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Autore: Iria    28/01/2009    9 recensioni
"Non seppi dire cosa cambiò in lui.
Forse, stavo semplicemente vivendo un’illusione.
Forse, credeva davvero di avermi fatto del tutto suo, in quel periodo…
Indubbiamente, riuscì a piagarmi.
Mi mise in ginocchio, in tutti i sensi.
Gli diedi il via libera e soddisfò qualsiasi tipo di fantasia erotica facesse sul mio conto.
Non potevo fare a meno di lui, ma lui...
Lui tanto meno poteva fare a meno di me."
Ennesimo esperimento, spero che vi piaccia e che mi lascerete un commento ^^!
Iria.
[Prima classificata su trenta a pari merito al "New Couples Contest" indetto da Amimy]
Genere: Introspettivo, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Boris, Kei Hiwatari, Yuri
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Non-con
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Ennesimo,subdolo esperimento…
Cosa ne verrà fuori è un mistero anche per me.
Nata di improvviso,tra un sogno confuso e l’ascolto della canzone omonima al titolo dei The Rasmus.
Buona lettura (si spera..!),aspetto commenti (anche negativi,ovvio).
Un bacio!

Your Eyes
-Livin’ In A World Without You-


*Non devi essere schiavo delle passioni*


Osservavo con una nota di profondo rammarico la pila di documenti lasciati in bella vista dalla segretaria sulla mia scrivania.
La nausea e il disgusto verso quel noioso esame che mi attendeva erano al culmine, aggiungendosi crudelmente al già crescente disagio verso la visita che aspettavo.
Sospirai, afferrando con mano tremante il primo degli infiniti documenti.
Dirigere una delle innumerevoli filiali di una grande azienda come le industrie Hiwatari era certamente un onore ma…
Dio, che noia…
Proprio mentre stavo per immergermi nella lettura di dati e tabelle varie, bussarono alla porta:
“Avanti…” Dissi in tono seccato, riponendo da parte uno schema con percentuali piuttosto negative.
Kiara, la mia segretaria, fece il suo ingresso con quel solito sorriso smagliante che riusciva sempre a mettermi di buon umore, o per lo meno rilassarmi.
Esistono persone che donano benessere solo al guardarle e quella ragazza, mia coetanea, era una di quelle, indubbiamente.
Alle volte, quando mi portava in ufficio il mio caffé alla nocciola, la invitavo a rimanere, perché anche solo le sue futili chiacchiere su pettegolezzi aziendali mi facevano sorridere e rilassare.
Oddio, forse ero io ad essere semplicemente strano…
“Yurij, il Signor Hiwatari è appena arrivato per l’ispezione.” Mi comunicò con un fremito nella voce cristallina.
Mi si seccò la gola: Kei Hiwatari, nipote dell’illustrissimo Hito Hiwatari, erede di un patrimonio diviso nelle maggiori banche mondiali e possessore di una fantastica Spider F430: l’unica donna dei miei sogni…
Aveva lineamenti tipicamente orientali assottigliati dal suo sangue in parte slavo; ed occhi rossi, i quali brillavano di una tale luce che tante volte mi avevano messo i brividi.
Fisico degno di una scultura greca.
Senza contare il fatto che possedeva un carattere orribile: freddo, borioso, malvagio…
Era estremamente bastardo, cinico al limite, ci provava spudoratamente con me e con la mia segretaria.
Ebbene, lo odiavo.
“Grazie Kiara, comunicagli che arrivo subito.” Gli dissi, cercando di apparire sicuro.
“Vuoi che gli metta dei sedativi per cavalli nel caffé?” Fece la ragazza in tono scherzoso, avvertendo la mia inquietudine.
“No grazie, credo di potercela fare.” Risi, seguito a ruota dalla giovane, che si avviava fuori dall’ufficio.
Raccolte in una cartella le carte contenenti i dati più recenti dell’andatura dell’azienda mi avviai anche io, preparandomi al peggio.

Quando lo vidi (sorriso ammiccante e seducente, sigaretta alla mano) un moto di rabbia e disappunto mi fece tremare.
Stava fumando e lo faceva nella mia azienda.
“Oh Yurij, non puoi immaginare che piacere…”
“Piacere tutto suo, signore. La prego di spegnere quella sigaretta, se non vuole che la cacci via. Ci sono delle regole in questo posto, e non transigo la loro trasgressione: questo vale anche e soprattutto per lei.” Lo attaccai, interrompendo le sue parole con tono autoritario e duro.
Avevo iniziato alle grande..!
Soddisfatto nel mio giubilio, non notai il suo sorriso farsi cattivo, velandosi di malizia.
Sadica e folle malizia.
Fissandomi dall’alto in basso, portò la sigaretta alle labbra, aspirandone la nicotina e tutte quelle altre schifezze nocive che non tolleravo, per poi soffiarmi il fumo sul volto lentamente… Malvagiamente.
Mi scostai, tossendo infastidito e disgustato, gli occhi lucidi a causa del fumo.
Con una lieve risata, rivolta alla mia reazione, gettò sul pavimento in marmo dell’atrio pulito la cicca della sigaretta, spegnendola.
Dannato figlio di buona donna…
“Bhé Yurij, allora? Non ho tempo da perdere, iniziamo l’ispezione.” Sorrise,incamminandosi verso l’ascensore.
Imprecando con frustrata rabbia tra e me e me,i mpotente nella mia posizione, stanco ancor prima di iniziare, lo seguii.

