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Autore: sognatrice99    15/08/2015    1 recensioni
Non ci credeva. Quel sentimento di dolore misto al desiderio di chiudere definitivamente col mondo, quel sentimento che pensava di non poter più provare, dato che ormai doveva averci fatto l'abitudine per quante volte l'aveva provato in passato, era tornato ad assalirla, potente, inesorabile, rude. E sentiva che qualcosa dentro di lei si stava rompendo - o forse era già rotto - per mano sua, per mano di quel ragazzo dal sorriso sincero, per mano di entrambi forse, oppure per colpa del caso solamente. Sorrise tra sé amaramente: pensava che il caso fosse come una libreria, che ti poneva una serie illimitata di romanzi, e tu decidevi cosa prendere e portare a casa; da quel momento, stava a te decidere se affezionarti a quel libro, se odiarlo, se portarlo con te fino alla fine della tua esistenza oppure se liberartene appena ti era possibile farlo. E il caso aveva deciso che in quella libreria di quel lontano autunno incrociasse lo sguardo intelligente e affamato di scoperte di quel ragazzo solitario nella sezione Scienze, che sembrava essere preso da un mondo tutto suo, con un saggio di Astronomia in mano.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Terzo capitolo.

 
Peter aprì la porta del dormitorio, incerto se Brian fosse lì o meno. Era domenica sera, ed era appena tornato da King's Cross. Gli sembrava strano ora non aver Delilah accanto a sé, dopo due giorni che li avevano visti passare dall'essere amici al diventare fidanzati. Sorrise all'idea, ancora incapace di realizzare. Weymouth aveva una ragione in più per essere considerata meravigliosa dal giovane, che appoggiò la borsa sul pavimento.
Di felicità si può morire?
-Peter!- esclamò Brian, comparendo da chissà dove e abbracciando l'amico.
-Brian!- replicò Peter con lo stesso tono, felice di saperlo lì.
-Allora, com'è andata nel Dorset?-chiese l'amico, curioso.
-Bene... - rispose vago Peter.
-Definisci "bene". Pete, non mi inganni, hai un sorriso che non accenna a spegnersi, gli occhi come se avessi vissuto il miglior week-end della tua vita. O mi dici ora come è andato veramente il week-end, o rintraccio la libreria dove hai incontrato Delilah e faccio il terzo grado a lei.
- Ci siamo messi insieme. - rispose lo scienziato.
-Finalmente! -esclamò Brian, abbracciando di nuovo l'amico. Sapeva che sarebbe stata questione di tempo, da quando Peter gli aveva detto che aveva conosciuto una studentessa di Letteratura e vedendolo tornare dalle sue uscite con lei col sorriso e l'aria spensierata.
-Beh, vi auguro una splendida vita insieme!
-Hai per caso contattato qualche organizzatrice di matrimoni? - chiese Peter, notando che l'amico era veramente su di giri.
-No, dovrei? - Brian stette al gioco.             
-Mi sembra piuttosto prematuro parlare di matrimonio, stiamo insieme da solo un giorno, vorrei farti notare. - rispose Peter, mentre una piccola parte di lui già si stava immaginando un futuro insieme a Delilah.
-Comunque, quando hai intenzione di presentarmela?
-Sai, anche lei freme dalla voglia di conoscerti. - rispose Peter, ricordando tra le ultime cose che l'irlandese gli aveva detto, il desiderio di conoscere il suo amico e compagno di stanza.
-E allora non dividerci! -esclamò Brian, con tono melodrammatico.
Il ragazzo scoppiò a ridere, poi disse con tono formale che dopo Pasqua avrebbe "provveduto a congiungerli".
-Non so te, ma io sono estremamente stanco, quindi andrò a dormire.
-In realtà stavo per andare a dormire anch'io, è stata una settimana piuttosto intensa. -disse il suo amico, facendogli notare che era già in pigiama.
Peter si ricordò che Brian aveva dovuto passare il suo tempo libero a girare per la città ed osservare i palazzi, la loro struttura e l'estetica, difatti stava studiando Architettura.
-Un giorno ti sarà utile, Brian. - commentò, stendendosi sul letto.
-Non ne dubito, ma a momenti conosco questa città meglio di Liverpool, non ne vedevo la necessità. - replicò Brian, stendendosi sul suo letto a sua volta.
-Ancora non comprendo il motivo per cui hai lasciato Liverpool.
-Per lo stesso motivo per cui tu hai lasciato Bristol e anche perché  il programma delle università lì non mi soddisfacevano. Buonanotte, a domani.
-A domani.
Un momento prima di addormentarsi, Peter udì l'amico dire:-Comunque deve essere una ragazza speciale se è riuscita a farti innamorare di lei.
Peter sorrise, poi caddero in un sonno profondo.

