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Autore: peggle    12/08/2015    0 recensioni
E' la prima fanfic che scrivo su Sherlock, ed è il parto della mia mente malata che cerca di capire cosa passa per quella dei trolloni Mofftiss. E' ambientata tra la seconda e la terza stagione durante il giro del mondo di Sherlock per distruggere la rete di Moriarty e si colloca a qualche giorno prima della comparsa di Mycroft che lo riporta a Londra. Sherlock incontra casualmente in Serbia una persona che in seguito si rivelerà molto utile alla sua causa. La storia è in fase di scrittura e continua evoluzione, e serve da prologo per un'altra che sto scrivendo parallelamente, riguardante ipotesi sulla quarta serie.
I personaggi ovviamente non mi appartengono e scrivo solo per non impazzire tra teorie e supposizioni varie che frullano nella mia testa.
Spero che la storia risulti più chiara della presentazione...chiedo perdono ma in queste cose trovo sempre difficoltà.
Buona lettura e, se vi va, lasciate un commento negativo o positivo che sia. Grazie!
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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C'era buio spettrale in quel bosco, e il vento gelido che soffiava non conosceva barriere, si insinuava in ogni piccolo spiraglio dei suoi abiti e sferzava con violenza sul viso . Di tanto in tanto la pallida luce della luna piena riusciva a filtrare attraverso gli alti arbusti. Sherlock cercava di  procedere a passo spedito, nonostante si sentisse dolorante su tutto il corpo. L'esplosione da cui miracolosamente era scampato  era stata violenta, dubitava si fosse salvato qualcun altro nel bunker dove si trovava. Qualcosa gli era caduto in testa mentre fuggiva, causandogli una lieve commozione celebrale. La vista si offuscava sempre di più e non poteva nemmeno fare affidamento al suo udito... le orecchie ancora gli fischiavano.
Ad ogni passo si sentiva sempre più debole, e il freddo era penetrato nelle ossa...la sua mente valutava la percentuale di sopravvivere in quelle condizioni. Disorientato, con i sensi offuscati e un principio di assideramento la possibilità era davvero scarsa. Non poteva nemmeno fermarsi , sarebbe stata la sua fine certa perché di tanto in tanto sinistri ululati segnalavano la presenza di lupi nei dintorni. Aggrappandosi ai tronchi degli alberi, faceva appello alle poche forze che gli rimanevano per continuare la sua fuga verso l'ignoto.
Stava per svenire quando gli apparve un rifugio. Una piccola casa in legno, con un comignolo che sbuffava un filo di fumo .
Strizzò gli occhi per essere sicuro che non fosse uno scherzo della mente...come se il suo cervello potesse cadere in simili tranelli, pensò.
No, era proprio un inaspettata ancora di salvezza.
 
