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Autore: WaitingToHappen    29/01/2009    3 recensioni
"Shatzy Soup era una nata con l'inedia nelle vene. Era talmente smunta da sembrare il necrologio di se stessa, un patetico mucchietto di ossa e pelle che aveva abolito il pensiero personale per far posto a quei pochi decilitri di sangue selvatico che ancora le scorrevano dentro.
Ma Shatzy era anche l'unica vera ascoltatrice attenta dei comizi di Joseph."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Grande Comizio delle Idee


«Ascoltatemi! Dobbiamo andarcene da qui! E' ora di cambiare questo sporco mondo che niente ci dà e niente vuole da noi!»

Dall'alto della sua statura considerevole, Joseph Wise, comiziava davanti a un pubblico annoiato, con l'illusoria speranza di poter svegliare quella folla d’inetti dal torpore che smangiucchiava il loro senso di rivolta. Era tempo illusorio quello che Joseph sprecava. Tempo di chi ha corde vocali che reclamano di essere usate prima di annodarsi e braccia, braccia che desiderano essere agitare per non atrofizzarsi.

Le parole che vomitava battendo i piedi avevano lo stesso valore di quelle di un ergastolano che progetta acrobatiche fughe scavando tunnel con un cucchiaino da caffè. Avevano bisogno di un tempo che Joseph sapeva di non possedere, un tempo su cui lui non aveva alcun potere.

«Chi siamo noi per starcene qui, vittime della società patriarcale che ci domina, senza muovere un dito per ribellarci? Noi, fulcro del mondo, stiamo immobili e passivi ad uso e consumo dei potenti che, sappiatelo bene!, non perderanno l'occasione di buttarci nel cesso e tirare la catena!»

Shatzy Soup era una nata con l'inedia nelle vene. Era talmente smunta da sembrare il necrologio di se stessa, un patetico mucchietto di ossa e pelle che aveva abolito il pensiero personale per far posto a quei pochi decilitri di sangue selvatico che ancora le scorrevano dentro.

Ma Shatzy era anche l'unica vera ascoltatrice attenta dei comizi di Joseph. Si sedeva composta, quanto può esserlo un essere naturalmente sgraziato, e puntava i suoi occhietti slavati su quelle braccia che roteavano nell'aria.
Poteva quasi sentirla quell'aria che s’increspava a ogni parola di Joseph, aria di rivoluzione, aria che filtrava nei suoi piccoli polmoni e le permetteva di trarre un lungo respiro asmatico prima di tossicchiare inevitabilmente.

«Rivoluzione!»

Respiro.

«Potere alle idee!»

Respiro.

«Ribellione!»

Respiro.

Shatzy Soup pensava che le parole di Joseph Wise fossero puro ritmo, come note di una musica stantia che ti filtra nelle orecchie e ti fa muovere contro il tuo volere.

Allora allungava il collo, o qualsiasi cosa fosse quel lembo di pelle che univa la sua testa al resto del corpo, e respirava sempre più velocemente, socchiudendo gli occhi.

Il comizio giunse alla sua naturale conclusione. Lo sparuto pubblico di superstiti si alzò sbadigliando, senza degnare di uno sguardo il povero Joseph, troppo sudato e ansante per essere considerato una visione interessante.

L'unica che rimase a sedere fu Shatzy.
Non si ricordava più quando fosse stata l'ultima volta che aveva parlato e pensava di non esserne più in grado ma issò lo stesso l'avambraccio consunto, sfoggiando il suo indice nell'aria muta della notte.

Joseph alzò la testa incuriosito. Non sapeva come si chiamasse quella ragazzina, come non si ricordava il nome di nessuno di quelli che considerava poco affini ai suoi progetti guerrafondai. La guardò e poi le fece uno strascicato cenno di assenso.

«Joseph,» disse Shatzy. «quello che dici tu possiamo veramente farlo? Il padrone ascolterà le nostre parole?»

Un rivolo di sudore colò ribelle lungo il collo di Joseph Wise. Lo sentì infilarsi nella schiena, come fosse un fiume in piena. Scendeva sempre più giù, fedele servo delle leggi gravitazionali, fino a suicidarsi ai suoi piedi.

«Tutto è possibile» disse lentamente. «Tutto è possibile, te lo giuro sul mio onore. Tutto, ricordalo bene. E' solo che bisogna aver coraggio».

Shatzy sorrise. Gli angoli della bocca assunsero una piega ribelle e grottesca sul suo viso scarno e lentamente si alzò. Raggiunse la sua stanza, si avvolse nel buio e iniziò a pensare.

Pensò sputacchiando quel poco sangue che teneva incollato al corpo, pensò fino a corrodersi la pelle.

Pensò a quanto sarebbe stato bello andarsene da lì e pensò a tutte le parole di Joseph Wise.

Pensò al coraggio che non aveva ma che avrebbe voluto avere e, alla fine, si alzò.

Attraversò il lungo cortile e si avviticchiò alla cancellata che la teneva prigioniera. Scivolò tra le sbarre e iniziò a fluttuare nell'aria fino a raggiungere quella luce che nemmeno nei suoi sogni più astrusi aveva immaginato.

Lenta si consumò, fino a disperdersi.

«CRISTO!»

Seduto a un tavolino di un bar del centro, un ragazzotto iniziò a imprecare, agitando le mani tozze nell’aria.

«Che diavolo hai da urlare così?»

«No, cristo, cristo! Non è possibile!»

«Oh, ma cos’hai? Sembra che ti abbia morso una tarantola!»

«Maledizione. Mi era appena balenata in mente un'idea fantastica, una roba che avrebbe rivoluzionato il mondo e... e...»

«E te la sei dimenticata».

«Diciamo che era un’idea un po' deboluccia ed io non ero attento».

«Diciamo che era un'idea di merda come quelle che hai di solito e amen».

Il ragazzo guardò in cagnesco l’amico che continuava a tracannare il suo drink senza prestargli attenzione. Continuò a frugare nel suo cervello, cercando disperatamente di riacchiappare quell’idea rivoluzionaria che era balenata tra una nozione aritmetica e il ricordo del fondoschiena della cameriera.
Sapeva che era bella quell’idea. Un po’ smunta forse, sicuramente debole, ma coraggiosa, come lui non aveva mai avuto modo di essere.
Tirò un sospiro e si arrese. Si rollò di malavoglia una sigaretta e poi l’accese.

Dopotutto Shatzy Soup non era nata per fare la rivoluzionaria.

  
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