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Autore: Bloodred Ridin Hood    17/08/2015    3 recensioni
Commedia sperimentale sulle vicende di vita quotidiana della famiglia più disfunzionale della saga.
Immaginate la vita di tutti i giorni della famiglia Mishima in un universo parallelo in cui i suoi membri, pur non andando esattamente d’accordo, non cerchino di mandarsi all'altro mondo gli uni con gli altri.
[AU in contesto realistico] [POV alternato]
[Slow-burn XiaoJin, LarsxAlisa] [KazuyaxJun] [Accenni di altre ship]
[COMPLETA]
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Asuka Kazama, Jin Kazama, Jun Kazama, Lars Alexandersson
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NOTE, ISTRUZIONI, AVVERTENZE E CHIACCHIERE VARIE:

- Questa storia è un’AU a contesto realistico, non esiste il Devil, non esiste Ogre, così come tutti gli altri elementi sovrannaturali di Tekken (o almeno non esistono sotto la stessa forma).

- Kazuya e Jun sono entrambi vivi e vegeti, vivono nella stessa casa assieme al loro figlio Jin e non solo. I rapporti di famiglia non sono ottimali, ma non così disastrosi come nel gioco. (L’idea mi è venuta dopo aver visto il finale di Lars di TT2, se non lo conoscete guardatelo qui. Ho trovato l’idea di una famiglia Mishima in un contesto semi-normale carina e divertente che ho pensato di scriverci una storia.)

- Oltre agli elementi della trama dei videogiochi, ho inserito delle cose relative al film Tekken Blood Vengeance. Perché così mi andava.

- La storia è narrata con un punto di vista interno alternato, ogni capitolo avrà il suo personaggio narratore.

- Per quanto riguarda le AU, credo sia più facile finire per sbaglio qualche volta nell’OOC. Dato che i personaggi vivono realtà diverse, diverse saranno anche le loro azioni. Per quanto abbia cercato di mantenere i caratteri dei personaggi più fedeli a quella che per me è la loro personalità, spero mi perdoniate se qualche volta potrei aver varcato i sacri confini dell’IC. In ogni caso, ho segnato l’avvertimento OOC per sicurezza.

- È la prima volta che provo a scrivere un’AU e onestamente non so che cosa possa esserne venuto fuori. È un esperimento che a dirla tutta inizialmente non pensavo neanche di voler pubblicare. È una storia leggera, poco impegnata, consapevolmente trash e improbabile. Vi prego non siate cattivi! <3

Detto questo, buona lettura!

















 
FAMILY VALUES

1
Nightmare 

(Jin)

 