Quel giorno tornai sfinito e straziato a casa.
Mi gettai a peso morto sul letto, con un terribile mal di testa e la rabbia che a fatica andava sbollendo.
Lo aveva fatto ancora, mi aveva baciato, di nuovo.
Sempre con quel suo solito menefreghismo verso i sentimenti altrui.
Dio...
Come poteva esistere una persona talmente… Vuota?
Non potevo crederlo, semplicemente mi limitavo a ricercare il meglio nelle persone.
Ma in lui, in quel… In quell’essere non vedevo nulla che potesse lontanamente avvicinarsi all’apprezzamento umano.
Lo vedevo come un mostro, si.
Ma anche come una persona terribilmente sola, e ne provavo compassione.
Anche se da compatire non vi era nulla.

Credo che poco dopo caddi in un sonno profondo, perché mi risvegliai il giorno seguente dolcemente cullato dalle grida che provenivano dal vialetto di casa mia.
Rigirandomi nel sonno, maledii chi di primo mattino alla domenica (erano solo le undici, dannazione!) strillava sotto la mia finestra.
Pienamente intenzionato nel dare una bella strigliata a quelle scimmie urlatrici, aprii le imposte, affacciandomi.
E mi sentii mancare.
Kei Hiwatari, quel Kei Hiwatari mi salutava poggiato ad una fiammeggiante Ferrari, mentre gli uomini della concessionaria (che pagati profumatamente, a quanto pareva, l’avevano consegnata sotto casa mia), sloggiavano.
“Allora Yurij, che aspetti a scendere? Ti mostro come guidare la tua nuova auto.” Ammicò beffardo.
“Ma... Ma io ho già un... Un’automobile.” Dissi in tono strozzato, anche piuttosto ingenuamente.
“Quel catorcio? Oh, un direttore d’azienda merita di meglio! Muoviti a scendere, non ho tutta la giornata.” Tagliò corto, ed io ancora intontito mi allontanai dalla finestra.
Temevo il prezzo di quell’inspiegabile dono...

It's hard to believe that it came to this

Quando scesi, stretto nel mio lungo capotto bianco, mi sorrise, fissandomi con quegli occhi che rare volte riuscivo ad affrontare.
Temevo di leggervi qualcosa di spiacevole ed il mio sesto senso mi diceva che era meglio evitare, in quel momento, il suo sguardo.
Mi sventolò davanti al volto la chiave di quel gioiello automobilistico, dove il cavallino nero rampante appariva su uno sfondo giallo canarino.
Era per caso un invito?
“Guido io, ti mostro come muoverti.” Si offrì, aprendo lo sportello dell’auto.
“I-io...” Balbettai.
Cavolo, non sapevo nemmeno da dove cominciare.
“C’è qualche problema?”
“Non credo di... Poter accettare.”dissi con uno filo di voce, tutto d'un fiato
Kei si limitò a scrollare le spalle.
“E’ un regalo aziendale per l’ottimo lavoro svolto, non sei costretto ad accettare, ovviamente.”
Annuii, sempre più timoroso.
“Però un giro devi farlo, giusto per essere cosciente di cosa ti perdi.” Aggiunse, deliziato.
Ecco, appunto.
Stronzo.

You paralysed my body with a poison kiss


Mi veniva da piangere.
Dopo ore di viaggio, correndo in modo sfrenato, aveva accostato ai limiti di un boschetto dove un po’ più avanti vi era un precipizio, il quale dominava il panorama della città che andava illuminandosi al tramonto.
Nubi nere avevano striato tristemente il cielo all'orizzonte, ed in lontananza si avvertivano i tuoni di un imminente temporale.
Oh, ma questo certamente non gli importava, mentre era lì ad immobilizzarmi e ad appiattirmi con ben poca grazia contro il cofano dell’auto, baciandomi.
Non la capivo questa sua ossessione nei miei confronti...
Era perché non avevo mai ceduto e non ancora soddisfatto il suo infinito ego?
Mi divincolai con violenza e indignazione, e lo schiaffeggiai.
Ancora oggi, il suono tagliente di quello schiaffo mi riaccheggia nelle orecchie.
Resomi conto di ciò che avevo fatto, deglutii.
Avevo paura, avevo una fottuta paura.
“Mi scusi...” Pronunciai stentatamente, mentre la pioggia iniziava a battere sul mio volto.
Kei aveva il viso basso e con due dita sfiorava la zona lesa, quasi ad assicurarsi della veridicità di quell’ affronto.
Con mia enorme sorpresa mi sorrise.
E la mia paura crebbe.

L’ombra di quel sorriso, al ritorno, permase sul suo volto per tutto il tragitto.
Mi sentivo minacciato, ma preferivo non pensarci, nonostante l’ansia di quel momento mi causasse una nausea che a stento trattenevo.
Nausea che crebbe ancora, quando trovammo la strada per casa mia chiusa al traffico, causa allagamento.
Oh, Santo...
“Uhm, di qui non si passa.” Si voltò a guardarmi con aria di sufficienza.
“Vieni da me.” Non era una domanda, ma un’affermazione che suonava sinistramente, come una minaccia.
Non avevo soldi con me per pagarmi una stanza di albergo per una notte, e fui costretto dalla casualità ad accettare mio malgrado.

