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Autore: blacksmoon    13/08/2015    1 recensioni
Ricordo quella notte, ogni volta che scherziamo tra noi come se fossimo ancora due quindicenni, la ricordo ogni volta che ti bacio.
Rivedo le luci di Londra riflettersi nel tuo sguardo dolce.
Una notte preziosa, che conservo nel mio cuore, che non posso dimenticare.
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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L'atmosfera di una grande città, eppure sapeva inconfondibilmente di casa.
I locali illuminati, il vociare della folla che li riempie, risate che si perdono nell'aria stranamente tiepida e tintinnii di bicchieri.
E poi il rumore delle macchine che sfrecciano in lontananza, le ombre rosse dei Double Decker, il suono dei clacson e il ronzio del traffico che non si sopisce mai.
Eppure tutto ciò sapeva di casa.
Il Tamigi di notte era uno degli spettacoli più incredibili che Beatrice avesse mai avuto la fortuna di ammirare. Il suo gruppo gironzolava lì intorno, qualcuno si abbandonava su una panchina, stremato dopo l'intera giornata passata a camminare per la capitale inglese.
Lei si sentiva solamente come un grande miscuglio di emozioni e pensieri che non riusciva bene a definire. Era euforica, ma allo stesso tempo incredibilmente malinconica. Sentiva di poter scoppiare a piangere appena dopo aver esibito un sorriso che andava da un orecchio all'altro.
Sapeva di essere a casa, ma sapeva anche che avrebbe lasciato quel paradiso in meno di ventiquattr'ore.
Sapeva di aver incontrato persone che non avrebbe mai scordato, e sapeva che avrebbe avuto la possibilità di riincontrarne alcune, ma non poteva essere così certa di ciò riguardo ad altre.
Sapeva che, tra queste persone, il suo cuore ne aveva scelta una a cui, come al solito, si era affezionata decisamente troppo.

Glielo diceva sempre un suo amico, ormai abituato a farle da psicologo, che si affezionava troppo alle persone, e che la sua copertura da acida stronzetta non funzionava mai, nemmeno un po'.
Neanche un mese, e lei teneva a quel qualcuno così tanto da piangere silenzionsamente stretta al cuscino nella sua camera inglese, attenta a non farsi sfuggire nemmeno un singhiozzo.
Si attaccò allo spesso corrimano di pietra che circondava la costa del Tamigi, lasciando vagare lo sguardo su quella che, ormai ne era convinta, era la sua città.
Il Tower Bridge illuminato di luci blu da una parte, il Millenium Bridge e uno scorcio della cattedrale di St. Paul dall'altra. L'acqua scura su cui si riflettevano le luci della città proprio sotto di lei.
Qualcuno le si avvicinò, poggiando i gomiti sul largo parapetto proprio come stava facendo lei.
Non aveva bisogno di guardare in faccia il ragazzo che aveva accanto per capire chi fosse.
Bastava il suo profumo, bastavano le sue mani e il suo modo di camminare.
Intorno ai due, gli altri membri del gruppo di studenti continuavano a parlare tra loro, ormai svaccati su ogni panchina disponibile, godendosi lo splendido panorama, mentre alcuni addirittura soreseggiavano un caffè notturno per ritrovare le energie necessarie a resistere per le prossime ore di quell'ultima giornata in Inghilterra. 
Anche il lieve e semplice contatto della pelle del suo braccio con quello del ragazzo le provocava un leggero nodo in gola, e poteva sentire il battito del proprio cuore accelerare un pco.

-Io non riesco veramente a capirti- Fu riscossa dai suoi pensieri dalla ormai familiare voce calda di Riccardo, per una volta stranamente priva del solito tono scherzoso e spensierato.
Si girò per guardarlo, e si ritrovò incagliata nel suo sguardo, fisso su di lei.
Occhi color del mogano, forse un po' tristi, con occhi nocciola incuriositi e dolci.
-Che vuoi dire?-Beatrice gli rispose, cercando di mantenere quell'insolito tono serio.
-Forse non capisco me stesso. Il punto è, che mi sento come se domani finisse tutto. Come se non dovessi vedere mai più nessuno di voi.- La ragazza puntò di nuovo lo sguardo in quegli occhi così incredibimente dolci che la fissavano, tentando di capire quali strani pensieri passassero nella testa di Riccardo.
-Sarà semplicemente diverso. Abbiamo passato quasi un mese a stare in compagnia di questa gente completamente folle ventiquattr'ore su ventiquattro. Ci si abitua. E l'idea di tornare in Italia e riprendere la solita e triste routine fa venire da vomitare anche a me. E mi manca già la mia vita qui...- Parlava lei fissando l'acqua nera del fiume -...Ma cosa c'entro io in tutto ciò?-
-Quello che non riesco a capire di te...- E qui si guardò intorno, come per cercare le parole adatte, per poi tuffarsi di nuovo negli occhi scuri della ragazza che aveva di fronte -...è il modo in cui mi hai fatto affezionare a te. A farmi abituare ai viaggi in pullman infiniti in cui sembravi aver paura ad appoggiare la testa sulla mia spalla per dormire, a farmi sembrare la cosa più naturale del mondo fare la strada con te alla mattina parlando di quanto siano strani gli Spagnoli della classe di matematica, a farmi sentire a casa in ogni maledetto posto dell'Inghilterra circondato solo da campi e praterie e...Non voglio perdere questo...- Riccardo continuava a guardarla, e parlava, e gli altri ragazzi un po' li guardavano anche loro da lontano, ripetendo, come avevano fatto per tutta la durata della vacanza, che "quei due erano così carini" -...Che cazzo sto dicendo...- Concluse in un misto di sconforto ed imbarazzo.
Beatrice lo fissava incredula. Aveva passato metà delle notti a deprimersi come suo solito, a crogiolarsi nell'idea che tanto sarebbe andato tutto male, anche quella volta, che Riccardo era solo l'ennesimo ragazzo che avrebbe preferito una qualunque ragazzina a lei.
Era così, era così che era sempre andato il suo mondo.
E ora che il giovane che le stava di fronte stava dicendo quel che stava dicendo, tutte le sue tristi idee pessimiste sembravano sconvolte e rivoluzionate da quelle iridi dolci color nocciola.

Non aveva idea di come si fosse ritrovata da un momento all'altro a due millimetri dal viso di Riccardo, e nemmeno di come, qualche secondo dopo, quei millimetri fossero scomparsi di netto.
Le sue labbra sulle proprie, il suo profumo nelle narici, le sue mani tra i capelli e nient'altro che lui.
Gli amici li guardavano, contenti per quel bacio in cui nessuno ormai sperava più, per colpa della timidezza di quei due idioti "così carini".
E la luna illuminava quella notte, quella città, illuminava quel momento.

L'atmosfera di casa, in una grande città.
Casa era lui, casa era Londra.
E mentre le sere seguenti non avrebbe potuto più vedere il Tower Bridge riflettersi nelle acque del Tamigi, avrebbe potuto vedere lui,
e baciarlo, ogni sera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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