Mi sveglio di soprassalto con la fronte madida di sudore e il cuore che mi martella contro il petto. Non ho idea di che ore siano, ma la mia stanza è completamente buia e, a giudicare dall’insolita calma e assoluta assenza di rumore, deve essere ancora piuttosto presto. Cerco a tentoni l’interruttore della lampada sul mio comodino e accendo la luce. La mia sveglia digitale si è rotta l’ultima volta che ho litigato con mia cugina e sono costretto a leggere l’orario dal mio orologio da polso: le quattro e mezza in punto.
Ottimo, per lo meno ho ancora un po’ di tempo per cercare di rilassarmi prima di dovermi alzare e affrontare quella che sarà l’ennesima giornata di merda.
Affondo di nuovo sul cuscino e guardo il cerchio di luce gialla che la lampada disegna sul soffitto. Ho ancora le immagini di quell’incubo vivide nella mente.
Vivevo in una casa in una foresta, da solo con mia madre, e stavamo così bene in quella pace. Poi all’improvviso arrivava un terribile mostro alato, attaccava mia madre e la uccideva davanti a me. Io allora perdevo i sensi e al mio risveglio, sapevo di dover andare a Tokyo a cercare mio nonno Heihachi. Parlavo con lui, gli chiedevo di insegnarmi a combattere per poter sconfiggere il mostro alato e vendicare la mia adorata madre. Heihachi accettava di aiutarmi e in un primo momento si dimostrava affidabile, più avanti però mi si rivoltava contro e mi sparava un colpo in testa. La ragione era che avevo ereditato lo stesso gene demoniaco di mio padre, che aveva ucciso prima della mia nascita. Dopo essere stato sparato, cadevo a terra, ma invece di morire, iniziavo a sentire il sangue ribollirmi nelle vene, il mio corpo iniziava a trasformarsi, un’insana rabbia e voglia di uccidere mi travolgeva. Ero un mostro, un furioso incontrollabile mostro. Non riuscivo a controllarmi, mi osservavo disseminare morte e distruzione ovunque. A quel punto ho iniziato ad avere una paura agghiacciante e mi sono svegliato col cuore in gola.
Cosa cazzo ho mangiato ieri notte?!
Dovrò iniziare a pensare di farmi vedere da uno strizzacervelli?
Cosa sta cercando di comunicarmi il mio inconscio?
Per quanto i rapporti nella mia famiglia siano piuttosto singolari, non raggiungiamo di certo questi livelli. Per quanto sono assolutamente certo che mio nonno mi detesti, dubito che arriverebbe a spararmi un colpo in testa, o almeno spero. E per quanto mio padre sia stronzo, dubito che sia un essere demoniaco.
E soprattutto, di certo non lo sono io.
Riesco a riassopirmi e riprendo a fare strani sogni confusi, disturbanti e poco sensati, finchè, dopo quelli che mi sembrano cinque minuti, uno scoppio assordante mi fa saltare sul letto.
Spalanco gli occhi e mi guardo intorno, cercando di capire.
Quella peste di mia cugina Asuka è letteralmente piegata in due dalle risate con una padella e un cucchiaio nelle mani.
Asuka Kazama, età biologica quindici anni, età cerebrale quattro e mezzo. Seriamente, quanto può essere sciocca questa ragazzina?
“Asuka, sei una cretina.” borbotto scalciando le coperte e preparandomi ad acchiapparla.
Questa volta non la passerà liscia. Eh no, questa volta quella piccola stupida me la paga.
La sua stupidità è direttamente proporzionale alla sua capacità di farla sempre franca e, come se non bastasse, di conquistare sempre la ragione e l’approvazione di mia madre.
Questo è un altro dei motivi per cui Asuka è un’altra di quelle persone che rendono la mia vita in questa casa così tremendamente difficile.
“Questo è per avermi chiuso l’acqua calda mentre facevo la doccia ieri.” mi fa sapere con un ghigno sadico stampato in faccia.
Sì, d’accordo, non è stata la cosa più corretta del mondo, ma non l’avrei mai fatto se non mi avesse portato all’esasperazione qualche minuto prima, quando ha messo del wasabi nella mia bibita per poi filmare la mia reazione. 
Maledetta psicopatica, questa serie di continui dispetti dovrà pur finire prima o poi!