 

 
-Ed eccolo, il grande architetto!
Brian era seduto sulla poltrona in mezzo alla stanza quando vide Peter entrare con una ragazza -suppose fosse Delilah - nel loro dormitorio. Quando sentì l'esclamazione dell'amico, si alzò immediatamente, replicando ironicamente:-Non sapevo fossi veggente. -Poi guardò la ragazza che era rimasta leggermente più indietro di Peter: capelli castano-scuri mossi cadenti sulle spalle, gli occhi nocciola acceso, poco più bassa dell'amico che ora li stava guardando per cercare qualche reazione. -E tu devi essere Delilah. - disse Brian..
-E tu devi essere Brian, il grande architetto. - replicò la ragazza con un sorriso, porgendogli la mano affusolata.
-La tua ragazza è rara, tienitela ben stretta, Peter. - decise Brian, dopo avergliela stretta.
Sul volto di Delilah comparve un'espressione di confusione, a cui Peter rimediò subito spiegando che Brian, attraverso la stretta di mano, pensava di riuscire a capire la personalità di una persona.
-Beh, grazie Brian. - commentò Delilah. - Speriamo che Peter riesca a seguire il tuo consiglio.
-Lo farà, o ci penserò io, non preoccuparti. - replicò il ragazzo, facendo l'occhiolino.
Peter non fece in tempo a rispondere a causa del telefono che iniziò a squillare prepotentemente.
-Vado io. - disse, e rispose. -Sì... d'accordo, non importa, arrivo subito... a dopo. - attaccò e spiegò che il suo capo aveva chiamato per dirgli che il cameriere che doveva avere il turno in quel momento si era sentito male quella mattina, e che avrebbe dovuto sostituirlo lui. -Però voi rimanete pure qui, conoscetevi. - aggiunse, mentre prendeva alcuni oggetti e se li metteva nelle tasche della giacca. Salutò Brian e Delilah, poi sparì dalla stanza.
- Peter mi ha detto che vieni da Belfast. Ho sempre desiderato visitarla. -disse Brian. - Posso offrirti qualcosa, acqua, tè?
-No grazie, sono a posto. Hai intenzione di visitarla in futuro?
-Spero di riuscirci.
-Tu non sei nato a Londra, vero?
-No, sono di Liverpool, e non ho intenzione di ritornarci tanto presto.
-Ha qualcosa di sbagliato?
-Oh no, è che è dell'uomo sognare qualsiasi luogo che non sia quello in cui abita, e non sono certo un'eccezione. Esempio più lampante di Peter non c'è, ha preso la prima via di fuga da Bristol ed è giunto a Londra, per una boccata d'aria sul mondo.
-Credo che se non conosci a fondo un luogo, ti sembra più gradevole e non riesci a vedere interamente le debolezze delle persone.
-L'illusione che il ribrezzo resti dove è nato, quando in realtà ti segue ovunque e tu riesci a non vederlo per l'ebbrezza di essere in un luogo dove devi ancora creare ricordi.
-Vale anche per la meraviglia. Ci sono ancora persone che sono quello che sembrano, e non sono un'illusione, ma realtà, sebbene problematica qualche volta. Ma che senso ha togliere alla realtà i suoi difetti?
-E' per rendere illusione quello che non è. Mi piace il tuo modo di pensare.
-Anche a me il tuo. Hai sempre desiderato studiare Architettura?
-Sì, mi ha sempre attirato l'idea di rendere reale un'immagine che la mia mente ha creato, cambiare un luogo con ciò che ho immaginato. Che cosa hai intenzione di fare dopo esserti laureata?
-Non saprei, ora lavoro in una libreria e mi piace lavorarci, ma credo non si possa fare per sempre la commessa  in una piccola libreria. Ho il buio lavorativo dopo la laurea.
-Potresti insegnare e trasmettere il tuo amore verso i libri. Salveresti le generazioni di oggi, sai?
- Peter ti ha detto della mia passione verso i libri?
-Sì, parla spesso di te.
-Davvero?
-Certo Delilah. Non l'ho mai visto così durante questi tre anni che lo conosco.
Delilah sorrise, riconoscente.
-Lo ami, non è vero?
-Si vede così tanto?
-Si vede ciò che c'è tra voi due, e non vi ho visto insieme neanche per così tanto tempo. O ho i superpoteri, o vi amate più di quanto voi sappiate.
-E' strano sentire questo da un ragazzo, se devo essere sincera.
-Ho letto parecchi libri, è una naturale conseguenza. Scherzi a parte, anche il più cinico sarebbe capace di vedere ciò che ho visto io prima.
Quel che rimaneva di quel pomeriggio lo passarono parlando del più e del meno. Quando fu per Delilah il tempo di ritornare al suo appartamento, Brian le disse che poteva contare su di lui, se avesse bisogno di aiuto, e lei in cuor suo lo apprezzò. Sulla strada ripensò all'intera chiacchierata avuta col migliore amico del suo ragazzo, e capì perché Peter era molto affezionato a lui: era divertente, con qualche nota di eccentricità, profondo e gentile, a primo impatto però si poteva solamente notare il suo essere socievole, che poteva essere frainteso e dargli un'etichetta che non si sarebbe meritato, se solo lo avessero conosciuto meglio.

