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Autore: Lady History    11/08/2015    1 recensioni
Agosto 1945.
La Seconda Guerra Mondiale è ormai terminata in Europa, ma sul Pacifico si continua a combattere.
Per sconfiggere definitivamente il Giappone, gli USA creano una nuova arma mai vista prima, talmente potente da poter uccidere, in un solo colpo, migliaia di persone.
Questa fanfiction è incentrata su questo evento (in particolare sullo sgancio della prima bomba), sulle sofferenze di Giappone, alias Kiku Honda, che quel 6 agosto percepì sulla propria pelle le sofferenze della popolazione di Hiroshima e che capì tardi, decisamente troppo tardi, di aver dato inizio ad una guerra cruenta che il destino voleva perdesse.
Per non dimenticare le sofferenze di un popolo che fece quello che nessun'altro riuscì a fare, e che crollò sotto il peso della sua stessa volontà.
Tratto dal testo: "[...]Lo sentiva, il dolore di quelle persone lo riempiva, lo stressava, lo dilaniava.
Nella sua mente vedeva passare delle immagini acri, mostruose, inumane.
Dove prima sorgevano le case e i palazzi di Hiroshima, ora vedeva un'enorme deserto, interrotto soltanto da qualche fortunato rudere scampato, chissà come, a quella devastazione. [...]"
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Giappone/Kiku Honda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                                                                                                          Hiroshima, Giappone
                                                                                                                                                                          Lunedì 6 agosto 1945

Un dipinto, una fotografia.                                                                                                                              
Questi i giusti paragoni per descrivere quella calma giornata di agosto.
Il cielo era limpido, terso, perfetto, non si scorgeva neanche una nuvola in quella che poteva essere una giornata come quelle che, ormai da quattro anni,si erano succedute nel paese del Sol Levante.
A terra, la gente, spaventata,
Tutto il Giappone, comprese le città più piccole, era stato colpito dai raid americani, che sembravano non voler finire mai. A Tokyo,in una sola notte, i morti erano stati centomila.
Ma allora, perché Hiroshima era rimasta intatta?
Tutti i giorni si ricevevano uno o due allarmi aerei, ma i bombardieri americani non sganciavano il loro carico mortale sulla città che ospitava il più elevato numero di militari di tutta la nazione, si limitava a sorvolarla pacificamente.
Passavano i giorni, e la paura aumentava. La popolazione sapeva che la pace non sarebbe durata a lungo...
Poi arrivò il 6 agosto.
Erano le 08:45 a Hiroshima, la vita scorreva ordinaria, tranquilla come il mare in una giornata senza vento.
Un minuto dopo, l'Inferno.
Vi fu un lampo di luce bianca purissima, un calore immenso.
Poi il nulla.

Kiku Honda quel giorno non si trovava ad Hiroshima, era rimasto nella capitale, sempre più provata dai raid.
Nel preciso istante in cui la bomba toccò il suolo, un dolore tremendo, indescrivibile gli percorse il corpo e si fece strada fino al cuore, stringendolo in una morsa mortale.
Cadde a terra il giapponese, la mani strette sul petto, la testa bassa e gli occhi chiusi.
Lo sentiva, il dolore di quelle persone lo riempiva, lo stressava, lo dilaniava.
Nella sua mente vedeva passare delle immagini acri, mostruose, inumane.
Dove prima sorgevano le case e i palazzi di Hiroshima, ora vedeva un'enorme deserto, interrotto soltanto da qualche fortunato rudere scampato, chissà come, a quella devastazione.
Vedeva delle persone, o meglio, quello che ne rimaneva.
Bruciate, ustionate, sfigurate, carbonizzate, irriconoscibili, la pelle che si staccava dai loro corpi e il sangue, quel liquido cremisi lo vedeva sgorgare come l'acqua sgorga da una sorgente di montagna.
Poi nella sua mente comparve forse l'immagine più sorprendente di tutte.
Aprì gli occhi di scatto, e nel marrone delle sue pupille si riflesse una gigantesca nuvola di fuoco e polvere, destinata a rimanere impressa nella storia con il nome di "fungo atomico".
"Allora è questo l'Inferno" pensò.
" Si presenta così l'Inferno? é davvero questo che attende le persone dopo la morte?" rifletté un attimo, mentre le lacrime argentee avevano ormai iniziato a scorrere sulle sue guancie.
"No, questo é molto, molto peggio. Questo é l'odio, la violenza, la mostruosità della mente umana, questa é la guerra, é la morte di persone innocenti, questo non ha niente a che vedere con l'Inferno..." strinse di nuovo le mani sul petto e cercò di alzarsi, nonostante il dolore era talmente intenso da fargli credere di essere stato trafitto da un milione di spade.
In quel momento gli parve di sentire gli urli, i lamenti e i gemiti di tutte le persone morte o che stavano morendo.
Percepiva addosso un grande peso, quello di tutti quelli che, per colpa sua e dei suoi superiori, avevano perso la vita.
Una spirale di morte lo avvolgeva, si sentiva come trascinato via dai suoi sensi di colpa.
Poi guardò i suoi abiti.
La divisa, un tempo binca, era ora intrisa di sangue.
La osservò orripilato e, per la prima volta in vita sua, fu sopraffatto dal panico.
Si guardò attorno e gli sembrò come se avesse aperto gli occhi dopo secoli di sonno.
Tutto il paesaggio attorno a lui trasudava dolore.
Tremolante, fece qualche passo indietro.
-No, non é colpa mia...no...no- balbettò.
Dalle rovine di quella che fino a poco tempo prima era la più straordinaria e popolosa città del Giappone, sentiva provenire urla, echi di un passato tanto vicino che aveva sempre finto di non vedere.
Cadde nuovamente per terra, e si lasciò sfuggire un urlo liberatorio.
Era stanco di quella guerra che ormai sapeva di non poter vincere.

                                                                                                                                                                            Hiroshima,Giappone
                                                                                                                                                                            Giovedì 6 Agosto 2015

I rintocchi di una campana sancivano la fine della cerimonia per la commemorazione delle vittime di Hiroshima.
La folla accorsa per l'evento cominciava a diradarsi, a testa bassa tornava alla sua vita quotidiana.
Kiku invece rimase lì, le braccia distese lungo il corpo, i pugni chiusi e lo sguardo rivolto verso il terreno.
-Un altro anno è trascorso...sono ormai settanta...- sussurrò, lo sguardò si posò sopra l'unico rudere rimasto di quel giorno, testimone fedele di quell' orribile evento.
Follia? Ira? Vendetta? Non aveva ancora compreso le ragione che avevano spinto Alfred a quel gesto, sapeva solo che tutti gli anni arrivava il 6 Agosto,e che tutti i 6 Agosto il tormento tornava, il peso di quei morti tornava a gravare sulle spalle dell'orientale.
Era immerso nei suoi pensieri il giapponese, quando sentì una mano calda posarsi delicatamente sulla sua spalla.
Si voltò, e si trovò davanti proprio lui, America.
Lo fissava intensamente, aveva gli un sorriso forzato sulle labbra, e gli occhi velati di tristezza.
-Dude,io...-
-Non dire niente- lo interruppe Kiku.
Si guardò attorno, ispezionando quello che ora era diventato un parco della pace.
Rimase in silenzio per alcuni istanti, poi il suo sguardò torno sull'americano.
-Facciamo solo in modo che questo non accada mai più-.

   
 
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