For 40 days and nights I was chained to your bed

Nella mia sfrenata fantasia, l’Inferno era un deserto di fiamme, dove anime dannate danzavano e gridavano con orgoglio i loro peccati rivolti ad un trono di nero cristallo, dove Lucifero, dagli oscuri occhi traboccanti di perdizione, ascoltava deliziato quelle note.
Non pensavo, non credevo, non avrei mai immaginato che l’Inferno potesse essere una villa in stile vittoriano.
E che il suo signore, il suo padrone, il suo folle Diavolo, potesse essere il mio capo dagli occhi fiammeggianti...

Quando varcai la soglia di quel posto ero bagnato fradicio.
Sì insomma, presente quando piove così forte che vi si bagnano i pantaloni fin sul sedere?
Ero in condizioni peggiori.
Rabbrividii, ma non per il freddo: l’atmosfera in quell’enorme villa pareva mancare di calore umano.
Quando si entra in una casa i colori, gli odori, il mobilio stesso sembrano raccontare qualcosa.
Ma in quell’istante non avvertivo niente...
Una volta che Kei fece luce con una candela (la corrente era saltata), chiuse la porta dietro di sé, conducendomi nell’enorme salone dove un elegante oggetto, che avevo amato più di qualsiasi altra cosa, attirò la mia attenzione.
“Oh no, non è possibile! Lei non può saper suonare il piano..!” Soffiai incredulo, avvicinandomi gioioso allo strumento, come un bambino con le leccornie più caloriche.
“Infatti non lo so suonare: era di mia madre...” Ribatté accigliato.
“Ah, ecco.” Risi lievemente, carezzando i tasti di avorio.
“Perché credi che non possa essere capace di suonare quel coso?” Riprese allora, con una punta di divertimento nella voce.
“Perché lei è troppo freddo per poter comunicare qualcosa con uno strumento così colmo d’amore.” Sussurrai ipnotizzato, sedendomi al piano.
Al tempo non diedi peso a quelle mie dure parole. Ripensandoci ora, con molta probabilità fui io, tra i due, a non aver avuto cuore.
Una forte risata accompagnò quella mia affermazione.
“Quanto hai ragione...” Annuì, poggiandosi alla fiancata dello strumento.
Iniziai ad accennare qualche nota; me la cavavo piuttosto bene, anche se non avevo mai avuto la giusta pazienza di imparare.
Sapete, ho sempre voluto le cose fatte in fretta e precise.
Le ho sempre ottenute, certo, ma mai con l’arte.
“Davvero mi ritieni così insensibile?”
Mi colse di sorpresa e sobbalzai: non sapevo come rispondergli.
Scelsi di studiare accuratamente le parole da dire, smettendo di suonare.
“Sì... Sì, signore. Lei col suo potere, con la sua forza e il suo denaro crede di... Poter assoggettare chiunque al suo volere. Trattare come oggetti le persone, senza il rispetto verso le loro scelte o decisioni, è egoistico, ma soprattutto infantile e malvagio. E non capisce che potrebbe ferire chi la circonda.”
“Ti ho ferito?”
“Sì.”
Forse fu perché avvertì il mio tremore e timore, che non mi rispose.
Mi si avvicinò, facendomi sollevare.
“Sei fradicio, devi cambiarti. Vieni con me.” Mi sussurrò, deviando il discorso e accompagnandomi al piano superiore.
Quel luogo più lo vedevo, più mi rattristava: così grande, così vuoto.

Quando uscii dal bagno coi capelli umidi ed i vestiti che Kei mi aveva prestato (di due taglie più grandi della mia), rise.
Calai lo sguardo, imbarazzato, stringendomi nel maglione bianco che mi aveva dato.
Poi d’un tratto mi sentii trascinare sul suo letto.
Mi strinse a sé, affondando il volto nei miei capelli ed io mi irrigidii.
“Non ti farò del male...” Si limitò a bisbigliarmi, cullandomi al suo fianco.
Quella volta mantenne la promessa, ma mi incatenò a sé e scoprii di non riuscire a fare meno di lui.
Per quaranta giorni e quaranta notti andai in pezzi.

You thought that was the end of the story
Something inside me called freedom came alive
Living in a world without you


Non seppi dire cosa cambiò in lui.
Forse, stavo semplicemente vivendo un’illusione.
Forse, credeva davvero di avermi fatto del tutto suo in quel periodo.
Indubbiamente, riuscì a piagarmi.
Mi mise in ginocchio, in tutti i sensi.
Gli diedi il via libera e soddisfò qualsiasi tipo di fantasia erotica facesse sul mio conto.
Non potevo fare a meno di lui, ma lui...
Lui tanto meno poteva fare a meno di me; anche se i suoi occhi, quando riuscivo a fissarli, negavano.
Mi stavo disintegrando e la luce del giorno sembrava surreale vista dalle grandi finestre della nostra camera.
Era un’agonia dirigermi a lavoro e stargli lontano.
Sì, perché la mantenevo la mia libertà: lavoravo, ridevo con Kiara.
Ed ogni qual volta che avevo la possibilità di tornare a casa mia c’era qualcosa che mi tratteneva, spingendomi nuovamente da Kei.
Non immaginavo di poter vivere in un mondo senza lui...