Mi alzo e inizio ad inseguirla. Sto per acchiapparle un braccio quando invece, con mia grande sorpresa, qualcosa mi trattiene una caviglia e finisco rovinosamente a terra pestando prima un ginocchio, poi l’intero corpo.
Mi girò per cercare di capire cosa è successo e vedo uno spago allacciato attorno alla mia caviglia.
Quella strega malefica mi ha legato la caviglia a un piede del letto e adesso è sulla porta piegata in due dalle risate.
“Questa me la paghi, maledetta stronza.” le urlo.
Lei continua a ridere e scappa via senza neanche rispondere.
“Jin!” neanche un minuto dopo, ecco mia madre che compare davanti alla porta aperta della mia stanza con un misto di sconcerto e disapprovazione sul suo volto “Ti ho sentito, sai? Ti sembra il modo di rivolgerti a tua cugina più piccola?”
Faccio un respiro profondo cercando di mantenere la calma.
Facciamola ragionare, magari finalmente aprirà gli occhi e soprattutto mi risparmierò la ramanzina su come io debba dare l’esempio.
“Mamma, vedi cosa sto facendo?” indico lo spago incriminato attorno alla mia caviglia che sto tentando di slegare “La tua cara nipote prediletta mi ha teso questa simpatica trappola, facendomi cadere a terra. Mi sono pestato il ginocchio e…”
Mia madre sospira, entra in camera e raggiunge la scrivania.
“Jin, chi è quello grande dei due?”
Ecco, ci risiamo.
Prende un paio di forbici dal portapenne.
“Vuoi forse metterti a piangere perché ti sei pestato un ginocchio?”
“Non è per il ginocchio, mamma!” insisto alzando la voce.
“Ti fa tanto male? Vuoi anche una caramella?” alza la voce anche lei “O magari un bacino così il livido andrà via più in fretta?! Jin, non puoi comportarti così e rivolgerti in quel modo a tua cugina solo perché ti ha fatto uno scherzo innocente! Comportati da ragazzo responsabile!”
Taglia lo spago con un colpo netto di forbici.
“Cosa c’entra questo con l’essere un ragazzo responsabile?” chiedo, immaginando già dove vuole arrivare.
“Come posso mandarti a vivere da solo in Australia se non mi dimostri di essere abbastanza maturo da comportarti da adulto responsabile?”
Ecco, ci risiamo. Ogni volta trova le scuse più assurde per ribadire che lasciarmi andare in Australia non sia una buona idea.
“Il modo in cui mi rivolgo ad Asuka non c’entra niente con l’essere un adulto responsabile!”
La cosa peggiore è che sicuramente quella stronza di mia cugina sta ascoltando dietro qualche porta e si sta sicuramente divertendo un mondo.
“Che cosa succede qui?”
Oh, perfetto. Mancava solo lui. Kazuya, mio padre, colui che il mio inconscio mi presenta sotto forma di essere demoniaco nei miei sogni, si affaccia dalla porta e osserva la scena a braccia conserte.
“Cosa sono queste urla di primo mattino?” continua.
Mi rialzo e faccio finta di niente, ignorando il dolore al ginocchio.
“Niente.” taglio corto.
Non serve che conosca la storia anche lui.
“Asuka ha fatto uno scherzo a Jin, lui è caduto, si è fatto male e si stava lamentando.”
Kazuya sogghigna, guardandomi come se fossi un povero scemo. Lo fa sempre e mi irrita come nient’altro in questo mondo.
“Non è andata esattamente così.” sibilo tra i denti “Adesso uscite, devo cambiarmi!”
Rimango di nuovo solo nella tranquillità della mia stanza e mi chiedo da quand’è che la vita a casa abbia cominciato ad essere così difficile.
Giuro che fino ad un certo punto le cose funzionavano bene. Certo, la mamma è sempre stata un po’ troppo apprensiva e Kazuya è sempre stato stronzo fin da quando ho memoria, ma un tempo ero stato un bambino felice, o almeno così mi sembra.
Le cose hanno più o meno cominciato a precipitare dopo che Kazuya ed Heihachi sono entrati in guerra cercando di diventare l’uno più ricco dell’altro.
In realtà è tutta la vita che, a loro modo, sono in guerra l’uno con l’altro. Nessuno mi ha mai spiegato i dettagli, e ho imparato fin da piccolo ad evitare di fare domande su questo argomento, ma so che Heihachi ha in qualche modo reso la vita di Kazuya molto difficile in passato. Ho ragione di credere che se oggi Kazuya è così come ce lo dobbiamo sopportare, sia principalmente per colpa di Heihachi. Non so quanto sia stato grave ciò che è successo tra di loro, ma so per certo che quelle cicatrici sul volto di mio padre sono legate a questa storia e per anni erano sul punto di uccidersi l’uno con l’altro!