Nella cucina del rifugio una ragazza stava preparandosi la cena, quando il suo cane, per meglio dire lupo addomesticato, sollevò ritte le orecchie ed emise un guaito in direzione della porta d'ingresso. La ragazza, sapendo di non aspettare alcuna visita, si affrettò a infilare un giubbino e a prendere un fucile per recarsi a vedere cosa stesse accadendo . Una volta aperto l'uscio, si ritrovò ai piedi un uomo mezzo svenuto.
"Oh! A quanto pare abbiamo un ospite per la notte, Wolf".
Puntò la canna del fucile all'altezza del mento di Sherlock per alzargli il viso. Pensò un attimo a cosa fare e decise di aiutarlo a tirarsi su e a portalo in casa. In fondo in quelle condizioni non sarebbe potuto essere pericoloso.
Una volta dentro, lo fece sdraiare sul divano e gli chiese se riusciva a sentirla.
Sherlock sbattè le palpebre in cenno di assenso, si sistemò meglio e tirò un sospiro di sollievo.
Avvertiva l'ambiente riscaldato dal caminetto acceso, ma continuava a tremare come una foglia.
Lei prese una coperta e gliela avvolse attorno fino alla gola strofinandogli un po’ le braccia. Sherlock in condizioni normali non avrebbe gradito essere toccato e trattato come una bambola di pezza, ma si sentiva davvero come uno straccio e la lasciava fare.
Con entrambe le mani gli scostò i riccioli lunghi dal viso e rimase così, ferma, per osservare la ferita sul sopracciglio sinistro.
Occhi castani e grandi si puntarono, per pochi istanti, nei suoi. Erano inespressivi ma parevano volergli leggere l’anima.
“Sei stato fortunato a trovarmi… sei ridotto maluccio, ma credo che già domani sarai in grado di riprendere
Il tuo cammino”
Tirò via di scatto le dita tra i capelli e si allontanò per poi tornare con una cassetta di pronto soccorso.
Mentre mani delicate iniziavano a prendersi cura della ferita, chiuse gli occhi e, senza volerlo, si ritrovò nel suo mind palace. Gli apparve John.
Ricordò le sue mani precise che tante volte si erano prese cura di lui. Si rese conto che da quando era partito quella era la prima volta che ripensava al suo amico e con lui riaffiorarono anche gli altri.
 Molly, Mrs Hudson, Lestrade...era per loro che si era finto morto e aveva vagato per mezzo mondo con l'unico scopo di distruggere la rete di Moriarty in modo che essi non corressero più alcun pericolo.
Li aveva tutti custoditi in un angolo della sua mente in stand-by per evitare che la nostalgia della sua vecchia vita lo tentasse a prendere il primo volo per Londra.
Ad un tratto si ritrovò nel 221B, seduto con le mani giunte al mento perso in qualche elucubrazione su qualche caso intrigante, o in piedi avanti alla finestra a suonare il violino con John in poltrona con un bicchiere di Brandy ad ascoltarlo in religioso silenzio. Persino le irritanti incursioni della loro padrona di casa gli mancavano, non meno dei suoi fragranti biscotti e di quelle attenzioni materne che in fondo gli facevano piacere.
Lestrade… quanti casi irrisolti avrà accumulato sulla sua scrivania? Molly! L'unica che sapeva la verità. Colei che lo aveva aiutato ad inscenare la sua tremenda quanto necessaria morte. Era certo che al suo ritorno, semmai fosse accaduto, tutti avrebbero capito l'importanza delle sue azioni.
Riemerse dopo lungo tempo dai suoi pensieri e ne frattempo era stato medicato e il divano era stato girato a favore del camino. Due occhi azzurri lo fissavano dal basso. Wolf era seduto ad osservarlo con la testa leggermente inclinata di lato.
"Perchè mi guarda così?" chiese con un filo di voce
"Gli hai preso il suo posto, di solito è lì che dorme, sul divano"
La ragazza arrivò con una tazza fumante tra le mani,si abbassò su di lui e gliela avvicinò alla bocca passandogli una mano dietro alla nuca per aiutarlo a sollevare la testa.
"Posso fare anche da solo"
"Lo so, ma credo sia meglio che rimani al caldo il più possibile"
Era latte caldo che gli donò un altro pò di calore. Non lo bevve tutto. La ragazza poggiò la tazza a terra e andò via in un'altra stanza lasciandolo solo,  senza dire alcuna parola.
Gli occhi si richiusero nuovamente e stavolta il sonno ebbe il sopravvento.
Al mattino Sherlock si risvegliò con una lieve sensazione di smarrimento, strizzò gli occhi e mosse la testa per guardarsi intorno.
Era ancora completamente avvolto in una coperta, il lupo era accucciato a terra a fargli da guardia. Si toccò la fronte,chiuse gli occhi e ricordò quanto era avvenuto nelle ultime ore. Esplosione, fuga, freddo, una donna che si occupava di lui. Si sentiva meglio ed era giunto il momento di alzarsi e andare via, aveva la sua missione da portare a termine.
Si tolse la coperta di dosso e cercò di mettersi seduto, ma ebbe un lieve capogiro. Nello stesso momento in cucina fece il suo ingresso la padrona di casa che gli lanciò una rapida occhiata.
“Buongiorno…passato il mal di testa?”
Sherlock non rispose ma si massaggiò lievemente le tempie prima di riprendere il controllo del suo senso dell’equilibrio e decidere di alzarsi.
Un pacco di biscotti secchi e una bottiglia di latte erano stati nel frattempo preparati sul tavolo
"Se hai fame, questo è tutto quello che ho per la colazione" fece spallucce e lo invitò a sedersi.
"Come ti chiami?"
"Milla…e tu?”
“Shezza” rispose pensando fosse meglio restare sotto copertura.
“Shezza…mmm…non è il tuo vero nome,immagino”e gli lanciò un’occhiata per fargli capire che non aveva una stupida di fronte.
Sherlock si irrigidì temendo di essere stato scoperto
“Però mi piace” commentò lei con un mezzo sorriso prima di riprendere a sorseggiare il suo latte.
“Ascolta Milla, io…”
“Non voglio sapere”lo bloccò  “non mi interessa… in realtà non mi interessa nulla di nessuno, altrimenti, non vivrei qui” e indicò con un gesto la stanza.
Wolf abbaiò animatamente reclamando la sua pappa e Sherlock notò come il comportamento di Milla verso l’animale fosse più amorevole e spontaneo, mentre gli riempiva la ciotola e lo accarezzava. Fatto ciò torno a sedersi.
“Di lui ti preoccupi, però”
“Gli do solo da mangiare e qualche coccola. In cambio mi tiene compagnia e non pretende altro.”
“Io invece credo che tu gli voglia bene più di quanto affermi”
Milla non rispose ma dal velo di tristezza che aleggiò nelle sue iridi scure, Sherlock capì di averci visto giusto…come sempre.
La ragazza fece un respiro come per destarsi dai pensieri in cui si era momentaneamente immersa e lo squadrò da capo a piedi. Sherlock aveva i vestiti logori e sporchi.
“Come potrai immaginare non ho abiti da darti per farti cambiare”
“In altri luoghi mi basterebbe un lenzuolo”
Milla corrucciò la fronte per quello che aveva sentito, poi immaginando il suo interlocutore vestito da antico romano, scoppiò in una risata e Sherlock la seguì osservando quanto ridere la rendesse molto bella.
“Sei un tipo interessante Shezza, sei diverso”
“Diverso da chi?”
“Bhe…dagli altri” rispose imbarazzata e prima che la discussione potesse prendere una piega a lei scomoda
“Se vuoi puoi fare una doccia, ma guai a te se mi finisci l’acqua calda!” Si alzò, prese un giubbino e lo infilò.
“Io devo andare adesso, ho una giornata impegnativa”
Sherlock la seguì alla porta e l’afferrò per un braccio prima che potesse uscire, facendola voltare.
“Milla…grazie di tutto”
Lei alzò una mano per aggiustargli il cerotto sulla fronte e rispose
“Dovere!” fece un fischio a Wolf e andò via. Nei suoi occhi stavolta aveva visto qualcosa di diverso dalla tristezza.
 
   
 
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