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Autore: _joy    17/08/2015    7 recensioni
Sono passati quasi tre anni da quando Hermione e Caspian hanno salutato il Mondo Magico: dopo aver sconfitto Lilliandil e Ramandu, la coppia di sovrani ha riportato la pace a Narnia e il regno prospera sotto la loro guida.
E Narnia ama alla follia la piccola Rosalind, quasi quanto i suoi adoranti genitori.
Nulla sembra poter turbare questa pace, ma presto nere nubi si addenseranno nel cielo di Narnia, minacciando proprio la sua Erede...
[Seguito di: LE CRONACHE DI NARNIA E DI HOGWARTS]
[CASPIAN/HERMIONE]
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aslan, Caspian
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache della Grande Magia'
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~~In realtà, Rosalind non ebbe problemi nell’adattarsi alla nuova stanza.

Naturalmente sapeva che i genitori non erano più nella camera adiacente, ma era una bambina che non si perdeva d’animo e non si faceva certo problema nel comparire anche in piena notte nel loro letto.
E l’idea di avere una camera solo sua la faceva sentire grande e indipendente.
Dopotutto, lei era l’erede di Narnia: la consapevolezza del suo rango l’aveva accompagnata per tutta la vita, così come la certezza di essere il centro dell’esistenza dei genitori.
Era qualcosa di ben diverso dal rango, quello: era l’essere amata nella sua forma più pura.
E Rosalind ricambiava volentieri quell’amore: per esaudire un desiderio del padre avrebbe fatto di tutto.
Sapere che Caspian le aveva destinato una stanza nuova era abbastanza per farle desiderare di compiacerlo.
E andava detto che, tra Dora e le ancelle, il cambiamento non fu poi così brusco.
Rosalind comunque si addormentava nel lettone dei genitori e poi il papà la portava in camera, dove lei riposava fino al mattino.
Quindi si alzava e raggiungeva la stanza reale.
Era facile: solo qualche passo in più.

Poi una mattina, mentre Dora la vestiva, sentì le due ancelle che rifacevano il letto parlare a bassa voce e con grande eccitazione della nursery che si preparava ad accogliere un nuovo bambino.
Mentre Dora le spazzolava i capelli, la fronte di Rosalind si aggrottò sempre più, finché sbottò:
«Siete tutte sciocche e non mi piacete affatto!»
Nell’improvviso silenzio che seguì la bambina rivolse un’occhiata di sfida alle tre donne e poi saltò giù dalla sedia, sfrecciando verso la porta.
La oltrepassò di corsa e si diresse verso la stanza dei genitori.
Entrò negli appartamenti reali e si diresse verso la camera dei genitori, aprì appena la porta e infilò timidamente la testa nel piccolo spazio.
Nel grande letto, Hermione e Caspian erano abbracciati e il re teneva una mano sulla pancia della moglie.
«Davvero» stava dicendo «Non vedo l’ora che il piccolo nasca, Hermione!»
La Regina annuì, sognante.
«Anche io non vedo l’ora di avere qui il nostro piccolo… Ci penso in continuazione, sai?»
Il Re rise sommessamente.
«Lo so bene, amore. Mi scopro a pensarci per ore, mentre dovrei ascoltare i miei Lord al Consiglio… ma è più forte di me! Chissà se sarà un maschietto o una principessina…»
«Con Rosalind ero così sicura sarebbe stato un maschietto… Chissà questa volta…»
«Be’ direi che con Roz siamo stati davvero bravi… Non vedo l’ora di conoscere questo piccolino!»
Hermione accarezzò il viso del marito.
«Sarà bellissimo avere un neonato in braccio, eh?»

Rosalind richiuse piano la porta, in silenzio, e indietreggiò attraverso l’anticamera.
Uscì in corridoio e si trovò davanti Dora, con le mani sui fianchi.
«Be’, signorinella!» la apostrofò la donna «Cosa pensavi di fare? Non devi rivolgerti in quel modo alle ancelle, lo sai!»
La bambina la fissò seria, quindi accennò a muoversi.
«Dove vai?» chiese Dora.
Rosalind si strinse nelle spalle, quindi si diresse verso le scale.
«Niente da fare!» fece Dora, seguendola «Non puoi scendere di sotto prima di colazione, Rosalind, e lo sai bene! Non iniziare con i tuoi capricci, siamo intese?»
Stranamente, la bambina si fece accompagnare di nuovo in camera, ma quando Dora uscì per prenderle la colazione e tornò a servirla, non la trovò più seduta nel salottino.
Insieme alle ancelle frugò in ogni angolo, quindi scese in biblioteca e, in ultimo, si azzardò persino ad andare a bussare alla porta della stanza reale.