Poi un giorno mamma è entrata nella vita di Kazuya e lei è miracolosamente riuscita a riportare un po’ di ordine nella loro esistenza e a farli arrivare ad una, seppur sofferta, reciproca sopportazione.
Le cose però, sono peggiorate di nuovo quando mio padre, circa dieci anni fa, è salito al comando della G Corporation.
La G Corporation è una società di ricerca scientifica altamente avanzata che opera nei più disparati settori del campo delle biotecnologie, il cui operato è notevolmente importante a livello mondiale.
Mio nonno Heihachi invece, è il capo della Mishima Zaibatsu, un impero finanziario il cui nome è da svariati decenni conosciuto come una delle più influenti e prolifiche multinazionali del mondo.
Circa una decina di anni fa Kazuya e Heihachi hanno trovato il modo di trasferire la loro rivalità sul piano economico ed è esattamente in quel periodo che Kazuya è diventato ancora più stronzo, mamma più nervosa ed Heihachi più insopportabile e odioso che mai.
Sì, credo che sia da quel punto in poi che le cose hanno cominciato ad essere difficili a casa. È da quel momento che si sono succeduti tutta una lunga serie di disastri che mi hanno rovinato l’adolescenza.
Infine, come se non bastasse, qualche tempo dopo si è aggiunto anche il problema Asuka.
Asuka è mia cugina di primo grado da parte di mamma. Nata e cresciuta ad Osaka, Asuka, che a parer mio a volte non brilla di intelligenza, aveva il vizietto di mettersi a fare da paladina della giustizia contro le bande di delinquenti della sua città. È capitato che poi, come era chiaro che prima o poi sarebbe andata a finire, un giorno ha incontrato dei delinquenti un po’ più pericolosi del solito e, per la sua incolumità personale, è stata costretta a cambiare città. Così, un anno e mezzo fa, Asuka si è trasferita da noi a Tokyo, mettendo definitivamente fine al mio benessere psicologico.
Io e Asuka non siamo mai andati troppo d’accordo. Lei ha sempre desiderato avere un certo tipo di rapporto con me che io invece non ero per niente interessato ad avere.
Quando è arrivata a casa io stavo ancora attraversando un periodo particolare della mia vita e non ero contento di averla tra i piedi, e soprattutto neanche avevo voglia di passare tutto il tempo che per qualche motivo lei si aspettava passassi con lei.
Non ho soddisfatto le sue aspettative di cugino grande ideale e, a quanto sembra, ha deciso di farmela pagare per tutta la vita.
Non posso più vivere in questa casa di pazzi.
È anche per questo voglio andare a fare un anno di studio all’estero.
Frequento la Mishima Polytechnical High School, di cui mio nonno è il fondatore. Oltre ad essere una delle più prestigiose scuole private del paese, quindi un posto pieno di insopportabili viziati figli di papà, è una scuola internazionale, gran parte degli insegnamenti sono impartiti in inglese, vanta un altissimo numero di studenti stranieri e organizza spesso iniziative di scambio culturale.
Quest’anno c’è in palio la possibilità di essere ammessi ad un prestigioso corso di studi universitario a Brisbane, in Australia. Se riuscissi ad allontanarmi dalla mia famiglia in questo modo sarebbe il massimo. La mia idea è poi di fare in modo di sistemarmi lì anche per il futuro. Mi cercherò un lavoro, vedrò di sostenermi da solo, continuerò gli studi e mi realizzerò per conto mio, e sarò finalmente lontano dalla mia famiglia.
La difficoltà più grossa, oltre allo stress di dover mantenere la mia media scolastica praticamente perfetta, è soprattutto quella di convincere mia madre a lasciarmi andare.
Per qualche motivo si è convinta che sono un ragazzo troppo problematico e non è sicura di volermi lasciare partire. E questo, dato che non ho ancora compiuto vent’anni, e quindi tecnicamente per questo paese non sono ancora ritenuto un maggiorenne, è un grosso problema.