 

 
Si alzò dal letto, facendo attenzione a non disturbare il quieto sonno del suo compagno, cosa che non succedeva spesso. Avrebbe voluto rimanere volentieri fra le sue braccia, sarebbe rimasta lì per sempre, ma non riusciva a dormire, per nulla. Aveva in sé una tempesta di emozioni piacevoli che non le procuravano la sana stanchezza che dovrebbe precedere il sonno, quindi aveva deciso, notando che ormai era definitivamente sveglia, di separarsi da Peter e di farsi un giretto per il suo appartamento. Raggiunse il salotto, e sul tavolino notò un libro, non suo. Accese la lampada per vedere di che si trattasse, e lo riconobbe. La copia di Jane Eyre che molti mesi addietro, forse un anno fa, aveva consegnato a quello che sarebbe diventato suo amico, suo compagno, suo amante, tutto ciò che pensava di non aver bisogno finché non lo aveva incontrato e aveva imparato ad amare tutto di lui. Nonostante il lieve tremolio che la assillava da qualche giorno, riuscì a mantenere la mano ferma e prese il libro, da cui cadde una polaroid. Delilah la prese e vide che era la foto che aveva scattato con Peter quando erano andati a Weymouth. Allora l'aveva conservata, pensò con un sorriso. Prese una penna, e decise di scrivere la dedica che avrebbe dovuto scrivere molto tempo fa, sulla pagina di rispetto di quella copia.

 
Hey Peter,
credo ti sembrerà strano leggere questo messaggio, dopo tutti i mesi che son passati dall'ultima volta che ho visto questo libro, ma sono le quattro del mattino, stai dormendo da me, e io non posso concepire un maggior grado di felicità. E' una continua magia quando sono con te, qualsiasi preoccupazione, ansia o fastidio svanisce quando ti vedo arrivare, non credo potrei immaginare una vita futura senza includere te, che mi hai fatto credere ancora di più nell'umanità, mi hai fatto sentire a casa come non mi sentivo da quando ho lasciato Belfast, e potrei andare ovunque e sentirmi lo stesso al sicuro, se sono con te, che mi ascolti e mi comprendi, e mi ami. Qualsiasi strada mi ricondurrebbe a te, se tentassi di allontanarmi - e non ne ho la minima intenzione. Sei ciò che ho da sempre inconsapevolmente desiderato e cercato,e ti cercherei in ogni dove, pur di vedere il suo sorriso, sentire la tua risata, le tue braccia intorno a me. Ti amo, tua Delilah.