Quando fu avvisato del fatto che Dora cercava la principessa, Caspian uscì di corsa dalle stanze reali, inseguito dalle raccomandazioni della moglie.
Nel frattempo, svariati servitori stavano cercando la bambina ovunque, al castello.
Il re lasciò due ancelle a guardia del riposo della moglie e si unì alle ricerche.
Fu lui a salire alla torre di Cornelius, ma l’anziano non aveva visto la bambina.
Caspian ridiscese, maledicendosi in silenzio per aver fatto preoccupare anche il suo precettore.
Alla fine, quando ormai la mattinata era avanzata, una delle cameriere che stavano esplorando il giardino fu vista tornare verso il castello trascinando per il braccio la principessa.
Caspian fu avvisato e arrivò di corsa, giusto in tempo per assistere alla scena di sua figlia che gridava e si contorceva per liberarsi dalla presa della ragazza.
Gli strilli cessarono quando Rosalind lo vide comparire, ma il re rimase stupito di fronte all’occhiata di sfida della figlia.
«Roz, cosa succede?» chiese il sovrano «Ci hai fatti spaventare! Non ti trovavamo! Non ti ho sempre detto che non devi uscire da sola? Il parco è grande e…»
La bambina, con i vestiti stropicciati e i capelli in disordine, non disse nulla.
Il sovrano sospirò, quindi congedò le guardie e i servitori.
Quando rimase solo con la figlia, la prese tra le braccia, ma lei subito si agitò e cercò di divincolarsi.
«Rosalind, cosa succede?»
Nemmeno di fronte al tono severo del padre lei si placò.
Caspian represse un’imprecazione, osservando con la coda dell’occhio il ciambellano che, con discrezione, aveva aperto la sala delle udienze, attigua al salone di ingresso.
«Cinque minuti» promise all’uomo, cercando di ignorarne lo sguardo scettico.
Con la figlia tra le braccia, voltò le spalle al servitore e si diresse verso il suo studio.
Aprì la porta, la richiuse con un calcio discreto, e posò la bambina su una comoda poltrona di pelle.
Il caminetto era spento, ma le tende erano tirate e la luce del sole illuminava la stanza, piena di libri, mappe e armi alle pareti.

In un angolo, due teche brillavano nella luce del giorno.
Una conteneva la spada che Aslan aveva donato a Caspian il Liberatore, durante il viaggio verso i Confini del Mondo alla ricerca dei Lord di Narnia.
L’altra conteneva una spada altrettanto bella e pregevole: la spada di Godric Grifondoro.
L’arma era stata evocata da Hermione durante la battaglia contro Lilliandil e Ramandu e Caspian la aveva usata in difesa di Narnia e di Aslan stesso.
Nessuno era stato più sorpreso del sovrano di fronte all’apparizione miracolosa di quella spada: come mai l’Incantesimo di Hermione non aveva evocato la spada di mille battaglie?
Come mai quell’arma magica aveva lasciato Hogwarts per finire nella sua mano?
E la risposta che Aslan aveva dato alla fine di quella battaglia sembrava al re ancora più prodigiosa.
Il simbolo della Casa di Grifondoro non è forse un Leone?
Aveva chiesto questo Aslan il Grande.

E così, la Spada era diventata un ulteriore segno che legava il mondo suo e quello di Hermione, tanto da meritare un posto speciale a palazzo.

Il terzo oggetto riposto nello studio, quello che calamitò subito l’attenzione di Rosalind, era una semplice verga di legno, un po’ consumata e custodita in una teca più piccola, poggiata su una colonna di legno scuro.
Caspian osservò la figlia raggiungere quella colonna e fissare incantata il ramoscello.
Lui sapeva che, per Rosalind, non c’era oggetto più prezioso e desiderabile in tutto il palazzo, forse in tutta Narnia, della bacchetta magica di sua madre.