Entro in cucina e prendo il mio posto a tavola, davanti ad Asuka. Mia madre, alla mia destra, versa succo d’arancia a me e ad Asuka, e Kazuya, alla mia sinistra, legge il quotidiano.
“Ora che ci siamo tutti, ne approfitto per farvi sapere che il biologo tirocinante che lavorerà con me in ambulatorio ha confermato. Arriverà questa settimana e confermo che starà qui da noi.” annuncia mia madre.
Me n’ero completamente dimenticato.
Mia madre è un veterinario piuttosto stimato ben conosciuto nel suo giro. Da qualche tempo ha deciso di assumere un assistente tirocinante che si occuperà delle analisi biologiche all’ambulatorio. Fin qui non ci sarebbe niente di male se non fosse per il fatto che ha deciso di prendere uno studente straniero che alloggerà a casa con noi!
Guardo Kazuya con sguardo allarmato. Ne hanno discusso per mesi, non posso credere che alla fine abbia ceduto. La situazione a casa è già catastrofica così com’è, ci manca solo l’arrivo di un’altra persona a complicare le cose e, almeno per questo genere di cose, io e mio padre ci troviamo di solito d’accordo.
“Che vuoi?” mi fa lui con il suo abituale sguardo truce.
“Come? Non hai niente da dire?” chiedo sdegnato.
“Jin, non fare il capriccioso! Io e tuo padre ne abbiamo già parlato tra di noi e questa è la nostra decisione definitiva.” interviene mamma arrabbiata.
Mi chiedo quale ricatto abbia usato per convincere Kazuya ad accettare di prestare casa ad un completo sconosciuto. Anzi, non credo di volerlo sapere.
“Il tirocinante lavorerà qui e noi tutti saremo carini con lui… o con lei.” continua mamma.
“Ci stiamo prendendo in casa un perfetto sconosciuto, in una casa dove niente funziona vorrei sottolineare” mi lamento “e non sai nemmeno se sia un uomo o una donna?”
“È un nome straniero che non riesco nemmeno a leggere.” risponde Mamma “Ma che problema c’è? Al suo arrivo si svelerà la sorpresa!”
“Potrebbe essere divertente avere in casa uno studente straniero.” interviene Asuka sorridente.
Mamma le sorride di rimando.
“Vero, Asuka? Lo penso anch’io!”
“Certo, sarà un ottimo modo per entrare in contatto con una nuova cultura.”
Quanto è lecchina e insopportabile!
La guardo con un sorrisetto cattivo, mi è appena venuta un’idea.
Questa potrebbe essere l’occasione perfetta per farle pagare lo scherzetto di stamattina.
Chissà quanto sarà felice zia Jun di sentire con chi ti ho visto venerdì sera, stronzetta.
“Mamma, ti ricordi di… Hwoarang?”
Mia madre mi porge il bicchiere e Asuka mi guarda confusa.
“Hwoarang?” ripete Mamma distrattamente.
“Sì, Hwoarang. Era alle medie con me.” continuo “Quel ragazzo che era stato sospeso perché aveva lanciato un banco dalla finestra per una sfida di coraggio, e aveva dato fuoco al bagno degli insegnanti per ripicca.”
Ho finalmente catturato l’attenzione di Mamma, che mi guarda sconvolta.
“Oh sì! Certo che mi ricordo di quel teppista! Che fine ha fatto?”
Mangio un boccone del pasticcio informe che c’è nel mio piatto e lanciò un’altra occhiata cattiva ad Asuka che sembra sempre più disorientata.
Sto per continuare il mio discorso, ma mi fermo, attonito dall’insolito sapore di quell’ammasso indefinito che apparentemente sa di uova, carne e pesce in una combinazione di sapori che non è esattamente piacevole.
“Hai… hai cucinato tu?” chiedo a mia madre.
Lei si rizza sulla schiena.
“Perché?” chiede sembrando improvvisamente molto nervosa.
Kazuya abbassa finalmente il giornale, guardando la scena con un minuscolo sorrisetto compiaciuto.
Mia madre ha mille pregi ed è brava a fare tante cose, ma se c’è proprio un’attività per cui non è assolutamente portata, è la cucina. Di solito infatti, è Kazuya che provvede a cucinare colazione e cena e, sono costretto ad ammettere, non se la cava affatto male.
Per quanto comunque mia madre sia una non prediletta cuoca, odia sentirselo dire.
“Jun ci teneva a presentarci una sua nuova ricetta.” dice Kazuya sogghignando.
“Com’è?” mi chiede Mamma quasi timidamente.
Momento di puro terrore.
Mi sforzo di mandare giù il boccone senza pensare al sapore.
“Non… non è male.” dico poi cercando di sembrare convincente.
Lei mi fa un gran sorriso, poi si gira da Asuka.
“Asuka, tu non mangi tesoro? Assaggia!”
Asuka mi sta ancora osservando con aria vagamente preoccupata senza aver ancora toccato cibo.