You told me:
“My darling
Without me you’re nothing”
You taught me to look in your eyes
And fed me your sweet lies

Tante notti ci siamo allacciati in un nodo umano di gemiti e sospiri.
Quando Kei esplodeva nel mio corpo, subito dopo si accasciava al mio fianco ed iniziava riempirmi il volto di baci.
Mi baciava ovunque, sfiorava i miei lunghi capelli rossi con le labbra sottili, mi sollevava il mento e mi costringeva a fissarlo negli occhi.
Ne ero sempre spaventato...
Sempre.
Rabbrividivo, fuggivo a quello sguardo di fuoco e lui mi stringeva il mento fino a farmi male, affondando le unghie nella mia candida carne: dovevo guardarlo finché non avesse distolto lui per primo i suoi occhi dai miei.
E allora si avvicinava a me e mi diceva:
“Mio caro, senza di me sei niente.” E rideva di gusto, guardandomi ancora.
Lo aveva colto, il timore che avevo delle sue iridi: mi insegnava a guardarle con disprezzo, rispetto, reverenza e con qualcosa che somigliava all’amore...
Tutte assurde bugie.

Suddenly someone will stare in the window
Looking outside at the sky that had never been blue

Una domenica ripresi a piangere.
Kiara mi aveva consegnato le dimissioni il giorno prima con uno sguardo tristissimo.
Le persone, che ti trasmettono allegria con la loro solarità, sono in grado di infonderti un dolore straziante con i loro occhi improvvisamente velati di malinconia.
Non avevo capito le sue motivazioni, erano state confuse, farfugliate in miseri balbettii.
“Perché piangi?” Mi chiese Kei, alzando un sopracciglio ed osservandomi da sopra il bicchiere di vino rosso che sorseggiava.
“Nulla.” Soffiai. Non volevo parlare a colui che ritenevo essere la causa di quella mia sofferenza.
Avevo buone ragioni per pensare che la colpa della fuga di Kiara fosse stata di Kei.
Quella ragazza mi era stata amica.
Ero il suo capo ma, diavolo, mi trattava come un fratello e aveva imparato a capirmi.
Era l’unica, in azienda, che mi dava del tu, che si ricordava del mio compleanno e che, puntualmente, mi preparava il mio dolce preferito.
La mille foglie al cioccolato.
Mi alzai lentamente e, sotto lo sguardo scrutatore di Kei, mi affacciai alla finestra.
Pioveva.
Come quella domenica che appariva così lontana, ma che in realtà distava soltanto una manciata di settimane.
Osservai il firmamento rannuvolato e grigio, e mi resi conto che quello stesso cielo era stato blu giorni prima, o almeno così dicevano i flash confusi della mia mente...
Ma l’ultima volta che lo aveva fissato con la stessa intensità(semi-disteso sul cofano di una Ferrari, cercando di ignorare il tocco di Hiwatari sulle mie labbra) aveva avuto le stesse sfumature plumbee.
Chinai il volto, lanciandogli una fugace occhiata.
Il mio capo.
Continuavo a dargli ancora del lei, nonostante condividessimo lo stesso, dannato letto.

Oh there’s a world without you
I see the light
Living in a world without you


“Mi sembri stanco, vieni a dormire.” Bisbigliò.
Lo ignorai, rimanendo seduto nella grande poltrona, portando le ginocchia al petto.
“Domani andrò via.” Soffiai, tenendo gli occhi fissi nel vuoto.
“Ahah..! Sono settimane che ogni sera mi ripeti la stessa frase, Yurij.” Mi rimproverò, lo sguardo colmo di malizia.
“La smetta di guardarmi in quel modo.” Feci stizzito, alzandomi per affrontarlo.
Poi indietreggiai, come un cucciolo spaurito.
I suoi occhi erano il fuoco e le fiamme dell’Inferno.

Scesi le scale che portavano al piano inferiore.
Furioso, frustrato, disperato...
In un moto di insana rabbia, tirai un pugno verso una parete, per poi ignorare il dolore lancinante che quel colpo aveva prodotto.
“Sono in trappola.” Quel ridicolo bisbiglio suonò come il lamento di una bestia ferita.
Lascia che il mio sguardo scivolasse sul prezioso marmo del pavimento.
Uno spiraglio di luce illuminava fiocamente quella stanza, la finestra era ancora aperta e le nuvole andavano diradandosi nel cielo.
Ragazzi, uomini, donne, bambini, i quali erano stati risparmiati da quell’incantesimo che aveva fermato il mio tempo nella villa di Kei, rincorrevano la vita attraversando la loro strada.
Afferrai il mio cappotto, precipitandomi fuori la villa.

