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Autore: miss dark    30/01/2009    6 recensioni
[...] Come questa musica che rimbomba sempre uguale tra le pareti viola della mia stanza.
Tu lo sai perché sono così viola?
Tu sai perché vorrei confondermi con il nero del mio pavimento e perché ci sto riuscendo sempre meglio?
Genere: Malinconico, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Perchè non adesso?

Premetto che questa storia non ha alcun senso.

E' una specie di flusso di coscienza, rivisto e corretto da qualche parte. Ho inserito la punteggiatura, così che fosse un pochino più comprensibile.

Tutto ciò che ho scritto mi è relamente accaduto.

Buona lettura...

 

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Ma allora, visto che dovrà succedere, perché non adesso?

 

Perché non ora, visto che la musica suona acuta nelle mie orecchie sorde?

 

Perché non mentre parlo per ore, senza dire assolutamente nulla?

 

Perché non negli istanti in cui mi sforzo di far uscire una risata di carta per distrarre le persone dal rumore che produce il mio corpo, mentre si sgretola lentamente?

 

Perché non durante le sere in cui fisso uno schermo bianco solo per fingere che una parte di me ancora c’è?

 

Perché non quando, coperta dallo scrosciare dell’acqua, urlo al nulla che mi avvolge di andare via?

 

 

E dimmi, dimmi perché sono di nuovo seduta qui a chiedermi perché sono di nuovo seduta qui?

 

Secondo te, perché se guardo verso il cielo mi viene da vomitare, mentre se spengo la luce riesco anche a sorridere?

 

Lo vedi, adesso? Che quasi piango a chiederti di rispondere alle mie domande, sapendo che non faranno altro che scorticare il mio cervello stanco.

Proprio come questa musica che rimbomba sempre uguale tra le pareti viola della mia stanza.

Tu lo sai perché sono così viola? Tu sai perché vorrei confondermi con il nero del mio pavimento e perché ci sto riuscendo sempre meglio?

 

La sera mi viene da prendere la gomma e cancellare tutte le parole dai miei libri e dai dizionari, per non vederle più e non doverle più usare. Ma poi mi si sciolgono le mani e comincio a strapparmi i capelli solo per contare quanti sono.

Lo sai tu, quanti sono? Hai mai contato quelli che cadevano sul soffitto salendo come palloncini?

Ricordo quanto mi divertivo a bucare i palloncini dei miei compagni semplicemente per il gusto di vederli soffiare fino a diventare rossi e piangere con quel pezzo di plastica sgonfia in mano.

E mi chiedo anche come abbia fatto a rispondere a quell’indovinello, mentre nella mia mente volavano solo pezzi di fogli azzurri.

Perché proprio azzurri, poi? Azzurri come quel dannato evidenziatore che, una volta, mise in risalto anche il mio nome.

Tu lo ricordi il mio nome?

E il giorno del mio compleanno?

Neanche lui se lo ricordava e, a pensarci bene, se cancellando una data di nascita si potesse cancellare anche la nascita stessa, me lo scorderei anche io.

 

Come quella bambina che si dimenticò il libro sotto il banco solo perché riguardava i ranocchi e lei odiava mangiarli alle feste.

Secondo te perché non mi piacciono le torte? E perché quel cappuccino, stamattina, mi ha fatto venire la nausea?

Forse perché mentre lo bevevo ho parlato di calcoli matematici ascoltando i consigli del professore che, in alfabeto morse, mi diceva di scappare da quella scuola.

 

E mi dici perché volevo vendere una sedia alla gente che passava sotto la finestra della mia classe?

Secondo te, se lanciassi una scarpa in testa alle signore del mercato, loro me la ridarebbero o la userebbero come vaso per i fiori?

 

A cinque anni, chiesi a mia madre se gli angeli custodi esistessero davvero e quando lei mi rispose di sì, le domandai se mi avrebbero salvata se mi fossi gettata dal balcone o dall’armadio del salotto. Lei mi sorrise dicendo di no e io provai ad usare i sacchetti della spesa come paracaduti, quando mi allenavo a volare con mio fratello.

 

Perché la mia vicina di casa rabbrividì quando staccai la testa ad una delle mie bambole? Ma, soprattutto, si stancheranno anche loro di rimanere chiuse negli scatoloni vicino al termosifone?

 

E secondo te ha senso che io voglia insegnare al mio gatto i passi del tip-tap sulle note dei Notturni di Chopin?

Nonostante gli abbia slogato una zampa continua a grattare sulla porta della mia camera per entrare e ricevere un po’ di coccole. Mi chiedo perché lo faccia e poi ripenso al mio cane, disperso a Venezia un giorno in cui aveva deciso di morire.

 

Osservo la penna scorrere sul foglio e ti pongo ancora una domanda; sempre la stessa, forse te la ricordi ancora: visto che anche io dovrò morire, perché non posso scegliere quando?

E, se potessi, perché non adesso?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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