“Ok.” dice e assaggia il pasticcio.
Il suo volto rimane inespressivo, mentre ingoia il boccone, poi fa un tiratissimo sorriso.
“È buono.”
Mamma si volta a guardare Kazuya con aria soddisfatta.
Una delle tante cose che rendono la mia convivenza con i miei genitori tanto difficile è la loro continua voglia di competizione. Dopotutto si sono conosciuti ad un torneo di arti marziali.
“Hanno detto che è buono.” dice mia madre con orgoglio.
“Mentono.” risponde atono mio padre, che è sempre il solito stronzo “Forse sarebbe buono con qualche litro di salsa di soia in meno, con meno uovo e se non avesse il fondo mezzo bruciato.”
Mamma gli lancia uno sguardo severo.
“Che c’è?” fa lui rimanendo serio “Mi hai chiesto un parere sincero o no?”
Mamma guarda prima me poi Asuka accigliata.
“Perché non continuate a mangiare? Su!”
Asuka riprende a mangiare, forzando dei sorrisini di continuo.
“A me piace, zia Jun!”
Lecchina maledetta! Questo non ti salverà da ciò che ho in serbo per te!
Provo a mangiarne un altro boccone anch’io, ma mi si ferma in gola e comincio a tossicchiare.
“Jin, che ti succede?” mi chiede quasi con un rimprovero.
Kazuya ridacchia fra sé e sé.
“E non lo vedi? Non costringerlo a mangiare la tua prelibatezza, Jun, o finirà per vomitare sul tavolo. Devi semplicemente accettare il fatto che il tuo tortino non ha un buon sapore.”
Sempre. Il solito. Stronzo.
“Jin?” continua Mamma.
“Mmm beh… forse in effetti è un po’ troppo salato e…” provo a dire molto gentilmente, ma lei non mi fa finire neanche la frase.
“Avevi detto che era buono!” mi rinfaccia “Perché mi hai mentito?”
“Non è così male come dice lui!” indico Kazuya “È che a me il merluzzo neanche piace così tanto! Lo sai, no?!”
“A me piace, zia Jun!” ripete quella maledetta “Guarda, l’ho finito.” solleva un po’ il suo piatto per farglielo vedere meglio.
Vorrei urlarle che è una lecchina bugiarda, ma finirei per fare incavolare mamma ancora di più, invece cerco di calmarla con qualcos’altro.
“Perché non provi a fare qualcos’altro?” suggerisco “Tipo la torta all’arancia che hai fatto al tuo compleanno. Quella era davvero buona!”
“Era un preparato.” sogghigna Kazuya da dietro il giornale.
Adesso seriamente, come mai potrei andare d’accordo con mio padre?
“Ti stai divertendo un mondo, vero Kazuya?” lo fulmina mamma con un’occhiataccia che sarebbe in grado di incenerire le pagine del giornale.
Kazuya lo chiude e lo piega, mettendolo da parte.
“Jun, devi accettare che può esistere qualcosa in questo mondo che tu non sappia fare meglio degli altri.”
“D’accordo, se vi fa così schifo non mangiatelo!” dice alzando i palmi delle mani, offesissima “Vorrà dire che lo daremo ai cani.”
Kazuya corruga la fronte.
“Non darai ai miei cani questo schifo!”
Già, dimenticavo, a parte mia madre gli unici esseri viventi di questa terra ai quali Kazuya sembra essere legato da qualche tipo di affetto, sono i suoi tre cani mostruosi che da anni terrorizzano postini e ignari visitatori della nostra casa.
Dopo un’ordinanza dei vigili, due anni fa, siamo stati costretti a tenerli legati durante le ore del giorno dopo che avevano quasi spaventato a morte l’ispettore del canone TV.
Se è vero che gli animali assomigliano al loro padrone, non potrebbe esserci esempio più azzeccato di quello di Kazuya e le sue tre belve. Sono tre grossi Rottweiler maschi di cinque anni e ovviamente, in quanto perfetti esseri letali, Kazuya li adora e loro adorano lui.
Mia madre guarda Kazuya con sguardo gelido, profondamente scossa da quell’affronto.
Ci risiamo, episodi di questo genere sono all’ordine del giorno, ma in qualche modo riescono comunque a fare sempre pace.
“Ragazzi, è tardi. Andate a prepararvi per andare a scuola.” sussurra mia madre senza guardarci per invitarci a lasciarla sola con Kazuya.
“Veramente io avevo lasciato un discorso a metà.” osservo contrariato a voce bassa.
“Me ne parlerai in un altro momento, tesoro.” mi zittisce lei con quello che sembra più un ordine che un suggerimento.
Vedo Asuka che mi guarda minacciosamente dall’altra parte del tavolo.
“Non è finita qui.” le sussurro con un’espressione minacciosa.
“Non ci provare.” dice lei talmente piano che riesco a capirla solo leggendo il labiale.
Poi si alza e scappa via dalla stanza.