Oh there is hope to guide me
I will survive
Living in a world without you

Camminavo guardandomi intorno, quasi non conoscessi quelle strade.
Respiravo l’aria umida di pioggia: era piacevole, ben diversa da ciò che avevo respirato a casa di Kei; villa Hiwatari era immersa nel fumo delle sue dannate sigarette e nel soffocante e malsano calore del fuoco del camino...
Avvolto in quelle deliranti considerazioni, non mi accorsi di star filando dritto contro un ragazzo che veniva dalla direzione opposta alla mia.
Mi scontrai contro quella figura imponente, ricadendo rovinosamente a terra.
“Cazzo, che male!” Mi lamentai (poco finemente, tra l’altro..!), strizzando gli occhi e massaggiandomi il sedere.
Che botta...
“Ehi, tutto bene?” Mi chiese il tipo che aveva attentato alla mia incolumità.
“Sì, sto bene.” Gli risposi, sollevandomi un po’ a fatica, per poi soffermarmi a fissarlo.
Wow...
Fu l’unica cosa intelligente che pensai.
Aveva i capelli tinti di un colore tra il grigio vecchietto, l’argento, e il tipico colore di un ratto schiacciato sull’autostrada.
Era buffissimo! Per poco non gli risi in faccia..!
Ma i suoi lineamenti affilati e virili, i suoi occhi verdi e splendenti mi mozzarono il fiato.
Nell’insieme, quel terribile colore di capelli non si notava nemmeno.
“Ho qualcosa che non va?” Mi chiese a quel punto, accigliato.
Arrossii di colpo.
Ho sempre avuto il brutto vizio di fissare le persone che trovo interessanti tra un’espressione affascinata e guardinga.
Dio,che figura di merda...
“No, no.” Dissi subito, scuotendo il capo.
“Sono i miei capelli, vero? Ma che hanno di strano?” Chiese stancamente, con un’espressione talmente... Simpatica, che non riuscii a resistere e risi divertito.

Se in ogni mio singolo pensiero fino a quel momento formulato avevo fatto un riferimento a Kei, in seguito, passando un casuale pomeriggio con quel giovane dagli occhi di smeraldo, non seppi dire se continuai a fare lo stesso.

It's hard to believe that it came to this
You paralysed my body with a poison kiss


Scoprii che il suo nome era Boris…
Era un tipo davvero simpatico: estroverso, ironico, possedeva la giusta malizia.
Feci subito amicizia con quel giovane; mi offrì un caffé e da perfetti sconosciuti quali eravamo, ci ritrovammo a parlare come amici di vecchia data.
A fine giornata tornai col cuore più leggero a villa Hiwatari.
Nella tasca tintinnavano le chiavi di casa mia.

Ma l’esperienza di quella giorno andò in frantumi davanti il Signor Presidente Hiwatari Kei.
Ovviamente, si sentiva in obbligo di rovinarmi la vita.
Era davvero arrabbiato, quando mi sbatté contro il muro.
Mi fu difficile credere che sarebbe arrivato fin lì.
Mi fece gemere ed implorare ed il veleno dei suoi desideri si insinuò ancora in me, quando mi baciò con foga distruttiva.



For 40 days and nights I was chained to your bed
You thought that was the end of the story
Something inside me called freedom came alive
Living in a world without you


Mi fece male, mi distrusse...
Mi ricucì a sé, mi legò così stretto da farmi sanguinare.
Mi trascinò nelle sue spire infuocate: ero la sua droga, ma io non volevo nutrirlo.
Ero solo il povero fesso che dirigeva una delle sue aziende, ero solo uno sfigato laureato che si era spezzato la schiena sui libri, ero solo... Una dannatissima e comunissima persona, cazzo!
Il mio sembrava un patto col Demonio, Satana in persona sfiorava con la punta delle dita la mia pelle, leccava le mie labbra.
E rideva del mio respiro mozzato.
Pensava, credeva davvero che quella fosse la fine?
“MI LASCI ANDARE!” Lo gridai, era la prima volta che lo facevo.
Volevo sfuggire a quella morsa, a quel profumo assuefante, a quella prigionia.
C’era qualcosa nel mio cuore che gridava con disgusto contro tale malsano magnetismo...
Davvero, stavo per sentirmi male.
Desideravo sopravvivere a quel tormento e a quel dolore Improvviso: era una spasmo che stava assumendo le sembianze di uno stupro, e questo mi spaventava a morte.
Ed i suoi occhi... Oh, non ebbi il coraggio di guardarlo.
Mi portai le mani al volto, coprendomi la vista, cercando di proteggermi con quell’inefficace barriera e provare ad immaginare di vivere in un mondo senza di lui.

You put me together
Then trashed me for pleasure
You used me again and again
Abused me, confused me


Ho un ricordo molto vago di quel momento.
Non che quelli trascorsi precedentemente con lui fossero precisi, ma questo in particolar modo, sfumò.
Avevo davvero creduto, in quei giorni, di star costruendo qualcosa, di aver riunito i pezzi della mia vita in un puzzle meraviglioso.
Avevo confinato incertezze e nonostante nutrissi ancora stupide paure e vaghi sospetti, cominciavo a combatterli.
Ma si frantumò tutto troppo facilmente, tanto era fragile il mio castello di cristallo sospeso nell’aria...
Non immaginavo potesse essere così doloroso.
Mi aveva bloccato lì, su quel letto, e mi aveva usato e mi usava ancora, sfiorando l’abuso.
I suoi tocchi sempre meno delicati e le sue spinte sempre più violente mi dilaniavano.
Gridavo e supplicavo, ma rimanevo immobile, con solo il volto coperto dalle mie mani tremanti e gelate, bagnate dalle lacrime che avevo iniziato a versare.
Ma ciò che, successivamente, mi terrorizzò fu il fatto che era sempre stato doloroso.
Non me ne ero mai reso conto e solo il quel momento mi apparve tutto fin troppo chiaro: non vi era mai stata dolcezza, complicità e passione…
Ma solo violenza, freddezza e meschinità, mascherata da sorrisi luminosi, che altro non avevano fatto se non riempire ulteriormente le tenebre che annebbiavano i miei sensi...
Ero divenuto un oggetto da curare, un pezzo da collezione di vanto, prestigioso... Qualcosa da rendere talmente fragile che alla sola e prima disattenzione si sarebbe miseramente frantumato.
Sembrava che tutto fosse stato premeditato e deciso con estrema cattiveria.
E mentre ero lì, che mi facevo sbattere come uno straccio, si delineava un disegno troppo crudo per essere reale, un disegno troppo malsano, per poter rappresentare la mia vita trascorsa in quei giorni...
Premetti le mani sugli occhi, provando ad ignorare le sue che cercavano, sadicamente, di farmi affrontare quelle iridi di fuoco; era l’unica battaglia che potevo vincere, l’unica cosa che mi rimaneva da fare: ignorare i suoi occhi.