*

Dopo la vittoria contro Lilliandil, Caspian e Hermione avevano deposto le loro armi.
Lui aveva rinunciato alla preziosissima spada e lei alla sua vecchia e amata bacchetta.
In occasione del suo secondo viaggio a Narnia – durato un’unica notte, nella quale era stata concepita Rosalind – Hermione aveva lasciato la bacchetta e i suoi abiti nella camera di Caspian ma, per opera del malvagio potere di Ramandu, si era risvegliata a Hogwarts e il passaggio da lei utilizzato per arrivare a Narnia era stato sigillato dall’ex guida di Aslan.
Quindi, Hermione aveva dovuto comprare una nuova bacchetta da Olivander, noto fabbricante del Mondo Magico.
Quando però era tornata con il marito, Harry e Ron, si era riappropriata della sua bacchetta e aveva lasciato senza rimpianti la seconda.
Dopotutto, quella era la bacchetta dei suoi primi Incantesimi: l’aveva scelta e, per lei, era insostituibile.
L’unico problema era che, a Narnia, la magia delle bacchette era sconosciuta.
Per non turbare gli equilibri del suo nuovo mondo, Hermione aveva a malincuore acconsentito a non usarla più.
Aslan aveva creato le teche magiche in cui erano state riposte la Spada di Grifondoro e la bacchetta e i sovrani si accontentavano di rimirare quei tesori ogni tanto, grati della pace che li rendeva inutili.

Rosalind, che conosceva a memoria le storie sulle guerre condotte dai genitori, adorava osservare quei cimeli.
Passava tutto il tempo possibile nello studio del padre, tanto che lui era segretamente contento del fatto che le teche fossero magiche e infrangibili.
Hermione si era spesso domandata cosa sarebbe successo se la figlia avesse toccato la sua bacchetta: sarebbe stata capace di usarla?
Dopotutto, era figlia di una strega.
Se fossero vissuti sulla Terra Rosalind, probabilmente, avrebbe ricevuto una lettera da Hogwarts al compiere degli undici anni… Ma a Narnia?
Quella magia si sarebbe mai sviluppata?
Narnia era una terra magica, ma la magia che vi operava era diversa da quella delle bacchette.
E Rosalind univa in sé quei due tipi di magia.
Chi poteva dire cosa ne sarebbe derivato, con il tempo?
Aslan non aveva dato spiegazioni ai sovrani, limitandosi a dire loro di avere Fede e di non temere.
E la pace di cui Narnia godeva rendeva facile non preoccuparsi del futuro.

Ma fino a quando?
Era a questo che pensava ora Caspian, osservando lo sguardo bramoso della figlia.
«Roz» la chiamò, piano «Cosa succede, tesoro? Perché sei scappata? Lo sai che ti ho chiesto di non far preoccupare la mamma… Ti aspettavamo per fare colazione, come sempre»
La bambina si voltò verso il padre, ma allungò la manina per sfiorare il basamento del piedistallo ligneo.
Fece per parlare, ma poi esitò.
Caspian attese, paziente, e alla fine la figlia disse:
«Volevo solo scendere in giardino…»
«Lo sai, piccola, che devi mangiare prima»
Lei scrollò le spalle.
«Sì»
«E sai benissimo che non devi uscire da sola»
«Sì» ripeté lei, apparentemente docile.
Caspian si accovacciò sulle ginocchia.
«Cos’è che non mi dici, Roz?»
«Niente. Andiamo dalla mamma?»
«Prima voglio parlare un po’ con te»
«Non è vero» si impuntò lei «Tanto lo so che non hai tempo e che devi lavorare!»
Caspian batté le palpebre, preso in contropiede.
«Sì, tesoro, è vero, ma lo sai che per te ho sempre tempo»
Malgrado quelle rassicuranti parole, Rosalind si mise a fare i capricci finché il sovrano, a malincuore, dovette affidarla a Dora e tornare alle udienze del regno.
Dora fece le spese delle bizze della bambina per tutta la mattinata, finché non esplose seccatissima:
«Rosalind, sei una vera peste! Spero che il tuo fratellino non erediti il tuo caratteraccio!»

Misteriosamente, quella frase rese la bambina insolitamente quieta e pensierosa per tutto il pomeriggio.




***
Miei diletti lettori, non solo sono in cronico ritardo, ma grazie al nuovo computer e a Windows 8 rischio anche di non riuscire a postare neppure oggi!
Non posso inserire il banner, né i link, e sto diventando matta!
Per di più, non posso formattare il testo. Orrore!!!!!
Spero che almeno il capitolo vi piaccia e che possiate perdonarmi per questa attesa...
Siete in vacanza? Io sì... e mi sto rilassando totalmente: niente pc, tutto mare!!!
In realtà speravo di scrivere molto, ma ammetto che è stata una gradita pausa, visto che anche in ufficio sono sempre davanti al computer.
Ho tanta voglia di ricominciare, però... ed è grazie a voi che mi seguite; che leggete, commentate, mi scrivete e riempite le mie giornate di gioie e non di lagne!
Vi adoro!
Vostra,
Joy
 

   
 
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