 
“Ohi, Kazama! Ti sei incantato? Chang ti ha fatto una domanda.”
È la pausa pranzo, sono sul tetto della scuola e ho appena avuto l’impressione di vedere qualcosa di scuro volare velocemente fra le nuvole.
“Ho visto…”
Qualcosa che mi ha ricordato…
“…un aereo?” Julia Chang, seduta al mio fianco, mi guarda alzando un sopracciglio.
“…un ufo?” ridacchia Shin Kamiya.
…un orribile mostro alato.
“Lasciamo stare.” sbuffo frugando all’interno del mio zaino in cerca del mio pranzo.
Quello strano incubo di ieri notte continua a tornarmi in mente e a mettermi in qualche modo di malumore. Più del solito, si intende.
Deve essere una metafora della storia della mia famiglia, ne sono certo. Era così orribilmente reale!
“Cosa hai oggi?” chiede Julia.
Tolgo fuori la scatola portapranzo e la studio al di là del coperchio di plastica coperto di condensa.
“Direi verdurine bollite con tofu.” poi scuoto piano la testa “Quante volte le avrò detto che odio il tofu?”
“Io ho polpettone con asparagi.”
“Perfetto, affare fatto.”
Non ci devo neanche pensare e ci scambiamo i cestini del pranzo.
Mia madre qualche tempo fa si è fissata con la storia che secondo lei consumo troppa carne e cerca sempre di rifilarmi dei menù vegetariani.
Più o meno nello stesso periodo, Julia è entrata nel vivo del suo spirito di paladina dell’ambiente e ha cominciato ad evitare gli alimenti di origine animale sempre più spesso. Sua madre però, imperterrita, le prepara delle ottime prelibatezze a base di carne, con la speranza di farle cambiare idea.
Per il momento l’operato delle nostre madri non sta avendo molto successo, dato che io e Julia abbiamo cominciato a scambiarci il pranzo sempre più di frequente.
Julia Chang è la figlia di Michelle Chang, un’amica di vecchia data di mia madre. Anche Michelle partecipò a quel famoso torneo di arti marziali dove si conobbero i miei genitori. Lei e mia madre sono rimaste in contatto fin da allora, trovandosi in affinità per molte cose, tra cui la salvaguardia dell’ambiente. Hanno anche fondato un’associazione insieme.
Per questo motivo, in un modo o nell’altro, ho sempre avuto a che fare con Julia.
È una ragazza seria, silenziosa e riflessiva. A volte è un po’ strana, ma in fondo non è una cattiva compagnia.
Shin Kamiya invece è un ragazzo che continuo a ritrovarmi in classe fin dai tempi dell’asilo. Abbiamo caratteri piuttosto dissimili e a volte è un vero idiota, ma anche lui, in fondo, non è una persona spiacevole.
Io, Julia e Kamiya abbiamo poco o niente in comune, se non il fatto di essere alcuni tra gli studenti con la media più alta di tutta la scuola. Non so bene se fu questo o qualche altro motivo a farci ritrovare, ma un giorno, qualche anno fa, ci siamo trovati a sederci insieme a pranzo e abbiamo cominciato con quella che con l’andare del tempo è diventata un’abitudine.
“Come sono andati i test di fine trimestre?” chiede Julia.
Kamiya la fulmina con lo sguardo.
“Ne dobbiamo proprio parlare?” chiede.
In effetti è un argomento che avrei evitato volentieri anche io.
“Lasciamo perdere.”  rispondo scocciato ed estremamente preoccupato.
“Cosa è successo?”
“È successo che ho preso un’altra sufficienza in fisica!” sbotto “Qualsiasi cosa faccia non riesco mai a prendere un voto decente. Mi serve una media più alta, mi servono quei dannati crediti!”
“Non lo so Jin, questa storia di fisica a me non convince…” dice Julia.
“Per favore, ne abbiamo già parlato.” la interrompo seccato ancor prima che cominci quel discorso che tanto so già dove farà arrivare.
Come dicevo prima, Julia è una persona abbastanza piacevole e la considero anche una dei pochissimi amici che ho, ma quando parla di scuola spesso diventa insopportabile.
“Sei estremamente intelligente e con il minimo sforzo riesci a prendere ottimi voti, ma evidentemente questo non sempre è sufficiente.”
“Julia, te l’ho già spiegato un milione di volte…” sibilo.
Io e Julia siamo studenti molto diversi, se escludiamo i risultati. Io normalmente non mi ammazzo sui libri, ho un metodo di studio molto logico e pragmatico. Mi concentro soprattutto sul ragionamento e riesco di solito ad ottenere così degli ottimi risultati senza sacrificarmi sui libri giorno e notte.
Julia è semplicemente la classica studentessa mangia-libri. Studia ore e ore al giorno per cercare le più assurde e inutili informazioni di contorno, andando a scovare strane informazioni e scoprire curiosità che non verrebbero mai in mente a nessuno di normale, leggendo approfondimenti in libri fuori stampa da oltre vent’anni, che i normali studenti di scuola superiore non oserebbero mai aprire.
Ammetto che anche io spesso approfondisco e leggo riguardo certi argomenti extra per puro piacere personale, ma ho anche altri interessi. Mi piace avere del tempo libero, mi piace allenarmi, leggere fumetti, giocare ai videogiochi, guardare serie-tv e tante altre cose.
Il fatto che io riesca quasi sempre a prendere gli stessi suoi voti è una cosa Julia non è mai riuscita a digerire e anche questo è uno dei motivo per cui diventa sempre estremamente fastidiosa quando si tocca questo argomento.