Non seppi per quanto tempo andò avanti.
Secondi, minuti, ore si confusero e persi qualsiasi cognizione.
Seppi solo che quando abbandonò il mio corpo, prese a fissarmi con una cattiva spietata e l'aria delusa...
Mi osservò per tanto tempo, studiò il mio tremore, sfiorò le mie labbra e poi si alzò con un ultimo raggelante sguardo di fuoco.
Era consapevole di avermi finalmente posseduto completamente e solo allora ne fu pienamente soddisfatto.
Inerme come solo un cadavere poteva essere, gli avevo permesso di soddisfare, infine, il suo malsano desiderio.
Aveva avuto quello che voleva come voleva, non avrebbe infierito ulteriormente.
Lo speravo.

Suddenly naked I run through your garden


Rimasi immobile, come una grottesca bambola, su quel letto.
Solo il movimento regolare del mio petto lasciava intendere che fossi vivo.
Il dolore acuto che provavo andava sfumando, mentre iniziavo ad avvertire all’altezza del bacino il sentore vischioso del sangue che si raggrumava.
Rabbrividii, ignorando la nausea che mi colse quando mi mossi per mettermi seduto più comodamente, e provai a sollevarmi.
Mi stupii nel vedere che, seppur tremante, riuscivo a reggermi in piedi.
Sospirai e, ignorando l’improvvisa fitta di dolore alla base della mia spina dorsale, recuperai una camicia bianca (di Kei, sicuramente, poiché mi andava grande), che mi infilai in fretta, insieme a dei pantaloni presi a caso ed il mio cappotto all’ingresso.
Non indossai biancheria e tanto meno persi tempo a farmi una doccia: ovviamente ne sentivo il bisogno (volevo lasciar scivolare via tutta la sporcizia che stava contaminando il mio corpo), ma non volevo intrattenermi per ancora lungo tempo in quella casa.
Fu una decisione improvvisa, sciocca ed impulsiva, ma era ciò che volevo: scappai.
Mi ritrovai nudo, spogliato della mia dignità, ferito, spossato...
Correvo col cuore in gola attraverso l’immenso cortile di Villa Hiwatari, ignorando il dolore, reprimendo il terrore che sorse al pensiero della reazione di Kei.
Le gambe per un momento mi cedettero e caddi al suolo.
Gemetti, sbucciandomi i palmi delle mani e sentendo le ginocchia pulsare.
Ma mai avrei rinunciato alla mia fuga.
Mi rialzai a stento ed avvertii nuovamente il sangue: una macchia scura cominciò gradualmente ad espandersi sui pantaloni all’altezza del mio sedere, ma fortunatamente il capotto lungo fu in grado di coprire quella vergogna.


Right through the gates of the past and I’m finally free

Il cancello alto e minaccioso era l’ultimo ostacolo da superare, avrei dovuto scavalcarlo ed appariva troppo difficile.
Mi aggrappai alla cancellata ed iniziai ad arrampicarmi con una certa fatica.
Avevo tutti i muscoli tesi fino al limite, un po’ per l’agitazione e l’adrenalina crescente, un po’ per il dolore che in quell’atto parve crescere.
Quando infine ricaddi dall’altra parte del cancello, scoppiai in una risata isterica e liberatoria.
Sollevando il volto, da lontano intravidi gli occhi rossi di Kei che mi scrutavano da una finestra della villa...
Ricambiai quello sguardo, il respiro affannoso che andava regolarizzandosi.
Hiwatari si limitò, poco dopo, a sorridermi.

Avevo vinto.
Superato il passato, credevo di essere finalmente libero...

Forse sembrai un pazzo agli occhi dei passanti, mentre continuavo a ridere, camminando col volto rivolto al cielo bianco, carico di neve.
Ma loro...
Oh, ma loro non si erano mai inchinati al Diavolo!