 

 
-Sì mamma, mi rende felice!
I pensieri che Delilah stava da qualche tempo formulando riguardo Peter si spostarono su quell'esclamazione pronunciata da una ragazza al telefono, dall'altra parte della strada. Delilah si girò per guardarla meglio: doveva avere almeno diciannove anni. Tale frase era stata detta con così tanta sincerità che spinse l'irlandese a chiedersi se Peter, quando era davvero con lei, nessuna scienza tra di loro, la portasse alla felicità.
Non quando non rinuncia ai congressi, ironizzò.
Felicità. Come il titolo di una canzone che riesci a ricordare man mano che ascolti la suddetta canzone, man mano che ripeteva mentalmente la parola felicità, si rammentò di quel momento prima dell'alba, quando aveva scritto sulla copia che li aveva fatti conoscere. Chissà se aveva letto il suo messaggio, e se così era, chissà se se ne ricordava, o se ne avesse perso la reminiscenza.
Se prima stava riflettendo sul comportamento di quel ragazzo nell'ultimo periodo e ne stava cercando i motivi - e scoprì come le era facile mettere la rabbia da parte ed essere, per quanto potesse esserlo, oggettiva- per poi trovargli giustificazioni, ora si pose in quell'immensa lavagna immaginaria  su cui aveva tracciato, da quando era uscita di casa, la loro situazione, arrivando alla conclusione che avrebbe aspettato per sempre il ragazzo di Bristol, e chiese a se stessa se a lui importasse qualcosa di lei. Sarebbe andata ad ipotesi e con lo sguardo possibilmente scientifico, per quanto il suo animo glielo avrebbe permesso. Trovò molteplici ricordi sparsi nell'arco del tempo, e li analizzò, con la calma che le permetteva il suo passo e la notte scesa sulla città già da qualche ora.
Il periodo in cui i congressi erano cominciati ad entrare nella loro vita, dovette riconoscere che si ritrovò, almeno le prime volte, sorpresa al sentire il campanello, aprire e trovarsi lo scienziato con un sorriso che gli illuminava il viso, una mano che reggeva due cartoni della pizza e l'altra un dvd preso in noleggio ad un negozio lì vicino, oppure un cd che voleva ascoltassero insieme. Quasi mai riuscivano a finire di vedere il film o di ascoltare l'album, perché arrivava sempre quel momento in cui Peter decideva di smettere di rimanere zitto si metteva a parlare e finiva per coinvolgerla negli argomenti più disparati, e quella che si prospettava una serata dedicata allo studio, alla lettura o alla noia diventava una serata piacevole e divertente. Ogni tanto qualche curiosità sull'Universo le veniva in mente, e Peter con tono discorsivo le spiegava con pazienza, talvolta con ironia, le leggi che regolavano il luogo in cui vivevano e quel che v'era dopo aver attraversato l'atmosfera. E lo faceva così, con quel tono così diverso da quello che si utilizzava nei congressi, quando gli sfuggiva qualche parola su un argomento scientifico, senza risultar mai sgradevole. Condivideva il suo mondo con la ragazza che amava, Delilah se ne rese completamente conto in quel mondo, e comprese.
Allora vienimi incontro, Peter, incontrami sotto questa pioggia in cui ci ritroviamo. Pur di rivedere quegli occhi, risentire quella voce, sono pronta a tutto.

 

 
E questo era il terzo capitolo. Francamente non sono molto soddisfatta, soprattutto dell'incontro tra Brian e Delilah, lo sento incompleto. Vediamolo come parte "di passaggio".
Vorrei specificare, nel caso non si fosse capito, che i problemi tra la libraia e lo scienziato sono sorti nell'ultimo periodo, come si è ricordata Delilah, Peter riusciva a mantenere un equilibrio tra Scienza e lei; è nell'ultimo periodo che bruscamente l'ha perso. Sono consapevole del fatto che Delilah può apparire fin troppo tranquilla, ma credo fosse giusto farle passare dallo stato d'animo ferito e arrabbiato allo "sguardo scientifico" che in qualche modo la porta ad uno stato d'animo vicino alla calma. Spero che le mie intenzioni siano state comprese. 
spero che questo capitolo vi sia piaciuto, come al solito potete lasciare commenti, critiche, pensieri, sempre nel limite dell'educazione. Spero di trovarvi ancora al prossimo capitolo che può essere sia l'ultimo che il penultimo, ancora non lo so, a ogni modo vi ringrazio se avete avuto la pazienza e la voglia di leggermi. 
A presto e buon Ferragosto,
Sognatrice.
  
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