cappello blu scuro, il quale, trasportato da una folata di vento improvvisa, cadde ai miei piedi, di modo che io potessi scrutarlo con tutta calma. C'eravamo solo io, lui e il frusciare delle foglie. Non sentivo più nient'altro se non le foglie e i miei pensieri che si arrovellavano nella mia mente creando un gran baccano, quando, finalmente, la luce. Capii. Mi cadde il retino dalle mani e il Pokémon che avevo catturato se ne volò via in tutta fretta ignorandomi. Con le mani tremanti mi chinai e presi in mano il berretto azzurro che mio padre era solito indossare la mattina prima di uscire e togliersi ogni sera prima di abbassarsi alla mia altezza consentendomi di saltargli al collo per abbracciarlo.

Stringevo fra le mani quel capo d'abbigliamento passando le mie piccole dita sul tessuto morbido bloccandomi sulla fascia. C'era un foro perfettamente rotondo contornato di nero, segno di bruciatura. Quando ebbi il coraggio di sfiorarlo notai subito la differenza... non era più morbido e soffice, improvvisamente tutta quell'area era diventata rigida, sporca, immobile... come un morto.

 

Mio padre era stato ucciso da un colpo di pistola sparato a bruciapelo proprio in quel punto. Quel giorno, in quella sparatoria avvenuta nei pressi del Cantiere dei Sogni, morirono due uomini: mio padre e quello di Nathan, il mio migliore amico e rivale.

Quella sera l'agente Jenny rimase a mangiare con noi cercando di trattenere mia madre dall'insana voglia che aveva di distruggere qualsiasi cosa le capitasse accanto.

Non chiesi mai di mio padre e quella sera non vedendolo rincasare ebbi la conferma di quanto era accaduto.

Quella notte, cullato dai miei singhiozzi, sognai mio padre per la prima volta non lasciandomi più solo.

Oggi, raccontandovi questa storia, spero di aver reso il favore a mio padre, per essere stato presente non solo nei miei sogni, ma anche nella mia avventura Pokémon. Senza il suo aiuto e quello dei miei amici ora non sarei qui. Vi racconterò anche questa storia, ma per ora... Grazie padre, d'ora in poi camminerò da solo, ma se vorrai, vienimi a trovare nei miei sogni... la porta della mia mente è sempre aperta per te.

 

  
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