Oh there’s a world without you

I see the light
Living in a world without you

Sporco, infreddolito e ridente, girovagai a lungo per le strade, per poi dirigermi verso casa.
Casa mia.
Posai una mano sulla tasca del cappotto, dove sotto il lieve tocco delle dita avvertii il freddo metallo delle chiavi.
Poi sul pianerottolo del mio appartamento mi immobilizzai.
“Boris..?” Soffiai, sconcertato.
Il ragazzo che il giorno prima avevo incontrato mi sorrideva, sollevato.
“Oh, Yurij! Che bello trovarti! Ieri hai dimenticato il tuo portafogli, quando me ne sono accorto eri già scappato. Poi sbirciando sulla tua carta d’identità ho scoperto che vivevi qui, ma mi sembrava tardi per riportartelo, quindi ho aspettato fino a stamattina..!” Mi spiegò, porgendomi l’oggetto in questione.
“G-grazie.” Risposi con un sorriso, poi presi le chiavi.
“Vuoi entrare? Ti offro qualcosa...” Gli dissi con un sorriso
“Certo, perché no!” Accettò l’invito, seguendomi poco dentro casa.
Non mi tolsi il cappotto, non volevo notasse nulla di strano.
Lo accompagnai in cucina, e gli chiesi di avere un attimo di pazienza; il tempo di cambiarmi.
Acconsentì con un sorriso che mi scaldò il cuore.
Dalla finestra intravidi un raggio di sole sconfiggere le prepotenti nuvole che intralciavano il suo cammino.


Oh there is hope to guide me
I will survive
Living in a world without you


In camera mi sfilai il cappotto, gettai in un angolo i pantaloni sporchi di sangue e dall’altro la camicia.
Mi precipitai nudo, in bagno e l’acqua della doccia portò via con sé un po’ di quel sudiciume che avvertivo sopra e dentro il mio corpo.
Feci più in fretta che potei, recuperando una tuta con cui coprirmi e lasciandomi i capelli umidi.
Scusandomi per quell’attesa, raggiunsi il mio ospite in cucina, il quale mi chiese una cioccolata calda, che preparai volentieri.
Ritrovammo ancora quella strana intesa, e mi dissi che il mondo, senza Kei, non era poi così male...
Potevo sopravvivere.
Bastava sperarci.
Bastava volerlo.
Se Boris si accorse dei lividi sulle mie braccia, non seppi dirlo.
Forse intuiva che qualcosa in me si era spezzato, ma sembrò cogliere la prospettiva che anche se ci avesse preso, non glie ne avrei mai parlato.
Mi capiva meglio di se stesso, e presto imparò ad amarmi.


It's hard to believe that it came to this
You paralysed my body with a poison kiss
For 40 days and nights I was chained to your bed
You thought that was the end of the story
Something inside me called freedom came alive
Living in a world without you

Non tornai più in azienda, abbandonai quel lavoro.
Con la mia laurea speravo di trovare qualcosa di simile in un luogo diverso, che non avesse a che fare con gli Hiwatari.
L’iniziale amicizia instauratosi per caso tra me e Boris sbocciò, d’improvviso, in un amore ancora immaturo ed inconsapevole, che dovevamo nutrire gradualmente ogni giorno.
Spesso il mio pensiero ritornava alle labbra di Kei e agli effetti devastanti che avevano avuto sul mio corpo...

Il veleno che nasceva e moriva sul suo ghigno era dei più fatali e spietati.
Paralizzava la vittima, ed il cacciatore poteva nutrirsi lentamente della vita della povera preda.
Ma prima che mi uccidesse, ero riuscito a sfuggire alla tela del ragno.

Però mai, mai avrei dimenticato quei quaranta giorni e quelle quaranta notti.
Usato, sfruttato ed amato (forse) da chi mai aveva conosciuto questi aspetti della vita.
Legato alla sua anima, agganciato ai suoi tocchi, solo quando feci l’amore con Boris per la prima volta avvertii la differenza tra quei baci roventi e quelle delicate carezze.
Nonostante volessi spezzare le catene che ancora legavano i miei sensi ai giorni con Kei, mi fu difficile ricominciare a vivere in un modo senza di lui.
Amavo Boris, amavo la sua goffaggine ed il suo essere teneramente buffo.
Amavo la sua passionalità a letto e il suo modo deciso, ma mai violento, di possedermi.
E lui mi amava, lo sapevo.
Sapevo che adorava quando pronunciavo eccitato il suo nome, quando lo incitavo a rendere più profonda la nostra unione.
Sapevo che mi avrebbe sempre preso come desideravo, e che non mi avrebbe mai costretto a fare qualcosa che non volevo
Sapeva che amavo i suoi occhi, e che adoravo vederli eccitati e pieni d’amore mentre si scioglieva in me.
Erano di un colore freddo, ma trasmettevano tanto calore!
Rappresentavano l’opposto di quelli di Kei e non potevo fare a meno di naufragare in quello splendore verde smeraldo, che sapeva cullarmi e curare le ustioni che mi ero procurato nel viaggio tra le fiamme di Hiwatari.

Oh there’s a world without you
I see the light
Living in a world without you
Oh there is hope beside me
I will survive
Living in a world without you

Quando chiudevo gli occhi, addormentandomi, spesso sognavo Kei.
Lo vedevo seduto alla sua poltrona, in salotto, il solito calice di cristallo colmo di vino rosso in una mano.
Fissava il fuoco intensamente, fondendolo con l’Inferno delle sue iridi e sorrideva.
Il suo ghigno, la sua voce, le sue labbra articolavano il mio nome.
E mi svegliavo d’improvviso, spaventato e con il cuore in gola, stringendomi alle lenzuola, tremante.
E piangevo, in silenzio.
Perché la luce che lì di fianco, mi stringeva a sé, era troppo debole per sconfiggere quelle tenebre, poiché anche solo sfiorandole, perdevo la speranza.
La speranza...
La speranza con cui ogni santissimo giorno Boris mi nutriva per poter sopravvivere, per poter vedere l’alba in un mondo senza Kei.
Il mio carnefice ed in eterno mio amante.
Boris.
Boris lo sapeva, ma mai mi mostrò risentimento e mai mi ferì: continuò semplicemente ad amarmi, a possedermi ogni notte con la stessa ed immutabile dolcezza e passione che mi straziava il cuore...
Ed io, povera bambolina masochista, ritornavo al mio tormento, al mio Inferno, al mio Lucifero, al mio abusatore e a colui che era stato il mio odiato capo.
Avrei davvero voluto vivere in un mondo senza te, Kei.