Ma Julia potrà anche rinfacciarmi di non studiare quanto lei per un sacco di materie, ma non per meccanica razionale!
“Sei ancora convinto che il prof ce l’abbia con te?!” mi chiede quasi mettendosi a ridere per quanto trovi ridicola questa possibilità.
Non rispondo. Se solo fosse nel mio stesso corso e potesse vedere con i suoi occhi non avrebbe bisogno di fare quella domanda.
“Andiamo Jin! Sai che quella è la scusa preferita dei nullafacenti.”
“Ah, adesso mi stai dando del nullafacente?”
“Ragazzi, state calmi.” interviene Kamiya lanciandoci un’occhiata obliqua.
“Non lo so. Sei tu che stai iniziando a ragionare come uno di loro.” dice Julia stringendosi nelle spalle.
“Ho passato tre sere intere a studiare per l’ultimo compito. Ho studiato da tre libri diversi! Ho risolto tutti i problemi del compito e ho risposto a tutte le domande aperte, eppure il risultato è sempre lo stesso.”
“Non so cosa dirti. Anche io seguo fisica con Chaolan e non ho mai avuto problemi.”
Eccola, si sta trasformando in quell’essere insopportabile. Se continua giuro che mi alzo e me ne vado.
“Perché dovrebbe avercela con te?” riprende scettica.
“Sì Kazama, a parte tutto, perché ce l’ha con te?” interviene di nuovo Kamiya.
“Cioè anche tu gli dai corda con questa storia?” gli chiede Julia incredula “Anche secondo te è tutto colpa di un pregiudizio del prof?”
“Beh, non so cosa ci sia sotto, ma che non si sopportino a vicenda è palese.”
“È mio zio.” li interrompo “Contenta adesso?”
Non l’avevo mai ancora rivelato a nessuno.
Julia mi guarda aggrottando le sopracciglia.
“Tuo zio?” ripete incredula “Come sarebbe a dire… tuo zio?”
Kamiya trattiene a stento una risata.
“Sul serio?”
“No aspetta!” riprende Julia “In che senso il professor Chaolan è tuo zio?
“È stato adottato da mio nonno Heihachi.” spiego “Questo vuol dire che ha vissuto con lui, quindi lo odia. Ma in casa c’era anche mio padre, quindi ovviamente odia anche lui, e siccome sono figlio di Kazuya, odia anche me.”
“Ma…” Julia è esterrefatta.
Non saprà i dettagli, ma almeno ha una vaga idea di quanto sia incasinata la mia famiglia. Forse almeno adesso comincerà a capire qualcosa, vedendo al di là del suo dannato orgoglio.
Sta per aggiungere qualcosa, quando una voce da dietro, richiama la nostra attenzione.
“Kazama, finalmente ti ho trovato!”
Non ci credo. Mi volto all’indietro per vedere chi ha parlato, anche se non ce ne sarebbe stato davvero bisogno.
E ora come ha fatto questo stalker psicopatico a salire fino al tetto della scuola senza essere buttato fuori?
“Che ci fai qui?” gli chiedo “Ti ha fatto entrare quella pazza di mia cugina?”
“Di che cazzo stai parlando?!” sembra confuso e mi guarda irritato “Chi cazzo è e cosa c’entra tua cugina?! Io e te abbiamo una faccenda in sospeso, stronzo!” ringhia.
Conosco Hwoarang da tanto tempo, e da altrettanto tempo so che combatte anche lui, ma ci siamo sfidati per la prima volta solo un anno e mezzo fa e vorrei non averlo mai fatto. Ho vinto, e per qualche motivo non riesce a farsene una ragione. Non mi dà pace, mi segue ovunque da più di un anno pretendendo una rivincita clandestina.
“Ti ho già detto, mille volte, che io non combatto più fuori dagli incontri sportivi.” gli spiego per l’ennesima volta “Iscriviti al torneo regionale e forse l’anno prossimo avremo occasione di rincontrarci.”
Spero di no. Spero di essere già in Australia per quel tempo.
“Vaffanculo a te e ai tuoi cazzo di incontri sportivi, Kazama!” urla “Vieni qui e combatti se hai le palle.”
“Se ho le palle?” ripeto voltandomi a guardarlo “Ti ho già battuto una volta. Perché dovrei avere paura di un avversario mediocre come te?”
Ok, forse non avrei dovuto provocarlo, ma è una giornata di merda. Ho dormito male, mia cugina è una rompicoglioni galattica, ho preso una misera sufficienza nell’unica materia per cui mi sono fatto veramente il culo per studiarla, Julia Chang mi ha appena dato del nullafacente e un dannato stalker mi perseguita.
“Vaffanculo Kazama!” si avvicina a passo svelto e minaccioso “Cazzi tuoi se non reagisci.”
Mi attacca. È serio.
Mi indirizza un pugno a tutta forza verso il volto.
Dev’essere completamente pazzo. Non è normale uno così.
Mi difendo, ovviamente, e contrattacco.
Brutto stronzo, gli farò rimpiangere il giorno in cui mi ha incontrato.
“Jin, sei impazzito?!” sento la voce di Julia.
“Kazama fermati, che cazzo fai?!” mi urla anche Kamiya.
Qualcun altro urla, qualcuno ride, degli studenti iniziano a fare il tifo e a schiamazzare.
Una professoressa irrompe nella scena.
“Che sta succedendo qui?” urla isterica.
Ci fermiamo all’istante.
Hwoarang mi guarda furente di rabbia e poi fugge attraverso le scale antincendio. Io rimango lì, indifeso ad affrontare da solo le conseguenze di questa azione sconsiderata.
“Kazama, in presidenza.” mi chiama l’insegnante “Sei in un mare di guai.”

 
  
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