*Owari*

PRIMA CLASSIFICATA A PARIMERITO AL NEW COUPLES CONTEST di Amimy.
~Your Eyes -Livin’ In A World Without You- di Iria:
Trama:10/10
Stile:10/10
Grammatica e sintassi:15/15
Originalità:10/10
Abbinamento personaggi:5/5
Gradimento personale: 5/5
Totale: 55/55

Questa storia mi ha colpito sotto tutti gli aspetti in modo particolare, mi ha fatta appassionare. Lo stile era impeccabile, il lessico ottimo, e così’ anche la grammatica e la sintassi. Mi è piaciuto moltissimo come hai reso il rapporto fra i due personaggi, cosa per nulla facile con una trama così complessa. Mi è davvero piaciuta(come tuttte le altre, del resto ^^), e bhé, direi che si merita il primo posto. Non ho nulla di nagativo da dire su questa storia, tutto si incastrava perfettamente e non c’era mai niente di troppo o di troppo poco. Complimenti!

Boris:
Sarebbe questa la MeMedesimoxYu che mi avevi promesso è__é**??
Bhé...Più o meno O_ò’’’’
Boris: Mi fa le corna è__é**!!!!!
Oh avanti Bo,tanto lo sai che con Ivanov non avresti comunque un sano rapporto di coppia: quello si fa sbattere da chiunque n_n...
Boris: Si ma non è giusto ç_ç!
Oh Bo,avanti é.è –coccola- ti prometto che prossimamente avrai tu solo una bella storia traviata con Ivanov,contento é.è?
Boris: Con tanto sesso *_*???
Ovviamente ù.u...
Boris: *çççç* -e Boris si perse nelle sue fantasie erotiche...-
Ivanov:
Ebbene sono ancora una volta una puttana -.-*
Kei: Ed io un puttaniere -.-*
Ma non è vero,volete capirla sempre come vi pare -.-*!
Kei&Ivanov: Si,certo -.-**
Ma perché invece di star qui a criticare non vi chiudete in una stanza di un motel è_é????
Kei&Ivanov: -.-***
Lasciamo perdere -.-... Ebbene anche quest’altro esperimento si conclude XD!Sto diventando troppo buona,questa è già la...Terza fics in cui Ivanov sopravvive,devo rimediare ù.u...Ed ovviamente so già come fare...
-risata malefica-
Ebbene people spero che anche quest’ultima e chilometrica shot vi sia piaciuta XD!Fatemi sapere,ci conto!Un bacione e commentate!!!!!!!

Vivendo in un mondo senza di te

E´ difficile credere che si è arrivati fino a questo punto
Hai paralizzato il mio corpo con un bacio avvelenato
Per 40 giorni e notti sono stato incatenato al tuo letto
Pensavi fosse la fine della storia
Qualcosa dentro di me che reclamava libertà è venuto fuori
Vivendo in un mondo senza di te

Mi hai detto
“Mio caro,
Senza di me..
Tu sei niente”
Mi hai insegnato a guardarti negli occhi
E mi hai nutrito con le tue dolci bugie

All’improvviso qualcuno osserverà dalla finestra
Guardando fuori quel cielo che non era mai stato blu
Oh c’è un mondo senza di te
Vedo la luce
Vivendo in un mondo senza di te
Oh c’è la speranza a guidarmi
Sopravviverò
Vivendo in un mondo senza di te

E´ difficile credere che si è arrivati fino a questo punto
Hai paralizzato il mio corpo con un bacio avvelenato
Per 40 giorni e notti sono stato incatenato al tuo letto
Pensavi fosse la fine della storia
Qualcosa dentro di me che reclamava libertà è venuto fuori
Vivendo in un mondo senza di te

Hai riunito i miei pezzi
Poi mi hai buttato via a tuo piacimento
Mi hai usato ancora ed ancora
Hai abusato di me, mi hai confuso

All’improvviso corro nudo nel tuo giardino
Accanto ai cancelli del passato e finalmente sono libero
Oh c’è un mondo senza di te
Vedo la luce
Vivendo in un mondo senza di te
Oh c’è la speranza a guidarmi
Sopravviverò
Vivendo in un mondo senza di te

E´ difficile credere che si è arrivati fino a questo punto
Hai paralizzato il mio corpo con un bacio avvelenato
Per 40 giorni e notti sono stato incatenato al tuo letto
Pensavi fosse la fine della storia
Qualcosa dentro di me che reclamava libertà è venuto fuori
Vivendo in un mondo senza di te

Oh c’è un mondo senza di te
Vedo la luce
Vivendo in un mondo senza di te
Oh c’è la speranza a guidarmi
Sopravviverò
Vivendo in un mondo senza di te

   
 
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